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Autore: Alice_nyan    27/04/2015    3 recensioni
STORIA IN REVISIONE-AGGIORNAMENTI MOMENTANEAMENTE SOSPESI (bio autrice in aggiornamento per ulteriori informazioni)
Gli imperatori di barian si troveranno intrappolati in una trappola mortale! Causa o grazia di Alice?
Seguirete vicende divertenti ed appassionanti, che vi faranno riflettere su alcuni argomenti che diamo per scontato o su cui dovremmo riflettere di più, come i falsi giudizi, l'importanza della vita e della morte, l'inganno della società e le fregature dell'ignoranza.
{Capitolo-5}
Si avvicinò di qualche passo alla sedia su cui era seduta la bionda, afferrò lo schienale e lo fece girare con un movimento rapidissimo. Ma intanto Alice si era già alzata, e gli aveva spinto la sedia addosso, contro le gambe, facendolo indietreggiare.
La sedia era caduta e aveva prodotto un tonfo all’impatto col pavimento di parquet.
Era come se il tempo si fosse fermato per il ragazzo. L’aveva vista vicinissima, e di riflesso aveva chiuso gli occhi. Aveva intravisto solamente il sorriso della bariana che diventava sempre più compiaciuto. Alice lo superò con uno scatto felino, portandosi alle sue spalle. Gli afferrò la gola con le mani gelide, e diede un lieve calcio alla sua schiena, facendolo inginocchiare a terra.
Alice_nyan
Genere: Commedia, Mistero, Romantico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Bekuta/Vector, I Sette Imperatori Bariani, Misael/Mizaeru, Nuovo personaggio
Note: OOC | Avvertimenti: Tematiche delicate, Triangolo, Violenza
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†Capitolo7~  SOLITUDINE VOLONTARIA
“Non c’è proprio alcun segreto” sbuffò Alice, liberandosi dalla sua presa e allontanandosi dai due. Yuma, scontento, non ci credeva ancora, ma decise di lasciar stare il discorso, mentre Vector avrebbe continuato volentieri. Prima che potessero riparlarne, una ragazza dai capelli verdi si avvicinò correndo a Yuma. Sembrava molto alterata, tanto che il ragazzo si prese seriamente paura, pensando davvero se scappare o rimanere. Prima che prendesse una decisione -chiaramente scappare- la ragazzina lo prese per un braccio e lo strattonò per attirare la sua attenzione.
“Yuma!” lo guardò con sguardo omicida “mi avevi promesso che saresti venuto con me!”
Nonostante il fatto che fosse piuttosto arrabbiata, ad Alice diede un’ottima impressione; le era sembrata una brava ragazza, diligente, simpatica e molto affidabile. Yuma era proprio fortunato ad avere un’amica simile.
“D-davvero? Non ricordo di averlo detto” cercò di calmarla e di giustificarsi, ma inutilmente.
“Questo è perché non mi ascolti mai!” mise il broncio, scontenta. Non aveva neanche notato Vector e Alice, per quanto era concentrata nello sgridare Yuma. Per lui era andata anche bene, in un certo senso, perché probabilmente Kari avrebbe gridato di più, e sarebbe finita anche col picchiarlo senza alcuna pietà.
 “Ah, scusami” le disse onestamente. Sembrava sincero, tanto che Kotori si vergognò di averlo trattato male.
“Non fa niente, ma adesso vieni” gli ordinò, lasciandogli il braccio e iniziando ad andare.
“No, aspetta … Ora ricordo! Non sono venuto perché dovevo andare da Three. Astral, siamo in ritardo?” chiese calmo all’amico che fluttuava dietro alla sua schiena.
L’astrale rispose, altrettanto calmo “sì, di esattamente 26 minuti”.
Sulla faccia di Yuma comparì una smorfia che rappresentava tutta la sua disperazione.
“Me lo potevi dire prima! Tutti gli altri ti stanno aspettando” lo informò Kotori, nella speranza di farlo muovere.
“Digli che possono venire a casa di Three. Penso gli faccia anche piacere”.
Kotori fece una veloce telefonata a Bronk, e tutta la banda si diede appuntamento a casa di Tron.
“Chi è Three?” domandò incuriosita Alice. Come poteva una persona avere un nome simile? Non lo aveva mai sentito prima d’ora un nome tanto buffo.
“Three è il figlio minore di Tron. Lui è un mio amico”
“il più piccolo si chiama Michael, non Three” lo corresse.
 “Allora lo conosci!” esclamò tutto contento. Se già lo conosceva non ci sarebbe stato bisogno di presentazioni.
Vector, che si sentiva un po’ in mezzo nella discussione, pensò di approfittare del momento per andarsene. Avrebbe seguito un’altra volta Alice, tanto non aveva per niente voglia di passare una mattinata insieme a Yuma. Così si girò lentamente, fece qualche passo in avanti e con nonchalance iniziò a camminare.
“Dove stai andando?” Non l’aveva sentita arrivare, e non capì come aveva fatto. Alice lo aveva preso per mano e si era appoggiata delicatamente alla sua spalla “andiamo da Tron” gli sorrise innocentemente, ma a lui era sembrato un ghigno più che un sorriso. Cosa poteva fare? Sorrise anche lui angelicamente, alla Rei, e tornò dal gruppetto che si era già avviato.
Nel breve tragitto Yuma, Alice e Kotori chiacchierarono allegramente del più e del meno, mentre avevano lasciato Vector dietro, in disparte. Gli stava anche bene, ma aveva sempre una strana sensazione nel veder parlare tranquillamente gli altri. Non era stato semplice comprenderlo neanche per lui. Nello stare da solo aveva imparato molto, ma non gli bastava. Aveva capito molte cose, ad esempio il modo in cui funziona il mondo, ma non gli bastava. C’era qualcosa di più? Sì, ma per orgoglio aveva lasciato perdere, e aveva preso questa strada contorta, che lo aveva portato alla solitudine. Non era appagante per niente, anzi, era come l’acqua fredda. All’inizio sembrava che una gocciolina di acqua gelida gli percorresse la schiena. Una sensazione piacevole che ti lascia dei brividi che prima cerchi di mandare via e poi li rivuoi. E così diventava ancora più cattivo, finendo per farsi ogni volta una doccia fredda, tanto fredda, che gli penetrava ovunque, solidificava i muscoli, spezzava dall’interno le ossa e impediva i movimenti. Così rimase vuoto, dimenticandosi come si poteva tornare pieni di una qualsiasi emozione. Ogni volta che era cattivo si isolava, anche volontariamente. Quando veniva isolato odiava, odiava gli altri, senza sapere che era lui stesso la causa dei propri mali. Anche l’odio lo corrodeva e non gli rimase nulla se non odiare se stesso. Odiava di più gli altri o sé? Sé, ma senza saperlo e senza ammetterlo.
Vedere felice qualcuno lo faceva sentire sbagliato, gli ricordava inconsciamente di non poter esserlo, e così si accaniva per cancellare, per distruggere il sorriso di qualcuno. Yuma ne era un esempio. Vederlo allegro e spensierato era un colpo al cuore. Yuma era un ignorante, non sapeva nulla del mondo e della cattiveria. Poteva essere felice solo perché non aveva conosciuto il male.
Però lo invidiava. A volte si chiedeva se anche lui potesse essere felice. Se il mondo avesse riserbato un po’ di felicità anche per lui. Questi pensieri speranzosi li accantonava sempre, “anche se ci fosse della luce in questo mondo probabilmente non sarebbe in serbo per me”, pensava ogni volta. 
Vedere Alice gli faceva quasi lo stesso effetto. Risvegliava allo stesso tempo sia la sua crudeltà che la sua curiosità. Sembrava tanto carina e gentile, ma a volte aveva uno sguardo piuttosto cattivo e sul suo volto si stampavano dei ghigni malefici. Ma la cosa che lo aveva incuriosito di più era la sua “fonte del potere”. Ne aveva parlato con Nash, e da allora non poteva fare a mano di pensarci. Se fosse un oggetto magico avrebbe potuto prenderglielo. In ogni caso era una faccenda davvero interessante.
Crogiolandosi tra questi pensieri che lo stuzzicavano molto, dopo essersi leccato il labbro inferiore alzò lo sguardo verso i suoi compagni. Senza che se ne accorgesse era rimasto davvero indietro rispetto a loro. Forse era la volta buona per andarsene. Si fermò un momento, pensieroso. Lasciò che i suoi compagni si allontanassero ancora di qualche passo e decise di tornare finalmente indietro.
“Dov’è finito Vector?” chiese poco dopo Alice a Yuma, il quale, preoccupato per l’amico, gli domandò come stava.
Vector mentì, pronunciando una delle bugie più comuni e subdole “Sto bene” .
Tutti e tre lo costrinsero a venire avanti, vicino a loro.
Vector era ancora più confuso, sempre se poteva esserlo.
“Mi hanno notato” pensò. “Mi ha notato. Perché mi ha notato? E’ da un po’ che mi tiene d’occhio. Che l’abbia fatto per i suoi scopi...?” Però era rimasto comunque colpito; lo avevano preso in considerazione per una volta. La cosa lo faceva arrabbiare, qualcosa si stava muovendo senza il suo controllo, senza che fosse a conoscenza di chi o cosa lo facesse muovere “idioti, ecco quello che sono” continuò a rimuginarci su, finché non arrivarono.
Sulla soglia di una bellissima villetta c’era l’amico di Yuma, che stava per uscire.
Il giardino era ben curato, pieno di fiori e di piante rigogliose. La casa era alta, aveva almeno tre piani, e sembrava molto grande. Tutte le finestre erano coperte da deliziose tendine bianche, che la facevano sembrare ben tenuta.
“Oh, Yuma!” lo salutò un po’ spaesato il rosa, preoccupatissimo. “Ti stavo venendo a cercare! Che è successo?”
L’altro si mise una mano tra i capelli, grattandosi un po’ la testa “ho incontrato una nuova ragazza che si trasferisce qui” lei salutò Michel con la mano. Lui ricambiò il saluto, cortese come sempre.
“Entrate pure”.
Era una casa ben arredata; c’erano molti mobili antichi, messi nel posto giusto, che lasciavano molto spazio. Vennero accolti nel salone, dove c’erano un enorme divano, qualche poltrona e un tavolo piuttosto basso in vetro su presero il the.
Si presentò anche Tron con il figlio maggiore, e si sedettero di fronte a loro.
“Buongiorno Byron” lo salutò, poggiando la tazza del the che aveva quasi  finito.
“Ciao! Da quanto tempo”.
“Lo conosci?” Domandò Kotori un po’ sorpresa “da quando?”
“Diciamo da un po’ di tempo. Sì, un po’ di tempo” si sedette meglio sul divano. Vector a fianco sembrava ancora più sospettoso. Di sicuro non potevano essere amici d’infanzia.
“Papà, non lo sapevo neanche io. Come vi siete conosciuti?” anche a Michael suonava un po’ strano.
“Non te ne ho mai parlato? L’ho incontrata sul mondo Bariano”.
Gli altri assentirono. “Come mai questa visita?”
“Sono qui per chiederti un favore abbastanza grande. Tempo fa mi hai parlato delle meravigliose ville che hai ad Heartland City” fece una breve pausa, preparandosi alla richiesta “saresti disposto a cedermene una?” chiese gentilmente. Tron si sentì preso alla sprovvista, data la domanda. Non è una cosa che si sente tutti i giorni.
“C-certo”
In quel preciso istante la porta si aprì ed entrarono Rio e Thomas.
“Sono tornato!” Four si tolse la sciarpa e il giubbotto, prese anche quelli di Rio e li poggiò sul'attaccapanni attaccato alla parete.
“Bentornati!” li salutò Alice.
“Ma tu chi sei?” domandò spiazzato Thomas, cercando di sembrare il più ospitale possibile.
“L’ho incontrata sul mondo Bariano” Tron rispose per lei.
“Ah...” ci pensò un momento “ma sei diversa da come ti aveva descritta” la squadrò dall’alto in basso, cercando di ricordare qualcosa.
“Eh già, è un po’ complicato mantenere la stessa forma” evitò di approfondire l’argomento, sorridendo con noncuranza.
I nuovi arrivati si sedettero vicini su due sedie.
“Stavamo parlando della casa” Alice riprese la tazza, bevendone un ultimo sorso. 
“Ah, sì. Certo che puoi prenderla, anzi, ti darò la casa più bella che possiedo, ma ci potrebbero essere problemi con le procedure” il pensare a dei problemi mise di cattivo umore Alice, che si sentì provocata. Tron l’aveva detto solo come avvertimento, ma era stato inteso male.
“Procedure?” si rabbuiò. Staccò con un solo colpo la maniglia dalla tazza, senza frantumarla. “Sei in debito con me di un favore, non so se ricordi” cercò anche lei di provocarlo, giocherellando con la maniglia come se fosse stato un anello.
“Hai ragione. Non ti preoccupare, faremo tutto” la rassicurò timidamente.
“Grazie” disse sollevata, alzandosi. Poggiò la tazza integra sul tavolo, come nuova.
“Comunque, non dobbiamo festeggiare per il tuo arrivo? Si avvicina la festa che preferisci: il solstizio di primavera”.
“Mi sembra ovvio, dato che coincide con il mio compleanno!”
Gli occhi di Rio si illuminarono. Se era il suo compleanno dovevano organizzare una festa! Una festa coi fiocchi! Si sarebbero divertiti un mondo. Lo disse piano al vicino di posto, che si eccitò allo stesso modo. L’idea venne divulgata all’interno della stanza con la stessa velocità di un virus contagioso, e tutti ne furono entusiasti.
“Thomas, hai presente quella villa un po’ in periferia?”
“Sì. E’ da un po’ che non ci andiamo, ma dovrebbe esserci tutto”
“Perfetto” sorrise. Era tutto pronto. Si rivolse contento anche agli altri figli “domani li portiamo a vederla?”
“Certo!” gridarono in coro.
Arrivarono uno dopo l’altro tutti gli amici di Yuma, che con Three uscirono a fare un giro. Salutarono Alice e gli altri due bariani che si avviarono sulla via del ritorno.
Sulla strada del ritorno Vector sembrava pensieroso come sempre. E aveva anche ragione di esserlo.
Non capiva come potessero essere amici Tron e Alice. Certo, poteva benissimo averlo incontrato nel mondo Bariano come diceva e cercava di far credere a tutti ma, secondo lui, c’era dell’altro. Anzi, ne era certo. Aveva seguito qualsiasi movimento di Byron, senza perderlo di vista. Era stato lui a portarlo lì e si era anche accertato di non farlo interagire con nessuno. Era andato tutto secondo i piani: far vagare senza meta quel povero umano, togliendogli ogni tipo di speranza. Avrà viaggiato per almeno un anno senza mai fermarsi, finché quel briciolo di speranza che lo aveva portato avanti non si era consumato del tutto. Un ghigno malefico si stampò sul suo volto. Il ricordo di quell’uomo cadere a terra sollevando polvere e pietre era fantastico. Sentirlo piangere disperato, sentirlo affogare nelle sue stesse lacrime, sentirlo sprofondare nella rabbia e nel risentimento erano per lui dei ricordi più che piacevoli. Era stato ancora più divertente fargli dimenticare i suoi figli e tutta la sua famiglia, insieme a quel mondo. Lo aveva convinto ad abbandonare tutto, facendolo diventare un proprio burattino. Uno dei burattini meglio riusciti. Poi lo aveva rispedito da dove era venuto, con una forma leggermente cambiata.
In conclusione, quando poteva averla incontrata?
Continuava a passeggiare con le due ragazze che gli stavano davanti. Ormai era tardo pomeriggio, e si stavano accendendo i primi lampioni ai lati della strada.
C’era poca gente in giro, gli altri si stavano perdendo un momento magnifico. Era un vero toccasana camminare lentamente sentendo i rumori dell’acqua e la brezza del vento. Anche il cielo era fantastico, tutto tinto d’arancione e di giallo vicino al sole che tramontava e tinto di blu e azzurro dalla parte opposta. Nel mezzo era colorato di rosa e viola; un vero spettacolo per gli occhi. Il colore che i raggi solari davano agli oggetti era altrettanto magnifico, rendendoli allo stesso tempo più vividi e più tenui, piacevoli da guardare. L’effetto delle ombre che si intrecciano delicatamente sulle pietre della vie era divertente per Alice, che, tenendo per mano Rio, si divertiva come una bambina a saltellare sulle ombre dei lampioni o delle panchine che trovava man mano che andava avanti verso casa.
Vector cercava di fare ordine tra i suoi pensieri. Era sempre riuscito ad ottenere ciò che voleva da tutto e da tutti, doveva solo capire il modo. Effettivamente doveva fare qualcosa che non si aspettava, così da coglierla alla sprovvista.
“Certo!” pensò fiero della sua idea. Le si avvicinò e, parlandole gentilmente, falso come al solito, disse “Alice! Mi spiegheresti cos’è la tua fonte del potere?!” un ragazzino così carino che ti chiede solo delle informazioni... con due grandi occhioni sincerissimi e un enorme sorriso... perché mai dirgli di no? Nemmeno Rio avrebbe resistito.
Lei alzò un braccio e tirò su la manica. Fece vedere a tutti e due un meraviglioso braccialetto, con tre pietre incastonate. Una pietra rossa, una azzurra e una gialla. Non avevano un solo colore, ma erano piene di sfumature chiare e scure che disegnavano una rosa in ciascuna gemma.
“Questa è la mia fonte del potere. Ha dei poteri particolari, posso leggere nel pensiero, predire il futuro e...”
“E?!” le chiesero ormai curiosi gli altri.
“Non ve lo dico!” Gli fece la linguaccia strizzando l’occhio sinistro “Comunque non posso indossarlo sempre. Ha un potere troppo grande; infatti se lo indosso anche solo per qualche ora il mio polso diventa rosso. Questo perché prosciuga l’energia di chi lo veste. E’ così che ha accresciuto il suo potere” disse con un filo di voce. Le dispiaceva che fosse un oggetto così potente e pericoloso, ma allo stesso tempo la faceva emozionare. La faceva sentire importante, e l’unica a conoscenza di un segreto che doveva mantenere tale.
Era di estrema importanza proteggerlo anche a coso della vita e del sacrificio, anche se sapeva bene che la sua fine sarebbe giunta in anticipo, proprio a causa di quell’oggetto che tanto adorava. 


Note dell'autrice~♥ ♡
Da quanto tempo! Ho avuto davvero poco tempo e in questi mesetti ho pubblicato una nuova fiction! http://www.efpfanfic.net/viewstory.php?sid=3081188&i=1 Dategli un'occhiata anche se non avete visto l'anime e non conoscete il fandom. Io vado a dir poco fiera di quel personaggio e della fiction che ne verrà fuori, che sono sicura riuscirò a finire (è corta, circa 6/7/8 capitoli).
Parlando d'altro: in questo mese a causa di quella fic sono stata accusata di appoggiare coppie non canon e di essere una maniaca. Cosa dico a mia discolpa? Niente ^^
Dai, scherzo.
Dopo lo scorso capitolo con Vector in versione 007 oggi vediamo le sue riflessioni -mistiche- sulla sua (in)utile esistenza. Ho iniziato ad amare quel giovane. Ha una bella mente contorta.
Mi sono divertita un mondo nello scrivere di Alice che spezza la tazza e poi la ricompone... insomma, parliamo di magia nera! o.o 
Questo capitolo schifoso è passabile solo grazie a Vector... Bah, ammetto di aver sfoderato delle buone battute, in particolare quella della luce nel mondo e blablabla (tanto so che ve la siete tutti tatuata sul petto per ricordarla, eh). 
Detto ciò, al capitolo 8. Questo come avrete già capito, lo pubblicherò solo dopo la scuola. Invece cercherò di aggiornare l'altra. 
Ribadisco: andate a leggere e recensire. 
Dedico questo capitolo ad Angy! E lei sa il perché!!!
Bye! 



 
   
 
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