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Autore: y3llowsoul    05/05/2015    3 recensioni
Le quattro mura grigie, il vuoto della stanza, l'umidità, il freddo – tutto gli faceva, in modo inquietante, pensare a un carcere. Il fatto che non sapesse che cosa intendevano di fare di lui non migliorava il suo stato e non sapeva neanche che cosa dovesse pensare del fatto che per quanto sembrasse non lo sapevano neanche loro. Sembrava che l'avessero semplicemente spostato lì finché il problema non si fosse risolto da solo. Per esempio tramite Charlie se si fosse deciso a lavorare di nuovo per loro. Oppure se avessero concluso i loro affari. Oppure se Charlie si fosse suicidato.
Charlie collabora a una missione segreta. Don cerca di venire a sapere qualcosa della faccenda, ma quando finalmente ci riesce, non è una ragione per rallegrarsene, e per la famiglia Eppes cominciano periodi brutti.
Genere: Malinconico, Suspence | Stato: in corso
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Charlie Eppes, Don Eppes, Un po' tutti
Note: Traduzione | Avvertimenti: nessuno
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39. Battaglie esistenziali

All the leaves are brown and the sky is grey.
I’ve been for a walk on a winter’s day.
I’d be save and warm if I was in L.A –
California dreaming on such a winter’s day.
(Mamas and Papas, California Dreaming)


Il tasso di adrenalina che scorreva nelle vene di Charlie era ad altezze vertiginose mentre era davanti al nascondiglio e tentava di acquistare una visione completa tanto della sua situazione quanto della sua posizione. Si trovava in un territorio scoperto, c'erano alberi intorno a lui, ma quel posto sembrava essere una piccola radura naturale. Soltanto il bunker dei terroristi era tutto tranne naturale. Sembrava esistere da qualche tempo, perché era coperto di fronde e rampicanti e in fondo invisibile. Almeno di notte.

Charlie si chiese dove potessero essere gli altri sequestratori. In ogni caso considerava consigliabile dirigersi nella direzione opposta. Ma non aveva idea di dove potesse essere la direzione opposta.

In ogni caso devo andare via da qui, si incitò finalmente. Perché più si allontanava dal nascondiglio, più si estendeva l'area e meno probabile diventava la possibilità di imbattersi in uno dei sequestratori.

Si mise dunque in cammino seguendo una direzione in cui la sterpaglia non era troppo fitta. Non aveva visto dei sentieri e se ce ne fossero stati, li avrebbe definitivamente evitati. Nella sterpaglia, però, la sua traiettoria sarebbe stata più facile da seguire.

Più camminava nel buio della notte, lontano dai sequestratori nel nascondiglio, più l’adrenalina svaniva, e presto, il suo avambraccio sinistro si fece sentire in modo spiacevole. Il taglio al suo polso bruciava e pulsava, ma in confronto al problema del vagare senza una precisa direzione Charlie lo considerava solo fastidioso. Comunque non era arrivato alle vene, il taglio era solo sgradevole, non pericoloso, almeno finché non fosse arrivata la setticemia.

Andava peggio con l'orientamento. Purtroppo, Charlie non aveva mai imparato ad orientarsi in base alle stelle, ma anche se avesse avuto questa facoltà, probabilmente non gli sarebbe stata d’aiuto nella sua situazione attuale. Perché forse avrebbe saputo esattamente dove si trovavano i punti cardinali – certo, poteva anche stabilirlo approssimativamente con l'aiuto della stella polare – ma non l'aiutava finché non aveva idea dove si trovasse.

Charlie ripensò alla conversazione che aveva sentito nel rifugio. “Sono qui. Ci stanno cercando, qui nel parco”. Nel parco... probabilmente Mike si stava riferendo ad un "parco nazionale", perché quell’area a Charlie non sembrava essere un parco urbano. Ed era perfetto. Lì, nessuno avrebbe mai trovato un nascondiglio sotterraneo.

Allora lo stavano cercando. Però, purtroppo, da due lati opposti. Da una parte c'erano i suoi salvatori che non sembravano aver altra indicazione tranne il parco gigantesco, dall'altra c'erano i suoi inseguitori che sapevano esattamente da dove cominciare la ricerca, cioè dal luogo in cui era evaso. Dunque era necessario far perdere le tracce ai secondi e sbarazzarsi di loro mentre allo stesso tempo doveva dirigere l'attenzione dell'FBI su di sé. Come?

Prima doveva mettersi ad un massimo di distanza dal suo carceriere. Poi avrebbe potuto preoccuparsi del resto. Perché una cosa era chiara: aveva bisogno dell'aiuto di Don e della squadra, perché se davvero si trovava in un parco nazionale, non poteva sperare di trovare la via d’uscita prima che gli altri avessero trovato lui. Ma come comunicare a Don e gli altri dove si trovava e quale direzione imboccava senza che queste informazioni fossero arrivate nelle mani sbagliate?

Rifletté intensamente. Probabilmente l'FBI avrebbe cercato sia via terra sia dall'alto con un elicottero dato che non avevano ancora nessuna indicazione. Almeno Charlie sperava ardentemente in una ricerca aerea. Perché se fosse stato così, aveva già un'idea.

Ad un tratto, il terreno esplose davanti a Charlie e il ragazzo saltò indietro spaventato. Qualcosa fischiò nelle sue orecchie. Sentiva qualcosa come punture d’ago dappertutto sulla pelle. Ma da dove potevano arrivare degli agi – lì? Acqua, il pensiero venne a Charlie come un fulmine, era acqua! E infine, non ebbe più dubbi: davanti a lui, solo ad una dozzina di passi di distanza, acqua schizzava dal terreno.

Per alcuni secondi, Charlie fu talmente perplesso da non distinguere che cosa aveva davanti: un geyser. Almeno i nervi tesi fino allo stremo sotto la sua pelle gli dicevano che l'acqua di questa fontana a getto naturale era calda. E se c'erano dei geyser lì, uno solo per quanto sapeva era il luogo dove poteva trovarsi: il Parco nazionale di Yellowstone. Almeno che non si trovasse in Islanda, e Charlie osava dubitarne.

Ma ovunque si trovasse sarebbe stato saggio lasciare la sua attuale posizione e girare estesamente intorno a quell’area. Non era granché intelligente, nel buio, camminare attraverso un campo minato di gargolle bollenti. Perché non se la sentiva proprio di stare alla prossima eruzione direttamente sopra di uno di quelli minuscoli vulcani.

- - -

Quando Amita si rese conto di aver rotto la sua tazza da caffè avrebbe voluto piangere. Non le importava della tazza. Le importava di tutto il resto e la pressione che gravava su lei era appena sopportabile. Era stanca, aveva i nervi a pezzi, niente voleva più funzionare, faceva un errore dopo l'altro, diventava sbadata, non ce la faceva più a fare niente – e non avevano ancora trovato Charlie.

Amita deglutì, cacciando indietro le lacrime, ma la furia e la disperazione rimanevano. Semplicemente non lo voleva più, era tutto senza senso...

«Non vuoi raccogliere quei cocci?»

Amita si voltò rapidamente ed fu un po' sorpresa che con quel gesto non avesse fatto cadere il laptop. Non si aspettava Larry a quell’ora della sera, tanto più perché pensava che fosse ancora a riposo. Ciò nondimeno era contenta che fosse lì perché malgrado la sua aura spesso confusa, a modo suo emanava una certa calma.

«Sì, certo» disse quando realizzò che cosa le aveva detto. Prese la paletta accanto alla porta e mentre raccoglieva i cocci si calmò di nuovo un po'. In fondo, era solo una tazza. Poteva succedere a chiunque.

Larry si avvicinò con cautela al suo laptop guardando il suo lavoro. Da terra, Amita gli diede uno sguardo. Larry sembrava ancora pallido e riusciva appena a stare dritto, talmente dolorose dovevano essere le sue ferite, ma era lì ed Amita si sentiva già un po' meglio solo grazie alla sua presenza. Aveva imparato durante i giorni passati quale peso incredibile fosse lavorare da sola ad un tale progetto. Soprattutto quando si trattava con l'uomo che amava.

«Ma questa non è più l'analisi per riconoscere i visi» constatò Larry con uno sguardo al programma corrente.

Amita scosse la testa. «Quella l'ho già finita questo pomeriggio» lo informò. «Comunque non ho potuto raggiungere Don, ma mi aveva dato i numeri degli agenti dell’altra squadra e loro mi hanno detto di mandare le informazioni. Penso che abbiano già cominciato le indagini sugli uomini».

«Vuoi dire che le nostre immagini hanno veramente ottenuto un risultato positivo?»

Amita annuì. «Sì. Gli uomini che hanno preso Charlie si chiamano Dexter Johnson e Wayne Taccone; lavorano veramente tutti e due per la CIA».

Larry aggrottò la fronte. «Ma quello non è stato un arresto...»

«No» affermò Amita. «E' stato un rapimento».

Si voltò di nuovo, lontano da lui. Non avrebbe pensato di essere capace di tali emozioni, ma da quando i sequestratori di Charlie avevano finalmente dei nomi e una storia, sentiva un tale odio verso di loro che le faceva quasi male. E il fatto che non potevano far niente contro loro perché erano scomparsi serviva solo ad alimentare questi sentimenti.

«Amita...» Levò gli occhi e si accorse che il suo collega doveva averla osservata. «Dovresti andare a casa adesso e riposarti».

Scosse il capo con forza. «Non posso» gli ricordò e poteva quasi credere che un tale proposto veniva da lui. Erano finalmente così vicini alla loro meta! Charlie doveva essere da qualche parte in quell'area, non c'era quasi un'altra possibilità! E dovevano trovarlo adesso; non poteva abbandonarlo così vicino a destinazione.

Larry sospirò e tacque. «E che cos'è questo?» chiese infine indicando il laptop di Amita.

«Ho tentato di ottimizzare la ricerca. Ma ho troppo poche indicazioni».

Larry guardò il programma. «Parti dai punti dove i sequestratori sono stati visti?»

«Esatto. Comunque non sono tanti. E anche se potessimo dire con sicurezza che tutti i punti sono corretti, non sappiamo ancora a quale distanza dal nascondiglio si trovino. Possono essere cinque miglia come cinquanta».

Larry annuì. «La conformazione del terreno l'hai considerata?»

«Sì, ma non ci aiuta molto. La maggior parte nell'area in considerazione è selva e i posti sembrano tutti ugualmente probabili».

Larry annuì gravemente. Anche lui non aveva alcuna idea.

«Cosa ne dici se ci dormissimo sopra?» propose infine. «Forse ci verrà qualcosa in mente domani».

Amita non sembrava molto convinta. «E se non succedesse?»

«Se non succedesse, saremmo allo stesso punto di stasera».

Amita scosse la testa. «Come puoi rimanere così calmo?» mormorò, e Larry ebbe qualche difficoltà a comprendere le parole.

Non rispose subito. Non che non avesse paura. Ma sapeva che il suo cervello non poteva funzionare sotto l'influsso del panico e così non avrebbe potuto aiutare Charlie. Dovevano mantenere il problema ad una certa distanza da loro, osservarlo da una soglia di sicurezza se volevano risolverlo e trovare Charlie. Certo, non gli riusciva facile. Ma era necessario e avrebbe fatto tutto quanto fosse in suo potere.

Sempre sperando che questo sarebbe bastato.

- - -

Charlie aveva freddo. Per essere aprile o maggio - dopo i giorni chiuso lì dentro non poteva più dirlo con certezza - la notte gli sembrava terribilmente fresca e piuttosto simile a quelle di dicembre o gennaio. E la sua giacca leggera non aiutava molto a proteggerlo dal freddo. Forse, almeno parzialmente, anche perché non era abituato alle notte primaverili lì a nord, diverse da quelle nella California australe. In ogni caso tremava quasi tanto forte quanto il fogliame degli alberi attorno a lui mentre si apriva, un po' troppo velocemente considerando le condizioni di luce, un cammino attraverso la notte.

Il desiderio di ritornare a casa diventava insopportabilmente forte dentro di lui, soprattutto perché aveva la sensazione di non essere tornato veramente a casa dall’incarico di ottobre. Perché i giorni prima del suo arresto erano stati talmente offuscati dalla sua amnesia e dalla sua insicurezza nei rapporti con le persone care che la sensazione di essere finalmente a casa e al sicuro non erano mai apparse. E benché fosse pressato molto dalla paura che i suoi sequestratori potessero raggiungerlo, la sua velocità era anche causata dal fatto che voleva finalmente vederli tutti di nuovo e sapere che erano vicini a lui. Tutti, compreso Larry...

Durante i successivi metri, la paura gli fece salire un nodo alla gola e dovette veramente fermarsi per un attimo per riprendere fiato. Cosa avrebbe fatto se era davvero successo qualcosa a Larry...? Se i suoi sequestratori non avevano mentito, se l'immagine del giornale era vera...

Con nuova determinazione continuò il suo cammino, un po' più velocemente di prima. Non doveva solo fuggire dai suoi sequestratori, ma anche dall'incertezza. Doveva finalmente sapere come stava Larry.

Ad un tratto sentì un gorgoglio. Si voltò un po' a destra. Sì, lì diventava più forte. Dopo alcuni metri Charlie era sicuro che da qualche parte lì intorno ci fosse un torrente, ma non poteva vedere niente. Era notte, e inoltre il bosco sopra di lui formava un tetto abbastanza fitto.

Charlie rallentò i suoi passi continuando ad ascoltare. Era più vicino, più vicino –

«Ah!»

Non aveva potuto trattenere un piccolo grido spaventato quando il suo piede era scivolato giù nell’acqua gelida. Charlie tentò, con l'aiuto dell'altra gamba che stava ancora sulla riva, di tirarsi via, ma non riuscì al suo primo tentativo – il fiume era troppo profondo – e al secondo tentativo si fermò: l'acqua, che inizialmente aveva creduto venire direttamente dal mare polare, in verità era calda, quasi bollente, così calda che all'inizio aveva ingannato i suoi nervi.

Quando Charlie si fu abituato abbastanza da non sentire più il bisogno di uscire, si accorse di due cose: l'acqua non era tanto bollente quanto aveva temuto, una volta abituatosi, e il torrente gli dava una possibilità straordinaria di lasciare tracce false a possibili inseguitori.

Per un momento Charlie stette lì abituandosi all'acqua e riflettendo cosa fare. Finalmente si girò a monte, contro corrente, perché sarebbe stato più facile proseguire verso valle e sperava che i suoi inseguitori avrebbero pensato che aveva preso quella direzione arrivando così a conclusioni false.

Già dopo pochi passi sul sottosuolo sassoso Charlie si accorse che le sue scarpe lo disturbavano. Si trattava di scarpe da tennis più o meno logore che già dopo pochi metri si erano riempite completamente di acqua, pesando ai piedi come blocchi di piombo. Inoltre, doveva averle strappate in qualche punto durante la fuga perché la suola della scarpa sinistra era attaccata solo per metà alla stoffa.

Senza esitare se le tolse continuando il suo cammino a piedi nudi, ma già dopo pochi metri si fermò di nuovo. Non perché fosse troppo doloroso - non era molto più scomodo che con le scarpe bucherellate. Ma aveva avuto un'idea. Le sue scarpe potevano aiutarlo a velare la sua direzione agli inseguitori. Perché da una parte non avrebbe lasciato tracce nel suolo e le impronte del suo piede probabilmente sarebbero state più difficili da scoprire, e dall'altra poteva tentare d'ingannarli: siccome credevano che lui stesse andando verso valle, le avrebbe lasciate a monte, nella direzione in cui si voltava - e le lanciò invece di depositarle semplicemente sulla riva; comunque tutto doveva sembrare autentico. Gli agenti dalla CIA avrebbero concluso, così sperava, che si era voltato a valle.

Guadare il torrente sassoso non era una passeggiata e Charlie in poco tempo decise di continuare il suo cammino non presso la riva, dove l’acqua arrivava solo fino alle ginocchia, ma nel mezzo del torrente che presto risultò essere un fiumiciattolo, dove si trovava fino al torace nell'acqua. Certo, avanzava un po' più lentamente, ma così l'acqua avrebbe portato la maggior parte del peso del suo corpo e i suoi piedi non sarebbero più stati tanto sensibilmente ai ciottoli. Eppure Charlie era abbastanza sicuro che fossero già feriti; in ogni caso le piante dei suoi piedi bruciavano, ma non si fermò per verificare. Doveva andare avanti. Non dovevano trovarlo. Non doveva di nuovo capitare nelle loro mani. Doveva andare avanti...

Charlie rimase a lungo nell'acqua. Non voleva illudersi dal fatto che sembrava avesse percorso una grande distanza solo perché ci aveva messo tanto. Sapeva che i suoi inseguitori non ci avrebbero messo tanto se stavano a terra a cercare lungo la riva il posto dove si sarebbe arrampicato fuori dal torrente. Adesso si chiedeva se non sarebbe stato meglio andare a valle, perché avrebbe seguito la corrente invece di lottarci contro. Ma sperava che sarebbe stato proprio quello che i suoi sequestratori si aspettavano.

Dopo alcune ore uscì finalmente dal torrente, lungo un punto roccioso cosicché loro non avrebbero trovato le impronte dei suoi piedi nella terra molle. Dopo esser stato nell'acqua piacevolmente calda, l'aria notturna era pungentemente fresca, nonostante dovesse essere già maggio - la primavera lì al nord e in alto era davvero qualcos'altro rispetto a quella in California.

Per un secondo, si fermò. Il pensiero di casa gli aveva dato un pugno doloroso. Pensò a Los Angeles, a Pasadena, a casa sua, ai dintorni, il mare, le zone e gli edifici famigliari...

E alle persone famigliari.

Con nuova determinazione, Charlie continuò il suo cammino a piedi nudi attraverso il selvaggio del Parco nazionale di Yellowstone.

  
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