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Autore: dauntlessrevolution    03/05/2015    0 recensioni
Giovanna Perris ha 25 anni, è una detective milanese, trasferitasi a Treviso per lavoro. I suoi colleghi, tutti uomini, pensano che la sua presenza sia solo un peso all'interno del Distretto. Soprattutto lui: Alessio Mestriner, ventisettenne trevigiano.
Quando, però, Giovanna e Alessio saranno costretti a lavorare assieme, l'uomo si dovrà ricredere: perchè Giovanna è l'unica che può aiutarlo a risolvere il caso.
Che risulterà essere molto più complicato di quello che all'inizio credevano: sono sulle tracce di un serial killer, che uccide tra le due e le tre di mattina. Per questo la stampa lo chiamerà "Il killer mattiniero".
Giovanna e Alessio riusciranno a smascherare il colpevole?
Genere: Azione, Mistero, Romantico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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II.

Giovanna
Seduta sul sedile del passeggero della macchina di Alessio, ascolto attentamente l'audio della registrazione, mentre tento di prendere appunti su un block-notes.
“Non so se te ne sei accorto, ma, quando il centralino ha chiesto il nome alla vittima, non si sente bene quello che Pietrobon ha detto. Dev'esserci stata una sorta di interferenza. L'analizzatore audio non ci ha ancora confermato niente, ma gli ho espresso l'importanza di avere in mano il prima possibile le analisi e di inviarmele via mail”.
“Si, in effetti ho notato una specie di fruscio, un movimento in sottofondo, ma che copre totalmente parte delle parole di Giorgio”.
Dopo la lunga spiegazione che gli ho dato riguardo il caso, Mestriner è stato zitto e mi ha condotto alla sua macchina, una stupenda Camaro azzurra. Il silenzio si è protratto fino ad adesso, ma non è stato uno di quei silenzi che tenti di spezzare ad ogni costo, al contrario, sono convinta che entrambi ci troviamo a nostro agio in questa assenza di suono.
Sono ad un centimetro dal premere il pulsante 'rewind' sull'autoradio, quando Alessio dice: “Finché non arriva il referto dello specialista, è totalmente inutile ascoltare allo sfinimento quella registrazione. Poi non hai più la lucidità per fare altro”.
“Scoprirai molto presto che sono una donna caparbia, Alessio”, detto questo, faccio ripartire il nastro. Le voci della vittima e del centralino riempiono nuovamente l'abitacolo. Svuoto la mente e chiudo gli occhi: devo cogliere ogni minimo particolare. Nessun tipo di distrazione è contemplata. La registrazione va avanti, imperterrita. Ad un tratto, fulminea come una pantera, apro gli occhi e metto in pausa l'audio: ho trovato quello che cercavo.

Alessio
Quasi sbando con l'auto quando la Perris scatta in avanti dopo l'ennesimo ascolto della traccia audio.
“Porca vacca, che hai sentito?”, le chiedo.
Dalla sua risposta colgo un lampo di eccitazione: “Un'altra voce”.
Un'altra voce. Nella mia testa vorticano quelle tre paroline. L'Abracadabra che apre le porte a nuovi indizi.
Vado in fibrillazione anch'io: “In quale punto?”
“Poco prima che si senta quel rumore indistinto, quando la vittima dice il suo nome. Non sono sicura, però, di quello che la voce dica, dovremo aspettare la conferma del tecnico”. Mi fermo sul ciglio della strada, incurante dei trevigiani che girano in macchina a quell'ora, e ancora meno attento alle parolacce che mi urlano dai finestrini aperti. La guardo negli occhi, per dei lunghissimi istanti.
“Perché? Cos'hai capito?”
Sei solo il primo”.

Giovanna
Il luogo dove viveva Giorgio Pietrobon non si può propriamente definire casa: è una piccola casetta situata tra due grandi palazzoni di cemento, grigi e spenti. La costruzione è l'unico elemento colorato tra il grigiore di quella via. Le imposte, di un giallo acceso, sono aperte e lasciano sbirciare all'interno del piccolo casolare.
“Prima di passare al luogo del delitto vero e proprio, vorrei dare un'occhiata all'interno”, mi rivolgo convinta al mio collega, che, da quando siamo scesi dall'auto, è rimasto in silenzio. Strano, vero?! Questo qui non fa altro che stare zitto. Forse perché gli fai paura, o perché gli dai fastidio. Taci tu, una buona volta. Non posso mai commentare senza essere interrotta da questa vocina fastidiosa, che alla fine sono io.
Mamma mia, sono complicata.
“Per quale motivo?”, mi guarda, curioso. Come se fossi un fenomeno da baraccone. Ha mai visto il suo riflesso nello specchio, qualche volta? GIOVANNA.
“Ritengo necessario capire il carattere di una vittima attraverso degli oggetti che si trovano esclusivamente nelle loro case. È un metodo di indagine che ho imparato all'Accademia di Polizia”.
“Beh, io di solito mi fiondo dritto dritto al luogo dove è avvenuto il massacro, per così dire”, devo averlo fulminato con lo sguardo, perché lui continua e aggiunge: “Però i nuovi metodi investigativi possono essere interessanti e utili al caso. Quindi facciamo come dici tu, Giovanna”.
Sentire pronunciare il mio nome da lui mi procura dei piacevoli brividi lungo la spina dorsale. Non mi ha mai chiamato con il mio nome di battesimo, prima d'ora: sempre e solo Perris. Delle volte non mi calcolava nemmeno di striscio.
Giovanna Perris, datti un contegno: non sei più una tredicenne con gli ormoni a mille. Mai stata più d'accordo con te, sorella. E stai un po' zitta, una buona volta.
“Ehm, okay, perfetto. Seguimi dentro, allora”, e, a passo spedito, senza aspettare che Alessio mi segua, cammino verso quella casa fatiscente, che ora è circondata da agenti della Scientifica e da Carabinieri.
“Buongiorno, signorina. Posso esserle di aiuto?”, un giovane alto e palestrato mi si avvicina, giubbotto di pelle, camicia a quadri, jeans chiari, Converse nere e i Ray-Ban appoggiati al capo.
“Dipende da chi me lo chiede”, rispondo, atona.
“Sono l'agente Riccardo Mancini”, dice l'uomo, mostrandomi il distintivo della Scientifica.
Io tiro fuori dalla tasca del giubbotto il mio: “Io sono l'agente Giovanna Perris, detective distrettuale. E questo”, mi volto, indicando Alessio, “è il mio collega, Alessio Mestriner”.
“Bene, mi fa piacere che siano arrivati quelli del Distretto a darci una mano. Con i Carabinieri tra i coglioni non riusciamo a fare niente. Stanno mettendo in subbuglio tutta la casa. È un casino”.
Merda. Senza dire assolutamente niente, entro correndo in casa: come Mancini mi aveva detto, quelle teste di cazzo dei Carabinieri stanno lanciando all'aria tutto quanto. L'ingresso è pieno di carte sparse per il pavimento; il soggiorno sembra stato preso d'assalto da un pollaio, data la quantità di piume.
“FERMI. TUTTI QUANTI”, urlo. A squarciagola. Gli uomini che stanno lavorando si fermano e si girano verso di me, allibiti.
“STATE INCASINANDO DELLE POSSIBILI PROVE. IDIOTI”.
Alcuni degli uomini presenti cominciano a chinare il capo e a scusarsi, altri escono mogi dalla casetta. Solo uno ha il coraggio di fermarsi davanti a me e dirmi: “Stiamo solo facendo il nostro lavoro, signorina”, sputando veleno anche dagli occhi.
“Si, ma lo state facendo da culo. ORA FUORI”.

Alessio
“Ma questa da dove sbuca fuori?”, mi domanda Mancini, stupefatto quanto me dalla prontezza di riflessi grazie alla quale la mia collega è entrata nella casa della vittima e ha cominciato ad urlare come un'ossessa contro i Carabinieri.
“STATE INCASINANDO DELLE POSSIBILI PROVE. IDIOTI”.
Mi volto verso l'altro agente e gli rispondo: “Da Milano. È arrivata al Distretto due mesi fa, circa. Ha sempre lavorato a casi minori qui, e sempre come consulente negli interrogatori. Non le abbiamo mai dato abbastanza.. spazio di manovra, per così dire”. Mi costa ammetterlo, e per di più ci faccio anche la figura del coglione. Come faccio fare una figura di merda al Distretto.
“Beh, forse era ora la faceste uscire dal guscio. Sta strigliando per benino i Caramba* lì dentro”, e Riccardo Mancini scoppia a ridere.
“Anziché stare lì fuori a parlare di me, entrate a darmi una mano, per favore?”, ci urla Giovanna dall'interno, mentre una ventina di uomini escono dallo stabile.
“Direi sarebbe una buona idea seguirla”.
“Già”.
Entriamo nell'abitazione e troviamo la Perris in salotto, con le mani sui fianchi, a fissare con gli occhi vacui un punto del soggiorno.
"Allora, allora, allora. Non c'è alcun tipo di effrazione o scasso alla porta, quindi l'opzione è una sola: se l'assassino è entrato, ha atteso l'arrivo della vittima, lo ha ucciso e poi ha usato le chiavi per aprire la porta”.
Mentre lei parla, giro per il salotto, alla ricerca di indizi. Passo davanti al tavolino, situato di fronte ad un divano di pelle consunta, e gli occhi mi cadono su un foglio, nascosto dalle piume fuoriuscite dai cuscini. Indosso i guanti di lattice e lo raccolgo.
“Porca puttana”, la parolaccia mi sfugge dalle labbra, implacabile.
“Che succede, Alessio?”, mi domanda la mia collega, svegliata dalla sua catalessi.
“Quel figlio di puttana aveva scritto una lettera a Pietrobon”.
“È possibile fare un'analisi della calligrafia?”.
“No, è scritta al computer. Forse, però, possiamo risalire al tipo di stampante”.
“Cosa dice?”.
E io comincio a leggere.

Cara Vittima,
mi dispiace avvisarti che tra poco non sarai più a questo mondo.
Non prenderla sul personale: non ti conosco nemmeno.
La tua uccisione fa parte di un piano più grande, che non mi è dato svelarti.
Vivi pienamente l'ultimo periodo che ti rimane.

Silenzio. Un tombale silenzio ci avvolge. Non riesco a credere alle parole che mi sono appena passate sotto gli occhi. Alzo lo sguardo su Giovanna, che mi fissa inorridita.
l suo cellulare squilla e lei lo tira fuori dalla tasca del parka. Controlla il mittente, per poi posare nuovamente lo sguardo su di me.
“Forse abbiamo qualcuno che può far luce su questo casino”, dice, mostrandomi lo schermo del telefono: Mirko Girotto.
L'analizzatore del suono.

Giovanna
“Mirko, dimmi tutto quello che sai”.
'Ciao anche a te, Giovanna, come stai?'.
“Pochi convenevoli, Mirko, non ti è mai fregato un cazzo del mio stato d'animo o di salute e non avrebbe senso iniziare adesso. Perciò, aggiornami. E in fretta”.
'Okay, okay. Ritira gli artigli, Tigre. Comunque, ho scoperto delle cose molto interessanti, analizzando la registrazione che mi hai fatto avere, e ho quindi preferito telefonarti, anziché mandarti i risultati via mail'.
“E cioè?”.
'Ho ascoltato un centinaio di volte tutto il file, poi però ad un tratto mi sono soffermato su un pezzettino, che destava dei sospetti. La parte presa in considerazione è quella in cui Pietrobon dice il suo nome. Ho migliorato la qualità del suono, per poi mandare il tutto al rallentatore e ho sentito distintamente una voce maschile che pronunciava le seguenti parole: Sei solo il primo'.
Il tempo si ferma: ho ragione. Ho. Ragione.
'Spero di esservi stato utile, Perris'.
“Utilissimo. Grazie, Girotto”.
'Prego'.
Spengo la comunicazione. E rimango impalata a fissare il nulla, tanto sono sconvolta.
Giovanna, più tempo perdi a stare in questo stato catatonico, più ti allontani dal caso. Stessa cosa che hai detto ad Alessio questa mattina. Non l'avevo proprio capito, anzi, ti ringrazio per il consiglio!
Penso e ripenso, metabolizzo quello che ho appena saputo e poi un pensiero mi colpisce in pieno alla velocità di un TIR.
“Santo Dio”.

Alessio
Comincio a preoccuparmi seriamente per Giovanna: dopo aver ricevuto la telefonata è rimasta immobile, gli occhi vacui.
“Santo Dio”, sussurra. Scuote la testa, come per svegliarsi dalla trance.
“Perris, che hai?”, domando, sollevato che si sia mossa, ma anche terribilmente in ansia.
“Girotto ha confermato la mia teoria: il rumore che si sente nella registrazione è una voce maschile che dice: 'Sei solo il primo'. Sai cosa significa?”, i suoi occhi determinati sono incollati ai miei.
Azzurro nel marrone.
So per certo cosa significa quello che mi ha detto, quindi esterno il mio pensiero ad alta voce: “Questo non è un caso isolato”.
“Ce ne saranno altri”.
Due parole si formano nella mia testa: serial-killer.

*è un termine che viene spesso usato dai giovani Veneti per definire un Carabiniere, in senso un pochino dispregiativo

Ed eccomi qua, finalmente, dopo un fermo durato una marea di tempo, a pubblicare il secondo capitolo. Devo ammettere che è un po' corto, però dai, si fa quel che si può.
Ringrazio di cuore chi ha letto il capitolo e Steph808 per avermi lasciato una recensione da favola, che mi ha fatto molto piacere.
Un bacio grande, alla prossima
dauntlessrevolution

 

  
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