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Autore: Anairim M    19/05/2015    0 recensioni
"Il sole era improvvisamente scomparso ed il cielo si era riempito di nuvole nere. Campi su campi, nessuno intorno, il silenzio più assoluto".
Genere: Fantasy | Stato: completa
Tipo di coppia: Het
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Mi guardò un istante, guardò la porta, richiuse l'armadio e scese giù. Ero convinta fosse giunta la mia ora. Stava avvertendo i suoi simili che nell'armadio si trovava la cena, ero finita. La porta si riaprì. Più tremolante che mai, chiusi gli occhi. Anche se mi avessero ucciso, non l'avrei voluto vedere. Che lo facessero in fretta, pensai. Ed ecco che l'armadio fu riaperto. E' vero, avevo deciso di tenere gli occhi chiusi, ma non ce la facevo, perciò li aprì. Questo ragazzo-vampiro che prima mi aveva fissato con quello stesso sguardo e poi se ne era andato, era ritornato. Non sentì rumori nella stanza, evidentemente non aveva avvertito gli altri, anzi vidi che mi aveva portato del cibo, cibo umano. Pensai che in realtà sapevano tutti della mia esistenza e prima di mangiarmi volevano avvelenarmi per evitare che io soffrissi.. che carini!. "Mangia!" disse lui. "Non ho fame" risposi. "Ma devi mangiare..." "Così mi avvelenate vero?!. Scoppiò in una grossa risata e disse " Non è mia intenzione avvelenarti, pensavo di farti una gentilezza così, e nessuno sa della tua presenza tranne me". Decisi di dargli un morso, al panino intendo, non sono mica un vampiro come lui. Non era male in fin dei conti, e non mi riferisco solo al panino. Alto, moro, occhi castani, col fisico scolpito che si notava anche con la maglietta. Mi disse che dovevo restare per un po’ nell’armadio, che uscire non era una cosa sicura. Dopo di che, se ne andò chissà dove. Dopo poco tempo sentì uno strano rumore all’interno della stanza, ma non proveniva dalla porta, proveniva dalla parte opposta. Aprì appena l’armadio, per riuscire a vedere e capire ciò che stava succedendo e vidi una finestra che dava su un balcone che prima non c’era. Ero sicura che i vampiri avessero sentito quel rumore, tanto forte com’era stato, perciò velocemente uscì dall’armadio e mi recai in quel balcone, per riuscire a trarmi in salvo. Ma una volta nel balcone, come avrei fatto a scappare da quella casa? Non ci avevo pensato, avevo agito di impulso. Nel frattempo sentì la porta della stanza spalancarsi e una decina di vampiri entrare. Videro e rimasero sopresi, proprio come me, questa finestra. Stavano per raggiungermi in quel balcone, non sapevo che fare, era la fine. Mi intravidero dalla finestra. Prima rimasero a fissarmi sbalorditi poi con velocità uscirono nel balcone per raggiungermi. Decisi di buttarmi da lì, era l’unico scampo. Probabilmente mi sarei spiaccicata al suolo, meglio che morire mangiata da un vampiro comunque. Un respiro e… saltai, chiudendo gli occhi. Aprì gli occhi. Ero viva e sana. Se lo ero però dovevo ringraziare quel ragazzo-vampiro. Infatti era stato lui a portarmi giù, in salvo. Lui era uno di loro, perché mi aiutava? E perché non voleva mangiarmi vista la sua natura?. Gli altri vampiri ci raggiunsero prima che potessimo scappare. Presi un pezzo di legno appuntito che si trovava sotto i miei piedi e lo scagliai contro essi, per difendermi. Riuscì a colpire alcuni di essi e sganciarmi dalla loro presa. Ma quel ragazzo era ancora lì, e non sembrava proprio andare d’accordo con i suoi simili, soprattutto dopo quello che aveva fatto. Perciò decisi di non andarmene finchè non avessi tratto in salvo anche lui. Mi avvicinai per toglierlo dalle grinfie di quel vampiro balordo. “Ben fatto, Jeremia” disse quello che sembrava il capo dei vampiri al ragazzo-vampiro che fino a prima mi era stato amico. Mi cadde il mondo addosso. Ero stata così stupida a pensare che volesse realmente aiutarmi. Aveva solo aspettato il momento giusto per farmi del male. Iniziai a fissare un punto qualsiasi al di sopra delle loro teste, e loro molto intelligenti fecero lo stesso. Ne approfittai per togliermi dalla loro presa e vista, scappai più velocemente che potessi. Ero molto lontana, avevo corso tanto e di loro non c'era più traccia. Mi ritrovai in un sentiero scuro, spoglio, silenzioso. “Fermati” sentì urlarmi alle spalle. Era quel traditore di Jeremia. “Aspettami! Non muoverti!”. Come pretendeva l’ascoltassi e addirittura aspettassi dopo quello che aveva fatto..?!. “Stai calma… c’è… c’è.. guarda ai tuoi piedi”. Un enorme serpente verdigno mi circondava strisciando. Non sono morta mangiata dai vampiri, né mi sono spiaccicata al suolo. Sarei morta a causa di un serpente, bello. Jeremia, lo distrasse, lo colpì con un sassolino. Mi allontanai, vidi un albero e mi arrampicai. Mi sentivo un po’ in colpa. Io ero al sicuro sull’albero mentre lui era alle prese con un serpente, per colpa mia. O forse se lo meritava dopo quello che aveva fatto. Era un vampiro, caspita, per lui affrontare un serpente era cosa da niente. Infatti lo affrontò come se nulla fosse, dopo di che mi raggiunse sull’albero. Chiesi come mai avesse voluto salvarmi la vita quando fino a poco tempo prima mi voleva consegnare nelle mani dei vampiri. In realtà, è vero, lui non aveva riferito a nessuno della mia presenza, nessuno sapeva di me. Ma il capo vampiro malvagio, aveva capito che l’avrei salvato, ricambiando la gentilezza e aveva deciso di inventare questa bugia per fa sì che mi consegnassi. Passammo alcune ore lì, seduti vicini sull’albero. Non eravamo soli. C’erano anche uno scoiattolo e un nido di piccoli uccellini, in alto. “Non possiamo passare la notte qui..” disse J. “Ci vorrebbe un posto tranquillo, al sicuro..magari una casa”. A queste parole, lo scoiattolo tese le orecchie e fissò un punto oltre l’albero. Prese una noce e la tirò giù per terra, in direzione di quel punto. “Scendi, andiamo” dissi a Jeremia, “Seguiamo lo scoiattolo, ci vuole indicare un posto”. Incredulo mi seguì, seguimmo insieme quel piccolo guidatore che ci condusse realmente davanti una casetta. Non era spaventosa come quella precedente ma sembrava molto accogliente. Bussammo. Ci aprì un uomo alto, robusto, con la barba e gli occhi che davano segno di averne viste tante.
   
 
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