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Autore: Judy Kill Em All    16/05/2015    1 recensioni
Anche a me hanno porto tante mani, davvero, come agganci. “Dai, tirati su, sei ancora in tempo per non morire!”, ma non ne ho accettata nemmeno una.
“Sapete è una questione d'orgoglio”, declinavo educatamente in silenzio.
Ed io aspettavo e ancora aspetto i suoi artigli da arpia, perché preferisco che lei mi sfregi il viso e mi tiri via gli occhi all'aiuto di chiunque.
Genere: Introspettivo, Malinconico | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Ho notato che non riesco a scrivere se sono felice, allora mi interrogo.

Non è che non abbia problemi, tutti ne hanno, solo, probabilmente, ne descrivo principalmente peggiori. Come la storia di Angelica che, vista e rivista, è sempre la stessa, o la storia del ragazzo trasparente che si liquefaceva sul pavimento in pietra, o ancora di quel ragazzo che fumava, o i due miei amici piromani.

I ricordi rimangono.

I miei due amici piromani, il serpente che ruba le borse ed il dragone no.

Non c'è più spazio per loro? Nella mia mente dico.

Beh nella mia mente non ci sono tante cose, ad esempio non mi ricordo mai se una funzione si dica trascendente o trascendentale e la differenza tra concavo e convesso, la seconda ha provato a spiegarmela il ragazzo con il cervello pieno di fumo, ma già non me la ricordo.

A volte penso che tutto vortichi nella mia testa, un po' come cadere in una buca inseguendo un coniglio bianco con panciotto ed orologio da taschino.

Come quando mi impongo di stare a dieta e non mi rispetto, cosa capita quando ciò accade? Perché succede? Ma soprattutto: mi piace davvero mangiare gallette schifose di cartone spacciandole per buone?

Beh quello che mi passa per la testa è vario, sto pensando ad esempio che non scrivevo da tanto tempo e che vorrei imparare il latino ed il giusto verso in cui mettere gli accenti, che mi piacerebbe mangiare giapponese anche se ho mal di stomaco e devo studiare perché ho paura di misurarmi con gli esami.

Gli inizi sono complicati, ho cercato di iniziare di nuovo a parlare con Angelica Opportunista, è un po' come Roma per Byron, come il coro dell'Adone. Si avverte qualcosa che manca.

In lei mancano gli occhi che brillano quando mi guardano senz'altro, ma in realtà non mi manca, è palese che mi manchino tante cose, come un abbraccio dal dragone sputafumo che ha esaurito il fuoco e non è più sul piede di guerra.

E Dio! Quanto mi manca solo io lo so! Darei l'animo per riaverlo indietro.

Lui e l'uomo degli scaldacollo. Che tra l'altro sono amici.

Mi mancano come l'aria.

Mi mancano che davvero mi sento morire.

E Angelica può aspettare, è troppo poco per competere.

Pensate che persino Orlando e Medoro me l'hanno risputata, poi l'hanno riafferrata, come se non l'avessero digerita bene e l'hanno di nuovo assorbita nella sua integrità.

Non so perché, ma con Angelica sono tutti così: prima la vogliono, poi non più, ma alla fine la mano gliela porgono sempre.

Anche a me hanno porto tante mani, davvero, come agganci. “Dai, tirati su, sei ancora in tempo per non morire!”, ma non ne ho accettata nemmeno una.

“Sapete è una questione d'orgoglio”, declinavo educatamente in silenzio.

Ed io aspettavo e ancora aspetto i suoi artigli da arpia, perché preferisco che lei mi sfregi il viso e mi tiri via gli occhi all'aiuto di chiunque.

Sono abbandonata lì, sul dirupo, mi tengo su con una mano e penso alle mie ossa vetrose, a quanto siano stanche di sopportare anche quello e a quanto ci abbiano messo a soffiarle tutte a mano una per una e anche in quanto andrebbero tutte in frantumi.

A volte le sento sfregare ed il rumore mi dà il voltastomaco, sapete, come le unghie sulla lavagna, mi si accappona la pelle e vorrei scappare lontana da me.

Il ragazzo della liquefazione se n'è andato perché era il suo ultimo anno, ed è stato giusto così, perché ho trovato felicità altrove, ed è chiusa questa breve parentesi.

Sto davvero cercando di mettere un punto decisivo per schedare la fase della mia vita che racchiude tutte queste brutte cose, ma non ce la faccio, le unghie lunghissime della creatura mitologica di cui sopra, continuano a scucire l'involucro legato con cura e maestria.

Il ragazzo che aveva finto la propria morte, questa volta è sparito per davvero, e non ho più avuto sue notizie, abitava nella via con il nome della piazza dove c'è il capolinea del pullman qui dove vivo io. Ogni volta che suonavo al campanello ci metteva una manciata di minuti per rispondere e io volevo sparire perché lo odiavo, ma lo amavo, come Catullo. Avrei scritto una fiaba e mille poesie per lui, ma io ero Saffo e non ho più avuto speranze quando l'incantesimo si è spezzato, beh l'incantesimo ed il mio cuore si sono spezzati. Poi nessuna notizia.

E oh Angelica quanto ti dedicherei un racconto rosa in cui io e te ci incontriamo e c'è il lieto fine, ti porterei ai Campi Elisi e ti leggerei la nostra storia tutta d'un fiato, poi ti porterei sulla Tour Eiffel e ti chiederei di sposarmi; sono una vedutista ed osservo il mondo attraverso una camera ottica, per ampliare il mio cono visivo, ma tu non ci sei comunque.

Disegno paesaggi giorno e notte per raccontare fiabe, ma soprattutto romanzi cavallereschi. Per raccontare di quando scegliesti Medoro e non Orlando e ingannasti tutti gli altri, ma soprattutto per ricordare di quando ti chiesi la mano a Parigi circondate da luci abbaglianti, amore e profumo di croissant, mi rispondesti di sì ed annusasti il profumo di Provenza che c'era nella tua borsa, il giorno dopo mi svegliai, sola, con un mazzo di lavanda sul cuscino.

Il mazzo color indaco è su una mensola, vicino ad un ricordo, tu sei lontana ed io non ti penso più.

  
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