Prologo
Flamaerys
passeggiava lungo il parco degli
Dei, inspirando l’odore dei fiori che a malapena copriva
l’olezzo stantio della
capitale. Suo padre le aveva sempre detto che Approdo del Re era un
ricettacolo
di pusillanimi che agivano nell’ombra e si prostravano a
questo o quel nobile
signore nella speranza di ottenere maggior potere e prestigio sociale;
in
nessun angolo della città si era al sicuro dalle spie e
dagli informatori dei
potenti della corte. Men che mai ora che Lord Bloodraven aveva tessuto
una rete
d’informatori d’inestimabile efficacia.
“Quanti
occhi ha Bloodraven? Mille più uno” recitava un
detto popolare. Tuttavia suo padre aveva provveduto, sedici anni prima,
a
privarlo di uno dei suoi veri occhi.
L’orbita svuotata, insieme alla singolare voglia rossa,
contribuivano a rendere
il Grande Bastardo albino decisamente inquietante ai suoi occhi.
Per
il
suo aspetto e perché se fosse per lui sarei già
morta … o peggio.
Shiera
Stella Marina, d’altro canto, non sembrava
condividere affatto le sue remore dal momento che da anni condivideva
il suo
talamo. Come la lady, leggendaria in tutti i Sette Regni per la sua
bellezza,
potesse trarre piacere dalla sua compagnia rimaneva per lei un gran
mistero.
Eppure
anni
prima aveva scelto Brynden e non Aegor, come molti si aspettavano.
Corvo di
sangue invece di Acreacciaio. Una scelta incomprensibile.
Un
bambino calvo, dall’aspetto gracile e l’indubbia
provenienza
dal Fondo delle Pulci, le rivolse un’occhiata distratta e
sgattaiolò via come
se avesse gli Inferi alle calcagna. Uno dei mille occhi di Brynden, che
non
perdeva mai occasione per osservare i suoi movimenti.
Quasi
si aspettasse di vedermi ordire una congiura di palazzo, armare un
esercito e
marciare per insediare sul trono un Blackfyre.
La
sua presenza ad Approdo del Re era stata un’abile mossa
diplomatica con cui il Primo Cavaliere di Re Daeron II
nonché prossimo erede al
trono, il principe Baelor “Lancia Spezzata”, aveva
evitato la sua prematura
esecuzione. Perché uccidere una lady che non aveva alcuna
colpa se non quella
di esser frutto dei lombi di Acreacciaio?
Le
principesse Aelora e Daenora avrebbero avuto bisogno di
una lady loro coetanea con cui passare il tempo e lei era di sangue
sufficientemente nobile per ricoprire quella carica. Era in parte
Blackfyre,
certo, ma una giovane donna non aveva alcuna velleità per le
arti di guerra né per
gli intrighi reali. Daeron si era detto d’accordo,
visibilmente contrariato
dall’idea di giustiziare la sua giovane mezza nipote, e Corvo
di Sangue non
aveva potuto fare altro che asserire che l’avrebbe tenuta sotto stretta
sorveglianza.
Così
lei si era ritrovata prigioniera ad Approdo del Re.
Trattata con ogni riguardo, certo, ma ciò non toglieva il
fatto che non fosse
libera di poter lasciare la città se lo desiderava.
Una
prigione, anche se dorata, resta pur sempre tale.
Era
grata a Baelor, che con lei si era sempre comportato in
modo cortese, e le giovani principesse erano affezionate a lei come a
una
sorella. I figli del principe Maekar, d’altro canto, non le
avevano mai
prestato troppa attenzione. Non che trascorressero molto tempo ad
Approdo del
Re, rintanati com’erano a Sala dell’Estate.
Del
resto Daeron passa quasi l’intera giornata ubriaco, Aerion
é la riprova di
quanto possa essere totale la pazzia Targaryen quando si manifesta,
Aemon é barricato
nella Cittadella ed Aegon e le sue sorelle sono troppo giovani
perché io possa
trovare conforto dalla loro compagnia.
Valarr,
Aelor e Matarys passavano tempo interminabile nelle
lizze, ad addestrarsi per divenire i migliori cavalieri dei Sette
Regni. Talvolta
si univa a loro, desiderosa d’imparare tutto ciò
che c’era da sapere sull’arte
della spada, e una volta aveva persino provato a giostrare. Era finita
a terra,
battendo la schiena con un tonfo sordo, e per un attimo le era sembrato
di
vedere le stelle.
Aelor
e Matarys avevano riso, prendendola bonariamente in
giro, una volta che si erano accertati delle sue condizioni. Ma Valarr
no.
Il
Giovane principe, com’era stato soprannominato,
l’aveva
aiutata ad alzarsi e l’aveva osservata con apprensione
insistendo per scortarla
dal maestro e poi nelle sue stanze.
Il
cavalleresco Valarr. Una versione più giovane, alta e bella
del già di per sé attraente
Baelor.
-
Flame, sei di nuovo persa nei tuoi pensieri? –
La
voce di Aelora la riscosse dalle sue considerazioni.
-
Scusami, Ali. Di cosa stavi parlando? –
-
Certe volte sembri Daeron, immersa in un mondo tutto tuo –
considerò, sorridendo e scuotendo la testa, - Parlavo del
ballo in onore del
compleanno di mio zio. Pensi di andarci con qualcuno? –
Andarci
con qualcuno … come se i pretendenti per la figlia di un
traditore fossero
così numerosi.
-
In realtà non so neppure se ci andrò. –
Aelora
la guardò come se fosse impazzita. – Tu devi
esserci,
non puoi perderti l’evento dell’anno. –
Posso
e
lo farò, se la mia presenza non sarà
obbligatoriamente richiesta.
-
Sei emozionata per l’annuncio ufficiale del tuo
fidanzamento con Aelor? – cambiò discorso
rapidamente, certa che l’argomento
avrebbe allontanato almeno per un po’ la scelta di un suo
ipotetico cavaliere
per la serata.
Le
guance alabastrine di Aelora si tinsero di una delicata
sfumatura rosata che contribuiva a farla sembrare ancora più
dolce e innocente.
-
Lo sono, anche se Aelor non é neanche lontanamente bello
come Valarr o Aerion. –
Non
sarà bello come Aerion, ma di sicuro é
più sano di mente. E Valarr … perché
ogni
volta le nominavano il Giovane principe?
-
Aelor ti adora, ed é piacevole a guardarsi anche se non
possiede quella bellezza virile. –
Imberbe,
con il petto pallido ancora glabro, il gemello di
Aelora dimostrava a una prima occhiata meno dei suoi sedici anni. Ma
aveva un
animo semplice e gentile, combinazione rara a corte in quegli anni.
-
Forse potresti essere tu la dama di Aerion – propose
d’un
tratto.
Neanche
morta.
Aerion
le aveva già rivolto le sue attenzioni in passato e
il ricordo di queste era sufficiente a farla rabbrividire. Persino
Bloodraven
era incapace di farle provare quella sensazione d’angustiante
oppressione che
il figlio del principe Maekar suscitava in lei con una semplice
occhiata.
-
Non credo proprio che tra me e tuo cugino possa mai
nascere nulla. –
Nulla
a
cui io acconsenta spontaneamente, perlomeno.
-
Valarr, allora! – Battè le mani deliziata.
– Formereste una
bellissima coppia, non credi? –
Suo
padre ha sconfitto il mio durante la Ribellione dei Blackfyre. Nessuno
a corte
approverebbe mai una simile unione.
Sua
Grazia aveva concesso il perdono, certo, ma di qui ad
approvare un matrimonio tra un suo erede e la figlia
dell’uomo che aveva
scatenato Daemon e la Ribellione …
Un
matrimonio! Per i Sette Dei, cosa andava a pensare?
-
Ne riparleremo, Ali. Adesso scusami, ma ho proprio bisogno
di ritirarmi nelle mie stanze. –
La
lasciò così, nel bel mezzo del parco degli Dei,
certa che
sul volto della principessa fosse comparsa un’espressione di
assoluto stupore.
Per
una principessa Targaryen doveva sembrare assurda l’idea
di non preoccuparsi del proprio futuro matrimoniale. La
verità era che, nel suo
caso, sarebbe stata fortunata a ricevere almeno una proposta da qualche
giovane
lord.
Percorse
l’ingresso principale della Fortezza Rossa,
imbattendosi in un paio di Cappe Bianche dirette alle lizze.
Sorrise
appena all’indirizzo di Ser Alessarion Tarly della
Guardia del Re, che più di una volta aveva sorpreso
nell’atto di osservare le
curve che i suoi abiti in seta di Volantis mettevano in risalto invece
di
celarle come facevano gli abiti delle altre nobildonne di Approdo del
Re. Solo
Lady Shiera seguiva come lei la moda delle Città libere.
Il
cavaliere accennò un inchino, sorridendo di rimando, prima
di sparire dietro l’angolo insieme al suo confratello.
Proseguì
a passo leggero, trovandosi davanti proprio colui
che più di ogni altro aveva sperato di evitare.
Aerion
Brightflame Targaryen.
Alto,
bello come un dio greco, i capelli di quel singolare
argento condito da una punta d’oro che da secoli apparteneva
ai Targaryen.
Un
sorriso arrogante gli stirò le labbra sottili verso
l’alto.
-
Flamaerys Rivers. Dunque mio zio ti lascia il guinzaglio
fin troppo sciolto, proprio come pensava mio padre. –
Nessuno
la chiamava Rivers, malgrado quello fosse il suo
cognome. Era una sorta di cortesia formale quella di rivolgersi a lei
con il
semplice titolo di milady, o lady Flame se con il suo interlocutore
c’era un
rapporto particolarmente amichevole.
-
Aerion. –
-
Principe Aerion –, la corresse gelidamente, - al contrario
di te, io non discendo da un Bastardo. –
Chissà
quanto sembreresti regale con un mio pugno stampato sul volto.
Come
se avesse percepito i suoi pensieri, si accigliò e
mosse un paio di passi verso di lei fino a stringerla tra sé
e il muro in
fredda pietra.
-
Qualcuno dovrebbe insegnarti a mostrare il giusto … riguardo, verso un principe Targaryen.
–
Le
afferrò il mento, tenendolo stretto tra le dita sottili e
costringendola a guardarlo negli occhi mentre la osservava con un
interesse che
aveva del morboso.
-
Forse potrei essere io a insegnarti … sei sufficientemente
bella per essere in parte una cagna Blackfyre. –
Non
replicò, limitandosi a sostenere il suo sguardo cercando
di non fargli capire quanta paura avesse di lui. Lo conosceva quanto bastava per sapere
che l’incutere
paura in chi lo circondava era un afrodisiaco per il principe.
Le
labbra sottili del giovane uomo catturarono le sue con
impeto, insistendo finchè non riuscì a
convincerla a smettere di serrarle e a
concedergli l’accesso alla sua bocca. Fu allora che
affondò i denti con
decisione, stringendo il labbro del principe finchè il
sapore metallico del
sangue non la raggiunse.
Aerion
si tirò indietro con un gemito sofferente. – Razza
di
puttana! – Il sangue sgorgava copioso dal morso sul labbro,
imbrattandogli i
denti regolari e la pelle candida del mento.
Flamaerys
sgattaiolò via con l’agilità di un
gatto,
portandosi lontana dal raggio d’azione del principe. Corse
lungo il corridoio,
tenendosi le vesti tra le mani per evitare di inciampare. Aerion era
sufficientemente furioso da non lasciare spazio a dubbi su quello che
le
avrebbe fatto se fosse riuscito a mettere le mani su di lei.
-
Stupida puttana! Per questo non mi limiterò a fotterti
–
le gridò dietro.
Svoltò
l’angolo a corto di fiato, sufficientemente vicina
agli appartamenti delle principesse perché Aerion non osasse
attaccarla. Se
avesse gridato, le guardie l’avrebbero raggiunta in una
manciata di secondi.
Si
lasciò cadere a terra, la schiena contro il muro, e
cercò
di regolarizzare i battiti del suo cuore prendendo respiri sempre
più lenti e
cadenzati.
Il
rumore dei passi che si avvicinavano le mozzò nuovamente
il respiro. Allarmata, balzò in piedi pronta a combattere e
urlare a
squarciagola.
La
figura che si ritrovò davanti, tuttavia, era sì
quella di
un principe ma non di Aerion.
Valarr,
la cotta di maglia ancora indosso e le ciocche
argentate, che risaltavano tra quella chioma dello stesso colore delle
ali di
un corvo, appiccicate alla fronte a causa della polvere e del sudore
accumulati
durante gli allenamenti.
-
Sembra che tu abbia appena visto un fantasma. Magari
quello della Regina Rhaenyra? – ironizzò.
-
Magari avessi visto un fantasma, l’incontro sarebbe stato
certo più salutare. –
Valarr
si fece immediatamente serio.
-
Aerion? –
Proprio
lui, quel tuo cugino folle. L’unica persona tanto stolta da
attaccare la
protetta del Primo Cavaliere del Re.
-
Già. Ero appena rientrata dal parco degli Dei quando mi ha
sbattuta al muro. –
Gli
occhi azzurri lampeggiarono di rabbia. – Lui ha fatto
cosa?! – Poi abbassò lo sguardo, improvvisamente
incerto e imbarazzato. – Ti ha
… insomma, ti ha toccata?
–
Scosse
la testa. – Gli ho morso il labbro e sono riuscita a
scappare via. Sto bene. –
Valarr
però sembrava non averle dato ascolto perché
continuava
a tenere i pugni ben stretti e la mascella serrata mentre una delle
vene all’altezza
della tempia pulsava in modo pericoloso.
-
Ne parlerò con mio padre e zio Maekar. Finchè
rimangono alla
Fortezza, però, non dovrai più vagare per la
corte da sola. –
Questa
poi! Lei scappava all’aggressione di quel pazzo
furioso di Aerion e otteneva come punizione quella di essere ancora
più
segregata di quanto non fosse stata negli ultimi anni?
-
Quindi se Aerion si é incapricciato della “cagna
Blackfyre”
quella che viene punita sono io mentre lui può continuare a
girare per la corte
come se nulla fosse? – sbottò.
-
Ti ha chiamata lui in quel modo? –
La
voce solitamente pacata e galante di Valarr assunse una
sfumatura rabbiosa che raramente gli aveva sentito, ogni volta in
presenza di
Aerion.
-
Come se non sapessi che é ciò che pensate tutti
voi nobili
principi Targaryen – commentò aspramente.
-
Questo non é vero – protestò,
infervorandosi, - Io non ti
ho mai chiamata in quel modo … non potrei mai,
riferirmi a te così. Io … –
S’interruppe, serrando le labbra come a
impedire che qualcosa di compromettente vi scivolasse fuori.
– Ti prego, Flame,
non dargli occasione di provarci di nuovo. –
Era
dolce il modo in cui pronunciava il suo nome. Amorevole, forse
… oppure il
semplice sentimento fraterno che si instaurava tra giovani che avevano
condiviso larga parte della loro vita sotto lo stesso tetto.
-
Non gli permetterò di provarci di nuovo e se farmi
scortare é l’unica soluzione …
acconsento. –
-
Ser Gwyn e Ser Alessarion rimarranno a tua disposizione
finchè mio zio e i suoi figli non faranno ritorno a Sala
d’Estate. –
Come
chiamate dal nulla, le due Cappe Bianche si
materializzarono alle spalle del principe e s’inchinarono.
-
Ti ringrazio, principe Valarr. –
S’inchinò
a sua volta in modo formale, ligia all’etichetta
di corte. Chiamare i principi e le principesse per nome era una
concessione
riservata solo ai colloqui privati e solo a pochi intimi.
-
Spero di vederti domani alla giostra, lady Flamaerys. –
-
Forse ci sarò, vostra grazia. –
-
E mi farai dono del tuo fazzoletto, mia signora? –
I
campioni delle giostre erano soliti portare sull’armatura
il fazzoletto della dama della quale aspiravano i favori.
Ser
Mormont della Guardia Cittadina, in barba a ogni
riguardo per Lord Bloodraven, era solito giostrare con il fazzoletto di
seta
azzurra di Lys di Lady Shiera. Lord Lungaspina ne aveva uno dorato, che
si vociferava
fosse stato donato da sua cugina Lady Olivya. Il Principe Maekar
giostrava con
il fazzoletto viola di sua moglie, Dyanna Dayne, da quando i due erano
due
fanciulli appena promessi. Aelora stessa diceva di voler regalare il
suo, rosso
come il drago a tre teste della Casata, al gemello in occasione del suo
primo
torneo.
E
Valarr vuole il mio. Che sia un semplice gesto di cortesia o un
tentativo di
farmi dimenticare le parole di suo cugino poco importa. Lui vuole
giostrare in
mio nome.
-
Sarebbe un onore, vostra grazia. –
-
E un piacere … spero. –
Annuì,
sorridendo graziosamente.
Proprio
come quelle bamboline belle e completamente prive di cervello che mio
padre
disprezza tanto. Se fosse qui probabilmente si rifiuterebbe di
riconoscermi
come sangue del suo sangue. E magari lo facesse … tra un
marchio di bastarda e
uno di traditrice non c’è poi questa gran
differenza.
-
Ti aspetterò nel mio padiglione, mia signora. –
S’inchinò
rapidamente, gli occhi azzurri che luccicavano
allegri, per poi allontanarsi con andatura decisa.
-
Credo che sia tempo che mi ritiri nelle mie stanze –
annunciò, senza rivolgersi in particolare a nessuno dei due
cavalieri. Essere
scortata era una sensazione strana e credeva che non sarebbe mai
riuscita ad
abituarcisi.
I
passi pesanti di Ser Gwyn e Ser Alessarion echeggiavano
dietro di lei.
Giunti
davanti alla porta in noce, li guardò con un pizzico
d’esitazione.
Una
principessa non ringrazia le Cappe perché fanno il loro
dovere, ma io non lo
sono. Si aspettano forse che dica loro qualcosa?
-
Forse la mia signora desidera cenare nelle sue stanze? –
chiese Ser Gwyn, venendole inaspettatamente in aiuto.
-
Sì, mi piacerebbe. Potresti cercare un servitore, Ser?
–
Con
un lieve cenno d’assenso, Ser Reyne obbedì alla
richiesta.
-
Cena e dormi tranquilla, piccola lady, nessuno varcherà
questa porta senza il tuo permesso – le assicurò
Ser Alessarion.
Ogni
minima traccia di ammiccamento era scomparso per
lasciare spazio a un comportamento professionale e sicuro di
sé.
Ser
Gwyn annuì, tornando giusto in tempo per confermare le
sue parole.
Le
parole le uscirono di bocca prima ancora che potesse
anche solo pensare di impedirlo.
-
Vi ringrazio, miei cavalieri. –
L’espressione
sorpresa sui loro volti venne sostituita in
fretta da un sorriso ciascuno. Augurata loro la buonanotte, chiuse la
porta
alle sue spalle e la sprangò con cura.
Consumò
la cena con velocità, ritrovandosi sorprendentemente
affamata dopo i fatti di poco prima, e scivolò via dal suo
abito per rannicchiarsi
sotto le coltri del letto a baldacchino. Chiuse gli occhi, rasserenata
dalla
presenza delle Cappe, e scivolò presto in un sonno senza
sogni.
Spazio
autrice:
Eccoci
con l’ennesima idea balzana che mi passa nella testa. Punto
primo perché adoro
i Grandi Bastardi e in generale tutti i Blackfyre; punto secondo
perché amo
Baelor e Valarr con tutto il cuore e non potevo non scrivere su di
loro; punto
terzo perché quando leggo qualcosa di Martin io finisco
inevitabilmente con l’innamorarmi
pazzamente di personaggi che muoiono entro la fine del volume. Insomma,
per
tutte queste ragioni, eccomi qui con un nuovo progetto. Spero che vi
piaccia e
che vogliate farmi sapere che ne pensate. Alla prossima.
Baci
baci,
Fiamma Erin Gaunt