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Autore: RuWeasley    12/05/2015    4 recensioni
Sei schiavo degli stereotipi. Tu come tutti gli altri.
Il tuo essere libero è sbagliato sin dal concetto.
E nonostante tu lo sappia
ora è troppo tardi. Le mie parole ti appartengono. Ho narrato la tua storia.
Quindi, perchè ora non posso continuare a farlo?
Genere: Introspettivo | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het, FemSlash
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Oliver Smith - il numero 19

Ricordi.
Immagini sfocate
che mi appartengono.
La voce fredda
che mi appartiene
Inizio a crescere. Inizio a capire le cose. Inizio ad aumentare di statura.
"E' alto 102 centimetri! Sta crescendo!" Esclamano felici i miei genitori.
Continua la mia vita. Le cose si intervallano. Gli avvenimenti, le noie e i momenti felici. Rinchiuso nel mio mondo semiperfetto, interno ma nettamente separato dal resto del mondo,
poco a poco, espando la mia bolla. A volte piano, come semplicemente intenzionato ad avere più spazio, più resipiro. Altre volte violentemente, come se volessi rompere ogni muro, ogni separazione, ed allo stesso tempo ogni protezione. Inizia la mia vita semi solitaria. Inizio ad avere più contatti con più persone. Confuso, nella mia ignoranza, non riesco a comprendere la mia posizione per gli altri.

Ma è solo questione ti tempo.
Il professore inizia a fare l’appello:
-Numero 19; Smith-
-Presente- Rispondo, alzando diligentemente la mano. Ogni giorno.
Vai a scuola e rispondi a quel nome, a quel numero.
Cosa importa del tuo nome? Tu sei Smith. Cosa importa del tuo nome? Tu sei il numero 19.
Ma questi sono problemi di poca importanza. Il mondo nel frattempo cambia intorno a te. Il mondo è grande a differenza tua.
Difatti, la società cambia.
La società viene rivoluzionata.
-Ma cosa puoi capirne tu, sei solo un bambino, diciannove. Piuttosto, avete portato gli esercizi che vi ho assegnato?-
Hai capito? Sei solo un bambino. Ascolta la tua professoressa.
Inizio anche a pormi delle domande.
Percepisco il mutamento.
Percepisco anche i miei genitori in modo diverso. Iniziano a negare ciò che voglio, i miei desideri.
Inizia a coesistere nella loro presenza una irrimediabile tensione.
Iniziano a parlare di meno, e rimangono di fronte alla televisione. Nascosto, dietro al muro della stanza, sporgo la testa.
-Cosa sta succedendo adesso? Perchè siete così?-
-Continua a giocare.- Mi invita mia madre, con la mente attaccata alla televisione. Fredda. Distaccata.
Tesa.
Hai capito che ha detto? Continua a giocare. Non ti interessa. Non ti riguarda.
Gli anni passano. Ora almeno, mi sento grande.
Forse.
-Prendi dei bei voti quest'anno, che altrimenti fai cattiva figura con i professori, ed iniziano a puntarti.-
Ascoltali. Non vorrai diventare mica un numero, vero Diciannove?
Sono diciannove: l'alunno del 7. Ne più, ne meno. Ed anche se meritassi qualcos’altro? Non credo interessi alla professoressa.
Lo sguardo fisso sul sei e mezzo mi distrae leggermente dalle parole atoniche della professoressa.
-E' fuori traccia, ti dilunghi in cose inutili e poco aderenti al comando.-
Hai capito? Ciò che scrivi deve attenersi al comando, ciò che scrivi non deve contenere troppo ciò che pensi;
E' semplicemente inutile.
Continuo così l'anno.
Imparo a memoria e parlo, imparo a memoria e parlo.
Passo le ore di scuola ad imparare a mettere le crocette al posto giusto.
-Questa è cultura!-
Ma cosa vuoi capire, sciocco ragazzino.
Finisce l'anno e l'estate passa come ogni altra.
Ieri ho festeggiato e adesso sono di nuovo con la cartella in spalla.
Mi incammino, curvo e malinconico verso un'altra serie di crocette da mettere, ed incontro lei. Seduta sulla cartella, con una sigaretta in bocca che scribacchia qualcosa su un taccuino con una biro. Rimango incantato ad osservarla. Una ciocca di capelli copre i suoi grandi occhiali neri. Le lunghe dita spuntando dalle maniche di una felpa decisamente più grande della sua taglia, ed i suoi occhi penetrano il mio corpo. Ci fissiamo per attimi eterni.
Smettila di fissarla. Cosa trovi in lei?
Provo a parlarle, impacciato, distratto.
Ed incantato dal movimento della sua penna, le chiedo cosa scrivesse.
-Scrivevo di noi.-
-Noi? Noi chi?-
-Noi. Noi tutti. Facciamo tutti parte di qualcosa-
-Si... Penso di si. Ma di cosa di preciso?-
-La società penso. Tu sai cos'è la società?-
-Si... Credo. La società siamo tutti noi.-
-Non vedi il quadro completamente, quindi. La società non è solo noi. E' qualcosa. Ha qualcosa di tutti noi. Ma non segue tutti noi. Segue il più di noi. E' quel qualcosa che ci dice cosa
fare. Quel qualcosa che ci dice cosa dovremmo pensare. Che ci dice come dovremmo pensare.-

Il mio sguardo sbigottito la sorprende.
Ora è troppo tardi, però. Le mie parole ti appartengono. Ho narrato la tua storia.
Quindi, perchè ora non posso continuare a farlo?

 
   
 
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