Fanfic su attori > Tom Hiddleston
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Autore: lallipumbaa    06/05/2015    2 recensioni
Il giorno prima del matrimonio del suo migliore amico, Sarah ritrova una persona che pensava di essersi lasciata alle spalle molto tempo prima... e non poteva sbagliarsi più di così.
Genere: Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Het
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Buongiorno a tutti!! :) Bene, nuova elucubrazione mentale e questa volta la "vittima" è il nostro amato Tom (vi giuro che non è colpa mia: è CinderNella che mi ha fatto cominciare a far girare la ruota col criceto grasso che corre! u_u)
Vi lascio alla lettura (io continuo a non essere assolutamente capace di editare storie -_-"), al solito spero di riuscire a leggere cosa ne pensate :) Un bacione e alla prossima <3 Lalli :3

CUPCAKES AND TEA FOR TWO
Faceva freddo, ma era l’Isola di Wight, dopo tutto. E soprattutto era metà febbraio.
Quasi non poteva crederci. Il giorno dopo ci sarebbe stato quello che, scherzando con gli invitati, aveva definito il “matrimonio dell’anno”. Effettivamente erano in pochi, solo famiglia e amici stretti. Martin e Amanda erano arrivati il giorno prima, anche i rispettivi genitori erano arrivati con gli sposi, ma proprio colui che non voleva vedere, ma che sapeva avrebbe visto, le era capitato tra capo e collo.
Non essendo raggiungibile via aereo, aveva preso il treno dalla stazione di Waterloo diretta a Southampton. Da lì avrebbe raggiunto il porto e preso un traghetto per East Cowes. In poco più di una mezz’ora avrebbe raggiunto la destinazione per poi prendere un mezzo per raggiungere l’hotel. Era scesa dal traghetto in tranquillità, cercando di non pensarci. Era felice che il suo migliore amico si stesse per sposare con la donna dei suoi sogni e che di lì a qualche mese avrebbero avuto un bambino, o una bambina, non si sapeva ancora. Era una splendida giornata e il sole splendeva caldo sull’isola, mentre a Londra imperversava il diluvio universale. Si sistemò gli occhiali da sole sul naso e si avviò verso la stazione dei taxi, quando una voce la fermò “Guarda un po’ chi si rivede!”. Non c’era sarcasmo, nemmeno rabbia… solo pura sincerità. Ma era lui. Il gentleman fatto uomo. Si girò in direzione della voce e lo vide: un piumino nero indosso, i jeans e le scarpe da ginnastica, la valigia alla mano, gli occhiali da sole, i capelli scompigliati dal vento e un sorriso stampato in faccia. “Ciao Tom.” Lo salutò fermandosi. ‘Ecco, lo sapevo. Lo sapevo! Cominciamo bene…’ si maledì lei. Era da togliere il fiato, adesso come anni prima. Forse molto più ora che prima. “Ciao Sarah…”. Se lo ricordava ancora la prima volta che l’aveva conosciuto.
La voce dell’uomo dall’altra parte del telefono era diventata una litania, tanto che aveva allontanato il telefono dall’orecchio “Ben, mi stai dando fastidio.” “Tipregotipregotipregotiprego!” “NO!” “Ed esci dannazione!! Stai diventando un eremita!!” “Perché dovrei? A me piace la mia vita da eremita! Non c’è nessuno che mi rompe le balle, faccio quello che voglio senza rendere conto a nessuno e siamo solo io, Juno e Circe!” gli rispose facendo i grattini sotto il mento del Sacro di Birmania (la Circe presa in considerazione prima) che si stava stiracchiando sulle sue gambe guardando con sufficienza Juno, l’altro abitante di casa che, sconsolata, aveva rinunciato da un po’ a salire sul divano: per un Corgie era già difficile salire le scale, figurarsi salire sul divano! “Poi sai perfettamente che sono una sociopatica asociale!” “Non è vero che lo sei, e comunque tu stasera esci: non ci sono ‘ma’ che tengono, ok?” “Benedict!” “Pronta alle 10!” “Ben-” “Ciao S!” e riattaccò. Sarah guardò il telefono sbattendo ripetutamente le ciglia. “Io lo ammazzo. Tanto non esco stasera! No no, non esco proprio! Rimango con voi due e vi spupazzo per tutta la sera, che ve ne pare?”. Per tutta risposta Circe si girò di spalle rivolgendole le regali terga in faccia mentre Juno ne aveva mollata una delle sue catalogabili tranquillamente della categoria “atomiche” prima di correre verso la sua cuccia a cercare un gioco da mordicchiare. “E va bene, se queste sono le premesse, stasera esco.” Commentò spostandosi il gatto dalle gambe (che produsse un miagolio brontolato di protesta) “Me ne vado a cercare qualcosa da mettermi.”
Quella sera stessa si trovò a saltare a ritmo di musica in mezzo al locale con Sophie, la fidanzata conosciuta-a-pochi-e-non-al-mondo di Benedict, cantando a squarciagola “Girls just want to have fun” di Cyndi Lauper. C’era tanta gente che già conosceva grazie a Benedict, ma una persona la conosceva solo di fama. “Piacere, Tom!” si era presentato quando li avevano messi l’uno davanti all’altro “Piacere mio! Mi chiamo Sarah.” Gli aveva risposto stringendogli energicamente la mano e sorridendogli. Per il resto della serata non si erano quasi nemmeno parlati, ma puntualmente ogni tanto lanciava un’occhiata a dov’era. Sophie ovviamente l’aveva notato “Ti piace Tom, eh?” “Oggettivamente è un bell’uomo, ma arrivare a dire che può piacermi è un po’ azzardato!” “Sì, intendevo quello rompiballe! Sei proprio pignola quando ti ci metti.” “Non farei il mio lavoro se non lo fossi!” le rispose facendole una pernacchia mentre la donna l’abbracciava stretta ridendo.


“Come sei arrivata?” “Col traghetto! In che altro modo altrimenti?” gli rispose riprendendo un po’ di sicurezza “Giusto, anche te hai ragione! Dove starai a dormire stanotte?” “Benedict mi ha detto che starò Newport Quay Hotel! Ho curiosato su internet e devo dire che non sembra affatto male! Piccolino, carino… un piccolo gioiello!” Tom guardò la ragazza che, imbacuccata nel suo cappotto pesante, camminava di fianco a lui. Era più bassa di lui di circa una ventina di centimetri, la carnagione dorata, i capelli castani avevano un che di dorato, ma non da parrucchiere… era l’inconfondibile segno del sole, raccolti in uno chignon disordinato e gli occhi verdi celati dalle lenti scure. Era da mesi che non la vedeva più, e doveva dire che la colpa era di entrambi: sia a livello lavorativo – aveva passato mesi e mesi continui di lavoro all’estero e lei era una scrittrice – che a livello personale. Avevano avuto una storia… come definirla? Medio-breve? Erano stati insieme per poco più di un annetto e poi avevano deciso di troncarla prima che si facessero del male a vicenda. “Sei stata in vacanza ultimamente?” le chiese giusto per fare conversazione “Sì, sono stata in un’isola sperduta nell’oceano indiano a rilassarmi completamente lontana dal caos, dal grigiore di Londra per un paio di settimane e dal computer! Ho detto addio a Wold per un bel pezzo!” gli rispose sorridente, sistemandosi gli occhiali sul naso “Mi piace il colorito che hai preso, non sembri quasi nemmeno inglese!” “Zitto che ti abbronzi pure te!” “E con chi ci saresti andata?” Sarah lo guardò sottecchi “Siamo gelosi?” “Assolutamente no. Era solo per pura e semplice conversazione.” Disse facendo spallucce “Farò finta di crederti!” Tom si girò di scatto verso la ragazza spalancando gli occhi “MA!?”. Un taxi libero li accolse, caricando i bagagli “Dove vi porto?” “Newport Quay Hotel!” rispose Tom “Scusami, tu dove starai?” ‘NONILNEWPORTQUAYNONILNEWPORTQUAYNONILNEWPORTQUAY’ “Ho sentito dire che le colazioni sono spettacolari al Newport! Su Tripadvisor confermano!” Le rispose togliendosi  gli occhiali da sole, investendola coi suoi occhi azzurri. “Benedict, io ti ammazzo.” Mugugnò lei girandosi dall’altra parte.
Scoprì molte cose di lei mano a mano che si vedevano e si sentivano. Le aveva chiesto il suo numero di telefono alla terza volta che uscivano insieme e un giorno aveva deciso che doveva chiamarla. Il telefono fece qualche squillo e poi, all’improvviso, la voce squillante della ragazza che cercava di sovrastare un rumore persistente rispose “Pronto?” “Ciao Sarah! Sono Tom… ehm… è un momentaccio?” il rumore si spense immediatamente “Tom!! Ciao! Ehm… no! Ero- sono a casa! Stavo… lascia perdere: dimmi tutto!” “Senti, pensavo che si stanno avvicinando le 5 del pomeriggio.” “Un pensiero profondo!” lo prese in giro lei. Aprì la bocca per contrattaccare ma l’unica cosa che riuscì a fare fu sghignazzare “Comunque: ti va di uscire e rendere onore alle tradizioni?” “Mi stai chiedendo di andare a prendere il the?” “Sì! O di fare un giro da qualche parte!” “Non lo so Tom…” “Dai, sono le 2.30 del pomeriggio, è sabato… lascia giù l’aspirapolvere e usciamo!” Dall’altra parte della cornetta la ragazza non sapeva che ribattere, ma alla fine accettò “E va bene! Dove ci troviamo?” “Oxford Circus, fuori dalla fermata della metro!” “Sei un pazzo suicida, lo sai vero?” sentì la ragazza dire dall’altra parte del telefono “Perché?” “Perché è sabato pomeriggio, è Oxford Circus e ci sarà un macello allucinante!” “Meglio! Ci vediamo là per le 3.15! A dopo!” e riattaccò felice come una pasqua andando a cambiarsi.
Quando la vide uscire dalla fermata della metro sorrise. Aveva raccolto i capelli in una treccia a spina di pesce abbastanza spettinata e aveva indossato un vestito chiaro con dei disegni delicati di fiori, la gonna a ruota le arrivava al ginocchio e ai piedi aveva dei sandali aperti. La piccola borsa era a tracolla e sulla testa aveva gli occhiali da sole. Lo cercò strizzando gli occhi nella luce del sole di giugno e quando lo vide lo salutò agitando il braccio correndogli davanti “Spero di non averti fatto aspettare troppo!” “Stai tranquilla! Sono arrivato 10 minuti fa anche io! Ciao Sarah…” la salutò baciandole la guancia. “Tutto ok?” “Sì, tutto a posto!” le porse il braccio “Madame, oggi mi segue!” .
Quel pomeriggio camminarono tanto nel centro di Londra, tra vie e viuzze poco conosciute, quando ad un tratto la vide bloccarsi davanti ad un negozio nei pressi di Carnaby Street. “Che c’è?” le chiese prima di guardarla in faccia scoppiando a ridere “Ti preeeeeeego fermiamoci!!” gli disse guardando adorante la vetrina colorata che mostrava a chi era fuori una vetrina interna piena di dolci di ogni genere. “Va bene! Ma questi o i sandwich del the.” Fece finta di imporle, sapendo già la risposta. Senza esitazione lo prese per mano trascinandolo nella pasticceria. “Forza, Hiddleston. Offro io! Cosa vuoi?” gli chiese mangiandosi con gli occhi l’intera vetrinetta “Ehm… oddio, è difficile. Semplice o complicato?” “Io vado di semplice!” guardò il commesso dall’altra parte “Uno agli oreo, grazie!” Tom la seguì a ruota “Io uno al caramello salato, grazie mille!”. Dopo aver pagato uscirono dal negozio. Sarah lo guardava curiosa mentre aspettava che l’uomo addentasse il dolce. La guardò negli occhi prima di mordere, vedendole dipinta in viso la stessa espressione di aspettativa di un bambino, e quando le sue papille gustative entrarono in contatto con il cupcake esplosero “Cazzarola*!!” esclamò lui spalancando gli occhi mentre Sarah al suo fianco saltellava felice dando il primo morso al suo cupcake agli oreo.
Quando dovettero salutarsi le prese la mano, portandosela alle labbra “Sono stato davvero bene con te oggi.” La vide arrossire (o era il sole che tramontava?) e sentì un mormorio di risposta “Anche io…” “Senti, se un giorno dovessi invitarti fuori a cena, sarebbe un problema?” “Tom… io… ci sentiamo ok?” gli rispose sfuggente “Va bene... allora ci sentiamo!” “Ok, ciao Tom. Grazie mille per il pomeriggio!”.


Quando arrivarono, ad accoglierli fu il diretto interessato della minaccia. Dall’espressione si intuiva che era alquanto sconcertato nel vederli arrivare insieme “Ciao ragazzi! Tutto a posto?” “Tu le prendi.” Le sussurrò lei mentre lo abbracciava per salutarlo “Scusami!”. Si conoscevano da quando erano bambini. Sua madre e quella di Benedict si conoscevano grazie al lavoro (era una makeup artist) ed erano rimaste amiche… quindi lei e Benedict si conoscevano praticamente da una vita. Sophie arrivò chiamandola “Sarah!!!” “Sophie!!!” le corse incontro abbracciandola facendo attenzione al pancione che ora si vedeva bene. “Io ammazzo il tuo futuro marito e padre di tuo figlio, va bene lo stesso?” le disse facendola ridere “Vieni che ti accompagno alla stanza!”. Lasciarono i due uomini a vedersela tra loro, mentre prendevano l’ascensore “Allora, com’è andato il viaggio?” “Benissimo! Fino a quando scesa dal traghetto e ho incontrato Tom.” “Sapevi che ci sarebbe stato…” “Lo so, ma mi fa abbastanza effetto vederlo. Col fatto che facciamo due lavori differenti ho la fortuna di evitarlo praticamente ovunque, poi non abitiamo nemmeno vicini. Pensavo di essere preparata all’incontro ma a quanto pare è stata più pesante di quanto pensassi!” commentò lei togliendosi il cappotto “Dai, saranno solo due giorni… poi potrai non vederlo più!” “È stata una botta…”.
Erano passati giorni da quel pomeriggio passato in centro a Londra. Sarah era sfuggente nei messaggi, rispondeva a stento e se telefonava non rispondeva mai. L’unico modo sarebbe stato piombarle a casa inaspettatamente, ma non aveva il suo indirizzo. Sapeva che abitava a Notting Hill, ma non sapeva esattamente dove… “Ci sono!!!” prese il telefono e aspettò che l’amico rispondesse “Benedict!!” “Tom, che c’è?” “Dammi l’indirizzo di Sarah.” “Perché?” “Perché le devo parlare a quattr’occhi. Ho bisogno di parlare con lei!” dall’altra parte ci fu silenzio “State insieme?” “No, ma se non me lo dai potrebbe saltare il tuo sogno di vedere il tuo amico insieme alla tua amica!” “Oh cazzo! Te lo do subito!!”.
Prese la macchina e si buttò nel traffico londinese diretto verso Portobello Road facendo una deviazione dovuta. Quando arrivò all’indirizzo non era nemmeno sicuro che la casa fosse quella. Era tutt’altro che la classica casetta che si trovava in quelle zone. Facciata liscia e bianca, completamente impersonale. Il numero però corrispondeva. Suonò al campanello a lungo così, che si sentisse. “Arrivo!!!” sentì urlare dalle finestre aperte la voce inconfondibile di Sarah mentre un cane cominciava ad abbaiare.
La ragazza si era fiondata giù dalle scale per aprire la porta. Chiunque fosse si era attaccato al campanello e Juno aveva cominciato ad abbaiare: ci aveva messo un po’ per farla smettere. Guardò allo spioncino e vide i capelli ramati dell’uomo e due occhi azzurri che nervosamente si spostavano guardandosi attorno e il cuore le perse un battito. “Oh cavolo…” inspirò profondamente e aprì la porta. “Ciao Tom.” “Ciao Sarah… posso entrare? Ho una scatola di minicupcake di Crumbs and Doilies.” Le venne da sorridere e aprì di più la porta “Sali pure!”. Richiuse tutto prima di seguirlo su per le scale “Ah! Ti avviso, appena entri in cucina potresti beccare Jun- ecco.” Il cane cominciò ad abbaiare nella sua direzione correndo con le zampette sulle mattonelle rustiche del pavimento “Ciaaaao… ma sei un amore! È femmina?” “Sì, si chiama June!” gli rispose prendendo la scatola di cupcake e appoggiandola sul tavolo in mezzo alla stanza mentre l’uomo si abbassava a spupazzarsi il cane che in meno di due secondi cominciò a fargli le feste. “June, sei una venduta.” Per tutta risposta il cane si girò verso di lei e con espressione felice abbaiò una sola volta prima di tentare di leccare la faccia a Tom che ridendo si alzò facendole un’ultima coccola sulla testa. “Hai solo lei?” “No, ci dovrebbe essere Circe da qualche parte, ma si starà facendo i cavoli suoi. Ah, è un gatto.” “Capito! Ma Cersei o Circe**?” “No, Circe come la maga dell’Odissea… anche se avrei potuto chiamarla come il personaggio delle Cronache del Ghiaccio e del Fuoco: a volte è davvero una piccola stronzetta.” Tom ridacchiò per poi guardarla negli occhi. Sarah sentì una vampata di calore prenderle la bocca dello stomaco e un sapore strano in bocca ‘Aiuto’. Si voltò verso la scatola aprendola “Tom, guarda che non hai nulla da farti perdonare! Questi dolcetti sono almeno due dozzine!” “Lo so, ma era un modo per avere una scusa per parlare con te. Sei diventata sfuggente, non rispondi più alle chiamate e devo incrociare le dita per avere una risposta ai tuoi messaggi. Cos’ho fatto?” le chiese allungando la mano per prendere la sua. Giocherellò con le sue dita per qualche secondo prima di lasciarla andare e rivolgersi nuovamente verso la scatola “Nulla Tom… è che… mi sono spaventata.” Disse prendendo un piccolo cupcake alla vaniglia cominciando a togliergli la carta del pirottino “Spaventata?” “Sì… non ho mai avuto fortuna col genere maschile, poi sei arrivato tu e… è una motivazione idiota, lascia perdere. Prendine uno! Li hai presi tu, ci manca che non li mangi!” “Sarah…” la riprese dolcemente lui avvicinandosi e appoggiandole delicatamente la mano sulla guancia “Lo so cosa provi. Sono spaventato anche io: non ti conosco da tantissimo tempo, è vero, ma quando ci sentiamo sono felice, quando ci vediamo lo sono ancora di più. Quel pomeriggio poi è stato uno dei più bei giorni degli ultimi tempi e con te mi trovo davvero tanto bene… io sto bene quando sto con te. Vorrei conoscerti meglio Sarah…” le confidò non staccando lo sguardo dai suoi occhi verdi. Ora che la guardava così vicina notò pure delle efelidi sul naso e i particolari giochi di colore nell’iride “Porti le lenti a contatto?” le chiese di punto in bianco sbattendo le ciglia “Sì, sono dannatamente talpa. In realtà sono una quattrocchi!” gli rispose dando un morso al dolcetto per poi pensarci su e porgergli l’altra metà “Vuoi finirlo tu?” gli chiese arrossendo. L’uomo sorrise e accettò l’offerta, dandole prima un bacio sulla punta del naso “Mi presenti Circe?” “Certo! Sarà sicuramente in terrazza a prendere un po’ di sole!” “Hai una terrazza?? Ma si può sapere quanto guadagni coi libri che scrivi?” “Più di quanto possa gestire da sola! E sicuramente molto meno di te, attore dei miei stivali!”.


Vaniglia. Aveva finito l’estratto di vaniglia facendo l’ultima torta, ne era sicura. “Quasi quasi me lo compro…” si disse prendendo dallo scaffale la bottiglietta col liquido scuro cercando la data di scadenza “Prendi l’estratto e non la pasta?” le chiese una voce maschile facendola saltare sul posto e per poco non lasciò andare la presa sulla boccetta di plastica “Si può sapere perché mi tormenti?” gli chiese cercando di riprendere il più velocemente possibile il contegno “Perché dobbiamo passare il weekend nello stesso hotel, è un peccato non parlare un po’. E poi mi sono dimenticato il deodorante a casa, quindi è stato un caso beccarti qui!” le rispose l’uomo giocherellando col roll-on che aveva in mano. Sarah lo guardò alzando un sopracciglio per poi sospirare, scuotendo la testa, sorridendo “Sei sempre il solito... allora, hai finito di fare la spesa?” “Sì! Andiamo a pagare e poi facciamo una passeggiata?” le propose sorridendole “Va bene… rompiballe!”.
Si misero a passeggiare per la cittadina, fermandosi poi a prendere un caffè da portar via mettendosi poi a passeggiare lungo il porto “Stai scrivendo qualcosa in questo periodo?” le aveva chiesto Tom guardando soddisfatto il proprio caffè “Sì, sono in fase creativa: sto cominciando qualcosa di nuovo!” “Sempre gialli?” “Vedrai, sig. Hiddleston… vedrai!” gli aveva risposto lei con sguardo sornione per poi cambiare discorso “Finito di girare I Saw The Light?” “Sì, è stata una gran bella esperienza! Ho migliorato anche le mie capacità musicali: non farei più saltare il tuo gatto dal divano!” commentò causandole un incontrollato attacco di ridarola “È successo solo una volta!!” “Lo so, e non sai quanto ci sono rimasto male!” “Ma piantala che cantavi bene anche prima… dovrei ricordarti una certa esibizione con Bare Necessities? Hai mandato in visibilio presenti e internet!” “Eheheh… giusto.” Commentò visibilmente imbarazzato passandosi una mano tra i capelli “Ecco: quello non farlo.” Decretò lei puntandogli minacciosamente un dito contro “Cosa?” “Quello che hai fatto prima!” “Che ho fatto?!” “Il gesto alla ‘sono-un-figo-non-me-la-tiro-ma-intanto-mi-passo-la-mano-tra-i-ricci-e-distruggo-ovaie’. Ecco cosa non devi fare!” Tom scoppiò a ridere per poi rifare inconsciamente il gesto “AH!” “Non posso farci nulla! È inconscio!” rispose facendo spallucce, continuando a ridere. Sarah si mise una mano in faccia scuotendo la testa “Che devo fare con te? Eh?” non riusciva a rimanere seria “Ah non lo so, ma io continuo a farti ridere… e la cosa mi basta!” le disse guardandola dolcemente mentre lei distoglieva lo sguardo per evitare di fargli vedere quanto stesse arrossendo. Si sentì abbracciare e rimase bloccata.
Tom non ce la faceva più: doveva farlo e l’avrebbe fatto. L’abbracciò di scatto stringendola a sé e appoggiando la fronte sui suoi capelli, inspirando profondamente quel meraviglioso profumo che non sentiva oramai da troppi mesi. “Mi manchi troppo…” le sussurrò stringendola ancora di più a sé “Tom… non ce l’abbiamo fatta una volta, non ce la faremo una seconda…” gli rispose trattenendo disperatamente le lacrime “Invece sì, potremo farcela. Lo so che hai una paura tremenda e che non vuoi star più male, ma non credere che per me sia stata una passeggiata: sono stato male pure io… ogni giorno spero di svegliarmi e trovarmi te di fianco che dormi in una posizione sconclusionata o di trovarti in cucina, sveglia da tutta la notte, impegnata a buttar giù idee che ti sono venute in mente in un attimo di dormiveglia… mi manchi ogni giorno, e ogni giorno non c’è cosa che a fine giornata non ti racconterei.” Sarah si staccò dolcemente da lui: aveva gli occhi lucidi e le guance rosse, le labbra tremavano “Lo so Tom, ma non possiamo: i problemi che c’erano prima ci saranno anche adesso. Tu sei sempre via per lavoro, io praticamente lavoro a casa. Ci vediamo poco, molte volte c’è stato il fuso orario e oceani a dividerci, io ho i miei insormontabili difetti, ho sempre perennemente paura di combinare casini e ogni giorno che passava mi chiedevo che cosa ci trovasse uno come te in una come me… sono un’insicura, un’asociale e tu sei l’esatto opposto.” “Tu lo sai che è una stupidata, vero?” le disse sorridendo prendendole il viso fra le mani, gli occhi che cominciavano a diventare lucidi “Tom, sto cercando di autoconvincermi di non volerti più: non sei molto d’aiuto!” gli rispose mentre una risata si insinuava nella sua voce, facendo ridacchiare pure lui. Le appoggiò la fronte sulla sua “Vuoi pensarci?” “…Sì. Posso avere un po’ di tempo?” “Tutto quello che vuoi.”

Sophie aveva le lacrime agli occhi “Oddio, davvero?” “Sì, ma non cantare vittoria… e stai piangendo?!” “Sì! *snif* sono emozionata!! … e poi sono in balia degli ormoni della gravidanza: tra poco mi metto a piangere anche per la pubblicità della carta igienica! Passami un fazzoletto!” le disse allungando la mano mentre Sarah le passava l’ennesimo kleenex della giornata. “Quindi c’è una piccola possibilità che possiate tornare insieme?” “Non lo so Sophie. Cioè, mi piacerebbe davvero tanto, non lo nego, ma sarebbe come tornare indietro.” “Ma tu saresti felice!” “Lo so! Ma ti ricordi com’ero conciata quando stava via troppo tempo lontano da casa per girare continuamente film!”. L’amica le mise una mano sulle sue, guardandola comprensiva “Tesoro, lo so… anche a me manca disperatamente Ben quando sta lontano da casa per lavoro, ma poi quando torna è sempre tutto più bello. Poi a volte potresti seguirlo pure te! Dopotutto quando sei in fase creativa a te vengono idee in ogni dove! Ricordo quando ti sei chiusa in bagno a casa di Ben perché ti era venuta l’ispirazione per chiudere quel libro che stavi disperatamente tentando di finire decentemente: ti ricordo che quello è stato un best seller!” “Ahahahahaha me lo ricordo!!! Ogni tanto bussavate preoccupati!” “Ecco. Non puoi farlo in un parco? O in una stanza d’albergo? O ovunque ti capiti?” “Non è così facile…” “Eddai!!” “MA… potrei provarci.” La futura sposa ci mise un attimo per poi spalancare gli occhi e abbracciare stretta l’amica “AAAAAAAAAAAHHH!!!!” “Sophie, mi stai stordendo!” ridacchiò l’altra, chiusa nella morsa delle braccia della donna urlante “Chissene! Posso urlarmela quanto voglio!” esclamò cominciando a ondeggiare violentemente facendola ridere di gusto.
Si sedette sul suo letto, finalmente in camera sua. Le era stata assegnata una camera singola, la finestra era attaccata al letto e all’altezza del letto, quindi aveva deciso di farsi una tazza di the caldo e di guardare fuori, seduta sul davanzale interno. La notte era già scesa da un pezzo. Benedict avrebbe passato la notte in un hotel separato da Sophie (che comunque non soggiornava al Newport Quay) come tradizione voleva, così che si sarebbero visti solo la mattina dopo. Stava per godersi la prima sorsata quando bussarono alla porta. “Sì?” chiese avvicinandosi “Sono Tom!”. Sorrise e aprì la porta, trovandoselo appoggiato di sbieco allo stipite, la testa inclinata “Ti stai facendo del the?” “Ne vuoi una tazza?” “Certo!” entrò dandole un bacio sulla testa andando nell’angolino dedicato alle bevande dove il bollitore era ancora attaccato prendendo la tazza pulita e versandosi l’acqua “Bene… English Breakfast, Earl Grey, Bergamotto… il Dajeerling te lo sei già presa te…” da dietro di sé provenne una risata strozzata “…oddio, no, i frutti rossi no. Dovrebbero vietarli per legge. Va bè, andiamo di classico.” “Sei così inglese, Hiddleston.” Lo prese in giro lei sistemandosi comoda sul davanzale nel suo pigiama caldo. Tom si voltò “Ha parlato lei! Ah… è un pigiama classico! Pensavo di beccarti con uno dei tuoi onesie!” “Mi dispiace, quello di Totoro era da lavare!” lo rimbeccò facendogli la linguaccia godendosi poi la prima sorsata dalla tazza. Lo vide sedersi a gambe incrociate sul letto poco distante da lei “Domani si sposa Benedict…” commentò rivolgendosi più a sé stesso che alla donna. “Già… sembra ieri quando ci ha detto che l’avrebbe sposata…” gli rispose sorridendo alla tazza, ricordando la scena “Per non dire di quando ci ha avvisati che era incinta!” “Cavolo, davvero! Era agitato, ma così felice. Ha praticamente esaudito due dei suoi desideri più grandi nel giro di pochi mesi!” “E anche a me piacerebbe realizzarli…” le disse serio mettendole una mano sul piede. A Sarah si bloccò il sorso di the in gola. Cercò di sdrammatizzare la situazione “Se intendi farmi il solletico sul piede te lo vieto categoricamente: non ho intenzione di bruciarmi col the!” gli rispose con finta sufficienza. Tom ci mise meno di un secondo. Appoggiò la tazza al davanzale, fece lo stesso con quella della ragazza e la trascinò per i piedi verso di sé mentre se la rideva già della grossa “NO!!! TOM!! TI PREGO NO!!!” “Troppo tardi!! Questi piedi nudi chiedono disperatamente di essere torturati!” le rispose bloccandole le gambe con un braccio mentre con l’altra mano cominciava col solletico… e per Sarah non ci fu altro da fare che tentare di liberarsi tra il mal di pancia e le lacrime agli occhi. “TOM!!!! TOM!!! Dio ti prego smettilaahahahahahhaa!!!” “Assolutamente no! Sono mesi che non posso più farlo. Ora se permetti mi sto sfogando!” le rispose ridacchiando, impegnato a tenerle ferme le gambe “E dannazione smettila di muoverti come un’anguilla!” “Ma non ci penso neanche!! Ahahahahahahaha!! Smeeeeeeettilaaaaaa!”. Si tirò su a sedere cercando di liberarsi dalla morsa d’acciaio dell’uomo quando si trovarono seriamente vicini. Entrambi il respiro corto, si guardarono negli occhi “Ciao addominali d’acciaio.” La salutò lui sorridendo “Ehi, non denigrare la mia ciccia!”. Le prese il viso tra le mani “Sophie mi ha mandato un messaggio…” le disse sorridendo, facendola rimanere a bocca aperta “… ma che stronza! Ecco perché sei qui!” “Se faccio qualcosa mi becco un ceffone?” “Stai morendo dalla voglia, eh?” “Perché, tu no?”. Gli sorrise prendendogli la maglietta e tirandolo verso di sé, mentre lui l’abbracciava stretta, non lasciandola andare.

I primi raggi del sole colpirono Tom sul viso, disturbandolo dal suo sonno profondo. Tentò di lamentarsi ma il cervello non era ancora collegato e gli uscì dalle labbra solo un mugolio indistinto. Si passò la mano sinistra sul viso, cercando di aiutare gli occhi ad aprirsi di più. Non appena riuscì nell’impresa titanica di riattaccare la spina del cervello alla realtà abbassò lo sguardo verso la matassa di capelli scompigliati alla sua destra. Tentò di recuperare la mobilità del braccio destro ma constatò che era intrappolato sotto il corpo della ragazza. Sorrise e si voltò verso di lei cercando delicatamente di spostarlo: inutile dire che era completamente informicolato. Sarah stava dormendo della grossa: i capelli castani erano completamente scarmigliati, le labbra erano socchiuse, la guancia sinistra appoggiata al cuscino era schiacciata e il tutto la faceva sembrare una bambina. Le accarezzò i capelli, dandole un bacio sulla fronte “Ehi…” la chiamò dolcemente, facendola sorridere nel sonno. “Sarah…” la chiamò nuovamente, ma quella volta si girò mugugnando, voltandogli le spalle e facendolo scoppiare a ridere. Dall’altra parte provennero dei suoni non comprensibili “Cosa?” “Voglio dormire ancora un po’…!” si lamentò la ragazza coprendosi la testa col cuscino, rannicchiandosi ancora di più. Tom guardò l’orologio “Sono le 7.42… dobbiamo essere pronti per le 10.30 che la macchina poi ci deve portare alla chiesa!”. La sentì sbuffare rumorosamente per poi voltarsi sulla schiena, schiacciandolo per metà “Sei un rompiballe.” “Buongiorno bell’addormentata!” “Fottiti.” Gli rispose alzandosi a fatica dal letto. Tom la seguì “Facciamo la doccia insieme?” le propose sapendo già la sua risposta “Non ci pensare nemmeno!”. Lo prese per le spalle e lo mise alla porta “Ci vediamo dopo!” “Ti aspetto tra una mezz’oretta giù a colazione!” le disse prima di prenderle il viso e baciarla. “Mi sei mancata…” le sussurrò prima di darle un nuovo bacio sulla punta del naso facendola sorridere. “A dopo!” lo salutò sorridente tirandogli una pacca sul sedere. Chiuse la porta, appoggiandosi al muro. Era tornato tutto come prima e, forse, era anche meglio.

* Sinceramente mi ero immaginata un fantastico "Holy Shit!", quindi "Cazzarola!" mi è sembrato il modo più giusto per tradurlo :)
** Questa l'ho scoperta mentre la scrivevo. A quanto pare Circe e Cersei in inglese hanno la stessa pronuncia /ˈsɜrsiː/ - sono in presabenaggine XD
   
 
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