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Autore: Carlos Olivera    22/05/2015    0 recensioni
Dimmi una cosa, principessa Angelise.
Tu sei davvero sicura di aver portato a termine Libertus? Di aver salvato i Norma? Hai condannato i Norma di questa Terra ad estinguersi poco a poco, e abbandonato quelli dell'Altra Terra in balia di una guerra senza fine con gli esseri umani che innalza tuttora montagne di corpi. E ora, in nome del finto ideale di un mondo non tuo, ti frapponi tra noi e l'unica cosa che potrebbe evitare la scomparsa di quel mondo che hai abbandonato, e del quale sembra non importarti più nulla; il mondo dei Norma. Il tuo mondo.
Tu non hai liberato proprio nessuno. Hai fatto quello che ho fatto anch'io.
Hai fallito. In tutto

Sequel di Cross Ange - Il Rondo di Angeli e Draghi, di Mitsuo Fukuda
Genere: Drammatico, Fantasy, Science-fiction | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het, Yuri | Personaggi: Ange, Nuovo personaggio, Silvya
Note: nessuna | Avvertimenti: Contenuti forti
Capitoli:
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5

 

 

La scarica era stata talmente potente che il para-mail di Ingrid era andato completamente in tilt, tanto che le ci vollero parecchi secondi per riuscire a riprenderne il controllo.

D’altro canto però, erano ancora tutti troppo sconvolti ed attoniti per pensare ad altro.

Sylvia più di chiunque altro era senza parole.

Erano passati ormai due anni da che tutti loro avevano potuto vedere con i loro occhi la Luce del Mana, e l’ultima cosa che si aspettavano era di incontrare qualcuno ancora capace di farne uso.

Ma ciò che avevano visto era, se possibile, ancor più straordinario, soprattutto dal punto di vista di Ingrid e delle sue compagne.

In fin dei conti, ciò che rendeva le Norma così speciali era proprio la loro totale avversione al mana, tale da renderle capaci di annullarne completamente gli effetti.

Eppure, incredibilmente, lo scudo che Mary aveva eretto a protezione del bulldog aveva resistito, respingendolo, anche all’attacco di un para-mail, che in linea teorica erano in grado di avere ragione del mana tanto quanto i loro stessi piloti.

«Non è possibile!» esclamò Jamie materializzando sul monitor il volto di Mary. «Quella ragazzina… che sia…»

Quindi, dal momento che il para-mail di Ingrid era ancora momentaneamente fuori uso, a quel punto fu lei a prendere il controllo dell’operazione.

«Lasciate perdere il blindato!» ordinò alle tre compagne. «Prendete quella bambina!»

Gli altri tre veicoli allora si mossero all’attacco, e stavolta non c’era nulla che Sylvia o le altre potessero fare per cercare di fermarli.

Se non che, all’improvviso, un’ombra nera sembrò oscurare la luna, e un istante dopo uno dei tre assalitori, come per incanto, si ritrovò privato di una delle sue braccia, per poi piombare apparentemente fuori controllo contro i suoi due compagni facendoli schiantare contro la montagna.

«Che diavolo è successo Tabitha, sei ubriaca per caso?» domandò una delle tre, Julia, alla compagna

«Non ne ho idea, qualcosa mi ha colpito!» rispose lei muovendo inutilmente i comandi. «Il mio sistema di guida è danneggiato! Ho perso il braccio destro!»

La stessa scena si ripeté, quasi identica, un secondo più tardi, e questa volta fu il para-mail del terzo membro della squadra, Rosie, a ritrovarsi decapitato, subito dopo aver visto una specie di fantasma passarle davanti.

«Il mio sistema visivo è andato! Sono cieca!»

«Ma che sta succedendo?» tuonò Julia prima che una delle sue due gambe venisse tranciata, e con essa metà della sua forza propulsiva.

Solo a quel punto la misteriosa ombra che in pochi istanti aveva fatto brandelli di tre para-mail si degnò di comparire, ma nel vederla tutti, a cominciare da Sylvia ed Ashley, rimasero di sasso.

Dinnanzi a loro non c’era un altro para-mail, ma un giovane uomo sui venticinque anni, capelli corvini scompigliati ma belli a vedersi, occhi scuri piccoli e lunghi, e un volto appuntito dominato da un’espressione fredda, che faceva da contorno al fisico scolpito da soldato.

Vestiva in modo semplice, quasi trasandato, con un paio di jeans blue e una maglietta bianca sormontata da un cappotto da motociclista tutto strappato con il collo di pelliccia. In mano, invece, aveva una katana, bellissima e probabilmente molto antica, la cui lama ancora parzialmente sguainata risplendeva di una luce irreale.

Sylvia e gli altri non riuscivano a crederci.

Com’era possibile per un solo uomo, per quanto visibilmente allenato e atletico, avere ragione di quelle macchine da guerra con l’uso di una comune spada?

Lo sconosciuto alzò il capo, quasi a cercare volontariamente gli occhi delle sue avversarie che lo fissavano interdette. Fu a quel punto che tutte, nessuna esclusa, parvero riconoscerlo, con le tre cadette che furono colte da un terrore così evidente che Tabitha, sicuramente la più debole delle tre, arrivò a bagnare il sedile. Di contro nello sguardo di Ingrid, sicuramente la più sorpresa e attonita nel veder comparire quello strano individuo, tornò ad accendersi la luce della follia.

«Tu… sei tu!» e senza neppure attendere che il suo Lamashtu, dotato della capacità più unica che rara di ripararsi autonomamente, seppure solo in modo approssimativo, fosse di nuovo pronto caricò il giovane a testa bassa.

Ma non fece in tempo a fare pochi metri che il para-mail cremisi gli arrivò alle spalle, cinturandolo magistralmente e impedendogli l’assalto.

«Ferma, Ingrid! Non fare pazzie!»

«Lasciami! Voglio ammazzarlo! Voglio ammazzare quel bastardo con le mie mani! È un’occasione che aspettavo da tutta la vita!».

Dal momento che Ingrid non voleva saperne di ascoltarla, e anzi si dimenava come una furia nel tentativo di liberarsi, Jamie non ebbe altra scelta che passare alle maniere forti, e scoperchiato uno dei pannelli di controllo dietro la schiena del suo para-mail strappò via di netto i cavi di alimentazione, lasciandolo immobile e privo di energia.

«Tu, maledetta sgualdrina! Che diavolo hai fatto?»

«A tutti i para-mail, sospendere le operazioni! Ritiratevi immediatamente!».

E senza pensarci due volte i quattro para-mail, pur gravemente danneggiati, mollarono la preda e scapparono, trascinando con loro anche Ingrid, che fino all’ultimo continuò a gridare di venire lasciata andare.

Il sollievo di Sylvia e le altre per essere scampate a quella situazione apparentemente senza uscita venne tuttavia cancellata quasi subito dalla presenza di quel giovane, il quale, rimasto senza avversari, si avvicinò con fare molto poco amichevole alla principessa e ad Ashley.

«Fermo!» gli intimò Ashley puntandogli il fucile, ma ricevendo in cambio un silenzio ignorato. «Un altro passo e ti faccio secco!»

«Aspetta, Ashley. Ci ha salvate.»

«Ma non l’hai visto cosa ha fatto?»

In quella, Mary riprese conoscenza, e vedendo Ashley con il fucile puntato immediatamente allungò la mano verso di lei.

«Ferma! Tu non sparare! Lui amico!»

«Amico!?»

Il giovane, giunto ormai appresso alle due ragazze, alzò allora il pugno, colpendo impercettibilmente la bambina sulla testa.

«Non ti ho sempre detto di non allontanarti mentre sto dormendo?»

«Scusa, onii-chan. Io visto Sylvia onee-sama in difficoltà, così io aiutata. Ma poi mi sono persa, e…»

«Onii-chan!?» ripeté Sylvia. «Ma allora… tu sei…»

«Sì. Lui Eric onii-chan

«E voi, di grazia, chi sareste?»

 

Al sorgere del sole, quando fu certo che le norma avevano abbandonato il campo, Sylvia e le sue compagne rientrarono a Sophia, ma ciò che si trovarono davanti era se possibile ancor peggiore di quanto avevano visto a Dolkin.

Del frutto di due anni di fatiche, sacrifici e speranze non restava che un cumulo di macerie dilaniate dalle esplosioni e annerite dal fuoco.

E, ancora una volta, i corpi delle vittime erano stati orribilmente profanati, facendone una massa di mummie scheletriche prive di liquidi.

Ai bambini fu risparmiato un tale spettacolo, almeno fino a quando non fu possibile dare una qualche sepoltura ai cadaveri ancora abbastanza integri da poter essere spostati, in tutto poco meno di un centinaio; degli altri, ormai, non restava che cenere.

Sylvia aveva voluto costruire personalmente le tombe per tutti i membri del suo consiglio, di nessuno dei quali restava più un corpo da seppellire, e passandole in rassegna una dopo l’altra la ragazza, sostando davanti a quella di Viktor, fu colta da un moto di pianto che neppure il suo collaudato autocontrollo fu in grado di evitare.

«È colpa mia» disse serrando i pugni. «Se gli avessi dato retta. Se avessi fatto evacuare la città, forse…»

«Non sarebbe cambiato nulla, mia signora» disse Helen raggiungendola e poggiandole una mano sulla spalla. «Volevano le vostre viste, e le avrebbero prese comunque. Voi avete fatto tutto quello che era in vostro potere per salvare quante più persone possibili, e sono sicura che anche loro lo sanno.»

Quindi, gli occhi di entrambe si volsero sui pochi sopravvissuti, raccolti ognuno dinnanzi alla tomba di un genitore, un fratello o un figlio.

«Ora però, la priorità portare queste persone al sicuro. Se ci riusciremo, allora coloro che stanotte non ce l’hanno fatta non saranno morti invano.»

«Non c’è nessun posto che possa dirsi sicuro» irruppe Eric comparendo alle loro spalle. «Almeno non in un raggio di cinquanta miglia dalla costa.»

«A questo punto, credo che tu ci debba una spiegazione» disse Sylvia. «Chi erano quelle Norma che hanno attaccato la città? Perché ho come l’impressione che tu li conosca.»

«L’hai detto tu stessa. Sono Norma.

Norma molto pericolose e ben equipaggiate.»

«E da dove vengono? Da Arzenal

«Da dove vengano non ha importanza. Battono l’intera costa di questo continente alla ricerca di villaggi da sterminare. Da Rosenblum a Mitsurugi, passando per Gallia, sono già due anni che si lasciano dietro fiumi di sangue.

Voi siete stati solo gli ultimi in ordine di tempo.»

«Per quale motivo compiono questi massacri?» chiese Ashley, sopraggiungendo a sua volta assieme a Mayu

«Non ne ho idea. Ma mi avevano messo in guardia su di loro. Dicevano che avrebbero dato la caccia anche a Mary qualora l’avessero trovata, e ora ci sono riuscite.»

«A proposito di Mary, chi è lei in realtà?» chiese ancora Sylvia intercettando con lo sguardo la ragazzina, che come una sorella maggiore cercava di consolare i bambini più piccoli che piangevano disperati davanti alle tombe dei propri genitori. «Alcuni mesi fa sono entrata nelle rovine del palazzo reale e ho letto il diario di Embryo.

Ora so tutto sulla verità che per millenni ci è stata nascosta, compresa quella legata alla capacità di usare il mana.

Come mai, ora che Aura è stata liberata, c’è ancora qualcuno capace di usare il mana?»

«Non chiedetemelo. Non saprei cosa rispondervi. L’ho trovata tre mesi fa all’interno di un laboratorio di ricerca nell’estremo sud di questo Paese.

Quando l’ho risvegliata, non sapeva neppure parlare. Era chiaro che era rimasta lì dentro per un lungo periodo di tempo.»

«Ho come l’impressione che tu non ci sia arrivato per caso in quel laboratorio.»

Il giovane temporeggiò, guardando in basso.

«Sono stato mandato qui da il Re Hindenburg di Rosenblum a mandarmi alla sua ricerca.»

«Re Hindenburg!?» strabuzzò gli occhi Sylvia. «Il padre della nobile Misty!? Allora sono ancora vivi?»

«Anche dopo la scomparsa del mana il re è riuscito in qualche modo a tenere insieme il suo regno. Venti mesi fa, poco dopo l’apocalisse, il re mi ha contattato, mi ha rivelato dove si trovava Mary e mi ha chiesto di portargliela.»

«Per quale motivo?» chiese Mayu

«Hindenburg ha promesso di darle protezione e tenerla al sicuro, e il cielo sa quanto ne ha bisogno.»

«Di cosa sta parlando?» chiese Helen. «Intende dire che quella bambina è in pericolo?»

«Avete visto coi vostri occhi di che cosa è capace. Una persona ancora in grado di usare il mana in un mondo pieno di persone che farebbero di tutto per disporre ancora di quel potere è come una pecora in mezzo a un branco di lupi.

Da che ci siamo messi in viaggio, tutti coloro che per un motivo o per l’altro hanno saputo delle sue capacità hanno cercato di rapirla, e alcuni ci stanno provando tuttora. Solo in un luogo protetto come il regno di Rosenblum potrà essere al sicuro.»

«Davvero!?» sentenziò Ashley. «E chi di dice che quel porco non voglia esattamente la stessa cosa?»

«Attualmente il Regno di Rosenblum è l’unica nazione che sia stata capace di rimanere unita e forte anche dopo l’Apocalisse. Hanno ricostruito il loro Paese senza bisogno del mana, e senza il mana vogliono farlo risorgere.

Il re, ma soprattutto sua figlia, mi hanno dato la loro parola d’onore. Terranno Mary con sé all’interno del loro regno fino a quando non avrà imparato a nascondere i suoi poteri, quindi la lasceranno libera di scegliersi la sua strada.

È questo l’accordo che mi hanno proposto.»

Poco dopo Eric tornò sui propri passi per raggiungere Mary, e le quattro ragazze, rimaste sole, si consultarono tra di loro.

«Che ne pensate?»

«Per me quello non ce la racconta giusta» tagliò corto Ashley. «Avete visto quanto erano incavolate quelle Norma? Quel bellimbusto sa molto più di quanto non ci voglia dire, ci metto la mano sul fuoco.»

«Però sembra sincero riguardo alla volontà di proteggere la ragazzina» obiettò Mayu

«Lui forse, ma che mi dici degli altri? Se il nostro mondo si è ridotto così la colpa è soprattutto di Hindenburg e di quelli come lui? E ora vorresti farmi credere che quella serpe di colpo ha deciso di fare l’eroe della situazione?»

«Se dovessimo basarci solo sulla parola del Re, anche io avrei dei dubbi» rispose Sylvia dopo un attimo di esitazione. «Ma la nobile Misty è sempre stata una brava persona. Anche quando la verità sul conto di mia sorella è venuta alla luce, non ha mai smesso di ammirarla.»

Quindi, nei suoi occhi sembrò accendersi di nuovo la luce della determinazione.

«E se lei ha fatto questa promessa, allora deve essere per forza la verità» e detto questo, con passo deciso, si diresse vero Eric, fissandolo dritto in volto quasi con sfida. «Che ne diresti di fare questo viaggio insieme?»

Tutti, per prime le sue compagne, saltarono sul posto.

«Ma che accidenti le salta in mente?» si chiese Ashley

«Io viaggio da solo.» fu la risposta secca di Eric

«Ci sono circa novemila chilometri tra questo Paese e Rosenblum, con due nazioni nel mezzo, Gallia ed Enderant. Inoltre, da quello che ho capito, anche le Norma che ci hanno attaccate vi daranno la caccia ora che vi hanno trovati.

Credi davvero di essere in grado di proteggere Mary fino a quando non sarai riuscito a riportarla indietro?»

Il giovane esitò, grattandosi la nuca visibilmente combattuto.

«Perché mai vorreste imbarcarvi in un viaggio simile?»

«Buffo, stavo per fare la stessa domanda.» disse ancora Ashley

«Quei mostri hanno distrutto il villaggio che avevamo costruito con tanta fatica, ma per Mitsurugi non è ancora giunta l’ora di arrendersi.

Adesso però so che non posso farcela da sola. Ho bisogno di aiuto. E se davvero Hindenburg è riuscito a rimettere in piedi il suo regno, allora lui è l’unico che possa darmi una mano a fare la stessa cosa anche qui.

Voglio incontrarlo e parlargli.»

«È sicura di quello che fa, mia signora?» domandò Helen. «È un viaggio molto lungo.»

«Ma è l’unica cosa che mi rimane da fare, se voglio ancora sperare di salvare il mio regno. Possiamo aiutarci l’uno con l’altro. Noi abbiamo un veicolo per accelerare il viaggio, tu le tue capacità. Solo collaborando avremo una speranza.

Se davvero tieni alla sicurezza di quella bambina, devi ammettere che non è una cattiva offerta.»

«Lo avete visto con i vostri occhi quanto può essere pericoloso. Ora che sanno dove ci troviamo, quelle Norma ci daranno la caccia, e sono avversarie molto pericolose.»

«Non sottovalutarci. Viste così possiamo sembrare delle ragazze indifese, ma non siamo sopravvissute in questi due anni solo per il nostro bel visino.

E anche il bulldog sa il fatto suo.

Dico bene, Ruka

«Dici benissimo!» rispose lei sbucando da sotto il mezzo. «E dopo queste modifiche, sfido qualunque zozzona di Norma a provare a farsi avanti!»

Eric sembrò sul punto di acconsentire, ma a quel punto fu Mayu a sollevare delle perplessità.

«Ma… tutta questa gente… I bambini… non possiamo abbandonarli qui con quelle Norma in giro, e non resisterebbero ad un simile viaggio.»

«Per non parlare delle provviste che dovremmo portare con noi» disse Ashley. «Il bulldog è grande, ma non immenso. Come facciamo a portare trenta e passa persone fino a Rosenblum

«C’è un villaggio a Gallia, non lontano dal confine con Mitsurugi» rispose Eric. «È ben difeso e molto ospitale. Ci sono passato alcuni mesi fa.

Se portiamo i bambini lì, saranno al sicuro.»

Stavolta fu Sylvia a temporeggiare, ma alla fine, sorridendo soddisfatta, porse la mano ad Eric.

«Abbiamo un accordo» disse, ricevendo in cambio una stretta accennata.

Poco dopo Ruka portò il bulldog all’interno dell’unico capannone ancora in piedi, dove rimase fin quasi al tramonto, e quando ne uscì le ragazze quasi stentarono a riconoscerlo.

«Ma… che cosa ci hai fatto!?» ammutolì Sylvia

Quella specie di scienziata pazza aveva sostituito gli armamenti andati distrutti addirittura con le torrette dei carri armati abbattuti dalle Norma durante la notte, oltre a dotare il mezzo di un supplemento alla corazza e svariate armi leggere.

«Hai veramente le mani d’oro.» commentò soddisfatta Ashley, che a sua volta aveva speso la giornata a recuperare assieme a Mayu tutte le armi ancora intatte.

«Adesso voglio vedere quelle schifose se avranno ancora il coraggio di avvicinarsi.»

A quel punto, fu davvero il momento di ripartire, e mentre percorrevano per l’ultima volta la stradina stretta che saliva fino all’abitato Sylvia e le altre non riuscirono a non provare una sorta di cupa malinconia.

Addio alle notti di ronda; addio ai pattugliamenti nella regione.

Mitsurugi era probabilmente destinata a ricadere nell’anarchia senza di loro e senza la luce rassicurante di Sophia, ma con l’aiuto del cielo da quella sciagura che era costata migliaia di vite potevano sorgere i semi di una nuova rinascita.

Era tutto nelle loro mani.

 

Al largo della costa di Mitsurugi, non segnata su nessuna mappa o carta nautica, c’era un’isola, lunga e stretta, dalla forma simile ad una clessidra, dominata in ogni parte da altissime scogliere, eccezion fatta per una minuscola porzione di spiaggia raggiungibile da una gola stretta e ripida ai piedi della montagna che, elevandosi come un cono quasi perfetto, occupava per intero la zona più a nord.

Già da prima dell’apocalisse qualunque nave o aereo aveva il divieto più assoluto di avventurarsi in quelle acque, impresa già di per sé impossibile visto l’incredibile sistema difensivo che proteggeva l’isola, fatto di mine subacquee, postazioni antiaeree e un impenetrabile sistema radar.

Reunion.

Era questo il suo nome.

Ancor più di Arzenal, era sicuramente il luogo più misterioso, segreto e protetto del pianeta; tuttavia, se l’esistenza di Arzenal era un fatto noto ad una ristretta cerchia di eletti, non vi era nessuno al mondo che avesse mai sentito anche solo nominare Reunion.

Tutto ciò che passava da Reunion, si fermava a Reunion, e lì vi moriva. A nessuno che vi mettesse piede era concesso di tornare al mondo esterno, fosse egli Norma o umano.

Raffinerie e centrali termoelettriche fornivano carburante per i para-mail ed energia per la sua gigantesca base, serre, fattorie cisterne garantivano il cibo e l’acqua; persino il metallo e ogni altro materiale da costruzione veniva prodotto in loco, grazie ai ricchi giacimenti situati nel cuore della montagna, facendo dell’isola una realtà completamente autonoma.

Quando Jamie, Ingrid e il resto del corpo di spedizione inviato sulla terraferma vi fecero ritorno, ad attenderle nell’hangar trovarono un nutrito gruppo di tecnici e meccanici guidati da una giovane donna dai capelli neri e dalla pelle scura, tipica della gente di Verda, che vedendo lo stato in cui erano ridotti alcuni dei para-mail inviati in missione quasi non credette ai suoi occhi.

«Ma come avete fatto a ridurvi in questo modo?»

«Devo parlare con il Comandante, subito!» disse Jamie scendendo dal suo para-mail

La ragazza restò a guardarla perplessa fino a quando non la vide scomparire dietro uno dei varchi d’accesso, quindi, come i veicoli da trasporto poggiarono a loro volta le ruote sulla pista, fece un cenno ai suoi collaboratori.

«Avanti, sbrigatevi! Immettete questo raccolto nel circuito!» ordinò, e quelle corsero a scaricare degli enormi fusti metallici, collegandoli successivamente a dei grossi tubi semitrasparenti che emergevano dai muri e all’interno dei quali, di lì a pochi secondi, iniziò a scorrere una sostanza rossa e densa.

«Ma si può sapere che è successo?» chiese allora la ragazza scura a Yuko portandole una bottiglia d’acqua. «Avevano detto che sarebbe stato un lavoro semplice.»

«Il Mietitore» balbettò in quella Julia, gli occhi fuori dalle orbite e il cavallo della tuta infradiciato. «Abbiamo incontrato il Mietitore.»

«Che cosa!?»

Al che la mora rimase di sasso, voltandosi nuovamente verso Yuko.

«Ma… è la verità?»

«Sì, Lavinia. Era Eric. O almeno così hanno detto Jamie e Ingrid.»

«Oh, santo cielo. Allora è vivo.»

«E non era da solo.»

 

Il Comandante supremo di Reunion, Alexia Asgard, era in assoluto la persona più misteriosa, e per certi versi affascinante, di tutta l’isola.

Si diceva che fosse nata e vissuta a Reunion per tutta la vita, ma nonostante ciò aveva una conoscenza del mondo esterno e delle sue regole quasi inconcepibile che, a dare retta alle storie, non aveva mai conosciuto altro mondo all’infuori.

In pochi conoscevano qualcosa di più sul suo conto, mentre per le Norma più giovani rappresentava una sorta di modello, un esempio da seguire anche nelle situazioni più disperate; aveva tenuto insieme la comunità con il pugno di ferro, guidandola anche all’indomani dell’apocalisse in quella pericolosa, e per certi versi ingrata missione, per la quale aveva selezionato personalmente le reclute più forte, risolute e determinate a sua disposizione.

Quando Jamie aprì la porta delle sue stanza, come spesso accadeva la trovò lì, seduta ad una delle poltroncine del suo elegante salotto, gli occhi chiusi e l’espressione serena mentre si lasciava trasportare dalla superba melodia del suo violino.

I suoi corti capelli bianchissimi, ricadendo sulle spalle, le contornavano elegantemente il viso ovale, mentre il fisico, longilineo ma in carne, dominato da un seno generoso ma non eccessivo, la faceva rassomigliare più ad una modella che ad un soldato.

«Comandante, Eric è ricomparso a Mitsurugi

«Eric?» rispose Alexia senza smettere di suonare. «Non avrei mai pensato di sentire ancora questo nome.»

«E non è finita qui, Mia Signora. Abbiamo trovato il Graal.»

La musica si fermò di colpo, gettando la stanza in un silenzio irreale, ed Alexia, alzatasi in piedi, fulminò Jamie con i suoi occhi grandi e profondi, due lame di ghiaccio; secondo alcuni l’eterocromia era una ulteriore prova dell’unicità del Comandante, ed aggiungeva indubbiamente un ulteriore tocco di mistero alla sua figura.

«Ne sei sicura?»

«L’ho vista con i miei occhi, Comandante.»

«Convoca le altre. Immediatamente.»

 

 

Nota dell’Autore

Eccomi qua!^_^

Scusate questo lungo, interminabile silenzio, ma ho avuto una marea di cose da fare e pochissimo tempo libero.

Per fortuna questo capitolo non è stato molto complicato da scrivere, così una volta che l’ho iniziato il resto è venuto da sé permettendomi di procedere spedito.

E ora, le cose si fanno serie.

A questo punto possiamo pure dire che la prima parte della storia (dividendola virtualmente in quattro) se n’è andata. Ovviamente si tratta della più breve, e la narrazione del viaggio da Mitsurugi fino a Rosenblum si porterà via un bel po’ di capitoli, ma direi che è già un bel risultato.

Grazie come sempre a Taiga per le sue recensioni.

A presto!^_^

Carlos Olivera

  
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