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Autore: Shichan    27/04/2015    0 recensioni
[Touken Ranbu]
C’è un’aria strana, nella porzione di tempo che fa scivolare la mattina verso le ore in cui il sole è più caldo: una brezza leggera che porta con sé il profumo dei fiori che stanno sbocciando sugli alberi, e quello dell’erba fresca poco fuori dalle porte del villaggio, non troppo in là rispetto alla sua attuale abitazione. È un odore strano, dolciastro – gli fa storcere il naso, a tratti, troppo diverso da quello del sangue.
[Saniwa, Sayo Samonji]
Genere: Introspettivo, Malinconico, Slice of life | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna
Note: Missing Moments | Avvertimenti: nessuno
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C’è un’aria strana, nella porzione di tempo che fa scivolare la mattina verso le ore in cui il sole è più caldo: una brezza leggera che porta con sé il profumo dei fiori che stanno sbocciando sugli alberi, e quello dell’erba fresca poco fuori dalle porte del villaggio, non troppo in là rispetto alla sua attuale abitazione. È un odore strano, dolciastro – gli fa storcere il naso, a tratti, troppo diverso da quello del sangue.
La casa del suo padrone sa ancora di nuovo, sebbene sia modesta e lui abbia già imparato a conoscerne ogni stanza; nella maggior parte di queste non si azzarda a entrare a meno che il padrone non lo inviti espressamente a farlo. Si prende la libertà di stare solo in quella attuale, seduto sulla soglia che dà sul piccolo giardino.
«Sayo.» si sente chiamare ma non è davvero necessario, dal momento che qualsiasi cosa stia facendo quando è in casa presta attenzione al minimo rumore. Tuttavia, quando voltandosi il suo sguardo incrocia la figura del padrone, non comprende appieno cosa indichi ciò che l’altro ha tra le mani. Non fa domande, però, limitandosi a guardarlo prendere posto al proprio fianco.
«Sayo» ripete con voce gentile, facendogli cenno di avvicinarsi e lui esegue, perché è per questo che vive, dopotutto: servire il suo padrone «potresti allungare le braccia verso di me?»
È una richiesta particolare che non comprende, a essere sinceri, ma lo fa ugualmente – allunga le braccia verso il padrone senza traccia di dubbio o scarsa fiducia nel proprio sguardo; inizia ad avere sentore delle intenzioni altrui quando le maniche delle sue vesti vengono portate su fino al gomito e, poco dopo, un panno viene passato sulle sue braccia. Ci sono tagli che ormai si stanno richiudendo, ma non può che sussultare Sayo, perché l’ultima volta in cui è stato ripulito con tanta cura e gentilezza è così lontano che lo ricorda a fatica.
«Padrone» pronuncia con lo sguardo sulla figura davanti a sé «c’è qualcuno che devi uccidere? Una battaglia da affrontare?» domanda, perché cos’altro può significare tanta dedizione nei propri confronti, se non che c’è bisogno di lui nella forma migliore che possa offrire?
Con sua sorpresa, il padrone ride sommessamente: è un suono piacevole, quasi elegante, anche se c’è una sfumatura che non riesce a cogliere appieno; non riesce a comprenderne il motivo, ma si sente stringere all’altezza del petto. Sa che non è paura, ma cosa sia non saprebbe dirlo.
«Nessuna battaglia.» assicura il padrone «Pensavo, potremmo andare per la via principale del villaggio, raggiungerne le porte oltre la zona dei negozi e camminare vicino a quella alberata.» pronuncia, posando il panno e osservando per qualche momento il proprio operato, prendendo poi un altro strumento di cui Sayo ignora il nome corretto: «I fiori offrono già uno spettacolo di tutto rispetto. Ed è passato ormai un anno, da quando sei qui, o sbaglio?» domanda, il sorriso per un momento rivolto a lui, prima di tornare a occuparsi delle sue braccia.
«Mh.» mormora Sayo, sbirciando il viso altrui di tanto in tanto «Vi piacciono i fiori, padrone?»
«Molto. Lo scorso anno, quando ti ho trovato, ricordo distintamente che un ciliegio era fiorito in anticipo.» rammenta ad alta voce, con affetto «Per me, Sayo, quel ciliegio è stato come un fiore di Udonge

 

 

 

 

 

 

 

Comincio con un piccolo esperimento la discesa nell’inferno delle spade.
Ho voluto mantenere l’idea di un aspetto umano delle spade, e restare generica sull’identità/sesso del padrone per rendere il fatto che potrebbe essere chiunque proprio come un player di questo gioco maledetto.
Il fiore di “Udonge” è in riferimento alle parole del figlio del primo padrone di Sayo (che usa la spada per uccidere l’assassino di sua madre) e al tempo stesso a una delle possibili frasi del login della spada stessa; secondo la tradizione buddhista è un fiore che appare raramente al punto da essere utilizzato come metafora di una rara opportunità. Per il padrone di questa fic, questa rara fortuna è stata entrare in possesso di Sayo.
Sì, sto cercando di dare un po’ di gioia a ‘ste spade.
(Se non foste pratici della sua storia, vi rimando qui)

   
 
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