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Autore: LaCantastorie    21/04/2015    0 recensioni
Gaston Leroux decise di pubblicare "Le Fantôme de l'Opéra" nel lontano 1910, dopo aver raccolto con solerte spirito investigativo i brandelli di una leggenda che si aggirava entro le mura dell'Opéra Populaire; così facendo, l'autore francese ha creato - ne abbia avuto consapevolezza o meno - un mito immortale, che ancora oggi non smette di affascinare le menti dei lettori e degli spettatori. Questa storia si propone di trasportare l'atmosfera del succitato romanzo gotico ai giorni nostri, in un impossibile ma suggestivo adattamento che rimane in bilico tra reale e sovrannaturale... e cerca di ricongiungere ciò che è stato diviso.
Genere: Malinconico, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Altri, Erik/Il fantasma, Nuovo personaggio
Note: Movieverse, Otherverse | Avvertimenti: nessuno
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Era già accaduto.
Che una mano le sfiorasse la schiena con quella dolcezza, che lei si affidasse ciecamente a quel contatto: lo ricordava come ci si può ricordare il primo vagito che si è emesso da neonati, che è nostro e non lo è, perché la memoria non ci permette di rintracciare un passato di cui abbiamo perso consapevolezza.
Etienne la cullava al ritmo della lenta musica che proveniva dall’uscio socchiuso del salone da ballo, il mento poggiato sui suoi capelli, di cui respirava il profumo; Arielle, persa in quell’abbraccio, tentava di ricordare per quale motivo dovesse scappare, correre via, andarsene subito, immediatamente, prima che fosse troppo tardi...
Il fatto è che oramai era tardi: si sciolse dalla stretta gentile del suo cavaliere, sorridendogli tra le lacrime che s’andavano asciugando sulle sue guancie; allungò poi una mano per aprire la porta che li separava dalla Masquerade ed unirsi agli altri. Non riuscì nemmeno a sfiorarne la maniglia, che Etienne la prese in braccio e la allontanò da quel sottile raggio di luce, dirigendosi invece verso la gradinata che portava in alto, all’ultimo piano. Arielle lo lasciò fare.
<< Sei mai stata sui tetti di Parigi?>>, le chiese, rivolgendosi a lei come ad una vecchia amica, abbandonando quel formalissimo “voi” con cui l’aveva pregata di accompagnarlo fin lì.
<< No... E sono sicura che nessuno, oltre a te, me li potrebbe far visitare>>, rispose lei, ricambiando il tono confidenziale.
Avevano oltrepassato il settimo piano: erano all’aperto, sotto la volta stellata, osservati da una falce di luna calante che sembrava sorridere alla coppia, benevola.
<< Guarda: la Francia è ai nostri piedi, stanotte>>, le disse Etienne, deponendola di fronte ad una statua che reggeva una lira dorata.
Dei ripidi scalini digradavano sulla sinistra verso un Pegaso tenuto per le briglie, un cavallo alato rivolto alla città sottostante: Arielle poteva, con un minimo sforzo d’immaginazione, collocare Etienne in groppa a quel destriero di marmo e fargli gridare alla notte la maledizione del Fantasma a Raoul e Christine; era facile vedere e sentire quel “Ho fatto tuo il mio canto, tuo è anche il cuore mio... Ma il tuo, a chi l’hai donato? E chi hai ripudiato?”
Una lieve brezza le soffiava tra le scapole, spingendola a discendere il camminamento che portava al luogo del tradimento: stando al musical, Raoul e Christine si erano scambiati voti d’amore proprio dove stava posando i piedi, attenta a non sbilanciarsi troppo né da un lato né dall’altro. Era pur sempre a... Quanti metri da terra? Arielle si negò il lusso di pensarci. Era stata fin troppo codarda in vita sua: non aveva mai osato, eppure in quel momento si trovava con un perfetto sconosciuto sul tetto dell’Opera House, non troppo distante dalla mezzanotte, agghindata in modo inadatto al venticello fresco che le faceva venire la pelle d’oca. Desiderando chiedere rifugio nel mantello che già le era stato prestato, Arielle si voltò verso Etienne, ma non lo trovò dove l’aveva lasciato: l’uomo si era inerpicato sulle spalle della scultura che sollevava la lira e la guardava dall’alto, senza l’ombra di una preoccupazione per la pericolosità di quella posizione.
<< Sai, sono venuto qui soltanto altre due volte in passato, anche se non sono sicuro che sia corretto esprimersi a questo modo...>>, le gridò, indicando vagamente il tetto.
<< Non sono mai stato felice, in questo luogo. Mi ha sempre portato a patti con l’abisso che separa i miei desideri dalla mia concreta esistenza, mettendomi a confronto con la realtà in maniera crudele. Per lo meno, non sono riuscito a sopportare il corso degli eventi né nell’uno, né nell’altro caso...>>, continuò a spiegare Etienne.
<< Questa volta, voglio che sia diverso. Voglio che le mie aspettative non vadano in frantumi, voglio che per questa volta soltanto, per quest’unico giro di ruota, il futuro che sceglierei per me e il destino che l’universo vuole sia mio... Siano una cosa sola>>.
Arielle si era avvicinata ai piedi della statua: capiva soltanto in parte quello che Etienne le stava confessando, ma sentiva di ricoprire un ruolo importante, anche se taciuto, in quel discorso.
<< Per favore, scendi di lì... Parleremmo con più agio se fossimo faccia a faccia>>, disse, stupendosi dell’espressione che aveva scelto. No, vicino ad Etienne si sentiva definitivamente diversa dall’Arielle Ries di tutti i giorni; perché? Perché, era l’unico tassello che non riusciva a collocare.
<< Io non ce l’ho, una faccia, Arielle. E Béatrice. E Christina. Né Erik, né Edmond, né tantomeno Etienne l’hanno mai avuta... Lo sapresti, se solo ricordassi chi sei stata>>.
L’uomo si sporse in avanti, dall’alto, fino ad arrivare a tiro di un bisbiglio dalla ragazza: nel buio, Arielle distingueva la sclera luminosa di quegli occhi ancora una volta lucidi, ancora una volta ricolmi di una tristezza che sembrava essersi accumulata nei secoli, e desiderò di nuovo accarezzare quel volto sofferente, asciugare le lacrime che, lo sapeva, stavano rigando le guancie coperte dalla maschera.
Con la punta delle dita, seguì il margine della ceramica bianca, sentendo il bisogno di strappar via quel materiale insensibile e freddo dalla pelle calda e sensibile di Etienne: voleva che lui la sentisse, così lo abbracciò, costringendolo a scendere dal piedistallo di marmo.
Nascondendo il viso contro il suo petto, tentò di dare un senso al tumulto che si agitava dentro di lei: Béatrice, aveva sempre desiderato chiamarsi così! E Christina... Christina Nilsson, la soprano che aveva i suoi stessi occhi, quasi i suoi stessi tratti somatici, la figura che reggeva lo scrigno di Zeus nel dipinto-manifesto trovato sotto il palco della Garnier. Edmond: oh, si era innamorata di quel nome ancora prima di amare il Conte di Montecristo! Ed Erik... Il Fantasma dell’Opera. Arielle aveva letto il romanzo di Leroux: aveva riso quando le era stato detto che persino sul letto di morte l’autore aveva proclamato, esalando l’ultimo respiro, che non una parola di ciò che aveva scritto corrispondeva al falso.
« Le fantôme de l’Opéra a existé », aveva detto.
La ragazza lasciò correre la fantasia, immaginandosi nei panni di Christine Daaè.
Voglio che questa volta sia diverso
Sollevò il viso verso Etienne, vedendovi Erik.
Voglio che il futuro che sceglierei...
Osservò al di là della maschera, al di là degli occhi neri che la speranza e il dubbio facevano brillare nella notte, e vide l’uomo che l’aveva elogiata, sorpresa, portata via dalla banalità del quotidiano con la sua aura di fascino e mistero; vide una persona cui potersi affidare, voce e anima, mente e cuore.
... e il destino che l’universo vuole sia mio...
Sì, decise. Poteva dare fiducia a chi le stava davanti.
... siano una cosa sola”.
Si sollevò sulle punte e depose un bacio sulla maiolica della maschera: se il mito di Pandora insegna qualcosa e non serve soltanto ad alimentare le chiacchiere misogine sulla proverbiale curiosità delle donne, è questo: se non occorre realmente sapere, non bisogna domandare.
Ciò che ci viene celato, sarà svelato al momento giusto, quando saremo pronti per affrontarne la vista, comprenderla e accettarla: se saremo impazienti e frettolosi, come la donna della fiaba, sbirceremo prima del tempo e, in luogo delle pietre preziose, troveremo ad attenderci un mucchio di carbone.
   
 
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