Il dolce e triste suono del carillon

Eccomi qui, nel posto più triste che la mia mente conosca, il cimitero.

Cammino verso la porta del suddetto luogo, osservando il paesaggio cupo e solitario, portando con me solo un mazzo di narcisi gialli unito a quello di un giglio bianco.

Attraverso la scalinata sentendo la tristezza aumentarmi, perché è difficile stare lì senza avere un minimo di disperazione.

Arrivo all'interno dell’edificio e lì mi fermo guardandomi intorno.

La vedo facilmente, perché è a pochi passi da me.

La sua tomba, la tomba di mio zio, morto quasi dieci anni addietro.

Mi avvicino lentamente senza fare troppo rumore e poso lentamente i  fiori all'interno del vasetto, togliendo l’alluminio che raccoglieva il mazzo e buttando i fiori secchi dentro il cassonetto dei rifiuti.

Ricordi lontani mi tornano improvvisamente in mente, mentre una dolce melodia, ma al tempo stesso deprimente, di un carillon volteggia nell'aria a poca distanza da dove sono  io.

Probabilmente qualcuno vuole salutare così un suo caro, in un modo assai originale, oppure quella musica era piaciuta al defunto.

Qualunque sia la verità, quella musica mi rimane impressa, da quando metto l’acqua nel vaso a quando torno a casa.

Lì rifletto sulla morte e comprendo quello che un celebre scrittore ha fatto conoscere ai suoi lettori: i morti non sono mai del tutto morti, perché finché qualcuno non li dimentica, essi rimangono sempre vivi nella nostra memoria.

Ringrazio quel carillon, con il quale comprendo  tutto questo.

Un suono così fine, ma pieno di significato.