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Autore: acchiappanuvole    08/04/2015    2 recensioni
Dalle gallerie asettiche percorse da gente a maree contrarie, il suono di una chitarra rimbalza sui muri scrostati, vortica nell'aria respirata mille e mille volte, si espande come un richiamo che Reira segue accompagnata sempre da quella infantile, folle, speranza che cancella le leggi divine, le riduce a incubi dai quali è possibile svegliarsi e ritrovare ciò che si credeva perduto.
Genere: Introspettivo, Sentimentale | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Nana Komatsui, Reira Serizawa, Satsuki Ichinose, Shinichi Okazaki, Takumi Ichinose
Note: What if? | Avvertimenti: Tematiche delicate
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~~Flash back
Era una cosa che aveva sempre detestato, ma che per necessità era stato costretto ad imparare.  La nonna gli aveva insegnato come si doveva squamare e pulire il pesce; come le aragoste dovevano essere immerse in una tinozza di acqua bollente. Bisognava ucciderle così: scottandole.
Poi c’erano le cozze da pulire e ogni altro genere di frutti di mare da cucinare. Sua madre diceva sempre che quel cibo era un piacere e un’arte, ma comportava la morte, una morte violenta. Takumi si era immaginato tante volte di essere al posto di una di quelle aragoste, dimenandosi nell’acqua bollente con la sola speranza che la fine sopraggiunga il prima possibile.
A suo padre probabilmente sarebbe piaciuto fargli fare la fine di uno di quei crostacei.
-Takumi!-
Sbuffò al richiamo della sorella. Sapeva che aspettavano la visita dei nuovi vicini; una donna giovane che si era da poco trasferita lì vicino assieme alla figlia di sette anni. La signora Ichinose non aveva risparmiato l’arringa di comportarsi bene, essere gentile, sorridere, giocare con la mocciosa e bla bla.
Non nascondendo l’insofferenza, Takumi trovò distrazione in una confezione di succo al pomodoro, sforzandosi di trasformare le labbra imbronciate in qualcosa di più simile ad un sorriso di cortesia.
-Oh, eccoti qui!- la madre si portò’ alle sue spalle spingendolo verso l’ingresso dove stavano la donna e la bambina.
-Questo è il mio figlio minore, Takumi. Takumi queste sono la signora Serizawa e sua figlia-
Il ragazzino fece un cenno di saluto con la testa, squadrando la bambina che gli stava di fronte e trovando il modo in cui lo guardava a dir poco fastidioso.
Serizawa disse qualcosa alla bambina in una lingua che Takumi non capiva e, studiando meglio la mocciosa, gli fu subito noto che fosse meticcia.
Lei gli sorrise –Piacere sono Layla! Layla Serizawa!-
A quel punto sua sorella iniziò un fiume in piena di domande alla volta della ragazzina che però non sembrò certo a suo agio da quella moltitudine di frasi.
La signora Serizawa disse che sua figlia si chiamava Reria e ancora non sapeva parlare il giapponese; aveva tentato di farle fare amicizia con altri bambini che abitavano nei dintorni, ma i risultati non erano stati dei migliori.
Takumi intuì la minaccia e fu pronto a defilarsi, ma sua sorella fu decisamente più veloce di lui.
-Non c’è problema! Takumi sarà ben contento di aiutarla e magari di darle una mano anche con la nostra lingua-.
No! Avrebbe voluto gridare Takumi. No! E poi ancora no! Ne aveva già abbastanza di problemi senza doversene accollare altri.
-Ti sarei veramente grata, Takumi- nemmeno Serizawa concedeva molte vie di fuga, e sapeva che se avesse rifiutato la punizione sarebbe stata imminente e dolorosa. Annuì distrattamente e la bambina che, fino a quel momento se n’era rimasta ferma e composta accanto alla madre, si staccò dalla mano materna stampando un bacio sulla guancia di Takumi.
Il danno era fatto.
+++
-Layla- la ragazzina gli camminava al fianco, lamentandosi e piagnucolando – Sono mesi che te lo ripeto! Il mio nome è Layla non Reira!-
-Sono abituato a chiamarti Reria, perciò non vedo perché dovrei darmi ulteriori noie ad imparare un altro nome-
-Imparare!?- Reira batté un piede a terra con rabbia – E’ così semplice! Come può non rimanerti in testa?-
-Perché la mia testa è già piena di altre cose ben più importanti. E comunque Reira mi piace di più-
-Ti odio quando fai così!-
-Bene. Allora la prossima volta che ti prenderanno in giro arrangiati da sola!-
-Questo è un ricatto!-
-No, da oggi in poi devi imparare a farti valere e ad essere più indipendente da me. Io non posso starti appresso per sempre-.
-…Ti peso così tanto?-
Il ragazzino sbuffò spazientito velocizzando l’andatura, era comunque sciocco illudersi che Reira desistesse con facilità.
-Mi hai sentito Takumi!-
-Sì ti ho sentito-
-E allora perché non rispondi!-
-Perché se non sei stupida la risposta la conosci già-
Reira imbronciò il viso e gonfiò le guance –Io non sono stupida-
-Appunto, quindi vedi di non diventarlo ora-
Sapeva essere davvero snervante quando ci si metteva. Oltretutto era così appiccicosa.
-Come una cozza sullo scoglio- mormorò tra sé Takumi, fermandosi un istante dopo. Reira non lo aveva seguito e stava ancora ferma con gli occhi lucidi e i piedi ancorati al suolo come fossero stati improvvisamente di piombo.
-Che fai? E’ tardi ed io devo essere a casa prima che faccia buio altrimenti me le suonano, lo sai-.
La ragazzina scosse la testa. Non aveva intenzione di muoversi.
-D’accordo. Restatene lì sola. Io vado-
Si sentì tirare per la manica, poi qualcosa gli si addossò contro. Reira teneva il viso premuto contro la sua schiena e le sue piccole mani erano arpionate alla sua maglietta scura. Singhiozzava pur sforzandosi in tutti i modi di non piangere.
-Takumi sospirò sonoramente –Non devi piangere-
-Non piango-
-Mi stai inzuppando la schiena-
-Takumi è arrabbiato con Reira? Perché è goffa e parla male e tutti la prendono in giro. Così a Takumi tocca sempre venire a salvarla-
-Non sono arrabbiato, e dopotutto sei una bambina e le bambine frignano sempre-
-Tu non piangi mai?- chiese ingenuamente
-No!- fu la risposta secca – E’ uno spreco di tempo e serve solo a gonfiare gli occhi come palloncini-
-Oh- Reira si stropicciò gli occhi ordinando mentalmente alle proprie lacrime di smettere di uscire
-I miei occhi sono due palloncini?- lo scrutò con gli occhi arrossati e Takumi non poté fare a meno di sorridere. Tutto sommato quella mocciosa  appiccicosa risvegliava in lui una strana tenerezza.
-I tuoi occhi sono belli come sempre- l’aveva sentito dire in qualche film e pareva che bastasse una frase simile a far star buone le donne.  Tuttavia dirlo a Reira era stato spontaneo e sincero.
Lei sorrise aggrappandosi al suo braccio, nuovamente contenta.

****

~~Arrivati in prossimità del controllo bagagli Reira posa delicatamente un bacio sulla fronte di Ren.
-Fai buon viaggio e abbraccia forte Satsuki di parte mia- dice sorridendo.
Al suo fianco Naoki imita il sorriso, ma nasconde qualcosa dietro le lenti rosa degli occhiali, uno sguardo che solo Takumi riesce a decifrare.
-Porterò la lettera a tua figlia, Naoki-  assicura – Ti ho promesso di farlo e lo farò-
-Beh le tue promesse non valgono mai un granché- scherza il biondo – Ma voglio darti fiducia-
-Grazie tante-
-Ehi Ren salutami Yasu! E dì a Satsuki che lo zio le vuole sempre un gran bene!-
Ren annuisce mentre Naoki gli si avvicina con fare più confidenziale – E abbraccia Nana. Lo farai per me, vero?-
Il ragazzo abbassa gli occhi un istante prima di annuire – Certo-
-Saremo di ritorno la prossima settimana, voi due cercate di non mettervi nei casini- Takumi lancia un’occhiata a Naoki, dopodiché si avvicina a Reira porgendole le chiavi – Sono quelle di casa in caso tu preferissi dormire lì-
 –Ti ringrazio ma starò benissimo anche a casa mia-
-Prendile ugualmente-
 E Reira obbedisce, pone la mano per ricevere quel piccolo mazzo di chiavi tenute insieme da un portachiavi dalla forma indefinibile. Sfiora le dita dell’uomo e, per un unico pazzo istante, è tentata di stringerle; se con rabbia o con disperazione non le è chiaro.
Un secondo dopo Takumi ha già imboccato la fila del controllo. Ren lo segue poco dopo, titubante come se stesse per imboccare una strada che non consente ritorno.
-Ren muoviti!- lo richiama il padre
Il ragazzo muove qualche passo. Poggia il bagaglio sul rullo.
-Deve togliere tutti gli oggetti metallici. Ha cellulare, pc?-
Il suono della voce dell’addetto alla sicurezza risulta come un disco gracchiante, fastidioso e incomprensibile.
-Ragazzo hai sentito che ho detto?-
Dall’altra parte Takumi ha passato il controllo del metal detector non notando il figlio fermo come una statua di sale, totalmente sordo alle parole dello spazientito addetto.
-E’ suo figlio?- chiede una donna che ha appena finito di riprendere i propri bagagli
-Prego?-
Lei si limita ad indicare.
-Ren! Ma che fai!-
-Mi spiace signore ma non può tornare dall’altra parte-
-E’ mio figlio-
-E allora gli dica di muoversi!-
-Se lei mi fa passare! Tanto ci devo ripassare comunque da qui mi ricontrollerete!-
-Sta facendo perdere tempo a noi e agli altri passeggeri-
-Al diavolo!- Takumi raggiunge Ren e l’aggressività si smorza non appena la faccia pallida del ragazzo si leva verso di lui.
-Cosa c’è Ren? -
-Non lo so- sussurra – Voglio rimanere qui!-
Takumi, armandosi di tutto il tatto che gli è possibile, stringe ambo le mani sulle spalle del ragazzo.
-Ren andrà tutto bene. Se c’è qualcosa che ti fa paura la affronteremo insieme. Ren guardami!-
-E se tu poi non lo volessi?-
Takumi inarca le sopracciglia senza capire – Di cosa parli?-
-Signore la prego di rimettervi in fila!-
-Mi dia un secondo!-
-O vi mettete in fila oppure saremo costretti a portavi nell’area sicurezza-
Ren sembra riaversi –Scusami- dice d’improvviso avviandosi al controllo. Takumi rimane per qualche istante imbambolato a guardare il figlio svolgere le  procedure. Si muove come un automa, d’improvviso piccolo e vuoto.
-Un po’ di panico può capitare- sorride un’addetta forzatamente comprensiva.
Ma Takumi ha capito che non si tratta né di panico né di qualsiasi comune turba  del periodo adolescenziale. C’è una crepa dentro Ren, qualcosa che si sta rompendo poco a poco e lui non può permettersi di  restare a guardare.
*****
-Quello è molto carino!-
-Dici?-
Annuisce –Fa molto Satsuki!-
-Non è troppo adulto?-
Misato sghignazza – Giuro che mai e poi mai avrei pensato di sentirti dire una cosa simile!-
Shin scrolla le spalle – E’ la mia sorellina. La vedo sempre come una bimba-
-E’ il dramma di voi fratelli- Misato risulta malinconica e senza dire altro si avvia sola verso la cassa.
Shin la imita.  La commessa prepara un bel pacchetto, un fiocco sgargiante fa mostra sulla scatola.
Fuori dal negozio il pomeriggio è tiepido, un cielo terso si scontra con il cemento degli alti palazzi. Shin accende una sigaretta –  Continuo a pensare che quel vestito rosso sia troppo adulto-
-Puoi ancora cambiarlo- suggerisce Misato – Anche se, personalmente, lo trovo carino-
Shin la guarda sottecchi – Ne vorresti uno anche tu?-
-Fatico a ricordare l’ultima volta che qualcuno mi ha regalato qualcosa-
-E’ un modo per dire sì?-
La ragazza scuote il capo – E’ una constatazione. E poi preferisco farli i regali piuttosto che riceverli. Mi da soddisfazione-.
-Perfetto perché io adoro ricevere regali. Questo ormai lo dovresti sapere-
Misato gli ruba la sigaretta portandola alle labbra per fare un tiro – Proprio non ci si riesce- dice espirando una piccola nuvola di fumo.
Shin riprende possesso della black stones – Vorrei che tu non fumassi-
La ragazza porta una ciocca scura dietro l’orecchio – Queste sigarette in particolare o qualsiasi marca?-
-Smettila Misato!-
-Allora gettala!
Shin punta lo sguardo azzurro in quello nero della ragazza. E’ sorpreso.
-Vedi? Non ci riesci- si morde le labbra – Nessuno di noi ci riesce-
La sigaretta finisce a terra, calpestata sotto l’anfibio di Shin.  Misato non cambia espressione. Si limita ad alzare le spalle, come se anche quel gesto, l’ennesimo da parte di Shin in quel carosello di passato dal quale nessuno si azzardava a scendere, non potesse mutare nulla.
-Giovedì terminerò le riprese-
-Lo so- atona – Sono io che curo la tua agenda-
-E spesso fai dei gran casini. Mai inorridirebbe!- cerca di buttarla sull’ironico ma senza risultato.
- Mi sto dando da fare Shin! Riconoscilo una volta tanto!-
-Io lo riconosco- si era fatto serio – Sei tu che non te ne accorgi-
-Già, come no!-
-Perché vuoi ad ogni costo farci litigare?! Quando fai così somigli…-
-Dillo! A chi assomiglio?-
-Adesso basta. Se vuoi fare i capricci  io me ne giro al largo-
La ragazza lo fronteggia – Credevo te ne intendessi dei capricci delle donne!-
Shin non ribatte ma la guarda. Grintosa un attimo prima e ferita un secondo dopo.
-Scusami. Oggi non so che mi prende. Hai ragione sto cercando di litigare, sto cercando di farmi cacciare…-
-Perché?-
-E’ questo il punto- Misato si stringe nelle spalle, i lunghi capelli bruni ricadono sul viso, come un piccolo sipario calato sugli occhi –Non lo so-
Shin lascia a terra la borsa contenente il pacchetto regalo. Un abbraccio, un bacio, tenerezza e rabbia. Perché Misato seguita a punire gli altri con il solo obbiettivo di punire sé stessa.
  
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