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Autore: lovingbooks    06/05/2015    2 recensioni
Jack sapeva di amarla. Lo sentiva nel profondo del suo cuore ed era consapevole che non l'avrebbe mai lasciata, nemmeno in un milione di anni. Merida avrebbe fatto di tutto per lui, nonostante le paure che provava. E sapeva che l'avrebbe amato ogni giorno di più e che sarebbe sempre tornata tra le sue braccia.
[Jarida | Modern!AU]
Genere: Fluff | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Jack Frost, Merida
Note: AU | Avvertimenti: nessuno
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“Jack sapeva di amarla.
Per lui le urla, gli schiaffi, gli insulti non erano mai abbastanza. Avrebbe fatto di tutto pur di stringerla tra le sue braccia. Solo che lei non era lì. E, d’accordo, loro si lasciavano e tornavano insieme ogni volta. Questa, però, era diversa.
Lui sapeva di averla fatta infuriare.
Quando litigavano, lei non lo picchiava mai. Eppure si era ritrovato con il segno di una mano in viso.
Quando litigavano, lei andava semplicemente da Rapunzel e lui da Hiccup. Eppure lei aveva fatto le valigie ed era uscita dalla porta.
Quando litigavano, lei si perdeva tra le lacrime e lui si ubriacava. Eppure, questa volta, era lui che si era seduto a piangere in casa, al buio, da solo.
La loro litigata lo aveva distrutto, com’era possibile averla fatta arrabbiare così tanto? Lui aveva solo cercato di proteggerla, quando erano entrambi al bar e un ragazzo stava cercando di baciarla. Aveva fatto il suo dovere da fidanzato. O almeno, così credeva.
Infatti Merida non la pensava come lui. Non appena usciti dal bar si era messa a urlargli contro cose di ogni genere, perché lei sapeva difendersi da sola, e lui, ovviamente, aveva risposto a tono. Erano passati da “Io sono il tuo ragazzo è ho il dovere di proteggerti” a “Jack, non ti fidi di me” a lui che l’aveva offesa, dicendole che aveva sbagliato a mettersi con lei. E poi era tutto precipitato: lei gli aveva tirato uno schiaffo in pieno viso, lui si era seduto sul letto, sconvolto, mentre la guardava gettare furiosamente i suoi vestiti in una valigia e andarsene.
Il giovane, comunque, non capiva: cosa aveva fatto di sbagliato? Quello era la loro solita sfuriata. Lui le diceva sempre che non avrebbe dovuto mettersi con uno spirito libero come lei, e lei rispondeva che non doveva mettersi con un bambino come lui. E poi entrambi se ne pentivano e, il giorno dopo, si gettavano tra le braccia dell’altro.
Cosa c’era di diverso? Assolutamente nulla, dal suo punto di vista.
Rimase ad autocommiserarsi per tutta la notte, con la speranza che il giorno dopo Merida rientrasse, con i capelli disordinati, urlandogli che lo amava.
 
Solo che non successe.
 
Aveva iniziato a preoccuparsi già dal secondo giorno. Aveva chiamato tutte le persone da cui poteva andare, ma Rapunzel gli aveva detto di smettere, che la rossa stava bene e doveva solo aspettare. E così fece: aspettò.
 
Aspettò per due lunghi mesi. Ogni mattina preparava la colazione per due, nel caso lei rientrasse e avesse fame, passava la giornata al lavoro con il telefono acceso, nel caso lei chiamasse, e le notti stava sul divano, nel caso lei tornasse e volesse dormire da sola. Per due lunghissimi mesi non successe nulla e Jack stava iniziando a sentirsi uno stupido, ma non perse mai la speranza: si fidava di lei e, dentro di sé, sentiva che sarebbe ritornata da lui.
 
Così non fu per niente sorpreso di trovarsela sul portico di casa, al rientro dal lavoro. Dovette trattenersi dall’abbracciarla e dal sentire il suo profumo, dal baciarla. Lei non aveva alzato lo sguardo, ma sapeva che era lì. E il ragazzo, semplicemente, si sedette accanto alla rossa. Rimasero in silenzio per un po’, lui voleva darle tempo per parlare e lei stava radunando il coraggio per farlo. Jack aveva sempre avuto pazienza nei suoi confronti. Purtroppo, non seppe cosa fare quando lei scoppiò a piangere davanti a lui. Doveva abbracciarla? Doveva consolarla?
 
Fortunatamente non servirono delle risposte, poiché lei posò la testa sul suo petto. Si fece accarezzare i capelli e baciare la testa. Lui le stava dicendo, con quei tocchi, che aveva sentito la sua mancanza, che stava bene solo grazie a lei. E questo Merida lo sapeva, perciò le sue lacrime non fecero altro che scorrere più velocemente. E Jack non capiva. La rossa non era mai stata debole, non aveva mai pianto di fronte a lui, a meno che non fosse successa una cosa grave. Cosa significava? Non aveva una risposta e fu obbligato ad aspettare che la ragazza si calmasse, prima di riceverne una.
 
“Jack…” iniziò lei, mentre si asciugava il viso bagnato con la manica della sua felpa.
 
Lui la guardò e gli si spezzò il cuore quando notò i suoi occhi rossi, ma prese un respiro profondo e puntò lo sguardo nel suo, per farle caprie che stava ascoltando.
 
“Mi dispiace, non so cosa mi è preso…Voglio dire, so cosa mi è preso. Solo che tu mi hai mandato in confusione!” esclamò lei, quasi urlando.
 
Jack non le rispose, non voleva litigare. Non dopo che era stata via così tanto. Stette semplicemente in silenzio, con un’espressione colpevole in volto, attendendo che continuasse.
 
“Volevo dirtelo subito, ma ora sono qui a farlo dopo due mesi…E non osare incolparmi! È una notizia così meravigliosa...Dobbiamo fare un sacco di preparativi!” disse, con una voce esaltata, iniziando a dire un sacco di frasi sconnesse tra di loro che riguardavano cambiamenti alla casa e nuove compere.
 
Lui proprio non capiva. Per questo fu costretto a mettere le sua mani fredde sulle guance della rossa, che ormai erano diventate rosse e calde.
 
“Merida, una cosa per volta. Vuoi dirmi la notizia?” le disse lui, mentre avvicinava il viso al suo, incapace di resistere alla loro attrazione.
 
Gli occhi di lei si illuminarono e misero il rossore di poco prima in secondo piano. E forse Jack aveva capito cosa voleva dirgli.
 
“Sono incinta!” urlò lei più volte, nonostante non ci fosse nessuno a sentirli.
 
Lui sentì il suo cuore scoppiare: presto ci sarebbe stato un bambino uguale a lei, o a lui, a cui insegnare a giocare a calcio. Oppure ci sarebbe stata una bambina, uguale a lui, o a lei, che avrebbe potuto proteggere e difendere.
 
La felicità fu così travolgente che non riuscì a trattenersi più. Si gettò sulle labbra di Merida e la baciò con passione. Lei ricambiò senza nemmeno pensarci. In quel bacio si dissero tutto quello che c’era da dire. Era un bacio che sapeva di perdono, di promesse da mantenere e di speranze. E a Jack non importarono più i due mesi passati senza di lei, perché aveva ricevuto la giusta ricompensa per la sua attesa. E non poteva desiderare di meglio.
 
 
 
Era una giornata calda fuori. Jack stava pitturando quella che sarebbe stata la camera di sua figlia –o di suo figlio, non si erano fatti dire il sesso del nascituro. Aveva usato un azzurro cielo per dipingere il tetto e aveva aggiunto delle nuvole qua e là e anche un sole fatto di carta, così il bambino non avrebbe mai avuto paura di essere rinchiuso, ma avrebbe provato una sensazione di costante libertà. Sulle pareti, invece, aveva chiesto a Rapunzel di disegnare degli animali, o una foresta. Solo che alla fine la bionda aveva deciso di fare di testa sua e si era messa a disegnare castelli, principesse con principi e delle lanterne. Non aveva voluto chiederle il significato dei suoi disegni.
 
L’esclamazione di sorpresa di Merida, alle sue spalle, lo riportò alla realtà. Lei non aveva idea di come sarebbe stata la camera, ma sembrava piacerle. Così il ragazzo sorrise, quando si girò a guardare la sua fidanzata. Ormai era all’ottavo mese e la sua pancia cresceva, ma era comunque bellissima. Ora stava portando una vita, una vita che avevano creato insieme, in grembo e lui non poteva chiedere di più. Solo che non sapeva quello che stava per succedere in quel momento.
 
“Jack, è bellissima!” esclamò lei, guardandosi intorno.
 
“Lo so, rossa. Ho idee fantastiche, non trovi?” le disse, facendo un ghigno divertito.
 
Lei liquidò la cosa con un gesto della mano, ma poi si girò verso di lui. Il giovane notò il lieve rossore che era comparso sulle guance di Merida e fece un’espressione interrogativa. Servì solo a farla arrossire ancora di più.
 
“Sai, stavo pensando…Tra poco avremo un figlio, giusto? Ci conosciamo da quando siamo nati, praticamente e usciamo insieme dal primo anno delle superiori, conviviamo da quando abbiamo iniziato l’università…” disse lei, mentre l’espressione di Jack non faceva altro che sembrare più confusa.
 
Alla faccia del ragazzo la giovane sbuffò, pestando un piede a terra, ma subito dopo riprese il suo discorso.
 
“Sì, insomma…Io ti amo. E tu ami me, esatto?” gli chiese e lui annuì.
 
“Beh, quindi abbiamo tutte le carte in regola per…” disse lei, sperando che il ragazzo dai capelli bianchi continuasse, ma lui si sentiva come un bambino a cui spiegavano per la prima volta le addizioni.
 
“Diavolo, Jack!” urlò lei, per poi aggiungere, senza smettere di gridare: “Vuoi sposarmi?”.
 
Jack rimase sorpreso, gli aveva appena chiesto di sposarla? Lei gli aveva fatto quella proposta? Cavolo, quanto era stato stupido! Le si avvicinò e solo quando fu a pochi centimetri dal suo viso, prese a parlare.
 
“No” le disse, mentre il viso di Merida si stava contraendo in un’espressione triste. Lui sapeva che stava per scappare di nuovo, così riprese velocemente a parlare: “Voglio dire, non così. Il mio è un sì, solo che vorrei chiedertelo io. So che sei indipendente e rivoluzionaria, che non stai mai alle regole, ma possiamo stare a questa regola?” le chiese.
 
Lei annuì, sorpresa, ma con il cuore che batteva all’impazzata, e così si baciarono.
 
Quel bacio non durò molto, però. Perché Jack stava indietreggiando sino al muro, portando Merida con sé, quando mise un piede dentro il secchio pieno di vernice, schizzando la ragazza. E allora iniziò una vera e propria battaglia: i suoi capelli da bianchi divennero azzurri, mentre Merida era ricoperta da capo a piedi di azzurro. Più avanti risero come matti.
 
 
 
Lui le chiese davvero di sposarla, un mese dopo. Le chiese un appuntamento, proprio come aveva fatto prima di mettersi insieme a lei. Merida aveva riso di gusto, prima di dirgli di sì. E allora lui la portò in autobus a fare un giro per il centro, di mattina, mentre si tenevano per mano e facevano volare i piccioni che erano rimasti in piazza. A pranzo mangiarono in un fast food e lui le fece notare che si era sporcata in viso. Lei prima diventò rossa, poi gli tirò un tovagliolo in faccia. Lui non poté fare a meno di ridere, nonostante tutta la gente lo guardasse di traverso. Il pomeriggio la portò in giro per il parco, mentre teneva un braccio intorno alle sue spalle e le diceva cose divertenti. Le aveva anche raccolto una margherita dal prato e l’aveva messa tra i suoi capelli. Cenarono con un hot dog preso da un carrettino nel parco, mentre andavano verso il cinema, dove avrebbero trascorso la serata. Una volta lì, lui le pagò il biglietto e le comprò i popcorn, che mangiarono insieme, mentre le loro dita si sfioravano e ad ogni tocco lui sorrideva. Finito il film, a cui non avevano prestato molta attenzione in quanto erano entrambi troppo occupati a tenersi la mano o a sorridere o a commentare il trucco degli attori, uscirono dalla sala. Avevano passato tutto il giorno mano nella mano, ma nessuno dei due si lamentava. Quando uscirono, c’era già buio e la luna era alta nel cielo. La trascinò su una carrozza, che li portò in un parco privato, che lui aveva affittato solo per loro due. Il cocchiere li lasciò da soli e Jack si trovò in imbarazzo. Voleva che fosse tutto perfetto: aveva ricreato il loro primo appuntamento e Merida se ne era accorta.  Solo che lei non sapeva spiegarsi quella tappa in più. Si chiedeva cosa volesse fare.
 
“Vedi…Ecco…Uh…” iniziò lui, portandosi una mano dietro la nuca e cercando di coprire il rossore delle sue guance.
 
Lei alzò un sopracciglio con aria interrogativa e lui fu costretto a continuare, ma prima si mise in ginocchio. Allora lei aveva capito tutto e stava per piangere di gioia, ma lo lasciò parlare comunque.
 
“Io ti amo. E sembra proprio il momento giusto per formare una famiglia. Tra poco avremo un figlio o una figlia. Credo che dire di essere fidanzati non basti più, ormai. E poi desidero da tanto tempo che tu diventi ufficialmente la donna della mia vita, perché già lo sei. Sei l’unica donna della mia vita e non potrei desiderare di meglio. Quindi, Merida Dunbroch, vorresti diventare mia moglie?”.
 
Non aveva mai spostato lo sguardo dai suoi occhi, mentre parlava, e lei poi si inginocchiò davanti a lui e gli riempì il viso di baci, prima di urlargli che lo voleva sposare. E, quando le loro labbra stavano per scontrarsi, lei lanciò un altro grido. Questa volta, di dolore. Jack, inizialmente, non capì. Poi vide dell’acqua a terra. Guardò Merida, domandandole, con gli occhi, se era ora. Lei annuì. Il ragazzo non esitò un attimo in più e chiamò un taxi e, mentre Merida saliva dolorante sul retro della macchina, lui pagò il cocchiere e la seguì alla velocità della luce. Dissero al taxista che stavano andando all’ospedale e di fare in fretta. La ragazza si teneva la pancia e si vedevano alcune goccioline di sudore che le scendevano dalla fronte, era diventata rossa per lo sforzo. Lui poté solo prenderle una mano e sussurrarle parole di conforto. Quando arrivarono all’ospedale, dopo aver maledetto mentalmente tutto il traffico che avevano trovato, i dottori la presero subito, la fecero stendere su un lettino e la portarono in una stanza. Jack la seguì e non smise nemmeno per un attimo di stringerle la mano, nonostante la sua stretta stesse diventando davvero troppo forte. Le teneva una mano quando aveva iniziato a spingere, mentre con l’altra le toccava i capelli, cercando di darle il conforto necessario. E poi i dottori gridarono “Vedo la testa!”. Il ragazzo quasi svenne, ma doveva fare forza a Merida e così si trattenne. La ragazza in questione, d’altro canto, spingeva con tutta la forza che aveva in corpo e solo dopo svariate spinte, uscì un piccolo bambino. Jack lo prese in braccio, mentre lei si buttava sul letto, ricominciando finalmente a respirare.
 
“Merida, Merida!” le urlò Jack, eccitato, mentre aveva in braccio il bambino, o la bambina.
 
Lei posò semplicemente lo sguardo su di lui e ciò che vide le riempì il cuore: lui stava tenendo in braccio quel piccolo, che gli stava toccando con la mano il dito indice.
 
“È una bambina, Merida!” le disse, ancora troppo esaltato, non voleva ammetterlo, ma stava per piangere di gioia.
 
“Così sarai l’unico uomo di casa, Jack Frost” sussurrò lei, con un sorriso stampato in volto.
 
Jack pensò che, dopotutto, aveva due donne nella sua vita.
 
“E come la chiamiamo?” disse a Merida.
 
La ragazza storse il naso: non aveva ancora pensato ad un nome. Non sapeva quale andasse bene.
 
“Cosa ne pensi di Davina*? Così sarà amata” gli rispose alla fine in un sussurro, ancora molto stanca.
 
“E Leitis**? Così sarà felice” le rispose lui, e lei, semplicemente, sorrise.
 
 
 
Si sposarono circa dieci mesi dopo, perché tra il bambino, il sonno perduto e il lavoro non sapevano proprio come fare prima. Si sposarono esattamente il 27 luglio. Era una giornata mite: non faceva troppo caldo e nemmeno troppo freddo. Avevano previsto che ci fosse stato un forte vento, ma in realtà fu tutto calmo. Anche il tempo concordava con la loro unione. Jack la stava aspettando in chiesa, Hiccup al suo fianco. Mancavano pochi momenti e sarebbe comparsa dalle porte della chiesa. Era nervoso e gli sudavano le mani, ma non sapeva spiegarsene il motivo. Poi le porte si aprirono ed entrarono due bambine dai capelli rossi, forse cugine di Merida, poi Rapunzel, in un vestito viola, con i lunghi capelli legati in una treccia –fu sicuro di aver sentito Hiccup sospirare beato, quando l’aveva vista. Entrò anche la sposa, per ultima, a braccetto con suo padre. Quando posò lo sguardo su di lei, pensò che sarebbe davvero svenuto. Gli mancava il fiato: indossava un lungo abito bianco, senza spalline, che risaltava ogni sua curva e che, per quanto semplice, era unico. Indossava, sulle spalle, uno scialle bianco, che gliele copriva. Aveva, per la prima volta nella sua vita, pettinato i suoi capelli in modo tale che non andassero da tutte le parti. In più aveva le gote rosse, probabilmente perché non era abituata ad essere osservata da così tanta gente. Eppure sorrideva ad ogni persona che conosceva. E ogni volta che lo faceva, Jack perdeva un anno di vita. Quando finalmente gli fu accanto, gli disse di chiudere la bocca. Allora lui si imbarazzò e si girò impacciatamente verso il prete. Verso la fine delle funzioni, entrambi avevano dovuto scambiarsi le loro promesse. E solo allora lui notò i suoi occhi: grandi, di un colore verde acqua e felici. Più felici di quanto lui potesse mai immaginare.
 
“Prometto di amarti, Jack Frost, come se non ci fosse un domani. Prometto di non urlarti contro ogni volta e di essere in grado di farmi amare da te. Prometto di non vietarti di essere ciò che sei” disse Merida, facendo sorridere Jack, che poi prese parola.
 
“Prometto di amarti ogni giorno come se fosse il primo, di non perdere la passione. Prometto di cambiare i pannolini a notte fonda, di essere la spalla su cui puoi piangere quando sei triste. Prometto di fidarmi di te e di far in modo di meritarmi la tua fiducia. Prometto di esserti accanto ogni giorno, in salute e in malattia, nel bene e nel male. Prometto di non arrabbiarmi per le piccole cose e di trattarti come meriti”.
 
Lei si era quasi messa a piangere, nonostante Jack sapesse di non aver detto granché: entrambi non erano così bravi con i sentimenti. E, quando il prete disse che poteva baciare la sposa, lui non esitò un altro minuto.
 
Quella stessa sera, dopo aver cenato e ballato con parenti e amici, l’aveva riportata a casa –insieme a Davina– e l’aveva presa in braccio, prima di varcare la porta, nonostante abitassero in quella casa da ormai otto anni e non era cambiata di una virgola.
 
La loro Luna di Miele aveva aspettato il primo compleanno della loro piccola bambina, così che potessero lasciarla dai genitori di Merida e avere una settimana di pace, tranquillità e tanto amore.
 
Davina nel frattempo cresceva ed assomigliava sempre di più a Jack: aveva dei capelli ricci e bianchi e un carattere uguale a quello del padre. Gli occhi, invece, erano quelli verde acqua di Merida, e Jack non poteva esserne più felice.
 
Più avanti, quando Davina aveva circa otto anni, ebbero un secondo figlio: un maschio, che decisero di chiamare Jamie. E lui ben presto mostrò di avere il carattere testardo della madre, così come aveva i suoi capelli rossi e ricci. Gli occhi erano del padre e Merida aveva una stretta al cuore ogni volta che lo vedeva.
 
E vissero tutti felici e contenti” disse una signora anziana, mentre si toccava la collana di perle.
 
“Nonna, voglio sentire altre storie su Merida e Jack!” si lamentò una bambina, davanti a lei, che aveva gli occhi di un azzurro scintillante.
 
L’anziana signora sorrise alla nipotina e le posò una mano sulla guancia.
 
“Sarà per la prossima volta, Meribeth” le disse, baciandole la fronte.
 
La bambina si lamentò ancora e sua nonna fu costretta a prometterle di rispondere a tre domande.
 
“Merida e Jack sono i tuoi genitori, quindi sono i miei bisnonni?” domandò.
 
L’anziana annuì, curvando le labbra in un sorriso che racchiudeva tutta la sua nostalgia.
 
“E mi racconterai altre storie su di loro?” chiese di nuovo.
 
Davina annuì, mentre si alzava dal letto e andava alla porta, pronta a dare la buonanotte a sua nipote.
 
“No, nonna, aspetta!” esclamò Meribeth “Ho ancora una domanda”.
 
La donna si appoggiò allo stipite della porta con stanchezza, ma la esortò a farla.
 
“Dove sono ora loro due? Posso incontrarli?” chiese, con una voce speranzosa.
 
Gli occhi verde acqua di Davina scintillarono, ma dovette scuotere la testa, così rispose: “Sono in un posto molto più bello e passano i loro giorni insieme, come una volta. Non si lasciano mai. Lei lo ama ancora come se non ci fosse un domani e lui la ama ogni giorno come se fosse il primo. Si urlano contro, qualche volta. Sai, quando senti i tuoni durante i temporali? È il cielo che assiste alle loro liti. Però lui la tratta come merita e fa di tutto per lei, così come lei per lui”.
 
La bambina sorrise a sua nonna e poggiò la testa sul cuscino, pronta, finalmente, per dormire.
 
“Buonanotte, Meribeth” le disse, mentre usciva dalla stanza.
 
 
 
Nel frattempo, fuori dalla finestra della piccola camera, due figure stavano osservando la bambina che dormiva. Si tenevano per mano: erano un ragazzo e una ragazza, che aveva una massa imprecisa di capelli. Non appena Davina uscì dalla stanza, lui si era girato verso la ragazza al suo fianco e le aveva sussurrato: “L’abbiamo cresciuta bene, Merida”.
 
La rossa annuì e sorrise, con gli occhi lucidi: “Ti amo come se non ci fosse un domani, Jack” gli disse, prendendolo di sorpresa.
 
Lui si voltò verso di lei e curvò le labbra in un sorriso: “Ti amo come se fosse il primo giorno, Merida”.
 
E poi le sue labbra toccarono le sue, in un bacio che andava oltre la comprensione umana: un bacio che esprimeva la loro felicità, la loro unione e, soprattutto, il loro amore.
 
*Davina nome Scozzese che significa amata
**Leitis nome Scozzese che significa felice
 
 

ANGOLO AUTRICE
Buongiorno gente! Mi ritrovo a rovinare questo fandom un'altra volta, con una os. Però è la Jarida e qualcuno me lo perdoni...Io amo questi due ragazzi! E niente, spero vi sia piaciuta e di aver fatto una cosa originale (non è vero, non faccio altro che riprendere cliché su cliché). Detto questo, lasciatemi una recensione per sapere cosa ne pensate, se vi va! 
  
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