«Che stai facendo?»
   La voce di Armin mi fece sobbalzare così tanto che per poco non mi lasciai scappare un’imprecazione. «Mi nascondo», risposi quando mi ripresi dallo spavento.
   «Questo lo vedo, Miss Ovvio», ribatté lui, accigliato.
   «Abbassa la voce e vieni via dal corridoio!» gli ordinai, afferrandolo per la maglia e trascinandolo verso di me, dietro la fila di armadietti addossati alla parete.
   «Si può sapere che combini?» sbottò lui, infastidito da tutto quel mistero.
   «Mi inquieta», affermai soltanto, pallida come se avessi visto un fantasma.
   «Chi?» continuava a non capire lui, forse iniziando a reputarmi pazza.
   Strinsi le labbra per qualche istante prima di lasciarmi andare a quella confidenza con voce flebile. «Nathaniel.» Le sopracciglia di Armin si inarcarono così tanto che sembrarono sparire quasi sotto l’attaccatura dei suoi capelli. Fui costretta a dire di più. «Mi ha fatto una battuta. A doppio senso.» L’espressione attonita del mio amico lasciò trasparire tutta la gravità della situazione. «E mi ha anche chiesto di uscire, senza mezzi termini.»
   «E tu che gli hai risposto?» s’interessò di sapere Armin, preoccupato per le conseguenze di quell’invito. Non per sé, ovviamente, quanto per un’altra certa persona che, per fortuna, non era presente.
   «Che dovevo andare in bagno.» Dopo un attimo di smarrimento, lui cominciò a ridere. Arrossii e bofonchiai: «Mi ha presa alla sprovvista.»
   «Non ci sai proprio fare, con gli uomini», mi accusò con tenerezza, passandomi un braccio attorno alle spalle e sospingendomi gentilmente via da lì, forse per raggiungere gli altri e tornarcene tutti insieme in classe. «Meno male che Kentin è già perso per te, altrimenti…»
   «Oh, piantala…» gli intimai, la voce tutt’altro che minacciosa.
   «A proposito», riprese lui, come se non mi avesse neanche ascoltata. «Quand’è che vi metterete insieme, voi due?»