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Autore: Kaiyoko Hyorin    12/04/2015    2 recensioni
Quando la tensione è alle stelle, nel bel mezzo della battaglia, l'abilità e l'intraprendenza si confondono con la fortuna e l'irresponsabilità, rendendo impossibile scindere le une dalle altre.
La vera presa di coscienza avviene a battaglia conclusa, quando si contano i morti ed i feriti e ci si confronta sui risultati ottenuti da quella vittoria. Ed allora si rifanno i conti e si affrontano gli errori propri e degli altri.
Questa è la testimonianza di due vite differenti che, per uno scherzo del destino, hanno finito per intrecciarsi l'una all'altra e percorrere lo stesso sentiero per la sopravvivenza.
Genere: Azione, Sentimentale, Slice of life | Stato: completa
Tipo di coppia: Het
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
- Questa storia fa parte della serie 'Tales of Destiny'
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Pistole in pugno, già cariche e pronte all'uso, spiccò una serie di balzi che lasciò sorpresi amici e nemici mentre si posizionava al centro del campo. La battaglia era appena entrata nel vivo e Aredhel era carica quanto e più delle sue due armi magiche, una per mano.
L'olezzo di carne morta ormai aveva coperto l'odore proprio della piana erbosa circostante, mentre il sole sembrava quasi del tutto scomparso sulle loro teste, oscurato da una serie di alte nubi che ne filtravano i raggi, indebolendoli.
Con occhio critico l'elfa bicentenaria, portatasi al centro dell'azione, ampliò il suo campo visivo inquadrando i due possenti draghi-zombie nelle retrovie di quel piccolo esercito di non-morti. Affiancata subito da uno dei chierici del gruppo, Aredhel ebbe modo di usare il compagno come copertura mentre cercava un degno bersaglio, sorvolando con lo sguardo quelle marionette senza volontà.
Tsk. Feccia.
Un paio di demoni vennero evocati in un riverbero di luce e scintille magiche in terzo piano e l'elfa, posandovi gli occhi blu, finalmente si concesse un tenue mezzo sorrisetto al pensiero di aver finalmente trovato qualcosa di interessante di cui occuparsi.
Tuttavia non fece nemmeno in tempo a formulare correttamente quel pensiero, che una voce accanto a lei la fece trasalire.
Una voce ben nota.
– Ti sono mancato?
Aredhel si voltò di scatto, ritrovandosi ad incrociare un paio di occhi color del ghiaccio stampati in un volto dai lineamenti delineati in un sorrisetto compiaciuto e carico di sottintesi. Il giovane umano le ammiccò complice, affascinante ed irritante al contempo quasi più di quando l'aveva lasciato pochi minuti prima presso il castello.
Che ci fa lui qui?!
Aprì bocca, spinta da una ventata di contrarietà, per riversargli addosso una delle sue risposte secche ed acide, per fargli capire quanto poco gradisse quel genere di attenzioni, in particolar modo in un momento tanto delicato, ma lui la anticipò sul nascere. Sotto il suo sguardo si concentrò ed una nuova energia sembrò incanalarsi nella sua figura, scompigliandogli i capelli bianchi e prendendo forma in un incantesimo. Poche parole prive di voce gli mossero le labbra ed un istante dopo Aredhel avvertì un nuovo senso di calore risalirle alle braccia dal centro del petto, per poi sfumare sulle punte delle dita, facendogliele formicolare.
Boccheggiò un istante, sorpresa ancora una volta da quel ragazzo così precoce e promettente al tempo stesso, ma non per questo stavolta evitò di lasciarsi sfuggire il proprio pensiero.
– Ma che..? – pensiero che non ebbe il tempo di terminare di formulare in quell'unica domanda destinata a rimanere incompiuta, perché interrotta nuovamente dal fautore di quell'incantesimo.
– Ecco fatto – esordì soddisfatto, con quel suo sorriso irriverente che tanto riusciva a farle ribollire il sangue di emozioni contrastanti – Ora sei in grado di mirare correttamente a qualunque bersaglio senza preoccuparti troppo della distanza. Ho incrementato la gittata delle tue pistole – le annunciò lui, spiegando in poche parole ciò che le aveva appena fatto.
Aredhel a quelle parole non impiegò più di un istante ad assimilarne il significato e, dopo un battito di ciglia, si arrese lasciando delineare le labbra in un sorrisetto compiaciuto e incredulo insieme. Indi non attese altro, prima di provare quanto di quello da egli dettole fosse vero, voltandosi verso uno dei due demoni maggiori e sollevando il braccio.
Prese la mira.
Premette il grilletto.
Una. Due. Tre volte.
Tre proiettili di pura elettricità, simili a tre pallini crepitanti di energia, sfrecciarono a mezz'aria, dritti verso il loro bersaglio. Nessuno di loro mancò, andando ad impattare rispettivamente in corrispondenza della spalla destra, della sinistra e della corazza al centro del petto. Il contraccolpo e i danni elettrici sembrarono scuotere la creatura alata, i cui lunghi capelli scuri non riuscivano a mitigare l'aspetto infernale delle sue fattezze vagamente umane. Gli aveva fatto male.
Una nuova soddisfazione nacque al centro del petto dell'elfa, mentre pregustava l'adrenalina ormai entrata completamente in circolo nel suo corpo longilineo. Tuttavia, quando provò a ripetere il colpo, quando premette il grilletto della seconda pistola, da essa partì un secco boato che fece sussultare persino quell'armadio di incantatore nelle retrovie.
Ed il suo sorrisetto si trasformò in una smorfia.
Cazzo!
Si era inceppata.
– Andiamo – le disse senza batter ciglio il ragazzo al suo fianco, posando una mano sulla sua spalla.
Un battito di ciglia dopo ed entrambi erano in tutt'altra posizione, proprio alle spalle del capitano nemico. Lo stesso capitano che un tempo era umano e la cui coscienza era stata plasmata e soggiogata dopo la morte dalla stessa spada che ora giaceva al centro del campo di battaglia, conficcata nel terreno.
Aredhel spalancò gli occhi alla scena che le si prospettò di fronte: Kein, il guerriero del loro gruppo, aveva puntate entrambe le lame al centro del petto di quello che un tempo era stato suo fratello, mentre sul volto di quest'ultimo nel notarla si affacciò un sorriso che le fece gelare il sangue.
– ...quel che volete è la stessa cosa che vogliamo noi. Vi stanno mentendo, siete dalla parte sbagliata...
– Muori, bastardo! – ringhiò Kein di rimando, il volto deformato in un'espressione di odio puro.
E persino un'elfa come lei fu in grado di comprendere i sentimenti di quell'umano a cui era stato strappato e profanato l'ultimo membro della sua famiglia. Eppure, prima di scomparire, disintegrato da una nuova ondata di puro potere, colui che un tempo aveva calzato il nome di Volcan ebbe il tempo di mormorarle una frase che instillò il dubbio nella mente della ragazza.
– ..non siamo stati noi a radere al suolo il tuo villaggio. È stato qualcun altro che si spacciava per noi.
Aredhel spalancò un'altra volta gli occhi blu, confusa e stupita, per poi vedere il loro nemico ridursi in polvere.
Le ci volle un paio di secondi per riaversi abbastanza da rendersi conto che la battaglia non era ancora finita e fu proprio Sleyn, il suo carismatico persecutore, a riportarla alla realtà, piazzandole una mano sul sedere.
Sobbalzando, l'elfa fece un saltello a lato, alterandosi in men che non si dica, mandando lampi dagli occhi.
– Ma che cazzo fai?!
La loro attenzione tuttavia venne subito richiamata da un urlo proveniente dall'altro capo del campo di battaglia ed entrambi si voltarono in quella direzione, giusto in tempo per vedere la giovane sorella di lui venire scaraventata lontano da un Demone dell'Abisso.
Il respiro le si smorzò in gola e nel mentre Sleyn partì di scatto in quella direzione, con tanta rapidità da sollevare una sferzata di vento che rischiò di farle volar via il cappello piumato e la costrinse a chiudere momentaneamente le palpebre. Quando le riaprì l'umano era già davanti al nuovo bersaglio, pronto a fronteggiarlo, e lei per contro non perse altro tempo.
Disinceppata la pistola secondaria, si scagliò nuovamente sul suo primo bersaglio in un attacco combinato con il chierico di prima, togliendo di mezzo la creatura nemica con una potenza di fuoco che ne ricoprì parte del corpo di piccole sfere d'elettricità, lì ove impattavano.
La creatura perse compattezza e si disperse in una miriade di molecole magiche, che ritornarono al luogo dal quale ella stessa era stata evocata, dando modo alla giovane elfa di guardarsi nuovamente intorno, proprio mentre Kein sfrecciava verso il secondo demone alato.
Ormai non v'era più traccia degli zombie minori. Persino i draghi si erano dileguati, vista la dipartita del loro comandante.
Bene, era giunto il momento di porre fine a quello scontro.
Ricaricando le proprie armi, Aredhel ebbe il tempo di notare che gli attacchi dei suoi compagni, ora quasi tutti rivolti verso l'ultimo demone, non venivano seguiti da contrattacchi di nessun genere: sembrava quasi non aver alcuna intenzione di combattere.
Strano.
Tuttavia non ebbe tempo di rifletterci su, perché a un certo punto una figura dalla chioma candida sfrecciò nel suo campo visivo, spada in mano, mozzando di netto una delle ali del demone dalla pelle color avio, cosicché l'unica cosa che ella pensò era di non voler essere da meno.
Puntando ambo le proprie pistole sulla creatura ultraterrena, i piedi ben piantati al suolo e il cappotto verde scuro ondeggiante per la lieve rotazione del busto, sparò. Sei colpi seguirono e sei pallottole saettarono nell'aere, crepitanti di energia compressa, andando poi a colpire in pieno la sagoma del nemico ancora una volta.
Scintille, piccole esplosioni, e poi l'ultima sferetta metallica trapassò di netto il cranio cornuto della bestia demoniaca, segnando la fine della battaglia.
Eppure ci volle ancora una manciata di secondi, prima che il silenzio colmasse realmente le orecchie a punta d'ella.




Sua sorella aveva rotto le scatole.
Era su questo che Sleyn rimuginava da quando erano tornati al castello per fare il punto della situazione, fermo ad osservare la sua elfa preferita intenta a discutere, seduta ad un tavolo, con Kein e altri due. Stavano stipulando un trattato magico di rilievo, che avrebbe influenzato la politica dell'intero continente, cosicché per una volta lui aveva convenuto fosse meglio lasciarle un po' di tregua.
Perciò rimase semplicemente tranquillo ad assistere ai vari dibattiti in corso nella sala, senza per questo partecipare a nessuno di questi. Invece ripercorse mentalmente tutta la discussione avuta con la sorella gemella subito dopo la conclusione della battaglia.

[Flashback]
La devi smettere di fare l'idiota! – gli aveva urlato addosso lei, furente – Devi iniziare a prendere le cose seriamente o potresti rimetterci la vita! Guarda come è andata a me, nonostante io combatta seriamente! – alludendo alla sua gamba rotta.
Lui aveva sbuffato, per nulla impressionato della cosa.
No – le aveva risposto senza batter ciglio – Tu hai il tuo modo di combattere ed io ho il mio, ed è questo – aveva aggiunto – Lasciami fare e non preoccuparti.

Il discorso era caduto così, grazie anche alla repentinità con cui erano stati tutti teletrasportati di nuovo al castello, e perciò era riuscito ad evitare ulteriori seccature da parte di quella rompiscatole. Nemmeno la loro madre era arrivata a fargli la ramanzina, fin'ora era sempre sua sorella quella che si intrometteva. S'era dovuta intromettere persino quando aveva incontrato per la prima volta lei, Aredhel, poco tempo prima, dando contro all'attrazione che lui stesso aveva provato nei confronti di quell'adorabile elfa. La discussione era stata sollevata in presenza di tutti e l'aveva persino definita “vecchia”, ma a lui piaceva considerarla semplicemente esperta. Sì, era proprio il suo tipo, gli faceva ribollire in sangue il solo guardarla.
Sorrise fra sé e sé, vedendola sferrare un pugno in pieno naso a quel depravato di Kein.
Aveva proprio un bel caratterino. Chissà se avrebbe finito per beccarsi anche lui un pugno come quello..? Be', fin'ora non era ancora accaduto, si disse. Ma d'altra parte, le probabilità che questo prima o poi sarebbe successo anche a lui aumentavano di giorno in giorno. Eppure, era più forte di lui: trovava troppo divertente importunarla con le sue avance.
La vide abbandonare il tavolo una volta che anche l'ultima firma fu depositata in fondo al contratto stilato da quel grezzo di Kein, e si perse ad ammirarne la grazia del suo passo - l'ancheggiare sensuale dei suoi fianchi accentuato dall'ondeggiare di quel suo cappotto verde scuro, in verità - cosicché si accorse soltanto dopo una manciata di secondi che stava procedendo proprio verso di lui.
Sollevando lo sguardo sul suo volto, la vide fissarlo con una determinazione ed una serietà che lo fecero mettere istintivamente sull'attenti, non sapendo assolutamente cosa pensare di quel comportamento insolito. Sì, perché sino a quel momento non era mai stata lei ad avvicinarlo, a cercarlo, era sempre stato lui ad attaccare.
Si riappropriò del controllo della propria espressione un istante dopo, giusto il tempo alla ragazza elfa di bruciare gli ultimi metri per accostarglisi senza indugio.
– Devo parlarti. In privato.
Il tono serio di quelle poche parole lo impensierì e incuriosì, riuscendo a far scomparire dalla sua giovane mente qualsivoglia pensiero incauto. Contagiato da tanta serietà, Sleyn la seguì, mettendo a tacere per la prima volta da quando l'aveva conosciuta il sangue draconico che gli scorreva nelle vene. Sì, perché in realtà, sebbene l'apparenza dicesse tutto il contrario, lui era soltanto per metà umano, caratteristica che gli aveva permesso una crescita ed uno sviluppo fisico e mentale decisamente più rapido di un comune essere umano.
La seguì senza una parola fin nelle sue stanze, tenendo gli occhi color azzurro ghiaccio fissi sulla chioma castano scura dell'altra. Erano lunghi, quei suoi capelli quasi del colore dell'ebano, lisci e all'apparenza serici quanto la seta più pura. La loro tonalità scura gli piaceva, così come gli piacevano i suoi occhi, di un blu tanto profondo da ricordare il colore dell'oceano.
Gli stessi occhi che tornarono a fissarlo una volta che la porta fu chiusa alle loro spalle, penetranti e ammalianti al tempo stesso.
– Volevo dirti che quello che ti ha detto tua sorella è vero – esordì senza un'inflessione particolare nella voce, suscitando nel ragazzo un moto di perplessità che gli fece inarcare un sopracciglio – Dovresti prendere più seriamente un combattimento. Non potrà andarti sempre bene, dovresti evitare distrazioni e leggerezze sul campo di battaglia.
Sleyn sbatté un paio di volte le palpebre, iniziando ad assimilare il significato di quelle parole e al tempo stesso osservando ora più attentamente i lineamenti fini di quel viso elfico. Era seria, leggermente corrucciata, sembrava quasi tesa ad un esame più attento della sua postura eretta, mentre continuava.
– Insomma, posso capire che tu abbia il tuo stile e non ti sto dicendo di cambiarlo – specificò infatti, come a voler mettere le mani avanti – ..ma non per questo puoi permetterti di sottovalutare la situazione, proprio perché potresti finire per pentirtene.
Un battito di ciglia e una nuova consapevolezza prese il posto dello stupore, quando lui si rese conto della verità.
Una verità che gli fece delineare le labbra di un nuovo sorriso sghembo.
– Non preoccuparti – le disse, interrompendola, pacato nel tono – L'unico motivo per cui mi sono comportato così fin'ora era per te – la vide spalancare le labbra rosee in un'espressione spiazzata, cosa che lo fece gongolare ancora di più mentre specificava – L'ho fatto per attirare la tua attenzione ed indurti a preoccuparti per me, ed ora che ho ottenuto ciò che volevo, non ho più motivo per continuare.
La vide sbattere una volta sola le palpebre, gli occhi sgranati ed un'espressione decisamente impagabile stampata in volto.
Lui se la rise fra sé e sé per la reazione di lei, infilando ambo le mani nelle tasche dei pantaloni mentre si gustava quel breve spettacolo. Breve perché una manciata di secondi dopo l'altra parve riaversi abbastanza da assumere una nuova espressione accigliata definita da un lieve rossore delle gote.
– Be', meglio così – sbottò scontrosa, arricciando il naso e muovendosi per lasciare la stanza, aggiungendo – E comunque, evita di molestarmi in simili momenti o potrei finire per sbagliare mira e colpire te.
Sleyn si lasciò sfuggire uno sbuffetto divertito a labbra serrate – In quel caso finiresti per preoccuparti per me ancora di più – le fece notare.
Lei ebbe un piccolo sussulto a quell'affermazione e sbuffò di rimando, superandolo, cosa che gli fece allargare il sorrisetto che aveva stampato in volto, prima di venir colto da un pensiero e voltarsi per richiamarla. Quella era la prima volta che si ritrovava da solo con lei, non poteva lasciarsi sfuggire un'occasione simile.
– Aspetta, Aredhel – la chiamò per nome, inducendola a voltarsi di nuovo a guardarlo proprio un attimo prima di posare una mano sulla maniglia. Incrociandone di nuovo lo sguardo ne notò senza fatica l'aria interrogativa e ancora in parte accigliata ed il pensiero di quanto aveva intenzione di fare gli fece salire una certa agitazione che gli arrossò il volto e lo rese più impacciato di quanto avrebbe voluto, ma continuò comunque – Ho qualcosa da darti.. – esordì, deviando momentaneamente lo sguardo da lei mentre, al contempo, sfilava da una delle sue tasche l'oggetto in questione.
Era un ciondolo appeso ad una sottile catenina in argento, dalla forma di una piccola chiave al cui centro dell'impugnatura spiccava una perla nera. Gliela porse, non riuscendo ad impedire all'imbarazzo di trapelare mentre, in quella breve pausa di silenzio, depositava quel ninnolo sul palmo di lei. Gli occorse un enorme sforzo per tornare a guardarla in viso, il cuore che stranamente gli batteva a mille in petto.
– Se sarai in una situazione di pericolo o minaccia, questo ti proteggerà – affermò con una sicurezza ed una serietà dovute all'agitazione del momento.
La vide sbattere le palpebre, ancora una volta sorpresa dal suo gesto, prima che serrasse le labbra in una linea sottile e le sue gote si imporporassero, rendendole ancor più lucido lo sguardo. Tardò a dargli una risposta, come se non sapesse bene come reagire e quando finalmente sembrò trovare la voce, questa volta era lui stesso sul punto di lasciare la stanza, cosicché la voce flebile ed incerta di lei gli carezzò le orecchie come il suono più dolce dell'intero universo.
– Grazie..
Non le rispose, non si fermò nemmeno, sparendo nel corridoio ed allontanandosi.
Ma sul suo viso si delineò un sorriso tanto morbido quanto sereno, traditore di un'emozione che continuava a fargli battere forte il cuore al centro del petto anche dopo che ebbe raggiunto la porta della sua stanza. Un sorriso che non scomparve finché il sonno non lo vinse a notte ormai inoltrata - quando ormai ogni rumore relativo alla vita che popolava il castello non si fu quietato - trovando il giovane drago steso sul suo letto, con le mani intrecciate dietro la nuca e lo sguardo abbandonato al soffitto, perso in dolci sogni ad occhi aperti.




   
 
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