Storie originali > Storico
Segui la storia  |       
Autore: Nadine_Rose    12/05/2015    2 recensioni
Nadine ballava, rideva ed era viva.
[Continuo di “Un amore diviso da un filo spinato”]
Nadine e Werner sedettero vicino alla riva del lago all’ombra di un’alta conifera e restarono lì, stretti l’uno all’altra, avvolti dall’aria fresca dell’estate berlinese mentre dentro di loro scoppiava la primavera. Una nuova stagione era cominciata per la loro vita ma i due contavano ancora i loro inverni.
[Capitolo 33: Il dono della vita]
Genere: Drammatico, Sentimentale | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Dopoguerra
Capitoli:
 <<    >>
Per recensire esegui il login o registrati.
Dimensione del testo A A A

Capitolo 19

 

Prigioniera di te

 

“Aspettava e la sua piccola mente impazzita d’amore andava alla deriva come una barca senza remi. Fantasie insensate e verità sconcertanti i flutti che la sbatacchiavano nella nebbia della sprovvedutezza e contro gli scogli della disperazione”.

Oriana Fallaci


Image and video hosting by TinyPic

 

Lucia Bosè

 

Berlino ovest, 9 novembre 1950

 

Nadine sedeva sul letto, con le braccia incrociate sulle ginocchia avvolte dalle coperte e lo sguardo fisso nel vuoto della solitudine e dell’incertezza. Le dita della mano sinistra giocherellavano con la fede nuziale e la sua mente andava alla ricerca di ricordi per ritrovare l’uomo che aveva sposato. Quel Werner che aveva lasciato, incattivito e sprezzante, non era lo stesso che, commosso e innamorato, le aveva giurato amore eterno dinanzi a Dio; quel Werner che le aveva rinfacciato, in modo crudele e mortificante, la sua rinuncia ad essere biologicamente padre non era lo stesso che, pieno di entusiasmo e trepidazione, aveva firmato i documenti per l’adozione. La luce del sole che entrava prepotentemente dalle persiane della finestra la esortava ad alzarsi ma il suo corpo si rifiutava, schiacciato dal peso della malinconia. Le mancava la sua casa, il suo letto, il tepore di un corpo che le dormiva accanto, la protezione di due braccia che la stringevano nelle notti di paura quando gli incubi del suo passato ritornavano a tormentarla bruciando nelle cicatrici della sua pelle … le mancava suo marito, i suoi baci, le sue carezze, ciò che lui era sempre stato prima dell’irreparabile dramma della verità. Nadine amava ancora l’uomo che aveva sposato, quel marito perfetto e padre esemplare con cui aveva condiviso gli anni più belli della sua vita, l’uomo dolce, sincero, forte, sensibile, amorevole che l’aveva salvata e che ogni giorno tentava di proteggerla dai fantasmi di Ravensbrück e si sentiva legata, imprigionata ad un malinconico ricordo che altro non era che un crudele inganno di Werner. Quel Werner che lei continuava ad amare, in realtà, non esisteva e mai era esistito.

“Buongiorno, Nadine!” esclamò Edith, con in volto un’espressione radiosa e una tazzina fumante tra le mani “Ti ho portato un buon caffè!” “Sei sempre tanto cara, Edith ma adesso non ne ho voglia.” rispose Nadine e sospirò tristemente, poggiando il mento sulle braccia. “Cosa?! Cosa?! Nadine che rifiuta il caffè?! …” la giovane mise la tazzina sul comodino e continuò con fare scherzoso “… Esci, esci da questo corpo! Tu non sei la mia cugina! Nadine non rifiuterebbe mai e poi mai un caffè!” Edith riuscì a strapparle un sorriso che però subito svanì. Anche la ragazza tornò seria e, sospirando profondamente, sedette sulla sedia accanto a lei. “Per quanto tempo ancora durerà questa tortura? … È già passato un mese … Non sei stanca del male che stai facendo a te stessa e a tuo figlio? … Quel piccolino piange sempre perché gli manca il suo papà.” Nadine non rispose e la guardò con un’aria di sufficienza che indispettì Edith. “Io invece sono stanca e non voglio più appoggiarti in questa pazzia!” “Dimmi, dimmi allora cosa dovrei fare adesso?!” la donna alzò la voce in un atteggiamento auto-difensivo “Chiudere gli occhi e far finta che non sia successo niente?!” “No, al contrario … Devi permettere a Werner d’incontrarti e chiarire la vostra situazione … Fallo almeno per il tuo bambino.” Parlava la giovane Edith con la maturità e la forza di chi era stata costretta a crescere e diventare donna prima del tempo, madre di se stessa, suo unico appoggio e riferimento, ma la sua determinazione non convinse Nadine che ribatté: “Ma non hai ancora capito?! Per Werner non siamo altro che un peso! L’ha detto lui stesso!” “E tu invece? … Cos’hai detto nella rabbia? … Non pensi che anche lui abbia sofferto? … Io sono tua cugina ma in questo caso non posso stare dalla tua parte, mi dispiace!” Nadine capì di essere sola, sola con il proprio dolore, sola con un cuore ferito e diviso a metà: da una parte l’amore che, con la sua incoscienza, la spingeva verso un perdono e dall’altra il rancore che, forte e inflessibile, la condannava alla tristezza e alla disperazione di una netta separazione. Nessuno avrebbe potuto aiutarla, consolarla, rialzarla da quel letto bagnato di lacrime, speranze infrante e certezze svanite. “Io sto dalla parte di Andrej e non accetto che tu l’abbia separato da suo padre!” aggiunse la ragazza e Nadine esplose in un pianto convulso. “Rivoglio il mio Werner …” sussurrò tra i frenetici singhiozzi, aggrappandosi alle spalle di Edith “… Voglio tornare ad amarlo come una volta … Rivoglio la mia famiglia.” “Sì, Nadine … Ritorna all’amore … Metti da parte l’orgoglio e dagli un’altra possibilità … Entrambi avete già sofferto abbastanza nella vita.” affermò la giovane con le lacrime agli occhi, stringendola in un fortissimo abbraccio. Ma Nadine non frenò il suo pianto e disse: “No, non ce la faccio … Sono troppo disperata, Edith … Come devo fare?” “Ferma il ricordo più bello del vostro amore e ricomincia da lì.”

 

Città di Fürstenberg/Havel

 

Lo specchio rifletteva ciò che era rimasto di lei: il viso pallido e dimagrito di una donna ormai allo stremo, tormentata da un amore crudele dal quale non riusciva a liberarsi. I segni del viso rispecchiavano le ferite dell’anima. Era stanca Engel, stanca di combattere, stanca di soffrire, stanca di essere sempre la seconda scelta di suo marito ma non riusciva a lasciarlo. Kurt era tornato da lei dopo il rifiuto di Nadine. Engel amava ancora suo marito, lo aveva sempre amato nonostante vedesse nei suoi occhi l’ombra di un’altra donna, da lui tanto desiderata e mai dimenticata e si tormentava domandandosi perché avesse scelto di vivere questa dolorosa umiliazione. Per Kurt aveva rinunciato alla sua dignità di donna. Da un mese aveva smesso di parlargli, di dormire insieme a lui, di cedere alle sue ingannevoli carezze per chiudersi in un silenzio forzato, carico d’inquietudine. La vita di Engel era stata un susseguirsi di lotte e abbandoni che aveva sempre affrontato indossando una corazza di forza e coraggio, adesso scivolata via. Lo specchio rifletteva tutta la sua fragilità di donna, tutte le sue paure e le sue insicurezze. Engel si sentiva sola, non amata, delusa da un uomo che avrebbe dovuto essere per lei un rifugio, la realizzazione dei suoi sogni, il compimento della sua felicità. Ma quanto più Kurt la faceva soffrire, tanto più Engel non riusciva a separarsi da lui e si ostinava ad amarlo. Lo specchio rifletteva l’immagine della donna che non avrebbe mai voluto essere, sottomessa ad un rapporto che le impediva di vivere da sposa desiderata e da madre serena. E un dubbio iniziava a tormentare la sua mente, ormai troppo ingarbugliata: continuava ad amare suo marito per amore o soltanto per tenersi assicurata quella vana sicurezza affettiva che lui poteva offrirle?

 

Lago di Schlachtensee, 10  novembre 1950

 

La strada dei ricordi, lunga cinque anni, l’aveva condotta sulla riva del lago Schlachtensee, lì dove la sua nuova vita era cominciata. Nadine si strinse nel suo cappotto rosso e incrociò le braccia per ripararsi dall’aria fredda e pungente del mattino. Una morsa le attanagliò lo stomaco, il cuore, la gola mentre i suoi occhi, stanchi e gonfi per l’ennesima notte trascorsa insonne e in lacrime, si fermarono a guardare un’alta conifera. Nadine si rivide venticinquenne, seduta all’ombra di quell’albero, tra le braccia calde e forti di Werner, con il cuore traboccante di gioia e speranze, di sogni e libertà … con il cuore traboccante d’amore. Quel tempo era ormai passato e non sarebbe mai più tornato. Le lacrime scivolarono veloci sul suo viso, poi da dietro due braccia la strinsero e un sussulto uscì dalle sue labbra.

 

Eppure c’è stato un tempo in cui le stelle

si potevano vedere

un tempo ingenuo in cui

guardando l’orizzonte

oltre il nero della notte

si poteva ancora sognare

di vedere la speranza volare

e specchiarsi nei pozzi e non avere più sete.

 

Fiorella Mannoia

   
 
Leggi le 2 recensioni
Segui la storia  |        |  Torna su
Cosa pensi della storia?
Per recensire esegui il login oppure registrati.
Capitoli:
 <<    >>
Torna indietro / Vai alla categoria: Storie originali > Storico / Vai alla pagina dell'autore: Nadine_Rose