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Autore: Shainareth    02/01/2009    3 recensioni
[Mai-HiME - anime]
Avrebbero voluto rimanere bambini più a lungo.
Anzi, avrebbero voluto esserlo.
Il destino però aveva scelto diversamente, e nessuno dei due aveva potuto vivere la propria infanzia come avrebbe desiderato. Di conseguenza, non appena avevano trovato un appiglio a cui aggrapparsi con tutte le loro forze, avevano deciso di assecondare gli istinti che la pubertà agitava dentro di loro da che avevano varcato le soglie dell'adolescenza.
Genere: Romantico, Malinconico | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Akira Okuzaki, Takumi Tokiha
Note: What if? (E se ...) | Avvertimenti: Spoiler!
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BAMBINI






CAPITOLO PRIMO

Avrebbero voluto rimanere bambini più a lungo.
Anzi, avrebbero voluto esserlo.
Il destino però aveva scelto diversamente, e nessuno dei due aveva potuto vivere la propria infanzia come avrebbe desiderato. Di conseguenza, non appena avevano trovato un appiglio a cui aggrapparsi con tutte le loro forze, avevano deciso di assecondare gli istinti che la pubertà agitava dentro di loro da che avevano varcato le soglie dell'adolescenza.
Seppur con qualche remora, la ragazzina si lasciò sospingere gentilmente con le spalle contro il materasso, ed i capelli ormai sciolti si sparpagliarono morbidamente sul cuscino alla rinfusa. Sopra di lei, Takumi si teneva ancora a distanza di sicurezza, i palmi delle mani poggiati ai lati della sua testa, gli occhi fissi in quelli dell'amica. Anche lui si stava chiedendo se era effettivamente quella la cosa giusta da fare, e anche lui arrivò alla medesima conclusione: no.
Akira però era la sola persona con cui riusciva a parlare in piena libertà di quei sentimenti contrastanti che gli dilaniavano il petto forse più della malattia cardiaca che lo aveva reso in parte disabile rispetto a molti suoi coetanei e che gli costava vedere sua sorella maggiore sobbarcarsi di oneri troppo grandi per una ragazza di quell'età. D'altro canto, lui era l'unico a conoscere la vera indole di Akira, non già fredda e distaccata come soleva apparire al di fuori di quelle quattro mura, ma dolce e sensibile; non un marmocchio pieno di sé che ostentava indifferenza nei confronti delle compagne di scuola che lo tallonavano per attirare la sua attenzione, bensì una ragazzina in boccio alle prese con seri problemi con la propria sessualità. Stavano crescendo, e nessuno se ne accorgeva.
Quello che era iniziato come un gioco, adesso si era trasformato in qualcosa che avrebbe stravolto le loro vite interiori, rendendoli adulti, forse, o per lo meno più sicuri di sé.
Pur godendo solitamente di ottima salute, Mai si era presa una brutta infreddatura la sera precedente, tornando tardi dal lavoro sotto la fredda pioggia autunnale che, complice il vento, le aveva inzuppato i piedi e parte del corpo, entrandole nelle ossa. Ancora una volta si era dovuta sacrificare per suo fratello minore, ancora una volta gli aveva sorriso senza reale felicità, mentendogli. «È colpa mia, ho dimenticato l'ombrello. Lo sai che sono sbadata.» Mai non usciva mai senza ombrello, Takumi ne era consapevole.
Era quindi tornato al dormitorio maschile, un'espressione tetra in volto. La sua compagna di stanza si era preoccupata e lo aveva esortato a sfogarsi. Lui lo aveva fatto, senza risparmiarsi, accollandosi ogni colpa per quanto accaduto. Non sopportava più di essere un peso. Non sopportava più che Mai gli fosse di peso. Si adoravano, questo era indubbio, ma le basi del loro rapporto fraterno si erano ammalate molto più di loro e cominciavano a marcire. L'ipocrisia, ripeteva con amarezza il ragazzino, avrebbe dovuto essere bandita. Almeno fra loro. Non voleva affatto che arrivassero a darsi addosso, litigando e diventando improvvisamente egoisti; però esistavano anche le vie di mezzo. E, con tutta probabilità, quando si trattava di lui, Mai non le conosceva. Comprendeva benissimo i suoi rimorsi riguardo la morte della madre, ma quello che le sfuggiva era che anche Takumi ne provava altrettanti: La mamma è morta per salvare me.
«Mi chiedo se ne vale davvero la pena, di fare quell'intervento.»
Eccolo, aveva pensato Akira con enorme rabbia, mentre prendeva posto al suo fianco sul letto del ragazzo. Ecco che torna a dire queste sciocchezze. Temeva seriamente che l'amico ne fosse convinto e, se possibile, la cosa la mandava ancora più in bestia. «Ne vale la pena» aveva ribattuto con decisione. Era una scena già vista, quella, e lei gli aveva già rimproverato in più di un'occasione quell'arrendevolezza.
Lo aveva visto scuotere il capo, mentre si sfilava la sciarpa di cotone e la lasciava ricadere accanto a sé. «Onee-chan si sta ammazzando di lavoro senza sapere quanto io sia stanco di vivere.»
La ragazzina si era trattenuta dallo schiaffeggiarlo, ma nulla le aveva proibito di afferrarlo per il collo dell'uniforme per costringerlo a guardarla negli occhi pieni di rancore. Proprio non si accorgeva del male che faceva a lei e a Mai ogni qual volta se ne usciva con quelle sue stupide convinzioni? «Sono io ad essere stanca di ripeterti che sei un cretino» aveva esordito, quindi, quasi in un ringhio profondo. «Smettila con questo vittimismo e reagisci!» L'indole tranquilla che lo caratterizzava aveva vietato a Takumi di reagire fisicamente al rimprovero. Akira allora aveva continuato, allentando la presa attorno alla sua giacca, senza però lasciarlo andare. «Takumi...» aveva mormorato con voce roca. «Per quanto ancora dovrà andare avanti questa storia?»
«Forse fino a che il mio cuore non...»
Non gli aveva lasciato finire la frase. «Azzardati a dirlo e ti prendo a pugni!» aveva esclamato, feroce, tornando a strattonarlo. «Bada bene, questa volta ti ho avvisato, ma alla prossima te ne arriva uno dritto sul naso.»
Lui si sarebbe senz'altro messo a ridere se la ragazzina non fosse stata dannatamente seria. «Akira-kun,» aveva spiegato, portando entrambe le mani su quelle di lei, forse per impedirle di mettere in atto la minaccia appena pronunciata, «Onee-chan sarebbe più felice.»
«Stupido!» gli aveva urlato ancora contro l'amica, disperata. «Se tua sorella si spacca la schiena per te, è per darti un futuro! È questo pensiero che la rende felice, e se sapesse di avere un fratello così stupido, ed egoista, sicuramente si arrabbierebbe come sto facendo io!»
Avendo notato come gli occhi di lei avevano iniziato a diventare lucidi a causa delle lacrime represse, il giovane aveva iniziato a chiedersi se davvero le cose non stessero come gli assicuravano lei e sua sorella. Tuttavia, Takumi continuava a credere che se fosse stato lui a morire quel giorno nel fiume, anziché sua madre, con tutta probabilità adesso Mai sarebbe stata libera di vivere un'esistenza molto più simile a quella delle altre adolescenti.
Però...
Però non era soltanto lei a soffrire a causa sua. Ormai aveva coinvolto anche la sua compagna di stanza, forse molto più di quanto avrebbe dovuto. E, nonostante tutto, non gli riusciva di rimproverarsi della cosa. Akira era la sua valvola di sfogo, e avrebbe voluto che anche lei lo trattasse allo stesso modo, eppure così non era. Sapeva che le donne erano abituate a nascondere molti più segreti rispetto agli uomini, ma lei era diversa dalle altre, lei non aveva nessun'amica con cui parlarne, lei era sola. Aveva esclusivamente lui. E non voleva perderlo. Che anche il suo fosse un discorso egoistico o meno, a Takumi poco importava: gli dava conforto la consapevolezza di essere importante per qualcuno che non fosse Mai.
«Takumi...» aveva alitato Akira, interpretando il suo silenzio come un volersi intestardire nella propria posizione. «Per favore... Takumi...» Il tremore della voce aveva annunciato le lacrime che lentamente avevano iniziato a scivolarle sul viso arrossato dal pianto e dalla rabbia.
«Perdonami» le aveva sussurrato lui.
Si era poi sospinto in avanti per stringerla a sé, e la ragazza lo aveva lasciato fare, senza però ricambiare il gesto. Si era limitata a nascondere la faccia nell'incavo del suo collo in attesa che i singhiozzi si placassero. Insomma, aveva continuato a pensare, furiosa come non mai, glielo aveva pur detto che anche lei ci teneva alla sua vita, che anche lei gli voleva bene. E allora perché quell'idiota continuava a spezzarle il cuore in quel modo?
«Sai...» lo aveva sentito mormorare dopo qualche attimo. «In realtà avrei un sogno.» Akira si era zittita all'istante, mettendosi in attesa. «Io... vorrei poter diventare forte.»
«Non sei neanche capace di aprire da solo una bottiglietta d'acqua minerale» lo aveva preso in giro lei in modo esagerato per pura stizza.
Takumi aveva sorriso, stando al gioco. «Per questo vorrei che mi aiutassi.»
«Non insegno il ninjutsu agli imbranati.»
Rassegnato all'idea di essere etichettato da lei come un incapace, si era costretto a spiegarsi meglio. «Vorrei che restassi con me.» Con quelle parole aveva finalmente ottenuto il risultato di farla ammutolire. «Lo so che sono fastidioso, ma sei l'unica che riesca a scuotermi.» Le mani dell'amica avevano allora lasciato la presa attorno alla stoffa della sua uniforme e, scivolando in un modo che lui aveva trovato piacevole, gli avevano cinto le spalle. Il giovane aveva affondato il volto fra i suoi capelli scuri, mentre Akira rialzava il capo, cercando con lo sguardo quello dell'amico. Questi si era infine chinato di nuovo su di lei, cercandole la bocca con la bocca, trovandola ad accoglierlo come se non avesse mai aspettato altro.
«Cos'è, il tuo modo per diventare grandi?» gli aveva rinfacciato la HiME, evitando i suoi occhi perché vergognosa di quanto avevano fatto.
Non offendendosi minimamente per quell'acida reazione a caldo, Takumi le aveva invece sorriso ancora. «Forse. Cioé... perché no?»
«Non voglio abbassarmi ai livelli di quei mocciosi d'oggi che pensano di avere già capito tutto della vita unicamente perché sono stanchi di essere trattati come bambini» lo aveva messo in guardia lei.
L'altro aveva scrollato le spalle. «Non era mia intenzione farlo per questo motivo.» Finalmente Akira era tornata a guardarlo, timida. «È solo che... mi rendi forte.»
A quel punto era stata lei a prendere di nuovo l'iniziativa. Ed ora si ritrovavano a dover scegliere se continuare per quella strada o se piuttosto lasciar perdere, accontentandosi di quella consapevolezza senza necessariamente doverla approfondire.












Anzitutto, auguri di buon anno a tutti. ^^
In secondo luogo, come sempre mi vergogno di ciò che ho scritto. Abbiate pazienza, è per una giusta causa: mia moglie Hinata_chan mi aveva promesso una selvaggia ricompensa, se avessi messo nero su bianco un'idea che le avevo esposto stamattina. Potevo dirle di no? Anche perché poi è arrivata l'altra nostra moglie, Atlantislux, ad ordinarmi di pubblicare 'sta cosetta... e di lei ho paura, lo confesso: dopo la strage che ha iniziato con la sua long-fic, ho ben ragione a temere per la mia incolumità. XD
Scherzi a parte, inizialmente la storia doveva concludersi con questo capitolo, così che il finale aperto lasciasse piena immaginazione ai lettori. Ovviamente, per chi preferirà che la storia si interrompa qui, sarà liberissimo di non leggere il prossimo aggiornamento; altrimenti, se la curiosità vi divora, abbiate pazienza fino a domani: la fiction è già stata scritta nella sua interezza. ;)
Ringraziando come sempre le mie consorti per il gentile aiuto e per l'affettuoso appoggio, vi saluto e vi do appuntamento al secondo capitolo.
Shainareth







  
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