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Autore: pxsticca    30/04/2015    1 recensioni
[GTA V]
Trevor sta guidando verso Sandy Shores, un viaggio lungo e pieno di flashback.
ATTENZIONE-SPOILER: Leggete solamente se avete finito il gioco.
Dalla storia:
Ogni viaggio, andata o ritorno che fosse, non si era mai rivelato piacevole. C'era sempre qualche cosa da venire a sapere: amici presunti morti ma ancora vivi, amici presunti vivi ma purtroppo morti… Sfrecciava in autostrada per andare a scoprire qualcosa che lo avrebbe ucciso ulteriormente. Un'ora e venti. Si trattava solo di tempo, di secondi che gli laceravano la pelle.
Genere: Introspettivo, Song-fic | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Tempo

Tre ore. Tre ore, in media. Era questo il tempo che separava Los Santos da Sandy Shores. Trevor era in grado di metterci meno, tutto questo però dipendeva dal suo umore. Il giorno in cui scoprì che il suo migliore amico era vivo e che abitava in quella sfarzosa quanto odiosa città, aveva impiegato due ore e trentacinque minuti. Avrebbe potuto fare di meglio, certo, ma Wade continuava a chiedergli di raccontargli la storia di Trisha e non riusciva a concentrarsi sulla strada. Non era solo colpa del ragazzo biondo e dalla parlata strana, Trevor era distratto proprio dal motivo che lo spingeva verso la sua meta. Forse, se si fosse schiantato contro una macchina, si sarebbe svegliato di nuovo a Sandy Shores nel suo sporco letto, nella sua lurida casa. Tutto ciò era un sogno (o un incubo, chi può decidere?), doveva esserlo per forza. Una parte di lui però non voleva svegliarsi. Michael era morto, l'aveva visto quando era stato colpito, forse era venuto in sogno per avvisarlo di qualcosa: numeri fortunati al lotto, le coordinate per un trovare un tesoro nascosto da anni, qualcosa. Qualcosa di grosso, di importante.

«E poi cosa è successo a Trisha?» gli aveva chiesto. Prima di riprendere la storia, fece un lungo sospiro. Possibile che Wade non capisse che stesse parlando di se stesso, del suo migliore amico e della sua vita? Beh, almeno per il ragazzo era un bel racconto, gli piaceva sul serio e Trevor aveva bisogno di sfogarsi. Aveva bisogno di parlare e non essere capito appieno. Voleva urlare al vento e come risposta ricevere una scompigliata ai pochi capelli rimasti, come quella che dolcemente ti da un padre (e di tenere carezze il nostro Trevor non può parlarci). E quando vogliamo raccontare i nostri fatti personali, preferiamo farlo con gli estranei che ci ascoltano e ci danno i consigli giusti, veri e profondi. Gli amici ci conoscono troppo bene e tendono solo a rassicurarci, mentre dentro di loro ci giudicano ed è difficile incrociare quegli occhi dopo aver rivelato una parte intima di noi. In più Trevor stava cercando di rimanere il più calmo possibile, una missione difficile da portare al termine dopo ciò che aveva scoperto. Quello che considerava il suo migliore amico era vivo? Assurdo. Per di più aveva cambiato il cognome. Sperava che una volta entrato nella proprietà sotto il nome di Michael De Santa, avrebbe trovato un messicano con i baffoni e un poncho, intento ad andare a lavorare come tassista. Tutti così li immaginava i messicani, Trevor. Ma Michael vivo? Se qualcuno glielo avesse raccontato, si sarebbe messo sicuramente a ridere per poi mandarlo a quel paese, con i suoi modi di fare galanti, aggiungendo che non doveva permettersi più di nominare il suo migliore amico. Suo fratello, come aveva scritto sul braccio sinistro. Ricordava il giorno in cui se lo era fatto: un freddo martedì notte. Era triste, stanco e ubriaco ma lucido abbastanza da mettere due parole in fila per spiegare al tatuatore cosa volesse: un tatuaggio che onorasse chi aveva perduto, che lo facesse sentire ancora accanto a lui. Scelse una croce, indicandola tra i mille disegni appesi al muro difronte a lui, poi dettò tutto ciò che ci voleva scritto ed il tatuatore, un uomo dai capelli corti e biondi, grasso e con le occhiaie, ne fece una bozza, chiedendo successivamente a Trevor se gli andasse bene. Lui acconsentì e da quel momento ogni volta che si guardava (per caso) allo specchio, sentiva un nodo in gola nel leggere:

R. I. P.
Michael Townley
1965 - 2004
“ Brother ”


Due ore e trentacinque, quanto ci mise quel giorno quando scoprì la verità. Un'ora e venti, invece, era stato il tempo impiegato da casa di Michael a Sandy Shores nel suo “parco giochi” per prendere un aereo per scoprire un'altra amara verità, una domanda a cui aveva pensato da giorni. Un punto interrogativo che gli ronzava in testa. Chi era stato seppellito al posto dell'amico non morto nella tomba? Ogni viaggio, andata o ritorno che fosse, non si era mai rivelato piacevole. C'era sempre qualche cosa da venire a sapere: amici presunti morti ma ancora vivi, amici presunti vivi ma purtroppo morti… Sfrecciava in autostrada per andare a scoprire qualcosa che lo avrebbe ucciso ulteriormente. Un'ora e venti. Si trattava solo di tempo, di secondi che gli laceravano la pelle. Fremeva nell'attesa di arrivare a Sandy Shores e poi a North Yankton ma, d'altra parte, non avrebbe voluto arrivarci mai. La verità lo spaventava. Lo avrebbe distrutto ulteriormente, era un vaso pregiato tra le mani di un bimbo troppo maldestro e una volta rotto, i pezzi non si rincollavano mai. Mancava sempre un frammento all'appello, non sarebbe più stato completo.

Ora quanto tempo sarebbe trascorso? Il viaggio stava durando di più della media del tempo che avrebbe dovuto impiegare quel tragitto fatto mille e mille volte, fino a dargli quasi la nausea. Le tre ore erano giá passate ed anche altri quaranta minuti. Stava andando pianissimo, rispetto al suo solito modo di guidare. Come se qualcosa a Los Santos lo trattenesse. Il suo sguardo era fisso sulla strada ma la sua mente era altrove. La scelta era giusta? Lasciare un amico in questo modo? Non riusciva a pensare, la testa gli faceva male, il battito del cuore accelerava al solo pensiero, l'aria fresca gli faceva pizzicare gli occhi. Aveva bisogno di musica. Accese la radio, già sintonizzata su Channel X, ma voci andavano e venivano mischiandosi ad alcune di altre stazioni. Non c'era segnale. Un imprecazione, più a se stesso e alla situazione che alla radio, e mise su una stazione a caso.
“…a woman came by with a letter for you…”

Erano anni che non sentiva questa canzone. Non che gli piacesse particolarmente ma l'aveva ascoltata per la prima volta in un piccolo bar a North Yankton. Kelly, la proprietaria sulla settantina, metteva la stazione radio chiamata K-Rose, in cui passavano solamente canzoni country e molto spesso la canzone in questione. La vecchia donna salutava calorosamente i clienti al bancone e muovendo il bacino a tempo (quanto la sua età le consentiva di fare) e canticchiando versava i drink nei bicchieri. Aveva sempre storie interessanti, divertenti e, ovviamente inventate, da raccontare. Come quando disse che la K del nome della stazione K-Rose stava per Kelly, in quanto era a stata a letto con il proprietario. Nessuno si azzardava a dirle che quelli erano tutti racconti inventati, la gente veniva lì per bere e proprio per ascoltare quello che la donna aveva da dire. Era morta da cinque anni e quel bar non era stato più riaperto, i figli non vedevano l'ora di chiuderlo. Il bar in cui aveva trascorso molto tempo con Michael era chiuso o, molto probabilmente, raso al suolo. Un altro segno della fine di un'era. Un'era che Trevor amava mentre l'amico no.
“…and this is what the letter said…"
Sedeva su quelle sedie rosse imbottite a bere birre, la musica country in sottofondo e Michael che batteva il piede a tempo con lo sguardo perso nell'etichetta della sua bottiglia che stava torturando con l'unghia corta del pollice. «Non dirmi che ti piace questa roba, Mikey!» chiese tutto ad un tratto Trevor, per poi bere un sorso. L'amico sussultò risvegliandosi «Cosa? Oh, no no… ma starebbe bene in un film» rispose senza guardarlo negli occhi. Trevor lo squadrò alzando un sopracciglio «Che ne sai di queste cose?» chiese senza ricevere risposta «In un film? Pff… forse in uno di quei film che guardavano un tempo quelli che ora sono i vecchi che si pisciano nelle mutande, in attesa di qualche infermiera che gli cali i pantaloni. Sai che ti dico?» iniziò a divagare alzando la voce, come al suo solito «Quelle infermiere dovrebbero stare tutte nel mio letto!» con un ghigno soddisfatto bevve un lungo sorso di birra. «Oh, T!» Sbuffò Michael. Trevor sapeva benissimo che la figura dagli occhi stanchi davanti a lui avrebbe voluto lavorare in un film ma faceva finta di non interessarsi a quella passione che, non solo considerava assurda, ma l'avrebbe allontanato dalle rapine e quindi da lui.
“Dear John, please Johnny please come home…"
La musica continuava e così i suoi flashback non cessavano di torturagli la mente. Stava lasciando un amico, per sempre, e doveva convivere con questa idea. La moglie della canzone pregava il marito di tornare a casa, una parte di lui, invece, pregava di tornare da Michael e salvarlo. Era questa la sua casa? No, la casa che cercava Trevor erano loro due nel North Yankton.
“And John, if you don't hurry back i'll be gone…”
Spense la radio, era appena arrivato a Sandy Shores. Quasi quattro ore da quando aveva lasciato Los Santos. Entrò nel trailer, aveva bisogno di farsi di metanfetamina. Dosi su dosi, prendendo a calci tutto ciò che si trovava davanti, buttando in terra i pochi piatti sporchi rimasti sul bancone insieme alle bottiglie finite da una vita. Giuda! Ne era circondato e non voleva diventare uno di loro. Si accasciò sul divano, sfinito, sussurrando la penultima strofa del ritornello «and that's what the letter said»

Si risvegliò diverse ore dopo, era ancora buio fuori e Michael, per mano di Franklin, doveva essere morto da un pezzo, da parecchio tempo. Forse tre ore. Quelle tre ore che, in media, separano Los Santos da Sandy Shores, che separavano Michael da Trevor.



Angolo dell'autrice:
Ok, quando scriverò una ff che non sarà qualcosa di triste, vi avvertirò…Siete al corrente che quel giorno non arriverà mai, vero?
Comunque salve popolo della sezione videogiochi! Devo smetterla di essere così euforica? Ok, capito.
Uhm… non avevo internet nel cellulare e niente wifi (dannazione!) e allora mi sono messa a scrivere. Prima e ultima volta che scrivo e pubblico qualcosa dal cellulare, troppo noioso, per non dire altro. Quindi, se non volete trovare su EFP un altro mio schifo come questa FF, se è degna di essere chiamata tale, non lasciatemi mai più senza internet.
Poi, che dire? Ah, la K-Rose è una stazione radio presente in GTA San Andreas in cui passavano quella canzone, ovvero The Letter That Johnny Walker Read degli Asleep at The Wheel (mentre giocavo mi sono schiantata contro un palazzo con l'aereo con questo pezzo, va be'). L'ho scelta perché 1) sì, mi piace parecchio e 2) nella figura di Johnny Walker si può vedere Michael a primo impatto (la moglie che lo prega di tornare da lei ed i bambini, un suo problema, il bere nel caso della canzone, che ha rovinato la relazione, eccetera), preferivo però collegarla con Trevor. Mi piace il fatto che il protagonista del pezzo venga pregato di tornare a casa, Trevor la sua casa l'aveva appena ritrovata e adesso la stava per perdere per sempre.
I vari flashback, tutti collegati all'amico e alle due città (o tre, se contiamo North Yankton), sono stati un'ispirazione data dalla canzone dopo il primo ritornello.
Il tempo è un fatto importante e ho cercato di farlo pesare parecchio. Tutto è incentrato sul tempo. I momenti passati tornano sempre alla mente: Trevor è attaccato a ciò che ha trascorso con l'amico, Michael vuole guardare avanti. 10 sono gli anni passati prima che il nostro psicopatico si presentasse davanti alla porta dell'altro. 3 le ore (l'ho letto da qualche parte, non so se è questa la durata. Se così non fosse, pace) di tempo che separano Los Santos da Sandy Shores. Un lasso di tempo breve o lungo, dipende dalle circostanze e da cosa ci trattiene o ci spinge ad arrivare alla meta.
E comunque l'opzione da scegliere è la C, suvvia.
Ok, la finisco di parlare. Volevo solo spiegarvi come l'ho voluta dividere e su quale piano scriverla, spero di essere riuscita nel mio intento. Non vi assillerò con il fatto di scrivere recensioni, siete liberi di farlo come no.
L'ho controllata spesso ma se per caso avessi tralasciato qualche errore, fatemelo sapere tranquillamente.
Ho un'altra FF da completare e poi pubblicare, ci vedremo presto? Chissà
Un saluto, izzy mirzoy.
   
 
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