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Autore: TaliaAckerman    09/05/2015    2 recensioni
L'ultimo atto della saga dedicata a Fheriea.
Dubhne e Jel si sono finalmente incontrati, ma presto saranno costretti a separarsi di nuovo. Mentre la minaccia dal Nord si fa sempre più insistente, un nemico che sembrava battuto torna sul campo di battaglia per esigere la sua vendetta. Il destino delle Cinque Terre non è mai stato così incerto.
Dal trentaquattresimo capitolo:
"Dubhne si portò una ciocca di capelli dietro l'orecchio e ricordò quando, al suo arrivo a Città dei Re, l'avevano quasi rasata a zero.
- Quando ero nell'Arena... - mormorò - dovevo contare solo su me stessa. Un Combattente deve imparare a tenere a bada la paura, a fidarsi solo del proprio talento e del proprio istinto. Non c'è spazio per altro.
Jel alzò gli occhi e li posò su di lei - E che cosa ti dice ora il tuo istinto?
- Sopravvivi. "
Se volete sapere come si conclude il II ciclo di Fheriea, leggete!
Genere: Azione, Fantasy, Guerra | Stato: completa
Tipo di coppia: Het
Note: nessuna | Avvertimenti: Contenuti forti, Violenza
Capitoli:
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- Questa storia fa parte della serie 'II ciclo di Fheriea'
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PROLOGO


 





 
Fu proprio nel momento in cui Clemens Russ credette che avrebbero avuto una speranza che le cose cominciarono a mettersi per il peggio.                               
La guarnigione era decimata, certo, ma anche tra le file dei nemici si potevano contare numerosi caduti. I Ribelli che avevano sferrato l’attacco a Qorren dovevano essere stati quasi il triplo delle guardie cittadine ariadoriane poste a difesa della città, ma si era trattato comunque di poche centinaia. Qorren era pur sempre difesa da alte mura e da schiere di arcieri addestrati. 
Russ si era rimproverato più volte di non aver insistito nello spedire lettere d’aiuto verso il consiglio di Tamithia. Alla sua iniziale domanda riguardante il dislocamento di un’intera legione dell’esercito entro i confini di Qorren, il Consigliere capo Davon aveva risposto alquanto frettolosamente, scrivendo di comprendere i suoi timori ma che d’altra parte l’esercito ariadoriano era impegnato su un fronte più a est. E così la guardia cittadina di Qorren si era dovuta accontentare di ricevere solamente una cinquantina scarsa di rinforzi da Meck, un villaggio in espansione poco più a sud.
Anche dopo la conquista di Hiexil da parte dei Ribelli Russ aveva tentato di tornare sull’argomento con una lettera dai toni leggermente più accesi, sperando che a Tamithia qualcuno si rendesse conto della possibilità che Theor prendesse la decisione di muovere le sue forze verso sud-ovest. Non aveva più ricevuto risposta.
Inizialmente le truppe ariadoriane erano state ben distribuite lungo il confine con le Terre del Nord, ma con l’intensificarsi della guerra la maggior parte era stata trasferita verso la regione oltre Hiexil. Le forze nordiche erano state impegnate nel fronteggiare l’esercito dell’Ariador esattamente nell’altra estremità del confine, questo almeno fino a pochi giorni prima.       
Le scorrerie dei Ribelli lungo la parte occidentale del confine erano state regolate solo da squadre di volontari, tra Guerriere, guardie cittadine ed ex membri ufficiali dell’esercito.                       
Così Theor aveva compiuto la sua mossa. Mentre gli Ariadoriani tentavano di riprendere il controllo di Hiexil spezzando le difese nordiche, un ampio contingente di Ribelli era stato ritirato dall’Ariador settentrionale per dirigersi ad ovest, verso Qorren. Avevano oltrepassato Hiexil aggirandola da Nord, sfuggendo all’assedio ariadoriano, per poi attaccare la città.           
Russ sapeva che con quel gesto Theor aveva deciso di dimostrare che, in quel momento, avrebbe potuto sfidare chiunque, qualunque difesa. Se due delle più importanti città ariadoriane fossero cadute nelle mani dei Ribelli nell’arco di sole due settimane, nessuno avrebbe più potuto mettere in dubbio la portata della sua guerra.                                                             
Nonostante lo sconvolgimento nel vedersi arrivare addosso così all’improvviso diverse legioni nordiche, Qorren aveva resistito con tenacia per quattro giorni. Mentre lui stesso era impegnato a guidare la difesa della città, il signore della città Aeleis Kurt aveva inviato corvi a Tamithia, Meck e le altre città più vicine, ma non era ancora giunta alcuna risposta. Non potevano nemmeno sapere con esattezza se il messaggi fossero arrivati a destinazione.                                           
Eppure, nonostante non fossero arrivati rinforzi, Clemens Russ aveva continuato a pensare che, forse, Qorren avrebbe potuto essere salvata. Come comandate delle guardie cittadine aveva combattuto strenuamente, ritirandosi dalle mura solo per poche occasioni. Per due volte i Ribelli erano riusciti a sfondare il portone della città, e per due volte erano stati ricacciati indietro. Russ aveva dato l’ordine di barricare l’ingesso rinforzandolo con nuove, spesse assi, ed era da un giorno e una notte che il varco non voleva saperne di cedere.
– Incoccate le frecce incendiarie! - tuonò Russ rivolto ai pochi arcieri rimasti in piedi sulle mura. – Mirate a quelli che reggono l'ariete!
Trafisse in pieno petto un Ribelle che stava tentando di scavalcare le mura e rigettò all’indietro la scala da assedio che lo aveva condotto così in alto. Se fossero riusciti a penetrare in città dall’alto delle mura avrebbero perso ogni speranza di vittoria. Russ fu costretto ad abbassarsi per schivare un dardo proveniente dal campo avversario e ne approfittò per riprendere fiato, appoggiandosi al parapetto in pietra. Si levò l’elmo e lo scagliò lontano; nonostante il freddo aveva la fronte imperlata di sudore.
– Già stanco, capitano? 
La Guerriera Manya era a pochi metri da lui. Combatteva simultaneamente con due uomini che erano riusciti ad eludere le frecce e chi – come Russ – continuava a neutralizzare gli scalatori e a scaraventare via le scale, i capelli arruffati che le danzavano sulle spalle. Dopo che ebbe spinto con forza uno dei due giù per le scale che conducevano al territorio interno, mozzò di netto la testa all’altro con un pugnale, che poi si affrettò a rinfoderare nella cintura rimanendo con in mano soltanto una spada. Porse la mano protetta dal guanto di ferro a Russ, ma con un sorriso stanco lui rifiutò di farsi aiutare. Si rimise in piedi strizzando gli occhi per il dolore alla spalla ferita che già da ore lo rallentava.                                                                
– È tutto a posto – mentì. – Aiutami a gettare questa merda giù dalle mura.                             
Manya si lasciò andare ad una risata piuttosto sguaiata, cogliendo l’allusione ai cadaveri sanguinolenti dei Ribelli che intralciavano il passaggio lungo il pavimento di marmo.             
Avevano appena terminato, tra una freccia e l’altra, di sgomberare il passaggio, quando l’urlo di una guardia catturò l’attenzione loro e degli arcieri che bersagliavano i nemici dalle mura.            
– La porta ha ceduto! Sono entrati!                                                                                                        
- MALEDIZIONE! – imprecò il comandante estraendo nuovamente la spada. Poi si rivolse a Manya:- Prendi il controllo degli arcieri e occupati della copertura. Vado ad aiutare l’avanguardia.                                                                                            
– No – la donna gli posò una mano sulla spalla. – Tu sei ferito – e ammiccò allo squarcio sulla sua spalla. – Abbiamo bisogno di un capo che ci guidi, non puoi morire ora. Vado io.                        
Per un istante Russ esitò, ma l’espressione ferma della Guerriera lo convinse a lasciarla andare. Poteva svolgere il suo compito anche da lì. – Stai attenta. E non farti ammazzare – disse soltanto. 
– È il mio lavoro, capitano – rispose lei, ma era già scomparsa lungo la scalinata che portava all’interno della città. 
– E allora, voi, cosa aspettate?- apostrofò due arcieri appena dietro di lui. – Coprite coloro che stanno combattendo all’ingresso! Andate! 
Mentre loro si spostavano verso una piattaforma di tiro più favorevole, Russ raccolse l’arco di uno dei caduti e immerse una freccia fra le fiamme del braciere che continuava a scoppiettare lì vicino.  – Al mio ordine, tirate a quelli che tentano di entrare. Voglio una pioggia di fuoco su quei bastardi accalcati all’ingresso. 
Erano rimasti circa una dozzina e tesero gli archi all’unisono.                                                          
– Mirate con cura… - sussurrò Russ. – Tirate!                                                                        
Numerosi nordici crollarono trafitti dai dardi infuocati, e per pochi istanti l’avanzata parve arrestarsi. 
– Richiudete le porte! – urlò qualcuno da sotto le mura interne, e Russ sperò con tutto se stesso che i combattenti a terra ci riuscissero. Dovevano far fuori da lì più Ribelli possibili.           
– ANCORA! – gridò afferrando una seconda freccia dalla faretra di uno dei compagni. Uno di loro crollò all’indietro colpito in fronte da un dardo nemico, ma Russ non se ne curò. Non si curò nemmeno del dolore alla spalla che lo stava facendo impazzire. Gli schiamazzi e la furia della battaglia parevano essere ovattati e lontani. Doveva solo togliere di mezzo ancora qualche nemico, poi avrebbe potuto riprendere la spada e scendere dalle mura per aiutare Manya e gli altri soldati. Dopo un altro giro di frecce infuocate e un altro ancora, la divisione di Ribelli che stava assediando la città era davvero ridotta all'osso.       
Molti degli arcieri attorno a lui stavano esultando, ma lui no. Decenni di esperienza gli avevano insegnato che l’esito di una battaglia non era scontato fino a che non fosse caduto anche l’ultimo membro della fazione nemica. Ma la vittoria ormai era vicina e Russ fece per rialzarsi e raggiungere il campo di battaglia interno. 
Fu allora che la vide arrivare. Fu allora che
tutti la videro arrivare.                                             
Non aveva armi, né cavalcatura, eppure – così com’era apparsa – i Ribelli rimasti all’esterno delle mura si scansarono per lasciarla passare, disponendosi in due perfette ali. Nonostante la pesante cotta di maglia e i paramenti in ferro sulle spalle si poteva indovinare quanto fosse magra, quasi scheletrica. Portava una casacca nera, sulla quale si poteva individuare la fiammeggiante figura stilizzata di un Terkil, il più antico simbolo delle Terre del Nord.                                            
Così come la vide, la parte più profonda dell’anima di Russ comprese che tutto era perduto. Non sapeva con esattezza cosa l’avesse indotto a pensare ciò, ma quando la donna dinnanzi alle porte della città levò in alto una mano stretta a pugno, i capelli rossi mossi dal vento, capì che la sua sensazione era  fondata. 
Quel che restava del portone principale di Qorren esplose in mille pezzi. Lo spostamento d’aria che ne seguì fu così forte che l’uomo e gli arcieri, insieme anche a molti Ribelli, furono sollevati da terra e sbattuti con violenza a terra o sul pavimento di pietra. Mentre la spada gli volava via di mano, Russ riuscì ad aggrapparsi alla sporgenza di roccia un attimo prima che lo sbalzo lo scaraventasse sul selciato interno.

Manya… dov’è Manya?                                                                                                                
Doveva trovarla alla svelta, ordinarle di portare i pochi combattenti ariadoriani rimasti nella cittadella e arrendersi. Non c’era altra scelta se volevano sperare di uscirne vivi…                              
Sperando con tutto se stesso di non spezzarsi le gambe nell’impatto, il comandante delle guardie lasciò la presa e rovinò a terra. Nonostante il dolore che ormai gli attraversava tutto il corpo si rialzò quasi subito, guardandosi intorno e chiamandola disperato. L’ingresso della città era avvolto dalle fiamme. La strega rossa lo attraversò creando un varco tra il fuoco con un semplice movimento della mano.                                                                                                                         
– SCAPPATE! – urlò ai soldati che, per un motivo o per l’altro, continuavano a combattere o restavano paralizzati, impietriti da quello spettacolo sconvolgente. – Manya! – chiamò poi. – Manya, porta via i superstiti!                                                               
La vide proprio a pochi passi dalla strega che aveva ridotto in cenere le loro ultime difese. No, no, non doveva fare sciocchezze. Come poteva pensare di fronteggiare una creatura dotata di così  dirompente forza magica? Se voleva vivere doveva seguire i suoi ordini…
Ma Manya era una Guerriera, era la rappresentanza dell’orgoglio e della tenacia ariadoriana, la furia guerriera che non si ferma neanche quando comprende di essersi imbattuta in qualcosa di ancora più grande.                                                       
Mentre molti dei sopravvissuti venivano letteralmente spazzati via dalla Magia della donna del nord, Russ guardò la sua compagna d’armi avventarsi alle spalle su di lei, sollevando la spada e preparandosi a trafiggerle la schiena… Ma lei non ebbe nemmeno bisogno di muoversi per parare il colpo. Russ vide la lama di Manya infrangersi su una sorta di barriera invisibile e andare in frantumi.

No…                                                                                                                                             
Manya fu scaraventata all’indietro. Lasciando che fossero gli ultimi Ribelli a determinare l’esito della battaglia, la strega abbandonò lo scontro per dirigersi verso di lei; evocò una fiammata e la indirizzò violentemente verso di lei, ma la Guerriera la schivò rotolando su un fianco.                    
In tutta la sua vita Russ non aveva mai visto Manya così atterrita. Dannazione, avrebbe voluto aiutarla, ma non riusciva a muoversi. Non riusciva a pensare, la paura e il dolore erano troppo forti.                                                                               
Manya schivò ancora un altro paio di attacchi della strega rossa, poi la donna la raggiunse afferrandola per la gola. La sollevò da terra senza apparente sforzo poi, il braccio destro avvolto da scintille azzurre, la scaraventò con forza inaudita contro la parete di roccia delle mura.                           
Anche da quella distanza Russ poté immaginare il rumore della colonna vertebrale che si spezzava, uccidendola. 
- NO!
Al diavolo la battaglia! L’uomo si sbarazzò di due Ribelli che ostacolavano la sua strada e corse più veloce che poté contro la donna del nord. Se non c’era più speranza tanto valeva morire con onore. Estraendo la sciabola che per l’intera battaglia era rimasta al sicuro nel fodero sulla sua schiena, Russ chiuse gli occhi. Spiccò un balzo e sai avventò sulla strega che aveva ucciso Manya. Poteva farla finita in quell’istante…                                                                                            
L’ultima cosa che avvertì fu la sensazione di qualcosa che si strappa all’improvviso. Il tempo di comprendere che la propria gola era stata squarciata da un incantesimo che tutto terminò.             
Il buio avvolse Russ e i residui della guerriglia intorno a lui.









NOTE DELL'AUTRICE: 

Ed eccomi qui, come promesso, stranamente senza ritardi disastrosi. 
Sul prologo non ho molto da dire, l'idea di inserire la battaglia di Qorren mi ha attraversato la mente circa una settimana fa e così ho deciso di dedicarle il primo aggiornamento. Spero vi sia piaciuta e che la storia sia riuscita a prendere vita con un ritmo già incalzante. 
Dunque, ovviamente sono molto gradite recensioni di ogni natura, tengo molto a questa fiction e ho bisogno di più consigli possibili! 
Un bacio ai fedelissimi della trilogia e anche - eventualmente - a chi fosse nuovo su queste pagine :) 
Spero di riuscire a postare il capitolo 1 (nel quale ritornerò a Città dei Re, tranquilli) in settimana. 

TaliaFederer
  
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