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Autore: Rosalie97    28/04/2015    3 recensioni
~OS dedicata a SemplicementeSamanta~
Non c’era lotta.
Non c’erano urla.
Non c’erano gemiti.
Eppure, quella povera vittima, appesa per le mani a una catena pendente dal soffitto, era ancora viva.
Genere: Horror | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Muoveva il braccio con mosse controllate, precise e leggere.
Dall’agilità con cui spostava la mano, sembrava quasi stesse facendo un disegno su tela, esprimendo appieno la propria creatività.
Ma invece di un pennello, nel proprio palmo aveva un affilato coltello.
La lama era sporca di sangue, riluceva di un bagliore vermiglio alla luce del chiarore proveniente dalle finestre chiuse.
Si trovava nel bagno della propria casa, una stanza abbastanza grande da permettergli di fare quel che stava facendo.
Alla sua sinistra c’erano le imposte chiuse, il vetro sfaccettato che impediva a chiunque si trovasse fuori di vedere all’interno.
Ma pensandoci, il problema semplicemente non si poneva, nessuno entrava mai nella sua dimora, se non a volte quegli stupidi stolti che pensavano di poterlo derubare, e che divenivano cibo per i suoi mastini.
Le pareti erano di uno splendido bianco candido, prive di qualsiasi macchia, incredibilmente, ed i mobili, intatti e sistemati al posto che spettava loro, sembravano molto, molto costosi e raffinati.
Sul pavimento era poggiato un tappeto proveniente dall’Oriente, decorato con intricati disegni geometrici dai colori molto scuri. Sopra di esso era sistemato un enorme telo di nylon.
Dal soffitto pendeva invece una catena.
Era vecchia e arrugginita, ma ancora ben teneva.
E ciò era provato dalla persona appesa ad essa.
L’uomo era legato per le braccia, tirate per lo sforzo di sopportare il peso del corpo che spingeva verso giù, i legamenti delle spalle che sembravano potersi spezzare da un momento all’altro come rami caduti. Sotto di esso c’era una vasca di ceramica bianca, nella quale stava colando il sangue che fuoriusciva dalle ferite che l’aguzzino stava affliggendo a quelle membra.
C’era un assoluto silenzio, non si udivano suoni a parte il respiro regolare di colui che, indossando una vestaglia di lino rossa, svolgeva la parte di un pazzo assassino.
Non c’era lotta.
Non c’erano urla.
Non c’erano gemiti.
Eppure, quella povera vittima, appesa per le mani a una catena pendente dal soffitto, era ancora viva.
Bastien aveva drogato l’uomo, prima di appenderlo, e poi ancora più e più volte. Non voleva farlo soffrire più di tanto, non desiderava udire grida spaventate o piene di sofferenza, no. Ciò che voleva era solamente la propria droga: il sangue.
Non aveva preferenze riguardo il gruppo sanguigno, qualunque tipo andava bene, a patto che provenisse da uomo tra i cinquanta e sessant’anni.
Eppure, anche se non provava l’insano piacere che animava i serial killer nell’uccidere povere vittime innocenti, sul volto di Bastien era presente un inquietante sorriso. Era sinistro, tirato, spaventoso. Chiunque l’avesse visto sarebbe stato attraversato da una scarica di freddi brividi.
D’un tratto, dalle labbra di colui che era legato e drogato, uscirono delle parole senza senso, a cui l’uomo che impugnava il coltello non diede minima importanza.
Piuttosto, Bastien  continuò con il suo raffinato ed egregio lavoro, tagliuzzando il petto dello sventurato.
Continuò e continuò, non fermandosi nemmeno quando la vittima iniziò a dimenarsi piano, risvegliandosi man mano dal sonno provocato dalla droga, ma anzi, iniziando ad incidere tagli più profondi su tutte le membra dell’uomo, lacerando la carne in profondità sull’addome, sulle gambe, all’attaccatura delle braccia, tirate nello sforzo, e sui fianchi, qui talmente tanto da sembrare quasi deciso a scavare per esportare i reni.
Man mano, i gemiti di sofferenza e le urla furono sempre più forti, ma Bastien pareva come non sentirle, troppo impegnato nel proprio compito.
Una volta terminato poi il lavoro, l’uomo si passò l’avambraccio sulla fronte sudata, sospirando di sollievo, con un sorriso di gioia in volto. Il suo viso bellissimo e giovane era illuminato da una incredibile allegria, come se fosse stato orgoglioso di se stesso per quel che era riuscito a fare.
Bastien indietreggiò, lasciandosi cadere all’indietro e sedendosi sulla tavoletta del gabinetto.
Si passò una mano tra i capelli biondi, gli occhi di un intenso blu, come il mare in tempesta, ad osservare la bellissima scena che aveva davanti a sé, il suo capolavoro.
<< Fantastique >> disse facendo un lieve inchino, ancora seduto e con la vestaglia addosso. Dopodiché scattò in piedi, agilmente. << Tu, amico mio, resta qui. Io vado a farmi uno spuntino. Ci vediamo tra qualche tempo, il giusto che ti serve per dissanguarti e morire >> terminò la frase con un sorriso. << Accidenti, lavorare stanca… >> e fatta questa constatazione, Bastien si voltò, diretto verso la porta del bagno, dando le spalle alla povera vittima che debole e ancora mezza drogata, stava piangendo lentamente.
 
 
Quando Bastien tornò al bagno, erano passate ore, e nell’aria c’era un forte e denso odore metallico.
L’uomo, sorridendo allo sventurato ormai morto e ancora legato alla catena, inspirò forte, mentre quell’effluvio, così dolce al suo olfatto, lo circondava come l’abbraccio della morte aveva circondato, ore prima, la vittima di quel malato aguzzino.
<< Mio caro amico >> mordendo una mela, Bastien batté forte il palmo della mano contro la schiena del cadavere, << hai servito bene allo scopo. Ora sono pronto per la mia settimanale cura di bellezza >> terminata la frase scoppiò a ridere come avesse detto una battuta esilarante. In realtà non credeva che i suoi bagni nel sangue avessero qualche effetto rinvigorente, anche se lui in ogni caso non ne aveva bisogno. L’unico motivo che lo spingeva a fare quello che faceva era l’insana brama che si risvegliava in lui per quel fluido vermiglio. Tutto era iniziato per caso, con delle sacche di sangue e un cinquantunenne ricoverato all’ospedale dove Bastien lavorava come medico.
<< Allora, amico mio, cominciamo?! >> esclamò, allegro.
Scattante, iniziò con il liberare il cadavere dalla catena che lo tratteneva, tenendolo contro di sé per non farlo cadere nel sangue che si era raggruppato, scendendo lungo le membra ferite del deceduto, nella vasca di ceramica bianca sottostante.
Una volta liberato il corpo nudo della vittima morta, Bastien lo prese in braccio, per poi farlo sedere all’interno del bidè, anch’esso bianco.
Poggiandosi i pugni chiusi sui fianchi, l’uomo sorrise soddisfatto, annuendo orgoglioso.
Voltandosi, poi, cominciò a togliersi la vestaglia, che lasciò cadere a terra.
Alzò il piede destro, piegando la gamba, e lo mise dentro la vasca piena di sangue. Non appena la sua pelle toccò quel fluido rosso, Bastien venne attraversato da un brivido, che lo scosse e lo fece sorridere nuovamente.
Lentamente, l’uomo si chinò, andando poi a sedersi all’interno della grande tinozza piena di quella sostanza vermiglia.
Bastien emise un sospiro di sollievo, mentre si calava la benda davanti agli occhi, che l’avrebbe aiutato a riposare meglio durante il suo trattamento settimanale.
<< Oh sì, Hans, sei stato di grande aiuto. >>
  
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