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Autore: Eth_smile    11/04/2015    1 recensioni
Ho sempre voluto scrivere una storia ma non ne ho mai avuto il coraggio, ora però mi sento pronta.
Dal testo: all'inizio erano solo piccoli passi, ma col passare dei secondi si erano trasformati in una corsa disperata......
nonostante il rumore sordo che proveniva dai pugni che battevo sul vetro, quasi a volerlo rompere, nonostante gridassi il suo nome a squarciagola, lui non mi aveva sentita.......
Se solo avessi avuto il coraggio di dirglielo. Perché? Perché non ti ho detto.......
Beh spero di avervi incuriosito. Vi prego di commentare se vi capita di leggere la mia storia, accetto anche le critiche; purché costruttive.
Genere: Sentimentale | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna | Personaggi: Nuovo personaggio, Shawn/Shirou
Note: Missing Moments | Avvertimenti: nessuno
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Dopo la nostra vittoria, che ha segnato la fine del Football Frontier International, noi della Inazuma Japan ci siamo presi una meritata vacanza; dopo tutte le fatiche che gli intensivi allenamenti, per prepararci al meglio a sconfiggere le altre squadre, ci hanno procurato. Comunque come stavo dicendo, dopo la vittoria la squadra si è smembrata; sono rimasti solo tre o quattro gruppi, formati da due o tre persone, che sono rimaste in contatto, ma nulla di più.  D'altronde gli allenamenti si svolgono sempre più di rado perché ormai non è rimasto neanche più un motivo per allenarsi: il FFI è finito, gli alieni ora, oltre ad aver fatto parte della squadra, sono nostri amici.  Dai diciamoci la verità il FFI, la storia degli alieni e le altre sfide sono state delle meravigliose avventure, però anche poter andare in vacanza senza la minaccia di matti extra terrestri che vogliono conquistare il mondo, la gioia di incontrare altre persone che non siano avversari da battere e la felicità di non dover tornare a casa con i muscoli doloranti per colpa dei duri allenamenti, beh anche questo non è male. Che sbadata! Ero talmente presa dal, come posso spiegarlo, dal racconto, dalla spiegazione dei fatti avvenuti, che mi sono dimenticata di presentarmi; rimedio subito. Il mio nome è Chloe Swift, esatto, avete capito bene, Swift come Nathan Swift, più precisamente mio fratello. Di carattere siamo simili quello che ci differenzia è il colore sia dei capelli che degli occhi; i miei capelli sono neri come la pece e lisci come spaghetti, mentre quelli di mio fratello sono azzurri, anche i miei occhi sono del medesimo colore scuro, mentre Nathan ha gli occhi più chiari, di un bel marrone cioccolato. Sono entrata a far parte della squadra assieme a mio fratello quando ancora si chiamava raimon e non Inazuma Japan. Ora che vi ho illustrato un po' di fatti andrò dritta al sodo a quel brutto giorno in cui ho commesso un grave errore ed a pagarne le conseguenze non sono stata l'unica. Erano passati ormai due mesi dalla fine del Football Frontier International; dopo il primo mese il susseguirsi dei giorni a venire era passato lentamente ed in modo piatto e monotono. Era una mattina come un'altra, almeno per me, finché non ricevetti una certa telefonata, perlomeno. Prima vi ho accennato che alcuni erano rimasti in contatto anche dopo la vittoria del FFI, beh io facevo ( e faccio tutt'ora ) parte di quei alcuni; ero rimasta in contatto con Mark, Xavier, Axel ( anche se pochi anni dopo ne ho perso i contatti ) e  Shawn. Già Shawn; forse il primo ragazzo per cui io abbia provato un sentimento che andava oltre l'amicizia, sentimento che è stato troncato sul nascere oltretutto; ora vi spiegherò perché. Come stavo dicendo, quel giorno ricevetti un'inaspettata telefonata da parte di Xavier ( l'unico a sapere della mia cotta per Shawn, anche se adesso chiamarla cotta mi fa ridere; quello che provavo per Shawn andava ben oltre la cotta, ma ahimè l'ho capito troppo tardi ); aveva usato un tono di voce abbastanza calmo, tradito solo dalla tristezza che le sue parole avrebbero suscitato in me. Perché nonostante tutto, sapendo della mia "cotta", era rattristato dal fatto che fosse stato lui a dirmelo e non Shawn, che fosse stato lui a dirmi che Shawn sarebbe partito tra qualche ora per ritornare ad Hokkaido ( la sua "terra natia" ). A quelle parole il mio cuore aveva smesso di battere, mi stavo chiedendo il perché Shawn non mi avesse avvisato di una cosa così importante; perché ne ero sicura che Shawn sapesse, che sapesse, almeno in parte, della mia cotta per lui, ed il fatto che non mi avesse avvisato della sua partenza mi faceva male, mi rattristava. Xavier mi aveva detto che anche lui lo era venuto a sapere poche ore prima; è vero poche ore ma pur sempre prima di me, in più lui dallo stesso Shawn. Comunque una volta ricevuta la notizia mi ero subito precipitata verso l'aeroporto dove si trovava il diretto interessato della mia breve telefonata con Xavier. Volevo salutarlo prima che partisse per Hokkaido e magari per sempre. Una volta arrivata mi ero guardata in torno nel tentativo di trovare la sua adorabile massa di capelli argentei o magari di incrociare il suo meraviglioso sguardo; fosse semplice, prima di arrivare lì avevo ideato un piano semplice ma efficace ( più o meno ), ovvero: 1-arrivate all'aeroporto; 2-trovare Shawn; 3-implorarlo di non partire; 4-essere felice di averlo persuaso a non partire; 5-riportarlo a casa con me. Una volta arrivata all'aeroporto, però, mi ero accorta di non aver dato peso a due fattori che in quel momento mi risultavano di vitale importanza: la quantità di gente e il tempo a mia disposizione per trovare Shawn. Ops, ma nonostante tutto non mi ero abbattuta, anzi ero ancora più decisa a trovarlo; perciò mi ero data da fare il doppio e i mie sforzi erano stati ripagati. Era in fila per il check in, erano pochi in fila quelli prima di lui, segno che mi dovevo dare una mossa; così, mossa da tanto ottimismo e sicurezza di fargli cambiare idea, mi ero diretta verso di lui a passo spedito; ora erano pochi passi a separarci ma in quel momento mi sembrava di dover percorrere una maratona per arrivare al mio traguardo. Percorsa la "maratona", mi ero posizionata dietro di lui e con le dita tremanti mi era bastato sfiorargli una spalla per vederlo compiere mezzo giro su se stesso. All'inizio aveva inarcato le sopracciglia, sorpreso di vedermi presumo, poi, però, il suo sguardo era tornato quello dolce ma determinato che tanto conoscevo e amavo. Inizialmente nessuno aveva parlato poi, con mia grande sorpresa, quasi uscissero di loro spontanea volontà, le parole da me dette andarono a formare una frase che nel mio ingegnoso piano non esisteva, che non stava ne in cielo ne in terra; gli avevo detto queste testuali parole: -Ciao, Xavier mi ha detto che stamattina saresti partito per tornare a Hokkaido, perciò sono venuta a salutarti- e come un ebete ero rimasta in piedi davanti a lui, con il sorriso più falso e tirato  mai visto stampato in faccia, senza fare niente, senza abbracciarlo o cose così, a parte dirgli: -Perciò a presto e buon viaggio-stupida, stupida non sono altro che una stupida. Il suo sguardo era passato dal sorpreso al........triste? Forse perché, come me, pensava che avrei cercato di trattenerlo; magari l'avessi fatto. Comunque fatto sta che dopo avermi salutato si era rimesso in coda. Fatto il check in, si era diretto verso i metal detector per poi serpeggiare con la valigia tra le file, ordinatamente collocate una in parte all'altra e divise da pannelli di vetro, che conducevano verso una scala mobile che portava alla "sala di attesa" del proprio volo. Passato, anche, sotto il controllo dei metal detector, mancava solo il percorso a file; l'ultima tappa, che una volta percorsa non si poteva più cambiare idea. Forse è stato proprio questo pensiero a riscuotermi perché all'inizio erano solo piccoli passi, ma  col passare dei secondi si erano trasformati in una corsa disperata verso i metal detector, verso le file ordinate, verso Shawn. Incurante di quello che mi avrebbero detto e spinta da un grande sentimento, che solo in quel momento avevo capito si trattava di amore, avevo cominciato a battere forte i pugni sul primo pannello di vetro ed a gridare forte il suo nome, ma illusa com'ero non mi ero nemmeno accorta che troppe corsie ci separavano, perciò nonostante il rumore sordo che proveniva dai pugni che battevo con insistenza sul vetro, quasi a volerlo rompere, nonostante gridassi il suo nome a squarciagola, lui.......non mi aveva sentita; non poteva sentirmi. Se solo avessi avuto il coraggio di dirglielo prima; perché? Perché  non ti ho detto: < ti prego rimani> perché?. Quando finalmente smisi di battere sul vetro tu eri già salito sulle scale mobili e piano piano la tua immagine stava scomparendo dal mio campo visivo lasciando un grande vuoto al tuo posto. Una volta sparito del tutto mi ero accasciata per terra, piangendo e sussurrando parole al vento sperando che ti arrivassero; sussurrando ciò che per colpa della mia grande timidezza non ero riuscita a dirti: -perché non rimani? Perché non rimani qui con me?-
   
 
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