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Autore: Adeia Di Elferas    13/04/2015    11 recensioni
Caterina Sforza, nota come la Leonessa di Romagna, venne alla luce a Milano, nel 1463. Si distinse fin da bambina per la sua propensione al comando e alle armi, dando prova di grande prontezza di spirito e di indomito coraggio.
Bella, istruita, intelligente, abile politica e fiera guerriera, Caterina passò alla storia non solo come grande donna, ma anche come madre di Giovanni dalle Bande Nere.
La sua vita fu così mirabolante e piena di azione che ella stessa - a quanto pare - sul letto di morte confessò ad un frate: "Se io potessi scrivere tutto, farei stupire il mondo..."
[STORIA NON ANCORA REVISIONATA]
Genere: Drammatico, Generale, Guerra | Stato: in corso
Tipo di coppia: Nessuna
Note: nessuna | Avvertimenti: Contenuti forti, Tematiche delicate, Violenza | Contesto: Rinascimento
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~~Quello si preannunciava come un inverno molto freddo e di lunga durata. Caterina se lo sentiva nelle ossa.
 Mentre guardava fuori, la nebbia che copriva Milano, le sembrava di poter leggere dei presagi in quel vapore che rendeva la notte ancora più imperscrutabile.
 Per qualche momento lasciò la sua mente libera di vagare e fu come se sua nonna fosse ancora lì, al suo fianco. Per qualche minuto, addirittura, le parve che fosse lì in carne e ossa, come se potesse ancora parlarle e toccarla... “Spero davvero che tua sorella ti assomigli, bambina mia...” disse sua nonna Bianca Maria, o meglio, l'immagine fumosa che la mente di Caterina aveva creato: “Ha solo sette mesi, ma sembra forte. L'hanno chiamata come me, ma la vorrei davvero più simile a te che non a me!” ridacchiò.
 Caterina smise di fissare le ombre che si addensavano nella nebbia e si avvicinò alla luce delle candele, sempre seguita da quel ricordo che pareva vivo: “Perchè dici così?” chiese, con una sorta di ingenuità che fece sorridere l'ombra di Bianca Maria.
 “Non parliamone più.” concluse la nonna, mettendosi a sedere sul letto della nipote: “Piuttosto, cosa vuoi che ti racconti questa sera?”
 Caterina ci pensò un momento, passandosi una ciocca di capelli biondi tra le dita e poi esclamò: “Raccontami ancora di quando mio padre ha combattuto in Francia!”
 Bianca Maria strinse un momento le labbra, poi picchiettò con una mano sulle coperte e concesse: “Va bene. Ma ora mettiti sotto e cerca di dormire, mentre ti racconto.”
 Caterina saltellò verso il letto e fece come sua nonna diceva, anche se non riuscì a chiudere occhio per tutto il tempo del racconto.
 Le sembrava di vedere i fumi dello scontro, la polvere che si alzava, di sentire il rumore delle spade che cozzavano e le grida degli uomini che cadevano sotto gli attacchi di suo padre. Quando sentiva certe storie uscire dalla bocca di suo nonno, le sembrava impossibile che il protagonista fosse davvero suo padre, quell'uomo ancora giovane e prestante che la portava a cacciare con lui...
 Nelle parole di Bianca Maria, Galeazzo Maria sembrava un eroe uscito da una leggenda e non un uomo in carne e ossa. Eppure ormai Caterina sapeva quanto diverso fosse suo padre. E sapeva che era stato lui a cacciare sua nonna da lì... E questo pensiero per un momento fece scomparire l'immagine vivida di Bianca Maria...
 Ma bastò un niente, forse il sonno che si avvicinava, rendendo la mente facile preda degli inganni, a farla riapparire, più vera che mai. Quando l'ombra della donna fu stanca di parlare, si schiarì la voce e concluse: “Ora è tardi, bambina mia... Vado a dare la buona notte ai tuoi fratelli e poi mi ritirerò nelle mie stanze. Sai che tuo padre non vuole che stiate svegli troppo.”
 Non appena Bianca Maria si alzò, Caterina cercò di afferrarle la veste con la piccola mano, riuscendo a stringere solo aria, e chiese, ancora piena di ammirazione per la figura del proprio padre: “Io sarò mai coraggiosa come lui?”
 Bianca Maria la fissò a lungo, alla luce tremula delle candele. Anche il fuoco del camino gettava su di loro una macchia di luce, distorcendo ancor di più i lineamenti.
 Alla fine annuì con lentezza, dicendo: “Tu sarai meglio di lui. Tuo padre è un uomo coraggioso, lo ammetto, ma anche molto avventato. Deve imparare a stare più attento, a tenere a freno la sua crudeltà e il suo desiderio, se non vuole rischiare quello che ha. Tu sarai più saggia di lui.”
 Caterina l'ascoltava in silenzio. Scrutava il volto di sua nonna con un'attenzione immane, come se volesse leggere tra quelle rughe un qualche messaggio segreto.
 Aveva visto più di una volta lei e suo padre litigare, e quasi sempre a causa del temperamento di Galeazzo Maria. Se la donna lo spronava a essere più diplomatico e meno impulsivo, egli rispondeva agendo senza ragionare. E poi tutti sapevano chi dei due aveva avuto la meglio...
 Anche ora, mentre diceva quelle poche frasi alla nipote, era come se Bianca Maria sperasse di essere udita anche dal figlio. Come se lo volesse mettere in guardia una volta di più. Probabilmente aveva ragione.
 “Ma per ora – riprese improvvisamente Bianca Maria – hai solo nove anni. Non devi preoccuparti di certe cose. Avrai tempo per capirle meglio.”
 E con queste parole salutò la bambina e uscì dalla stanza, svanendo, effimera com'era arrivata, solo un'ombra nella mente di una bambina assonnata e sognatrice.
 Caterina spense le candele che aveva accanto al letto, renstando in compagnia del bagliore scostante dato dal caminetto.
 Si coprì fino al mento e si sforzò di dormire, ma era troppo irrequieta. Le parle di sua nonna le avevano messo addosso uno strano tarlo. Continuava a pensare a cosa ne sarebbe stato di lei se suo padre avesse dato fastidio alle persone sbagliate.
 Tutti pensavano che lei fosse troppo piccola per capire certe dinamiche, ma si dimenticavano chi era Galeazzo Maria e che tipo di rapporto avesse con lei. Non c'erano quasi segreti e lui non aveva mai fatto mistero con lei di quanto fosse pericolosa e difficile la vita che conduceva.
 Le aveva fatto capire la facilità che hanno gli uomini nell'uccidere, nel morire, nel tradire e nell'essere traditi.
 Non le aveva mai vietato di chiedere quello che voleva su argomenti delicati come la politica del Ducato e le aveva sempre risposto a tono, anche quando i quesiti erano spinosi e scomodi.
 Forse anche per questo Caterina temeva sempre più spesso per la vita di suo padre. Lo aveva visto più di una volta perdere le staffe di fronte a personaggi importanti e riconosceva in lui un'arroganza che lo rendeva indigesto a molti palati fini.
 Lei lo trovava un uomo giusto e capace, eppure capiva bene quanto fosse facile detestarlo o non fidarsi di lui.
 Perfino sua nonna non era in buoni rapporti con lui, anche se erano l'uno il sangue dell'altra. Non era semplice riuscire ad andarci d'accordo senza urtarlo mai. Caterina ci riusciva, ma non sapeva spiegare il perchè.
 A volte suo fratello Carlo le diceva che lei era la preferita del loro padre perchè era quella che gli assomigliava di più.
 Ogni volta quell'affermazione la riempiva di orgoglio e di paura, perchè non poteva dimenticare l'espressione che coloriva il viso di suo padre quando, durante la caccia, gli si presentava l'occasione di uccidere a mani nude qualcosa.
 Tutto quello che desiderava era essere una buona figlia e seguire le orme di un buon padre.
 Non riuscendo proprio a prendere sonno, Caterina si alzò dal letto, reprimendo un brivido di freddo. Camminando sul pavimento gelido, raggiunse dapprima il caminetto, davanti al quale protese le mani per scaldarle un momento, e poi la finestra, per tornare a guardare la nebbia che li circondava.
 Era come un assedio, tutt'intorno a loro. Le dita fredde e grigie della nebbia li cingevano e li tenevano stretti come prigionieri.
 Dopo qualche minuto, i suoi occhi si persero nel colore uniforme che rendeva le forme indistinguibili.
 Fu un momento. Come un lampo improvviso. In quella nebbia le parve di vedere ogni cosa. Vide fiamme, vide uomini in armatura. Come in un sogno, vide se stessa da adulta. Vide il sangue e il dolore. E vide anche la vittoria e una terra che non conosceva.
 Si vide alla testa di un esercito, con la spada in pugno e le parve di riconoscere uno ad uno i soldati che la seguivano, sospinti dall'onda della battaglia.
 Sentì l'odore della polvere e quello del sudore e quello del sangue. Provò il caldo torrido del primo pomeriggio estivo e il freddo ostinato della notte più lunga dell'inverno.
 Sentì il rumore assordante di esplosioni tutt'intorno a sé e le grida che portavano i suoi ordini a tutti gli uomini che li eseguivano immediatamente.
 Nella nebbia, vide anche qualcosa che le ricordò un convento, ma proprio quando cominciava a scorgerne meglio i dettagli, la porta alle sue spalle si aprì, facendola sobbalzare.
 Bona di Savoia, la moglie di suo padre, stava ferma sull'uscio con una candela in mano e un'espressione vagamente dispiaciuta: “Credevo dormissi già...” si giustificò: “Non volevo disturbarti, volevo solo passare a vedere se andava tutto bene.”
 Caterina diede un ultimo fugace sguardo alla nebbia, chiedendosi se tutto quello che aveva visto aveva un senso o se non fosse, piuttosto, un sogno ad occhi aperti dovuto ai racconti di guerra fatti da sua nonna fino a poco prima.
 “Non riuscivo a dormire...” disse piano, tornandosene a letto sotto lo sguardo attento e amorevole di Bona.
 Era stata fortunata, a trovare una matrigna come Bona di Savoia. Non aveva mai dovuto allontanarsi in modo traumatico dalla sua vera madre, perchè Bona non voleva sostituirsi a lei. Però la moglie di Galeazzo Maria era con lei affettuosa come una seconda madre.
 E anche i fratelli che erano nati dall'unione tra suo padre e Bona, per lei erano solo fratelli e non fratellastri. La sua famiglia era numerosa e forte e questa cosa le dava una grande sicurezza.
 Quando ci pensava, Caterina non poteva fare a meno di dirsi che aveva due madri invece di una.
 Bona attese che la bambina fosse di nuovo sotto le coperte, prima di dire: “Mi raccomando, passa una santa notte.”
 Caterina annuì, senza aggiungere una parola fino a che la matrigna non fu di nuovo alla porta. Non riuscì a trattenersi e le chiese: “Mio padre è in pericolo?”
 Bona di Savoia si fermò di colpo. Le dava le spalle e si prese qualche secondo prima di voltarsi e rispondere: “Ognuno di noi è in costante pericolo, Caterina.”
 La bambina non colse il significato pieno della frase, tant'è che domandò: “Come mai? Cos'è successo? Qualcuno ci attacca?”
 Bona, allora, si morse il labbro e decise di spiegarsi meglio. Si avvicinò al letto e, dopo una breve esitazione, si sedette accanto a Caterina.
 Le accarezzò con gentilezza la guancia e, sorridendole con pacatezza, spiegò: “Nessun uomo e nessuna donna è mai al sicuro. Dobbiamo essere consci di questo. Anche tu devi sempre ricordarlo, così sarai pronta a far fronte ai pericoli quando ti si presenteranno.”
 Caterina guardava rapita Bona, il suo viso aggraziato e le sue forme dolci. Si rese conto che la donna aveva ragione.
 La ringraziò e lasciò che l'accarezzasse ancora un paio di volte.
 Alla fine Bona si alzò e si ritirò, senza più aggiungere altro se non un rapido: “Che i tuoi sogni ti portino felicità.”
 quando fu di nuovo sola, Caterina si chiese perchè tutti gli adulti della sua famiglia continuassero a darle delle piccole lezioni su come comportarsi nei momenti di difficoltà.
 Lo facevano perchè era giusto così e basta o perchè qualche pericolo specifico si stava avvicinando?
 Era impossibile da darsi, standosene lì su un letto, sotto un mucchio di coperte, scaldata da un camino enorme, con la nebbia che lambiva la sua anima.
 L'unica cosa di cui era certa era che presto o tardi avrebbe dovuto cavarsela da sola. Avrebbe dovuto davvero affrontare quella vita che tutti dipingevano come difficile. E allora, in quel momento, tutti quegli insegnamenti le sarebbero risultati preziosi.
 Rassicurata dal pensiero che la sua famiglia teneva a lei almeno quanto lei teneva alla sua famiglia, chiuse gli occhi.
 Ci mise un po', ma alla fine il sonno la raggiunse e i suoi sogni furono costellati di battaglie, spade, grida, vottorie, sconfitte, tradimenti, nobili gesta e nebbia, tanta, tanta nebbia...
 
 
 
   
 
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