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Autore: Kairyporter    14/05/2015    1 recensioni
Liz non sa esattamente cosa prova per Red. Sa che ci tiene a lui, che deve proteggerlo e salvarlo, esattamente come lui fa con lei. Ma cosa succede se un oceano di verità nascoste la travolge?
Ovviamente Lizzington!
Genere: Angst, Azione, Fluff | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het
Note: Missing Moments, What if? | Avvertimenti: nessuno
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Nonostante la chiamata fosse stata breve, Aram era riuscito a rintracciare il luogo in cui si trovava l’agente Keen. Il telefono di Liz si era agganciato ad una cellula nei pressi della periferia di DC. Un misto di case, isolate e fatiscenti in uno dei quartieri più malfamati. Quei quartieri, così tanto abituati alla violenza, che non badavano a quanti colpi venivano sparati o se una ragazza veniva trascinata con forza in una bettola.

Mentre Dembe correva a tutta velocità, zigzagando nel traffico, Red rifletteva sulla breve chiamata. Metteva in rassegna tutti i toni di voci possibili per ottenere un riscontro. Non c’era nessun accento particolare. Quindi l’uomo al telefono doveva essere americano. Il suono metallico. Ecco quello era un problema. Poteva significare molte cose ma nonostante le possibilità lui non faceva altro che immaginare Lizzie, la sua Lizzie, in catene, in un luogo buio. La mente gli giocava brutti scherzi e non riusciva a pensare con lucidità. Tutto ciò che vedeva erano immagini del corpo senza vita di Liz. E lui non avrebbe potuto fare nulla.

Chiuse gli occhi massaggiandoli con le dita. Doveva rilassarsi e riflettere. Non perdeva mai la concentrazione e farlo ora significava mettere in serio pericolo la vita della donna che amava.

Donald era dietro di loro, le sirene spiegate, pronti per un salvataggio. Si fermarono nel luogo indicato. Era una villetta gialla, con un giardino arido e un cancelletto arrugginito. I vetri delle finestre erano rotte o sbarrate con assi provvisori. Tutta la facciata era ricoperta di graffiti e disegni. La porta d’ingresso aveva il legno scorticato e il grande rosone, al centro della porta, era ormai privo di vetro. Scesero di corsa dalla macchina. Con la pistola in pugno, lui e
Dembe avanzarono verso la porta principale.
Non c’erano guardie o macchine in vista.
Fece un leggero movimento con il capo e Dembe si avvicinò alla porta
“E’ aperta” la porta si aprì cigolante
Brutto segno. Chiuse gli occhi per cercare di scacciare quei brutti pensieri, inspirò profondamente e fece un cenno a Dembe, che entrò nella villa.

La casa regnava nel più totale silenzio. Ragnatele, buchi e un intenso odore di muffa. Sulla sinistra c’erano delle vecchie scale ricoperte con moquette ammuffita. Il legno scricchiolava ad ogni passo.
“Io controllo sopra” La voce di Ressler era più che un sussurro
Red e Dembe avanzarono lentamente, controllando attentamente ogni angolo e dettaglio. Pronti a captare ogni suono. Avrebbe voluto chiamarla, urlare il suo nome nella speranza che lei avesse risposto che stava bene. Ma la paura lo bloccava. Era un codardo quando si trattava di Elizabeth.  Controllarono rapidamente le stanze senza trovare niente se non mobili rotti e insetti.

Odiava il pensiero che lei fosse stata qui. In mezzo a questo marciume. Improvvisamente si ricordò della barca. L’unica persona al mondo che avrebbe potuto farle una cosa del genere era Tom. Avrebbe dovuto sparagli invece che lasciarlo libero. Non ha portato altro che guai.
Non c’era traccia di lei. Le stanze erano vuote e i mobili che erano presenti erano a pezzi, non c’erano segni evidenti di lotta. Chiunque l’avesse portata lì non aveva lasciato tracce. Si diressero verso la cucina, in attesa che Donald portasse notizie dal piano superiore.
Reddington si avvicinò ad una delle finestre rotte che davano sul cortile interno. C’erano delle giostrine per bambini, un altalena arrugginita che dondolava mossa dal vento. Il cielo plumbeo non migliorava la visione di quella scena inquietante.
“Raymond!”  Dembe attirò la sua attenzione, aveva la pisola puntata su una parte di parete nel soggiorno. Era ricoperta di carta da parati ingiallita e strappata in diversi punti.
Red si avvicinò al suo amico che continuava a tenere la pistola tesa. Con un movimento dell’arma indicò la parte inferiore della parete. C’era un piccolo spazio. Reddington si avvicinò sfiorando la carta da parati, e busso. Il suono era vuoto
 “E’ una porta?” La voce di Ressler arrivò alle loro spalle
Reddington gli lanciò un occhiata di sottecchi. In un’occasione diversa, probabilmente, si sarebbe complimentato con Ressler per la sua arguzia. Ma in quel momento la sua mente era del tutto vuota. Impugnò più saldamente la pistola mentre Dembe apriva la porta nascosta.
Riusciva a vedere solo i primi gradini di una scala in cemento.
Respirò profondamente e iniziò a scendere. C’erano degli odori pungenti che non riuscì a riconoscere. La visuale era bloccata da degli scaffali. Dembe tirò la cordicella della lampadina, appesa a metà scalinata.
Appena la luce invase la stanza Red riconobbe uno degli odori. Sangue. Tutta la stanza era ricoperta di sangue. Gli schizzi ricoprivano la parete difronte le scale e dei segni di trascinamento segnavano l’intera stanza
Seguirono con gli occhi la striscia di sangue fino a trovarne la fonte. Vicino ad una delle pareti c’era una sagoma, appoggiata al muro, coperta da un lenzuolo bianco.
Ressler avanzò lentamente verso la figura, seduta sul cemento.  Avvicinò piano la mano all’estremità del lenzuolo. Prima di tirarlo guardò Reddington in attesa. Aveva gli occhi fissi sulla figura bianca senza osservarla realmente. La mascella serrata e un leggero tic sotto l’occhio. Si scambiarono uno sguardo intenso, pieno di pensieri nascosti e dubbi. Fece un leggero cenno con il capo.
Donald serrò la preso sul lenzuolo, chiuse gli occhi e tirò. Non si rese conto che stavano trattenendo il fiato fino a quando non sentì loro tirare un sospiro di sollievo.
Tom era legato a delle catene, gli occhi vitrei e un foro in testa. Sospirando Ressler si avvicinò a Reddington che continuava a fissare l’uomo, con la fronte corrugata.
“Qualche idea?”
“Ci sono poche cose che mi sorprendono Donald, avevo pensato ad ogni possibile situazione… Ma questa” disse indicando con la mano l’intera figura dell’uomo “…questa proprio non me l’aspettavo” scuoteva la testa inclinandola leggermente di lato. Continuava a squadrare Tom, riorganizzando le idee. “Chiama Aram, magari può dirci se il telefono dell’agente Keen si è agganciato a qualche altra cellula.”
Ressler annuì prendendo il telefono “Non credo che possa aiutarci” Prese da uno degli scaffali il telefono di Liz e lo mostrò ai due uomini.
Reddington fissava il telefono, la testa inclinata. Red era concentrato, Ressler avrebbe potuto facilmente vedere gli ingranaggi che giravano nella sua testa. Come destato dai suoi pensieri, Red iniziò ad annuire “Sembrava troppo semplice.”
Le cose si stavano complicando. Se Tom Keen era stato ucciso allora c’era qualcosa di più grande in ballo. Aveva conosciuto Tom, sapeva come agiva, lo aveva assunto. Era meticoloso e prudente.
 Si avvicinò al cadavere, cercando qualche indizio, uno qualsiasi, per capire quale nemico avessero di fronte. Mentre frugava tra le tasche Dembe gli toccò la spalla.
“Sicuramente sta bene. L’agente Keen è intelligente, troverà il modo per farsi trovare.”
Sapeva cosa stava provando in quel momento, e gli era grato per essergli sempre vicino. Dembe si chinò al suo fianco, per aiutarlo a cercare.
“Credo di aver trovato qualcosa” In una delle tasche, appallottolato, c’era un foglio di carta.
Red lo aprì attentamente facendo attenzione a non strapparlo.
“Cos’è?” Ressler si avvicinò loro cercando di vedere meglio l’oggetto che Reddington aveva. “Un foglio bianco?”
“Dimmi la verità Donald, l’FBI ti paga per dire ovvietà tutto il giorno?” Rigirava il pezzo di carta tra le mani, lisciandolo e guardandolo attentamente per poi avvicinarlo alla luce della lampadina. “Ah, ecco! Molto spesso devi guardare più attentamente piuttosto che fermarti alla prima occhiata. Questo foglio nasconde più di quanto credi.”
Prendendo una matita, posta nella tasca del panciotto, iniziò a colorare la pagina.
Dal foglio iniziarono a venire fuori delle scritte.
521 WDCS
“Che diavolo significa?”
“Tom Keen aveva l’abitudine di… Portare delle tracce, mettiamola così… in modo che solo i suoi uomini potessero identificare o decodificare determinati messaggi.”
“Quindi si sentiva minacciato?”
“Non credo, penso che fosse più un abitudine. Ma questo ci aiuterà a capire dove si trova l’agente Keen”
Reddington continuava a fissare i numeri scritti sul foglio. Cercava di riflettere sul loro significato ma, ogni volta che cercava di concentrarsi, le immagini di Lizzie lo distraevano. Emise un profondo sospiro e si grattò distrattamente la testa. “Credo di conoscere qualcuno abbastanza intelligente da poterlo decifrare.”
“Aram non conosce la criptografia”
“Haskell”
“Haskell? Il poliglotta?”
“Vedi Donald, sei un agente discreto, se ti applichi! Potresti anche raggiungere la sufficienza se ti impegnassi un po’ di più.” Gli rivolse un grande sorriso mentre consegnava il foglio a Dembe. “Troviamo Haskell e troveremo l’agente Keen”


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 Sapendo che stanotte andrà in onda il finale di stagione di Blacklist (non sono preparata psicologicamente per questo)  ho pensato che pubblicarla adesso avrebbe fatto bene (relativamente) ad anime in pena come la mia xD avevo pronto uil capitolo da un po’, esattamente come gli altri xD ma tra una cosa e l’altra mi sono completamente scordata di aggiornare. Mea culpa, Fatemi sapere cosa ne pensate.
Detto questo buona visione per l’ultima puntata *dontfuckingcry* e ci si legge in giro :) Baci baci

PS: come ho detto in precedenza questa è una FF Lizzington, quindi nella mia mente (malata e perversa) c’è una probabile storia d’amore tra Lizzie e Red che spero ,con tutto il cuore, che arrivi presto. 
   
 
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