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Autore: Steelberry    08/05/2015    0 recensioni
Mentre mi abbandono a quel poco di sollievo appena trovato, mi rendo conto di qualcosa. Un suono, in lontananza, penetra nella massa ovattata che mi circonda. Una raffica di spari. Di arma semiautomatica.
Ricognitori.

Tante cose possono spingere gli uomini a combattere. L'onore, la gloria, la più brutale sete di sangue. O la ricerca della libertà.
È ormai chiaro che l'anno 526 E. N. passerà alla storia come il tempo in cui la Rivoluzione dilaniò Gehemnia. Ma il suo esito deve ancora essere scritto.
***Storia temporaneamente interrotta***
Genere: Guerra, Science-fiction | Stato: in corso
Tipo di coppia: Nessuna
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Centro di Comando
Gehemnia
19 Set 526 E. N.
Ore zero-nove-due-cinque

Il luogo era una sorta di magazzino di stoccaggio, un enorme capannone nella cui semioscurità si erigevano interminabili pareti di container. La poca luce filtrava attraverso una serie di sporchi lucernari allineati al centro dell’arco del soffitto, e si spartiva in fasci attraverso l’aria densa di polvere. Vistose travi metalliche sorreggevano lo scheletro dell’edificio, appena distinguibili dietro le casse stipate a creare dei corridoi in mezzo alla merce stoccata.
Non si sapeva cosa ci fosse dentro quelle casse, né perché si trovassero abbandonate in un magazzino.
L’unica cosa certa era che il luogo pullulava di x-ray, e andava ripulito.
X-ray era il termine con cui si indicava ogni possibile minaccia. Potevano essere Ribelli, Miliziani o Ricombinati, come venivano definiti i Ricognitori catturati e riprogrammati dai Ribelli, non aveva importanza. Qualunque cosa i soldati si fossero trovati davanti, quel qualcosa avrebbe dovuto cessare di esistere nell’immediato futuro.
Menalca alzò silenziosamente il braccio sinistro, richiamando l’attenzione del resto della squadra dietro di sé. Con un ampio gesto della mano fece cenno agli altri di attivare la maschera tattica. La quantità di polveri rendeva l’aria irrespirabile, e da lì a poco sarebbe certamente volata qualche flashbang e granate ADS, quindi meglio offrire quanti meno centimetri di pelle scoperta.
Una leggera pressione sul lato dell’elmetto, e dal bordo inferiore del cappuccio della tuta da battaglia si generò una protezione facciale che andava a unirsi con il visore, creando una sacca d’aria a tenuta stagna davanti a naso e bocca.
Si voltò a controllare la squadra. Tutti avevano attivato l’equipaggiamento ed erano tornati a impugnare le armi. I cinque soldati tennero la posizione, nervi tesi al massimo e fucili d’assalto VK7 Mockingbird puntati.
Nei corridoi formati dalle torri di container gli spazi erano veramente angusti per l’azione di un’arma da fuoco. Data la distanza più che ravvicinata, i fucili a concentrazione di energia sarebbero risultati troppo ingombranti e la cadenza di fuoco troppo bassa. Tra l’altro, il loro vantaggio principale, cioè assenza di caricatore e disponibilità di colpi pressoché illimitata, non sarebbe stato minimamente d’aiuto. Non era necessario sviluppare grandi volumi di fuoco in spazi tanto ristretti. Alla luce di questo, il Mockingbird era ragionevolmente l’arma più adatta, essendo incredibilmente leggero ed efficace a corto raggio.
La pattuglia cominciò ad avanzare nella penombra.
Menalca era il point-man dell’operazione, ovvero il soldato in posizione più avanzata. A distanza di qualche metro, dietro di lui, Nosh, Gaz e Carter gli avrebbero fornito copertura mentre, ancora più arretrata, Alya fungeva da retroguardia.
La maschera antigas era una vera cripta. Sentiva il suo stesso respiro rimbombare, assordante, nelle orecchie. Si sforzò di mantenere la concentrazione. Camminava lentamente, la schiena leggermente inarcata, il calcio del Mockingbird premuto contro la spalla. Senza produrre il benché minimo rumore si guardava intorno, scrutava, ispezionava con lo sguardo ogni singolo anfratto o angolo oscuro. Gli x-ray potevano essere ovunque. Scacciò dalla mente ogni altro pensiero. Ma non era facile.
– Manifestata incapacità – aveva commentato il generale Harigs, dopo la scadente azione della notte precedente – Ecco come potrei riassumere. Manifestata incapacità. E sappi che ho sollevato dal servizio per molto meno.
Menalca non aveva neppure osato replicare. Non c’era molto da dire. Si era limitato a restare sull’attenti con l’aria più marziale che potesse mostrare di fronte a un superiore.
– Ci siamo coperti di vergogna. È stata un’umiliazione per l’intero corpo di guardia di Gehemnia. Voi dovreste essere il Reparto d’Élite, il fiore all’occhiello della nostra difesa, i soldati più micidiali che abbiano mai messo piede in città. E invece? Invece siete riusciti a stento a impedire che un branco di sbandati facesse irruzione nei Cancelli! E tutto questo mandando a farsi fottere mezza guarnigione di Ricognitori!
Fece una pausa per riprendere fiato.
– Guarda qua! – aveva ripreso, alzandosi di scatto dietro la scrivania e afferrando un foglio che vi giaceva sopra in mezzo a una montagna di carte – Sai cos’è questa? Eh? Dimmi, sai cos’è?
– No, signore.
– È un’ufficiale lettera di biasimo, ecco cosa! E indovina un po’ di chi è la firma in fondo? Oh, pensa, del Presidente! L’avresti mai detto? Il Presidente in persona vuole complimentarsi per la vostra brillante azione! Ne sarete orgogliosi, spero.
– L’importante è che i Ribelli siano stati respinti – aveva osato rispondere Menalca. Per poi pentirsene immediatamente.
Harigs si era bloccato di colpo.
– Stammi bene a sentire – aveva sibilato a denti stretti, appoggiandosi con le nocche sulla scrivania. Sembrava sul punto di esplodere, e il fatto che si stesse sforzando di mantenere un tono quasi calmo non era per nulla rassicurante – Credo che tu sappia a chi spetta decidere cosa è importante e cosa no. Ti do un indizio. Si trova in questa stanza. E non risponde al nome di capitano Menalca. Fossi in te cercherei di tenerlo a mente.
– Certo, signore.
– E ora sparisci.
– Grazie, signore.
Harigs aveva pienamente ragione, questo Menalca lo riconosceva. Anche se erano riusciti a evitare perdite umane, i danni alle squadre di Ricognitori costituivano un serio pericolo. Con i plotoni di tipo B e C quasi del tutto distrutti, i Ricognitori base tipo-A e i droni di sorveglianza tipo-F erano l’unica difesa nell’immediato futuro. Ma se Ribelli e Miliziani avessero sferrato un attacco, anche quell’ultimo baluardo sarebbe stato spazzato via, e tutta Gehemnia avrebbe fatto affidamento sui soli uomini delle Squadre d’Attacco. La situazione era critica…
– Menalca! – la voce di Nosh lo strappò dai suoi pensieri, mentre alla sua destra il puntamento laser di un Ricombinato saettava nell’aria densa di fumo. Istintivamente si gettò contro la parete del container più vicino, e aprì il fuoco sfruttando la copertura che le casse riuscivano a offrirgli.
L’assordante rimbombo di una raffica, una violentissima scarica di proiettili, e il Ricombinato si accasciò per terra, la struttura metallica completamente crivellata.
Respirando affannosamente in quella fornace di maschera tattica, Menalca portò una mano al cinturone tattico, afferrò un caricatore e lo serrò nell’incavo sotto la canna. Non poteva più permettersi distrazioni.
Fece un cenno al resto del gruppo. Bisognava andare avanti, e in fretta. Avevano fatto abbastanza rumore da attirare tutti gli x-ray di Gehemnia e dintorni, quindi tanto valeva combattere a viso aperto.
Raggiunta la posizione di Menalca, si appiattirono tutti contro il container. Un vociare allarmato proveniente dall’altro lato della cassa rivelava presenze ostili a pochi metri di distanza.
Gaz impugnò una ADS. Una rapida occhiata agli altri, e Menalca annuì con un cenno del capo.
Le granate ADS sfruttavano una tecnologia di neurostimolazione già da tempo adottata in altre armi, come il cosiddetto raggio del dolore o il Silent Guardian. In sostanza, quando le scariche emesse dalla granata raggiungevano gli strati superficiali della pelle di un soggetto nelle vicinanze, il sistema nervoso di quest’ultimo veniva sottoposto a una serie di intense stimolazioni, come quelle di una forte scossa elettrica. La sensazione era quella di andare a fuoco, di bruciare in ogni parte del corpo, benché in realtà non si verificasse alcun danno fisico. Semplicemente si restava del tutto paralizzati, e l’effetto svaniva gradualmente dopo le prime scariche. Un po’ come essere colpiti da un taser molto potente. Unica pecca, questa tecnologia non aveva alcun effetto sulle unità robotiche. Ovviamente.
Gaz si staccò dal container e, senza perderne il contatto visivo, se ne allontanò di un paio di passi. Un clic di spoletta levata, e la ADS disegnò una parabola in aria mentre volava dietro il container. Un breve urlo di allarme, poi niente più.
– Prendeteli vivi! – fece Menalca. Si gettarono allo scoperto, dietro l’angolo dove gli x-ray erano paralizzati in preda agli spasmi. Quattro nemici, nessun Ricombinato. Ottimo. In una frazione di secondo, penetrarono nell’aria densa e si buttarono sui bersagli. Nosh scattò in avanti, abbatté il calcio del Mockingbird sulla nuca dell’x-ray più vicino, e questi cadde senza alcuna resistenza. In pochi istanti tutti i Ribelli erano immobilizzati a terra, ancora in balia delle convulsioni da ADS. Nessun altro bersaglio in zona. Area ripulita.
L’intera azione non era durata più di dieci secondi.
Il plotone si riassemblò. Restava da controllare ancora buona parte della struttura.
– Proseguiamo come prima. Alya, retroguardia. Nosh, Gaz e Carter, voi dietro di me a fornire copertura. Io sarò il point-man.
Si avviarono di nuovo nel corridoio di container, quando un sottile fascio laser saettò alle loro spalle accompagnato da un rumore metallico. Alya si voltò di istinto, ma era già troppo tardi.
Dietro di loro, un Ricombinato tipo-A aprì il fuoco.
Il magazzino vibrò violentemente, si piego su se stesso, per poi invilupparsi come risucchiato nell’occhio del simulatore olografico sul soffitto della Sala Addestramento.
I cinque rimasero lì, senza ancora essersi resi del tutto conto di cosa fosse successo, mentre a mezz’aria erano proiettate a caratteri grandi e incoraggianti le parole “MISSIONE FALLITA”.
– Complimenti davvero, Reparto d’Élite.
Harigs apparve in quel momento, accompagnando le sue parole con l’applauso più sarcastico che si potesse fare. Non era chiaro come facesse un applauso a suonare sarcastico, ma ci riusciva benissimo.
– Immagino che il vostro beneamato capitano Menalca vi abbia già riferito cosa pensa il Presidente delle vostre ultime imprese, dico bene? Si nota dal grande impegno che ci state mettendo per rimediare…
Dietro di loro, l’enorme “MISSIONE FALLITA” non aiutava certo a smentire.
– Ora, se non vi dispiace, ero qui per informarvi tutti delle ultime disposizioni della Società Internazionale, sempre che non siate troppo impegnati a fallire miseramente contro qualche ologramma. Hanno accolto la nostra richiesta di supporto in unità ed equipaggiamento per far fronte alla rivolta. Ma non è tutto. Ascoltate bene, perché qui arriva la parte interessante…

  
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