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Autore: BabyLolita    17/04/2015    3 recensioni
Piccola One shot sfornata mentre studiavo per l'esame dell'università (diciamo che le trovo tutte per evadere dagli studi xD) Questa storia non tratta di amore, anzi la storia tratta di eventi che spesso accadono tra i banchi di scuola. E' una storia che parla di come cambiano le persone e di come, certe volte, dietro a qualcuno che pensiamo di conoscere si cela qualcun'altro che ha paura di uscire allo scoperto. BUONA LETTURA A TUTTI =D
Genere: Generale, Introspettivo, Slice of life | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna | Personaggi: Nuovo personaggio
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Quando all’asilo mi chiesero per la prima volta quale fosse il lavoro dei miei sogni risposi senza alcuna esitazione:
-   Voglio diventare un’astronauta! –
Quel sogno nacque quando vidi Neil Armstrong poggiare i piedi sul suolo lunare per la prima volta. Mi emozionai talmente tanto che decisi che emulare i suoi trionfi era il mio obbiettivo nella vita. Anche io volevo volare sulla luna, anche io volevo lasciare le orme dei miei passi su quel suolo così bianco e candido.
Quando ero piccola avevo un sacco di amici. A quell’età non importava come ti vestivi, quanto eri intelligente o se portavi l’apparecchio o meno. Tutti erano amici di tutti e pensavo che sarebbe stato così per sempre.
Mi accorsi che le mie erano solo illusioni quando sbarcai alle medie. Tutti i miei vecchi compagni di classe erano stati assegnati ad altre classi ed io, chissà per quale motivo, rimasi da sola. Tentai di avvicinarmi ai miei nuovi compagni ma tutti mi evitavano dicendo che ero troppo brutta anche solo per ricevere un saluto. La prima volta che mi dissero quelle parole ci restai talmente male che mia madre mi venne a prendere a scuola per portarmi a casa. La prima cosa che feci fu chiudermi a chiave in camera mia a piangere come una disperata. Mi sentivo sola. Triste, brutta e sola. Ricordo che mi guardai allo specchio. Guardai quella figura tonda che vedevo riflessa. La guance piene ed il viso tondo. Gli occhi verdi con quegli occhiali dalle lenti spesse che, per la prima volta, parvero disgustosi anche a me. Sforzai un sorriso solo per vedere quell’orribile apparecchio che mi fece perdere la voglia di comunicare con le persone temendo che potessero notarlo. Il giorno seguente una mia compagna di classe mi approcciò per la prima volta. Temevo si avvicinasse a me per rivolgermi l’ennesimo insulto, ma non fu così. Mi passò un sacchetto di biscotti, chiedendomi se ne volevo uno. La guardai attentamente e lei mi sorrise.
-   Prometto di non mordere –
Mi disse sorridendo. Presi un biscotto e lo addentai. Lei si sedette vicino a me ed iniziammo a parlare. Il suo nome era Rosalya.
Le giornate si rasserenarono. Finalmente avevo trovato un amica, l’unica che per i tre anni successivi rimase accanto a me per tutto il tempo. L’unica che reputai la mia migliore amica. Poco prima di iniziare il primo anno delle superiori scoprii che doveva trasferirsi. La cosa mi ferì molto. Sapevo che, senza di lei, sarei tornata ad essere sola. Mi sentii molto triste, ma infondo lei non ne aveva colpa. Ci salutammo piangendo e ciò che mi rimase di lei fu il suo numero di cellulare.
Iniziò il primo anno nella nuova scuola e mi ripromisi di non avere contatti con i miei compagni, non volevo essere nuovamente presa di mira. Per i primi due mesi tutto sembrava andare bene. I miei voti erano i più alti di tutta la classe e nessuno faceva caso a me. Pensavo che, se fosse durata così per sempre, forse non sarebbe stato così male. L’unica persona con cui avevo un rapporto era un ragazzo in classe con me. Il suo nome era Nathaniel. Andavamo molto d’accordo, ad entrambi piaceva studiare e per cui parlare con lui era un piacere. Un po’ meno piacevole era, invece, sua sorella gemella Ambra che aveva deciso di prendermi di mira quando il mio legame con suo fratello si fece più forte. La cosa non mi toccava gran che, se non fosse per il fatto che i suoi abusi su di me iniziarono a diventare fisici. Mi trascinava di peso in bagno gettandomi la faccia nel wc. Quando Nathaniel lo scoprì divenne furioso. Mi implorò di perdonarla e, per rimediare agli errori della sorella, mi promise che non mi avrebbe mai più lasciata sola. Non capivo il perché di questo suo comportamento ma la sua costante presenza fece accadere qualcosa di assolutamente inevitabile.
Durante la gita del quarto anno, accadde qualcosa che mi segnò profondamente. Eravamo andati tutti alle terme. I bagni erano divisi in maschili e femminili. Indossai il mio costume e mi diressi nella vasca idromassaggio che, in quel momento, era vuota. Mi lascia coccolare da quella dolce sensazione fino a quando Ambra e le sue amichette mi braccarono. Tentai di fuggire ma loro mi presero a forza, slacciandomi il pezzo sopra del costume e facendomi un sacco di foto che inviarono a tutta la rubrica dei loro cellulari con un ulteriore messaggio testuale che diceva “ecco a voi la balena della 4B senza veli! Avete mai visto qualcosa di più osceno?!”. Tornata da quella gita mia madre denunciò Ambra ma eravamo minorenni, quindi le ripercussioni per lei non furono così gravi come il trauma che lasciò in me. Da quel giorno cambiai totalmente le mie abitudini. Volevo cambiare, volevo non essere più io. Iniziai una dieta drastica e cominciai ad andare a correre tutti i giorni. In meno di 6 mesi diventai anoressica ma non mi importava, ormai nella mia testa vagavano solo pensieri malati. All’inizio del quinto anno nessuno credeva che fossi io. Pensavo che sarebbe bastato, ma non fu così.
-   Anche se non hai più tutto quello strato di grasso addosso resti sempre un cesso abominevole! –
Mi disse quella vipera il primo giorno di scuola. Pensai che quello sarebbe stato l’ultimo anno che avrei subito i suoi soprusi. Pensai che avrei solo dovuto resistere per 9 mesi e poi le avrei detto addio per sempre.
Alla consegna dei diplomi Nathaniel era seduto accanto a me. Ero estremamente felice di avercela fatta, di aver terminato gli studi in quella scuola e di aver sconfitto anche l’anoressia. Gioivo all’idea di dire addio per sempre ad Ambra. Tuttavia c’era ancora qualcosa che desideravo ardentemente fare, qualcosa che non avrei più potuto rimandare. Chiesi a Nathaniel se potevamo parlare e, quando gli confessai imbarazzata i miei sentimenti lui mi respinse. Che schiocca, pensai, non avrei dovuto illudermi. Gli dissi che andava tutto bene, ma sapevo bene che stavo mentendo anche a me stessa. Quando tornai a casa ripensai a come avevo vissuto la mia adolescenza. In un certo senso ero stata sempre sola, sempre presa di mira, sempre umiliata. Pensai che se avessi avuto qualcuno con cui parlare forse sarebbe andata meglio. Pensai che probabilmente non ero la sola che si sentiva in questo modo. Capii che quello che volevo fare nella vita era aiutare le ragazze che avevano vissuto il mio inferno, e mi iscrissi alla facoltà di psicologia.
Ci misi tre anni giusti a laurearmi. La mia ottima dedizione allo studio stava dando i suoi frutti. Aprii uno studio tutto mio e nel giro di una decina di anni mi feci un nome. Davo il cuore ad ogni paziente, me ne prendevo cura e risolvevo tutti i problemi che mi venivano posti. Un giorno come tanti ricevetti una chiamata per una prenotazione. Era la prima seduta di questa donna sulla trentina. Si prenotò per il lunedì mattina alle nove, il nome era Ambra. Impallidii per un istante ma poi pensai che non poteva trattarsi di lei. La domenica sera, prima di andare a letto, mi guardai allo specchio cosa che, con il tempo, avevo smesso di fare. Il mio aspetto era totalmente diverso. Avevo subito un intervento agli occhi quindi non portavo più gli occhiali, l’apparecchio era sparito lasciando al suo posto una splendida e perfetta dentatura bianca, il mio fisico, devastato dall’anoressia, era diventato bello e sano grazie alle cure della palestra e del nutrizionista. Insomma, ero tutt’altra persona. Andai a letto felice di apprezzare me stessa, per la prima volta.
Quando sentii bussare alla porta del mio studio erano le nove meno dieci. Feci accomodare la cliente e, quando me la ritrovai di fronte, rimasi a bocca aperta. Capelli biondi, lunghi e mossi, vestiti alla moda e aria strafottente. Era lei, senza ombra di dubbio. Deglutii a forza aspettando il momento in cui mi avrebbe riconosciuta. Fece cenno a quello che deduco fosse il suo autista che, ancora sulla soglia della porta, si allontanò chiudendola alle sue spalle. Mi misi a fissarla e lei guardava me. Vidi il suo viso cambiare in un istante. Lo sguardo glaciale venne cancellato non appena chiuse gli occhi, si sciolse in un sospiro e, quando riprese a guardarmi, non sapevo più chi avevo davanti. Il suo sguardo era vuoto, triste. Il suo corpo, che prima era rigidamente composto e posizionato con fare sicuro, si accasciò leggermente. Inarcò le spalle ed appoggiò i gomiti sulle ginocchia. Si protrasse verso di me, come se avvicinandosi avrei potuto trarla in salvo da ciò che la stava tormentando.
Iniziò a parlarmi della sua vita, di come si era sempre comportata da strafottente con tutti per paura di essere giudicata in altro modo, non voleva che la gente scoprisse quanto fosse emotiva per paura di soffrirne. Mi disse che alle superiori aveva preso di mira una ragazza combinando le peggiori cose. Si mise a piangere dicendo che tutt’ora si sentiva in colpa per come l’aveva trattata. Mi confessò che la detestava perché lei aveva uno splendido rapporto con suo fratello. Un rapporto che lei bramava ma che suo fratello le aveva negato per i suoi comportamenti spregevoli. Aveva pensato di cambiare per ottenere nuovamente l’amore di quel fratello che lei tanto adorava, ma ormai erano passati anni e non poteva distruggere la maschera che aveva creato con tanta fatica. Sapeva che, se l’avesse fatto, sarebbe finita lei nei mirini dei bulli e sapeva che non sarebbe stata in grado di sopportarlo. Parlava a ruota libera confessandomi che, dopo le superiori, cambiò quattro corsi di laurea perché non si trovò adatta a nessuno di questi. Si sentiva una fallita, non aveva mai concluso nulla nella sua vita. Aveva sposato un uomo ricco che vedeva una volta ogni 2/3 mesi per via del suo lavoro. Sapeva che la tradiva ripetutamente, ma il fatto di avere una fede al dito la faceva sentire meno sola di quanto sapesse di essere in realtà. Mi disse che voleva avere qualcuno con cui parlare poiché era sola, era sempre stata sola in realtà.
Mentre ascoltavo le sue parole mi si aprì un mondo. Mai avrei creduto che, un giorno, avrei visto la mia più terribile nemica sotto una luce così diversa. Mai mi sarei aspettata di sapere che viveva le stesse emozioni che vivevo io. Pensai all’ironia della cosa, lei che era circondata di gente ora era sola e fallita. Io che ero snobbata da tutti, mi sono fatta un nome diventando qualcuno che amo essere.
Al termine della seduta si ricompose ma, prima di uscire dal mio ufficio e indossare nuovamente la sua maschera mi chiese un’ultima cosa:
-   Ma io e lei non ci siamo già viste? –
-   È possibile. Dove pensa di avermi incontrata? –
-   Non saprei… è solo che… ha un aria familiare –
-   Posso farle io una domanda? –
-   Certo –
-   Ricorda quella ragazza di cui mi ha parlato? Quella che si pente di aver maltrattato alle superiori? –
-   Certo, non potrei mai dimenticarla –
-   Cosa le direbbe se la rivedesse adesso? –
-   Che mi dispiace per tutto quello che le ho fatto passare. Ma la cosa più importante che vorrei dirle e che la invidiavo davvero molto, perché lei aveva qualcosa che io non avevo: le attenzioni di qualcuno che amavo. –
-   Bene. Prima che se ne vada, devo comunicarle che questa è stata la nostra prima ed ultima seduta –
-   Per quale motivo? –
-   Perché la mia professione mi impone di non avere come paziente qualcuno che conosco. Ed io ti conosco Ambra, esattamente come tu conosci me. E sai cosa? Anche se Nathaniel mi dava tutte quelle attenzioni, lui non era innamorato di me come io lo ero di lui. Alla cerimonia del diploma mi sono dichiarata ma lui mi ha rifiutato. A quello che so ora è sposato con Melody. Ma infondo sapevamo tutti che si sarebbe messo con lei prima o poi. Quindi perdonami, ma non posso essere la tua psicologa. Ma, se vuoi, posso essere tua amica. Piacere di rivederti Ambra, ne è passato di tempo –
Le dissi porgendole la mano. La sua espressione fu impagabile, un misto di stupore ed un pizzico di paura. Realizzò di aver confessato ogni cosa a quella che un tempo era la sfigata della sua classe, colei che maltrattò nei modi più crudeli. Rimase in silenzio qualche secondo prima di prendere la mia mano e stringerla.
-   Scusami per--- -
-   Lo so, ti ho già perdonata -
-   Sono felice di averti come amica adesso – mi disse, facendomi un sorriso che non avevo mai visto.
-   Ed io sono felice di non dover più infilare la testa nel wc. Ti va di vederci a pranzo domani? –
-   Mi farebbe davvero piacere –
-   A domani allora! Ah, Ambra… la tua maschera, quando sei con me, puoi benissimo toglierla –
Mi fece un mezzo sorriso, sapevo che le stavo chiedendo uno sforzo enorme. Lasciò la mia mano ed uscì dal mio ufficio, riprendendo ad essere l’Ambra dei miei ricordi.






COMMENTO DELL'AUTRICE: Si lo so, questa storia forse è un po' senza senzo....studiare psicologia mi da alla testa l'ho sempre detto io xD Però ho pensato che spesso ci ritroviamo davanti persone che hanno determinati atteggiamenti che ci paiono strani, senza senso, magari anche estremamente esagerati. Ecco, quando vi trovate davanti una persona del genere vi capita mai di chiedervi: "perché fa così?", "è davvero fatto così, o si comporta in questo modo perché ha qualcosa da nascondere", o frasi di questo genere. Ho pensato di applicare questa mia riflessione a questa storia e questo è il risultato! Spero che vi sia piaciuta anche se effettivamente non tratta di amore come tutte (o quasi) le storie presenti sul sito. Non sono molto pratica di One Shot ma mi auguro che questa sia comunque stata di vostro gradimento =D Grazie a chi avrà la pazienza di soffermarsi a scrivere il proprio pensiero e alla prossima =D
   
 
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