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Autore: Shainareth    08/04/2015    4 recensioni
Quella fu forse la prima volta in vita mia che mi interessai alla moda. Non che non mi piacessero i vestiti, a volte ne indossavo anche di graziosi, ma ero talmente pigra da usare quasi sempre jeans e scarpe da ginnastica, almeno per andare a scuola. Insomma, a sentire la mia pretenziosa compagna di banco, ero un vero e proprio caso disperato.
Genere: Commedia, Introspettivo, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Alexy, Altri, Dolcetta, Kentin, Rosalya
Note: Missing Moments | Avvertimenti: nessuno
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VESTITO




Quella fu forse la prima volta in vita mia che mi interessai alla moda. Non che non mi piacessero i vestiti, a volte ne indossavo anche di graziosi, ma ero talmente pigra da usare quasi sempre jeans e scarpe da ginnastica, almeno per andare a scuola. Insomma, a sentire la mia pretenziosa compagna di banco, ero un vero e proprio caso disperato.
   «Saresti carina, se solo ti decidessi a curarti di più!» soleva rimproverarmi almeno una volta a settimana. Ero la sua dannazione, perché mi aveva sempre sotto al naso ed io invece mi limitavo a sbadigliare davanti ai suoi sproloqui su top, minigonne, rouches e tacchi alti. I jeans e le sneakers sono così comodi! E poi ero convinta che quella roba non mi sarebbe stata bene – e che i tacchi mi avrebbero provocato almeno una distorsione ogni tre passi.
   Quel giorno, dicevo, avvenne qualcosa di epocale.
   Durante l’intervallo, Alexy aveva preso il mio posto, sedendosi accanto a Rosalya, e insieme si erano messi a parlottare di moda sfogliando una rivista. Sulle prime non ci avevo fatto caso, soprattutto perché ero impegnata a ridere con Kentin e Armin sulla magra figura che avevo fatto provando uno dei giochi per consolle di quest’ultimo. Poi, però, avendo bisogno di un fazzoletto, mi ero diretta verso il mio banco per recuperarne un pacchetto nella borsa e, mentre mi soffiavo sgraziatamente il naso, l’occhio mi era caduto sulla rivista di Rosalya. Ed io avevo strabuzzato gli occhi, dimenticandomi di tutto il resto.
   «Che carino!» esclamai a voce alta, piombando sui miei amici come un avvoltoio per afferrare il giornale e osservare meglio la figura di un abitino dal corpetto grazioso e dall’ampia gonna sostenuta probabilmente da diversi strati di tulle. Non me ne intendevo di certe cose, ma in quel momento scoprii di avere un’insana passione per la cosiddetta moda classic lolita. Beh, forse troppo insana non era, se paragonata a quelle di Rosalya e Alexy.
   I due alzarono su di me due sguardi stupefatti, mentre io, approfittando del loro improvviso mutismo, domandavo: «Sapete per caso dove potrei trovare qualcosa del genere?»
   Rosalya iniziò a ridacchiare. «È uno degli abiti della Mary Magdalene», mi spiegò, benché per me fosse un nome come un altro. «Hai idea di quanto costino?»
   No, decisamente non ne avevo idea, perciò, quando mi disse approssimativamente il prezzo medio di uno degli abiti di quella marca, dovetti aggrapparmi al banco. «Ma è una follia!» sbraitai, fortemente contrariata. «Come si può arrivare a spendere così tanto per un semplice vestito?!»
   Lei mi lanciò uno sguardo oltraggiato. «È un Mary Magdalene
   «Oh, per me può essere pure un Gesù Cristo, ma è un’esagerazione!» sbottai, incrociando le braccia al petto con aria indignata. Il mio sguardo, però, tornò a scivolare sulla foto, dalla quale quel vestitino pieno di fronzoli e rouches sembrava farmi ciao-ciao con la corta manica a palloncino. Uggiolai, capitolando di nuovo alla sua mercé e accucciandomi davanti al banco, sul quale poggiai le mani e il mento. «Lo voglio…» piagnucolai, facendo ridere i miei amici.
   «Potresti mettere da parte i soldi per comprarlo», mi suggerì Alexy, intenerito da quel mio insolito desiderio tanto femminile quanto frivolo.
   «Forse se mi vendo un rene potrei farcela», ponderai, ben sapendo che fosse una cosa fuori di testa.
   «Tieniti pure il tuo rene», mi rassicurò Rosalya, «tanto questo modello non è più in vendita, ormai.» Alzai la testa di scatto, manifestando tutto il panico che mi aveva assalita all’idea di dover rinunciare per sempre a quella meraviglia. «Non preoccuparti», riprese la mia compagna, «a tutto c’è una soluzione.»
   «Posso darti una mano, se vuoi», si offrì subito Alexy, benché mi sfuggisse ancora l’idea di Rosalya, che subito accettò l’aiuto del nostro amico.
   «In due faremo prima», assentì col sorriso sulle labbra. «E poi la nostra collaborazione è già stata testata per la recita scolastica: faremo un capolavoro e nessuno si accorgerà che non è un Mary Magdalene originale.»
   Fu allora che compresi e, fra mille ringraziamenti, mi slanciai nella loro direzione, tentando di baciarli tutti e due. Fui respinta malamente da entrambi, ma almeno mi consolarono con un abbraccio e qualche coccola.
   «Dovremo scegliere attentamente le stoffe e il fatto che sia un modello con tinte unite ci faciliterà il compito», iniziò a ragionare Rosalya, con quella sinistra luce negli occhi che le compariva quando si trattava di mettersi ad armeggiare con ago e filo. «Preparati lo stesso a spendere un po’ di soldi almeno per queste», mi avvisò.
   Provai a fare un rapido calcolo su quanto avevo da parte e mi morsicai il labbro inferiore. Non sono mai stata una spendacciona, ma qualcosa mi diceva che non avevo da parte la cifra che lei mi avrebbe chiesto di sborsare.
   Vedendomi col muso lungo, Rosalya mi incoraggiò: «Magari potresti riuscire a risparmiare per qualche settimana, tanto non abbiamo mica fretta, no?»
   «Potrei provarci», risposi, sebbene non fossi del tutto convinta di riuscire a farlo. Per racimolare una somma più o meno importante avrei comunque avuto bisogno di mesi, più che di settimane.
   «Più tardi possiamo andare a fare un primo giro di perlustrazione in centro», propose Alexy. «Così, tanto per regolarci almeno sui costi di questo tipo di stoffe.»
   «È una buona idea», convenne Rosalya, «ma dovrei vedermi con Leigh, quindi ci tocca rimandare, se per voi non è un problema.» Non finì di dirlo, che subito aggiunse: «Anzi no. Voglio coinvolgerlo in questo progetto, magari può darci qualche dritta sui migliori negozi a cui rivolgerci.»
   «Ma no…» iniziai a balbettare, a disagio. «Non disturbarlo per uno stupido capriccio…» Non mi andava che si mobilitassero in troppi per una frivolezza del genere. Se avessi potuto avere un vestito come quello della rivista, bene; altrimenti, non sarei certo morta, visto che ero sopravvissuta benissimo senza, fino a quel momento.
   L’occhiataccia di Rosalya mi fece scattare sull’attenti come un bravo soldatino. «Che sia uno stupido capriccio o meno, questa è la prima volta che ti dimostri seriamente interessata ad un abito: come puoi credere che ti lasci sola nel momento del bisogno?!»
   Mi convinsi una volta di più che la mia compagna di banco avrebbe senza dubbio fatto meglio a rivedere le proprie priorità – e anche quelle degli altri.
   «Vedrai, sarà bellissimo», cominciò a dire, tornando a rimirare la foto con aria sognante. «Più bello ancora di questo qua. E tu starai così bene che Nathaniel cadrà ai tuoi piedi in un battito di ciglia.»
   «Facciamo una colletta e compriamole immediatamente quello originale», suggerì a quel punto Alexy, sia pure per mero dispetto. Sottrassi il giornale a Rosalya e lo colpii in testa, facendolo ridere. «Kentin, aiutami! Questa bruta mi sevizia!»
   Lui e Armin alzarono uno sguardo stupito nella nostra direzione. «Sai quanti uomini vorrebbero essere al tuo posto?» scherzò il secondo, che evidentemente aveva frainteso il significato del verbo usato da suo fratello.
   «Che succede?» s’interessò di sapere Kentin, invece.
   «Niente», tagliai corto, restituendo la rivista a Rosalya, che se la rideva sotto ai baffi.
   «Ha appena deciso di far colpo su Nathaniel», buttò lì Alexy, che evidentemente non ne aveva avute abbastanza.
   Lo afferrai per la maglietta, pronta a suonargliene. «Ti prendo a calci se dici di nuovo un’assurdità del genere», lo avvisai, tornando a farlo sghignazzare divertito.
   Un attimo dopo Kentin fu da noi, scrutandomi con aria corrucciata. «Davvero?» mi domandò cercando di fingere disinteresse.
   «Certo che no!» negai con fin troppa convinzione, stufa com’ero di dovermi difendere da chiunque mi accusasse di essere invaghita del delegato degli studenti. Soprattutto, ero stufa che Kentin continuasse a sospettare la medesima cosa. «Ho solo visto un vestito grazioso su quella rivista e Rosalya s’è proposta di cucirlo per me», spiegai, inarcando le braccia sui fianchi e poggiando le mani sulle anche.
   «Ah, sì?» si stupì lui, forse incapace di credermi interessata a roba del genere.
   «Sì, sì», rispose subito Rosalya, aprendo il giornale per trovare di nuovo la foto che mi aveva attirata tanto. «Guarda e dimmi se non sarebbe un amore con una cosetta del genere addosso», aggiunse, mostrandogli l’abito.
   Kentin ammutolì del tutto, lanciandomi un nuovo sguardo di facile interpretazione che mi indusse ad arrossire. «In ogni caso, non posso permettermi una spesa del genere, al momento», provai a giustificarmi. Per cosa, non ne ho idea, ma mi imbarazzava pensare che lui mi stesse immaginando con quel vestito. E poco importa che un vestito è fatto apposta per essere indossato, e che mi sarebbe piaciuto da morire farlo; mi sarei vergognata a metterlo e a farmi vedere da lui. Il che era ancora più assurdo, considerato il fatto che volevo che lui avesse occhi solo per me.
   Tutto quel ragionamento contorto mi indusse seriamente a ripensarci. «Dopotutto, non è che una sciocchezza», bofonchiai, evitando di guardare gli altri e preferendo prestare attenzione ad una delle cuticole delle mie unghie.
   «Voler essere carine per qualcuno non è una sciocchezza», tornò a rimbrottarmi Rosalya.
   «Non voglio esserlo per qualcuno in particolare», protestai, accorgendomi solo dopo averlo fatto di essermi data la zappa sui piedi. In realtà volevo davvero essere carina e femminile per il ragazzo che mi piaceva, ciò nonostante mi imbarazzava parlarne davanti a tutti loro.
   «Dovresti», s’impuntò la mia compagna di banco, ostinata più che mai a farmi cambiare idea. «Nathaniel ne sarebbe felice.»
   Mi venne voglia di ruggire. «Non mi interessa, lui!» affermai con decisione, lasciando trasparire tutto lo sfibramento che mi provocava quell’insistenza. D’accordo, magari non era del tutto immotivata, dal momento che, durante il pigiama party a casa di Melody, avevo ammesso di aver avuto una cotta per Nathaniel, ma era passato un secolo, da allora, e adesso le cose erano drasticamente cambiate: ero innamorata, per di più di un altro ragazzo.
   Rosalya sgranò gli occhi, eccitata come una bambina davanti ad uno scaffale pieno di bambole. «Quindi ora ti piace qualcun altro?» volle sapere, infischiandosene del fatto che magari quel genere di confidenza avrebbe richiesto un minimo di privacy.
   «Come sarebbe ora?» non si trattenne dal chiedere Kentin, ritrovando finalmente la parola.
   «Non ho alcuna intenzione di rispondere alla vostre domande», dichiarai, risoluta a tenere la bocca chiusa.
   Per mia fortuna, la campanella suonò fuori dall’aula, annunciando l’inizio della lezione, perciò riuscii ad avere l’ultima parola. I ragazzi tornarono ai loro posti, mentre io mi accomodai accanto a Rosalya, che ancora mi dava il gomito nel tentativo di strapparmi di bocca un nome. Rimasi stoicamente in silenzio, anche quando minacciò di non cucirmi un bel niente se non avessi confessato la verità.
   Rinunciai all’abito. Il mio segreto era più importante di qualsiasi altra cosa.
   Nonostante tutto, un po’ mi rodeva. Non molti giorni prima, difatti, mia madre era tornata a casa con un regalo per me. Era stato un gesto inaspettato, tant’è che lei si era limitata a sorridere e ad affermare che, avendole viste in sconto, non aveva potuto resistere all’impulso di comprarle.
«Ma cosa?» Era stata questa la domanda che le avevo fatto, mentre aprivo il pacco che mi aveva consegnato. Ero rimasta senza parole: si trattava di un paio di scarpe dal modello a bambola, con la cinghietta sul dorso del piede e il tacco basso. Mi ero entusiasmata così tanto che non avevo potuto fare a meno di abbracciare la mamma, che sembrava eccitata quanto me.
   «Quand’eri piccola ne avevi un modello simile», mi aveva spiegato, tutta contenta del fatto che mi fossero piaciute. «All’epoca ero libera di vestirti come una signorina, mentre adesso devo accontentarmi di vederti con indosso sempre la stessa roba», si era lagnata, facendomi roteare gli occhi verso il soffitto. Mi aveva seguita con lo sguardo, mentre mi sedevo sul divano del salotto e provavo le scarpe. «Non sono strette, vero? Ho visto che sono anche piuttosto morbide, quindi non dovrebbero essere scomode.»
   «Sono perfette, infatti», l’avevo rassicurata, alzandomi in piedi e facendo qualche passo per averne la conferma.
   «Quindi adesso lo metterai, qualche bel vestitino per farmi felice?» mi aveva pregata lei, giungendo persino le mani al petto e guardandomi da sotto in su come una bambina. «Ne hai diversi, nell’armadio, eppure ti ostini a lasciarli abbandonati sulle loro gruccette.»
   Aveva ragione lei, e siccome era stata un tesoro a farmi quel regalo, non potevo certo negarle la gioia di vedermi uscire di casa, prima o poi, con indosso qualcosa di più femminile di un semplice paio di jeans. E il modello che mi aveva incantata quella mattina, sulla rivista di Rosalya, sarebbe stato benissimo con quel paio di scarpe che ancora non avevo messo.
   Sospirai, chiedendomi se, dopotutto, non potessi cedere all’orgoglio pur di far felice mia madre.
   Il mio cruccio più grande non era tanto quello di confidare a qualcuno i miei sentimenti per il ragazzo che mi piaceva, quanto che quel qualcuno avrebbe potuto facilmente farsi prendere dall’entusiasmo, com’era già successo in passato, e finire col farmi impazzire nel tentativo di tenerlo a freno – e la questione Nathaniel ne era la prova lampante. Quello che sentivo per Kentin, invece, era così personale, così importante che non volevo sbandierarlo ai quattro venti come se fosse una cosa di poco conto, un pettegolezzo da condividere con l’amica del cuore; che per altro neanche avevo, visto che il mio migliore amico era proprio la persona di cui ero innamorata… Che situazione del cavolo.
   «Ehi», cominciò Kentin, affiancandosi a me quando, all’uscita da scuola, mi ritrovai a scrutare con fare assorto il cielo plumbeo di quel pomeriggio. Mi volsi nella sua direzione e mi accorsi che sembrava in pensiero per qualcosa. «Perché non lasci che Rosalya cucia quel vestito per te?»
   Misi il broncio come una mocciosa. «Ha minacciato di non farlo se non gli avessi rivelato il nome del ragazzo che mi piace», spiegai, distogliendo lo sguardo dal suo con la scusa di cercare l’ombrello nella borsa. «E comunque, non ho abbastanza soldi. Di sicuro stoffe del genere costeranno una fortuna.»
   «La metà posso metterla io», mi sentii proporre subito.
   «Sei matto?» risposti d’istinto, tornando a fissare Kentin con espressione allibita. Era sempre stato generoso e più di una volta, in passato, si era proposto di offrirmi il pranzo o di rimborsarmi i soldi che spesso e volentieri Ambra mi aveva rubato durante i primi giorni di scuola, quando tutti e due stavamo ancora cercando di ambientarci nel nuovo liceo. «Non posso chiederti di spendere così tanto per me.»
   Lo vidi aggrottare la fronte e ficcarsi le mani nelle tasche dei pantaloni con fare contrariato. «Non sarò ricco, ma un regalo posso ancora permettermi di farlo.»
   «Non è questo il punto», tentai di farlo ragionare, non sapendo bene come articolare un discorso di senso compiuto per non offendere il suo orgoglio. Sbuffai, alzando di nuovo gli occhi al cielo e fermandomi nel bel mezzo del cortile. «Il fatto è che… mi sarebbe piaciuto indossare quel vestito per mia madre», gli feci sapere, sentendomi vagamente in imbarazzo. Era la prima volta che mi trovavo ad intavolare un discorso del genere con lui. «Vorrebbe che ogni tanto indossassi qualcosa di più femminile.»
   Quando tornai a guardarlo, Kentin sembrava decisamente rasserenato, tant’è che mi rivolse uno di quei suoi sorrisi capaci di togliermi il fiato. «Le mamme sono importanti, sai?» mi ricordò, riempendomi il cuore di tenerezza. «Perciò, lascia che paghi la metà della spesa.»
   Esitai, tentata di accettare quella sua ennesima gentilezza. Tuttavia, non volevo approfittarmi della sua generosità, perciò dissi: «Non saprei quando restituirti i soldi…»
   «Hai idea di che cosa significhi la parola regalo?» insistette lui, tornando ad accigliarsi e dandomi una schicchera sulla fronte che mi fece emettere un’esclamazione di protesta. «E poi voglio vederti anch’io con quel vestito», confessò infine, arrossendo vistosamente e tornando ad affondare le mani nelle tasche dei pantaloni. «Quindi, l’unica cosa che ti chiedo in cambio è di uscire con me», affermò, sbirciando timidamente nella mia direzione.
   Rimasi senza parole per alcuni attimi, durante i quali iniziarono a cadere dal cielo le prime gocce di pioggia. «Con il vestito che mi farà Rosalya?» domandai con un tono che mal celava l’emozione che quell’invito aveva suscitato in me. Non che io e Kentin non fossimo mai usciti insieme, da soli, e per di più per quello che agli occhi degli altri avrebbe potuto apparire come un appuntamento; però quella era la prima volta che me lo chiedeva in modo tanto ufficiale.
   «È ovvio, no?» borbottò lui, come se gli avessi rivolto la domanda più stupida del mondo. «E apri l’ombrello, ché se no ci bagniamo», aggiunse poi, dal momento che la pioggia aveva iniziato a cadere con maggior insistenza.
   «Ma non ne hai uno tuo?» m’informai, obbedendo comunque al suo ordine e offrendogli riparo dall’acqua.
   «Certo che sì», mi fece sapere con un sorrisetto furbo. «Ma così ho la scusa per starti più vicino.»
   «Che adorabile carogna», lo presi in giro, ridendo e arrendendomi al braccio che mi passò attorno alle spalle quando riprendemmo ad avanzare verso l’uscita della scuola.
   «Allora?» m’incalzò, togliendomi anche di mano l’ombrello per tenerlo più alto e non doversi curvare a causa della mia bassa statura. «Posso fartelo, questo regalo? Almeno farai contenta tua madre.»
   «D’accordo», accettai, ormai di buon umore, avvertendo immediatamente la presa attorno alle mie spalle farsi più salda. E se bastava l’idea di vedermi con indosso un vestito, per renderlo tanto felice, mi ripromisi che già l’indomani avrei potuto rispolverarne qualcuno di quelli ammassati nel fondo del mio armadio.












Mi rendo conto che si tratta di una shot tremendamente... boh, frivola? Non lo so, non ci so fare con 'sta roba da femmine, scusate. ;_;
Il punto è che sono due giorni che la mia Dolcetta se ne va in giro per il liceo vestita a metà strada fra Candy Candy e Mary Poppins (ho preso il completo primaverile alla boutique di Pasqua), ma è divertente il fatto che i vari personaggi del gioco la incrocino e le parlino normalmente, come se avesse addosso qualcosa di molto meno appariscente e antiquato. Mi viene da ridere al pensiero che, essendo alla ricerca di Nathaniel, la Dolcetta dovrà parlare con lui di cose molto serie agghindata in quel modo. ♥
A parte ciò, sempre ieri, per puro caso, mi è capitato sotto agli occhi uno dei modelli di Mary Magdalene (se non li conoscete, basta fare una rapida ricerca online), e siccome ne sono innamorata da anni, non ho resistito all'impulso di rendere felice almeno la mia Dolcetta (io decisamente non posso indossare roba del genere, visto quanto diavolo costano quegli abiti).
E questo è quanto.
Ringrazio come sempre i lettori, i recensori e chi aggiunge le mie storie fra le preferite/da ricordare/seguite. :*
Shainareth





  
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