Pistole in pugno, già cariche e pronte
all'uso, spiccò una serie di balzi che lasciò sorpresi amici e
nemici mentre si posizionava al centro del campo. La battaglia era
appena entrata nel vivo e Aredhel era carica quanto e più delle sue
due armi magiche, una per mano.
L'olezzo di carne morta ormai aveva
coperto l'odore proprio della piana erbosa circostante, mentre il
sole sembrava quasi del tutto scomparso sulle loro teste, oscurato da
una serie di alte nubi che ne filtravano i raggi, indebolendoli.
Con occhio critico l'elfa bicentenaria,
portatasi al centro dell'azione, ampliò il suo campo visivo
inquadrando i due possenti draghi-zombie nelle retrovie di quel
piccolo esercito di non-morti. Affiancata subito da uno dei chierici
del gruppo, Aredhel ebbe modo di usare il compagno come copertura
mentre cercava un degno bersaglio, sorvolando con lo sguardo quelle
marionette senza volontà.
Tsk. Feccia.
Un paio di demoni vennero evocati in un
riverbero di luce e scintille magiche in terzo piano e l'elfa,
posandovi gli occhi blu, finalmente si concesse un tenue mezzo
sorrisetto al pensiero di aver finalmente trovato qualcosa di
interessante di cui occuparsi.
Tuttavia non fece nemmeno in tempo a
formulare correttamente quel pensiero, che una voce accanto a lei la
fece trasalire.
Una voce ben nota.
– Ti sono mancato?
Aredhel si voltò di scatto,
ritrovandosi ad incrociare un paio di occhi color del ghiaccio
stampati in un volto dai lineamenti delineati in un sorrisetto
compiaciuto e carico di sottintesi. Il giovane umano le ammiccò
complice, affascinante ed irritante al contempo quasi più di quando
l'aveva lasciato pochi minuti prima presso il castello.
Che ci fa lui qui?!
Aprì bocca, spinta da una ventata di
contrarietà, per riversargli addosso una delle sue risposte secche
ed acide, per fargli capire quanto poco gradisse quel genere di
attenzioni, in particolar modo in un momento tanto delicato, ma lui
la anticipò sul nascere. Sotto il suo sguardo si concentrò ed una
nuova energia sembrò incanalarsi nella sua figura, scompigliandogli
i capelli bianchi e prendendo forma in un incantesimo. Poche parole
prive di voce gli mossero le labbra ed un istante dopo Aredhel
avvertì un nuovo senso di calore risalirle alle braccia dal centro
del petto, per poi sfumare sulle punte delle dita, facendogliele
formicolare.
Boccheggiò un istante, sorpresa ancora
una volta da quel ragazzo così precoce e promettente al tempo
stesso, ma non per questo stavolta evitò di lasciarsi sfuggire il
proprio pensiero.
– Ma che..? – pensiero che non ebbe
il tempo di terminare di formulare in quell'unica domanda destinata a
rimanere incompiuta, perché interrotta nuovamente dal fautore di
quell'incantesimo.
– Ecco fatto – esordì soddisfatto,
con quel suo sorriso irriverente che tanto riusciva a farle ribollire
il sangue di emozioni contrastanti – Ora sei in grado di mirare
correttamente a qualunque bersaglio senza preoccuparti troppo della
distanza. Ho incrementato la gittata delle tue pistole – le
annunciò lui, spiegando in poche parole ciò che le aveva appena
fatto.
Aredhel a quelle parole non impiegò
più di un istante ad assimilarne il significato e, dopo un battito
di ciglia, si arrese lasciando delineare le labbra in un sorrisetto
compiaciuto e incredulo insieme. Indi non attese altro, prima di
provare quanto di quello da egli dettole fosse vero, voltandosi verso
uno dei due demoni maggiori e sollevando il braccio.
Prese la mira.
Premette il grilletto.
Una. Due. Tre volte.
Tre proiettili di pura elettricità,
simili a tre pallini crepitanti di energia, sfrecciarono a mezz'aria,
dritti verso il loro bersaglio. Nessuno di loro mancò, andando ad
impattare rispettivamente in corrispondenza della spalla destra,
della sinistra e della corazza al centro del petto. Il contraccolpo e
i danni elettrici sembrarono scuotere la creatura alata, i cui lunghi
capelli scuri non riuscivano a mitigare l'aspetto infernale delle sue
fattezze vagamente umane. Gli aveva fatto male.
Una nuova soddisfazione nacque al
centro del petto dell'elfa, mentre pregustava l'adrenalina ormai
entrata completamente in circolo nel suo corpo longilineo. Tuttavia,
quando provò a ripetere il colpo, quando premette il grilletto della
seconda pistola, da essa partì un secco boato che fece sussultare
persino quell'armadio di incantatore nelle retrovie.
Ed il suo sorrisetto si trasformò in
una smorfia.
Cazzo!
Si era inceppata.
– Andiamo – le disse senza batter
ciglio il ragazzo al suo fianco, posando una mano sulla sua spalla.
Un battito di ciglia dopo ed entrambi
erano in tutt'altra posizione, proprio alle spalle del capitano
nemico. Lo stesso capitano che un tempo era umano e la cui coscienza
era stata plasmata e soggiogata dopo la morte dalla stessa spada che
ora giaceva al centro del campo di battaglia, conficcata nel terreno.
Aredhel spalancò gli occhi alla scena
che le si prospettò di fronte: Kein, il guerriero del loro gruppo,
aveva puntate entrambe le lame al centro del petto di quello che un
tempo era stato suo fratello, mentre sul volto di quest'ultimo nel
notarla si affacciò un sorriso che le fece gelare il sangue.
– ...quel che volete è la stessa
cosa che vogliamo noi. Vi stanno mentendo, siete dalla parte
sbagliata...
– Muori, bastardo! – ringhiò Kein
di rimando, il volto deformato in un'espressione di odio puro.
E persino un'elfa come lei fu in grado
di comprendere i sentimenti di quell'umano a cui era stato strappato
e profanato l'ultimo membro della sua famiglia. Eppure, prima di
scomparire, disintegrato da una nuova ondata di puro potere, colui
che un tempo aveva calzato il nome di Volcan ebbe il tempo di
mormorarle una frase che instillò il dubbio nella mente della
ragazza.
– ..non siamo stati noi a radere al
suolo il tuo villaggio. È stato qualcun altro che si spacciava per
noi.
Aredhel spalancò un'altra volta gli
occhi blu, confusa e stupita, per poi vedere il loro nemico ridursi
in polvere.
Le ci volle un paio di secondi per
riaversi abbastanza da rendersi conto che la battaglia non era ancora
finita e fu proprio Sleyn, il suo carismatico persecutore, a
riportarla alla realtà, piazzandole una mano sul sedere.
Sobbalzando, l'elfa fece un saltello a
lato, alterandosi in men che non si dica, mandando lampi dagli occhi.
– Ma che cazzo fai?!
La loro attenzione tuttavia venne
subito richiamata da un urlo proveniente dall'altro capo del campo di
battaglia ed entrambi si voltarono in quella direzione, giusto in
tempo per vedere la giovane sorella di lui venire scaraventata
lontano da un Demone dell'Abisso.
Il respiro le si smorzò in gola e nel
mentre Sleyn partì di scatto in quella direzione, con tanta rapidità
da sollevare una sferzata di vento che rischiò di farle volar via il
cappello piumato e la costrinse a chiudere momentaneamente le
palpebre. Quando le riaprì l'umano era già davanti al nuovo
bersaglio, pronto a fronteggiarlo, e lei per contro non perse altro
tempo.
Disinceppata la pistola secondaria, si
scagliò nuovamente sul suo primo bersaglio in un attacco combinato
con il chierico di prima, togliendo di mezzo la creatura nemica con
una potenza di fuoco che ne ricoprì parte del corpo di piccole sfere
d'elettricità, lì ove impattavano.
La creatura perse compattezza e si
disperse in una miriade di molecole magiche, che ritornarono al luogo
dal quale ella stessa era stata evocata, dando modo alla giovane elfa
di guardarsi nuovamente intorno, proprio mentre Kein sfrecciava verso
il secondo demone alato.
Ormai non v'era più traccia degli
zombie minori. Persino i draghi si erano dileguati, vista la
dipartita del loro comandante.
Bene, era giunto il momento di porre
fine a quello scontro.
Ricaricando le proprie armi, Aredhel
ebbe il tempo di notare che gli attacchi dei suoi compagni, ora quasi
tutti rivolti verso l'ultimo demone, non venivano seguiti da
contrattacchi di nessun genere: sembrava quasi non aver alcuna
intenzione di combattere.
Strano.
Tuttavia non ebbe tempo di rifletterci
su, perché a un certo punto una figura dalla chioma candida sfrecciò
nel suo campo visivo, spada in mano, mozzando di netto una delle ali
del demone dalla pelle color avio, cosicché l'unica cosa che ella
pensò era di non voler essere da meno.
Puntando ambo le proprie pistole sulla
creatura ultraterrena, i piedi ben piantati al suolo e il cappotto
verde scuro ondeggiante per la lieve rotazione del busto, sparò. Sei
colpi seguirono e sei pallottole saettarono nell'aere, crepitanti di
energia compressa, andando poi a colpire in pieno la sagoma del
nemico ancora una volta.
Scintille, piccole esplosioni, e poi
l'ultima sferetta metallica trapassò di netto il cranio cornuto
della bestia demoniaca, segnando la fine della battaglia.
Eppure ci volle ancora una manciata di
secondi, prima che il silenzio colmasse realmente le orecchie a punta
d'ella.
Sua sorella aveva rotto le scatole.
Era su questo che Sleyn rimuginava da
quando erano tornati al castello per fare il punto della situazione,
fermo ad osservare la sua elfa preferita intenta a discutere, seduta
ad un tavolo, con Kein e altri due. Stavano stipulando un trattato
magico di rilievo, che avrebbe influenzato la politica dell'intero
continente, cosicché per una volta lui aveva convenuto fosse meglio
lasciarle un po' di tregua.
Perciò rimase semplicemente tranquillo
ad assistere ai vari dibattiti in corso nella sala, senza per questo
partecipare a nessuno di questi. Invece ripercorse mentalmente tutta
la discussione avuta con la sorella gemella subito dopo la
conclusione della battaglia.
[Flashback]
– La devi smettere di fare
l'idiota! – gli aveva urlato addosso lei, furente – Devi iniziare a
prendere le cose seriamente o potresti rimetterci la vita! Guarda
come è andata a me, nonostante io combatta seriamente! –
alludendo alla sua gamba rotta.
Lui aveva sbuffato, per nulla
impressionato della cosa.
– No – le aveva risposto senza
batter ciglio – Tu hai il tuo modo di combattere ed io ho il mio,
ed è questo – aveva aggiunto – Lasciami fare e non
preoccuparti.
Il discorso era caduto così, grazie
anche alla repentinità con cui erano stati tutti teletrasportati di
nuovo al castello, e perciò era riuscito ad evitare ulteriori
seccature da parte di quella rompiscatole. Nemmeno la loro madre era
arrivata a fargli la ramanzina, fin'ora era sempre sua sorella quella
che si intrometteva. S'era dovuta intromettere persino quando aveva
incontrato per la prima volta lei, Aredhel, poco tempo prima, dando
contro all'attrazione che lui stesso aveva provato nei confronti di
quell'adorabile elfa. La discussione era stata sollevata in presenza
di tutti e l'aveva persino definita “vecchia”, ma a lui
piaceva considerarla semplicemente esperta. Sì, era proprio
il suo tipo, gli faceva ribollire in sangue il solo guardarla.
Sorrise fra sé e sé, vedendola
sferrare un pugno in pieno naso a quel depravato di Kein.
Aveva proprio un bel caratterino.
Chissà se avrebbe finito per beccarsi anche lui un pugno come
quello..? Be', fin'ora non era ancora accaduto, si disse. Ma d'altra
parte, le probabilità che questo prima o poi sarebbe successo anche
a lui aumentavano di giorno in giorno. Eppure, era più forte di lui:
trovava troppo divertente importunarla con le sue avance.
La vide abbandonare il tavolo una volta
che anche l'ultima firma fu depositata in fondo al contratto stilato
da quel grezzo di Kein, e si perse ad ammirarne la grazia del suo
passo - l'ancheggiare sensuale dei suoi fianchi accentuato
dall'ondeggiare di quel suo cappotto verde scuro, in verità -
cosicché si accorse soltanto dopo una manciata di secondi che stava
procedendo proprio verso di lui.
Sollevando lo sguardo sul suo volto, la
vide fissarlo con una determinazione ed una serietà che lo fecero
mettere istintivamente sull'attenti, non sapendo assolutamente cosa
pensare di quel comportamento insolito. Sì, perché sino a quel
momento non era mai stata lei ad avvicinarlo, a cercarlo, era sempre
stato lui ad attaccare.
Si riappropriò del controllo della
propria espressione un istante dopo, giusto il tempo alla ragazza
elfa di bruciare gli ultimi metri per accostarglisi senza indugio.
– Devo parlarti. In privato.
Il tono serio di quelle poche parole lo
impensierì e incuriosì, riuscendo a far scomparire dalla sua
giovane mente qualsivoglia pensiero incauto. Contagiato da tanta
serietà, Sleyn la seguì, mettendo a tacere per la prima volta da
quando l'aveva conosciuta il sangue draconico che gli scorreva nelle
vene. Sì, perché in realtà, sebbene l'apparenza dicesse tutto il
contrario, lui era soltanto per metà umano, caratteristica che gli
aveva permesso una crescita ed uno sviluppo fisico e mentale
decisamente più rapido di un comune essere umano.
La seguì senza una parola fin nelle
sue stanze, tenendo gli occhi color azzurro ghiaccio fissi sulla
chioma castano scura dell'altra. Erano lunghi, quei suoi capelli
quasi del colore dell'ebano, lisci e all'apparenza serici quanto la
seta più pura. La loro tonalità scura gli piaceva, così come gli
piacevano i suoi occhi, di un blu tanto profondo da ricordare il
colore dell'oceano.
Gli stessi occhi che tornarono a
fissarlo una volta che la porta fu chiusa alle loro spalle,
penetranti e ammalianti al tempo stesso.
– Volevo dirti che quello che ti ha
detto tua sorella è vero – esordì senza un'inflessione
particolare nella voce, suscitando nel ragazzo un moto di perplessità
che gli fece inarcare un sopracciglio – Dovresti prendere più
seriamente un combattimento. Non potrà andarti sempre bene, dovresti
evitare distrazioni e leggerezze sul campo di battaglia.
Sleyn sbatté un paio di volte le
palpebre, iniziando ad assimilare il significato di quelle parole e
al tempo stesso osservando ora più attentamente i lineamenti fini di
quel viso elfico. Era seria, leggermente corrucciata, sembrava quasi
tesa ad un esame più attento della sua postura eretta, mentre
continuava.
– Insomma, posso capire che tu abbia
il tuo stile e non ti sto dicendo di cambiarlo – specificò
infatti, come a voler mettere le mani avanti – ..ma non per questo
puoi permetterti di sottovalutare la situazione, proprio perché
potresti finire per pentirtene.
Un battito di ciglia e una nuova consapevolezza prese
il posto dello stupore, quando lui si rese conto della verità.
Una verità che gli fece delineare le
labbra di un nuovo sorriso sghembo.
– Non preoccuparti – le disse,
interrompendola, pacato nel tono – L'unico motivo per cui mi sono
comportato così fin'ora era per te – la vide spalancare le labbra
rosee in un'espressione spiazzata, cosa che lo fece gongolare ancora
di più mentre specificava – L'ho fatto per attirare la tua
attenzione ed indurti a preoccuparti per me, ed ora che ho ottenuto
ciò che volevo, non ho più motivo per continuare.
La vide sbattere una volta sola le
palpebre, gli occhi sgranati ed un'espressione decisamente impagabile
stampata in volto.
Lui se la rise fra sé e sé per la
reazione di lei, infilando ambo le mani nelle tasche dei pantaloni
mentre si gustava quel breve spettacolo. Breve perché una manciata
di secondi dopo l'altra parve riaversi abbastanza da assumere una
nuova espressione accigliata definita da un lieve rossore delle gote.
– Be', meglio così – sbottò
scontrosa, arricciando il naso e muovendosi per lasciare la stanza,
aggiungendo – E comunque, evita di molestarmi in simili momenti o
potrei finire per sbagliare mira e colpire te.
Sleyn si lasciò sfuggire uno sbuffetto
divertito a labbra serrate – In quel caso finiresti per
preoccuparti per me ancora di più – le fece notare.
Lei ebbe un piccolo sussulto a
quell'affermazione e sbuffò di rimando, superandolo, cosa che gli
fece allargare il sorrisetto che aveva stampato in volto, prima di
venir colto da un pensiero e voltarsi per richiamarla. Quella era la
prima volta che si ritrovava da solo con lei, non poteva lasciarsi
sfuggire un'occasione simile.
– Aspetta, Aredhel – la chiamò per
nome, inducendola a voltarsi di nuovo a guardarlo proprio un attimo
prima di posare una mano sulla maniglia. Incrociandone di nuovo lo
sguardo ne notò senza fatica l'aria interrogativa e ancora in parte
accigliata ed il pensiero di quanto aveva intenzione di fare gli fece
salire una certa agitazione che gli arrossò il volto e lo rese più
impacciato di quanto avrebbe voluto, ma continuò comunque – Ho
qualcosa da darti.. – esordì, deviando momentaneamente lo sguardo
da lei mentre, al contempo, sfilava da una delle sue tasche l'oggetto
in questione.
Era un ciondolo appeso ad una sottile
catenina in argento, dalla forma di una piccola chiave al cui centro
dell'impugnatura spiccava una perla nera. Gliela porse, non riuscendo
ad impedire all'imbarazzo di trapelare mentre, in quella breve pausa
di silenzio, depositava quel ninnolo sul palmo di lei. Gli occorse un
enorme sforzo per tornare a guardarla in viso, il cuore che
stranamente gli batteva a mille in petto.
– Se sarai in una situazione di
pericolo o minaccia, questo ti proteggerà – affermò con una
sicurezza ed una serietà dovute all'agitazione del momento.
La vide sbattere le palpebre, ancora
una volta sorpresa dal suo gesto, prima che serrasse le labbra in una
linea sottile e le sue gote si imporporassero, rendendole ancor più
lucido lo sguardo. Tardò a dargli una risposta, come se non sapesse
bene come reagire e quando finalmente sembrò trovare la voce, questa
volta era lui stesso sul punto di lasciare la stanza, cosicché la
voce flebile ed incerta di lei gli carezzò le orecchie come il suono
più dolce dell'intero universo.
– Grazie..
Non le rispose, non si fermò nemmeno,
sparendo nel corridoio ed allontanandosi.
Ma sul suo viso si delineò un sorriso
tanto morbido quanto sereno, traditore di un'emozione che continuava
a fargli battere forte il cuore al centro del petto anche dopo che
ebbe raggiunto la porta della sua stanza. Un sorriso che non
scomparve finché il sonno non lo vinse a notte ormai inoltrata -
quando ormai ogni rumore relativo alla vita che popolava il castello
non si fu quietato - trovando il giovane drago steso sul suo letto,
con le mani intrecciate dietro la nuca e lo sguardo abbandonato al
soffitto, perso in dolci sogni ad occhi aperti.