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Autore: Angelika_Morgenstern    23/05/2015    12 recensioni
19 luglio 1992
- Dottor Caponnetto!-
Un giornalista mi sta chiamando.
Non so nemmeno dove sto guardando, cosa i miei occhi stiano mettendo a fuoco.
Mi sento totalmente assente nel corpo.
Nella mia mente si sovrappongono immagini di tutti questi anni passati insieme, delle notti passate al lavoro, del mio arrivo dopo l’assassinio di Chinnici, l’istituzione del pool nel 1984, il bunker nel quale lavoravano in segreto e le ore dedicate alla stesura degli atti per il Maxiprocesso.
La perdita degli amici, la consapevolezza di essere soli, il quadrato che ci costruimmo attorno gli uni con gli altri, rafforzando i nostri rapporti di stima ed amicizia, indifferenti alla paura generata dalle stragi in venti e più anni, durante i quali ruscelli di sangue defluivano nella nostra città.
Abbiamo sacrificato le nostre vite e le nostre famiglie per questo.
Genere: Introspettivo, Storico, Triste | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna
Note: OOC | Avvertimenti: Tematiche delicate | Contesto: Il Novecento
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19 luglio 1992, Via d'Amelio
 
L’orrendo suono di quella bomba inondò tutta Palermo, espandendosi in un’enorme onda d’urto alimentata dalla disperazione di chi non ce la faceva più.
Da decenni la nostra terra veniva continuamente imbrattata dal sangue di chi cerca di farla ripartire legalmente, ma chissà, forse siamo stati noi.
Forse è stata solo colpa nostra, forse non dovevamo metterci contro gli eventi e la storia.
Stavamo facendo esattamente la fine dei Malavoglia di Verga, che, cercando di non piegarsi ad un destino già scritto, uguale per tutti, alzarono la testa e combatterono nel loro piccolo, andando così incontro ad un destino ben peggiore.
La nostra Provvidenza si chiamava Legge… ma, ahimè, a quanto pare ci si è ritorta contro.
Lo Stato dei lupini sul quale abbiamo cercato di costruire il nostro lavoro si è disgregato pezzo per pezzo, lupino dopo lupino, affondando irrimediabilmente su quella malandata barca che è la nostra terra.
Eravamo spacciati, l’avevamo capito da tempo.
Dovrei essere ferrato nel vedere morire i miei collaboratori, i miei amici, quei pochi rimasti.
La violenza piega tutto e la gente non è consapevole del grosso potere che ha tra le mani.
Noi, autorevoli figure dello Stato, avvolti nelle nostre toghe che sono solo mere rappresentazioni in un microcosmo come quello dislocato territorialmente in tanti Tribunali, abbiamo cercato di porre rimedio.
Io per primo ho raccolto il peso della gravissima eredità lasciatami da Rocco Chinnici, con la consapevolezza che solo un miracolo avrebbe potuto salvarmi. Ci sono venuto da Firenze, dove avrei potuto continuare a lavorare serenamente, senza intoppi.
Ma io in Sicilia ci sono nato.
Questa è la mia terra. Non potevo permettere affondasse così, trascinato sul fondale come una nave avvolta nelle spire della piovra.
Sono tornato per fare il mio lavoro. Per salvare questa terra.
Ma non ci sono riuscito.
Non ci siamo riusciti.
Perché?
Non lo so perché.
Quando morì Giovanni, appresi la notizia per caso, alla televisione.
Quella sera appresi che l’Italia intera non è un paese semplice, come gli altri. È solcata da profonde spaccature. La televisione me ne diede atto: alcuni si fermarono, altri mandarono avanti i loro programmi di varietà, fingendo indifferenza, come non fosse accaduto nulla.
Non dimentico queste cose.
Quei ragazzi, quegli uomini, tutti noi abbiamo speso le nostre vite in favore di un ritorno alla legalità.
Non abbiamo ottenuto sempre delle vittorie, anzi, molti sono stati i sacrifici, le privazioni.
Siamo sempre andati avanti a testa alta, con Giovanni in primis che con la sua espressione sembrava quasi sbeffeggiare i suoi oppositori, come quella sera al Maurizio Costanzo Show, quando Totò Cuffaro si è alzato, dando addirittura dei mafiosi agli ospiti, tra cui anche lo stesso Giovanni.
La gente lo ha fischiato, lo ha deriso, ma a cosa è servito?
La gente era dalla nostra parte, si è visto ai funerali di Giovanni.
Ma a cosa è servito?
Eccomi, sono appena giunto in Via d’Amelio.
Mi guardo attorno esterrefatto, sebbene non sia la prima volta che mi accingo a visionare questo tipo di devastazione.
Una devastazione cagionata dalla mente umana, dall’abilità di esseri esattamente come me, con due mani, due braccia, due gambe.
Ma senza cuore.
Vedo persone venir portate via sulle barelle e chiuse nelle ambulanze, che percorrono i capillari della città ferita gravemente a velocità elevata, accompagnate da sirene spiegate.
Sento distintamente i rumori elettronici delle radio delle forze dell’ordine mentre avverto in un secondo tempo rumore di acqua e mi volto verso la fonte: i vigili del fuoco sono curvi su carcasse di automobili completamente distrutte, sulle quali riversano dai loro tubi enormi quantità d’acqua.
Alzo lo sguardo: il palazzo è sventrato, profonde crepe percorrono i balconi, vetri disintegrati e muri crollati.
Volto lo sguardo dall’altra parte.
Noto un gruppetto di gente attorno a qualcosa, sembrerebbe un telo bianco.
Un telo bianco…
Nonostante sia annientato dal tutto, le mie gambe si muovono da sole, avanzando verso quel… quel… cosa?
Cosa c’è lì, coperto?
Chi cela quel telo bianco?
- Paolo!-
Mi avvicino ed il gruppo di ragazzi si volta verso di me. Mi guardano ed io scorgo un misto di rabbia, incredulità e rassegnazione nei loro occhi.
Sanno chi sono, tutti a Palermo lo sanno.
Vorrei chiedere loro chi c’è qui sotto, ma mi mancano le parole, il fiato mi si mozza in gola.
- Dottor Caponnetto!-
Mi volto: alle mie spalle un carabiniere si avvicina a me.
- Dov’è Paolo?- domando.
Siamo tutti sconvolti ed è comprensibile che non mi risponda. Evidentemente non ha capito la domanda.
È un esterno, non fa parte del pool, non ha vissuto giorni e notti assieme a noi.
Giustamente non capisce.
- Il Dottor Borsellino…- riformulo la domanda, ma quello mi interrompe a metà, scuotendo il capo.
Lo sapeva.
Paolo lo sapeva.
Sapeva sarebbe morto così, con una bomba o sotto una pioggia di proiettili.
Torno indietro alla mia aiuto.
So già dov’è.
- Mi porti alla camera mortuaria, per favore.-
Il mio è quasi un sussurro al mio autista ma francamente non capisco nemmeno come posso aver trovato il fiato.
Dopo Giovanni, anche Paolo.
Mentre percorriamo le strade di Palermo, vedo distrattamente auto correre a sirene spiegate a destra e a manca, stesso dicasi per le ambulanze.
Ed i mezzi dei vigili del fuoco.
Ma io sono immerso nei miei pensieri.
Paolo lo sapeva.
Sapeva già tutto.
Aveva chiamato il suo confessore giovedì, chiedendogli la comunione.
Lui andava in chiesa tutte le domeniche, come tutti i bravi siciliani, e quello gliel’aveva detto- Ci vediamo domenica, Paolo, perché così, adesso?-
- No, non lo so se posso, non lo so se arrivo a domenica. Io bisogna che sia pronto in qualsiasi momento per il grande passo.- aveva risposto lui.
Lo sapeva, semplicemente.
Avevamo ordinato che non ci fosse parcheggiata nessuna auto lì, in quella via angusta e stretta.
Era prevedibile, anche lui lo sapeva, ed invece ci si è infilato lo stesso.
Doveva andare da sua madre, giustamente.
Tutti hanno ignorato il nostro ordine. Compresa la gente comune.
La gente che era con noi. Ma era davvero con noi?
Un ordine così sciocco ma così veritiero.
Mentre mi affido a questa riflessione, l’auto si ferma e ci metto qualche secondo prima di scendere.
Sono bloccato da un’emotività che conosco bene, che mi ha distrutto dentro.
Sono distrutto.
Prima Giovanni, ora Paolo.
Amici, colleghi, fratelli, figli, tutto erano, tutto rimarranno.
- Dottor Caponnetto!-
Un giornalista mi sta chiamando.
Non so nemmeno dove sto guardando, cosa i miei occhi stiano mettendo a fuoco.
Mi sento totalmente assente nel corpo.
Nella mia mente si sovrappongono immagini di tutti questi anni passati insieme, delle notti passate al lavoro, del mio arrivo dopo l’assassinio di Chinnici, l’istituzione del pool nel 1984, il bunker nel quale lavoravano in segreto e le ore dedicate alla stesura degli atti per il Maxiprocesso.
La perdita degli amici, la consapevolezza di essere soli, il quadrato che ci costruimmo attorno gli uni con gli altri, rafforzando i nostri rapporti di stima ed amicizia, indifferenti alla paura generata dalle stragi in venti e più anni, durante i quali ruscelli di sangue defluivano nella nostra città.
Abbiamo sacrificato le nostre vite e le nostre famiglie per questo. Quando io sono rientrato a Firenze ho designato Giovanni come mio successore.
Gli è stato preferito Meli. Per una cosa di vecchiaia, hanno detto loro.
Non mi aspettavo granché dai nostri colleghi.
Molti sono delle primedonne e sono riusciti a darci addosso a causa della loro gelosia galoppante che, evidentemente gli ha fatto perdere il contatto con la realtà.
Non hanno idea di cosa abbiamo vissuto.
E sicuramente sono gli stessi magistrati che arrivano in udienza senza aver studiato la causa.
Ma queste sono idiozie.
Il giornalista mi si para davanti, vicino a lui un suo collega con una telecamera.
Non so cosa mi abbia destato dai miei pensieri, fatto sta che sobbalzo involontariamente.
- È finito tutto.-
Ho appena la forza di mormorarlo.
Guardo verso l’auto, dirigendomi verso la stessa.
- Ma non c’è assolutamente speranza per questa città?- incalza il giornalista.
So che sta facendo il suo lavoro, me ne rendo perfettamente conto.
Ma io… non ho la forza, la lucidità per parlare.
So che la gente vuole delle risposte, ha bisogno di una speranza.
Noi gliel’abbiamo data, abbiamo servito lo Stato come impavidi cavalieri nelle loro armature scintillanti.
Ed inutili.
Non siamo riusciti a difenderci.
Non hanno saputo difenderci.
Non hanno voluto.
Faccio qualche altro passo verso l’auto. Non ho ancora visto Paolo ma qualcosa mi dice che è meglio non vederlo.
Meglio ricordarlo in vita.
La sua immagine da morto non mi abbandonerebbe mai.
Scuoto il capo, guardando lontano.
Cosa sto guardando?
- È finito tutto.-
Lo ripeto, ribadisco il concetto.
Nessuno vorrebbe prendersi questo impegno dopo lo spargimento di sangue che ne è derivato, nessuno farebbe qualcosa per questa città, quest’isola, questo Stato.
E forse lo Stato non lo merita nemmeno.
- Perché è finito tutto, Dottor Caponnetto?-
Guardo il giornalista.
È un uomo giovane e mi sta davvero chiedendo delle risposte, una speranza, qualcosa che dia la forza alla gente di reagire.
La gente.
Mi aggrappo al braccio di quest’uomo.
Fortunatamente sono seduto in macchina perché mi aggrappo al braccio di questo ragazzo, di questo giovane uomo che mi chiede perché.
Perché lui ha capito.
Ha capito che nessuno continuerà questo folle lavoro contro i mulini a vento, nessuno vorrà mai prendere in mano questa eredità.
Io ebbi il coraggio di farlo, certamente.
Ma nessun’altro lo farà e lui mi sta chiedendo perché.
Perché lui, loro non sanno cosa si celi all’interno della magistratura.
Pensano che tutti i magistrati siano fatti della pasta di Giovanni, Paolo e di tutto il resto del pool.
No.
Non è così.
Sfortunatamente non è così.
Ci sono gli onesti, è vero, e ce ne sono tanti.
Ma verranno sempre ostacolati da coloro ai quali questo sistema piace, fa comodo. Soggetti infidi, capillarmente collegati tra loro, discreti e difficili da scovare, spalleggiati da potenti.
Lo Stato.
Abbiamo fatto bene a difenderlo questo Stato?
Ne è valsa la pena?
Qualcuno userà mai tutte queste informazioni?
Metteranno mai in pratica il metodo Falcone?
Non lo so.
- Perché è finito tutto?- mi domanda per la seconda volta il giornalista.
Guardo lui, disperato.
Guardo il microfono.
- Perché…-
Scuoto la testa.
Inutile.
- Non mi faccia dire altro.-
Tronco così la conversazione, chiudendomi alle spalle quel microcosmo che avevamo cercato tutti di proteggere e risanare.
Inutilmente.

 
04/09/2015 EDIT:
Ritengo sia giusto aggiungere un link molto importante alla lista, che chiariranno a chi legge la difficoltà di Falcone, Borsellino e il resto del pool nel navigare in un'ambiente come quello giuridico. 
Non sono stati uccisi solo dalla mafia. Quando si dice che è stato lo Stato a contribuire, s'intende proprio questo.
Negli ultimi anni si è parlato di una certa Ilda Boccassini, che gli ambienti milanesi si sono prodigati di diffamare in ogni modo per ovvie ragioni politiche. Fu assistente di Falcone.

http://archiviostorico.corriere.it/1992/maggio/26/Boccassini_colleghi_voi_avete_infangato_co_0_92052611663.shtml

Il 23 maggio 1992 Giovanni Falcone moriva assieme alla moglie-magistrato Francesca Morvillo e alla sua scorta nei pressi dello svincolo di Capaci.
Quel che è accaduto è storia, tutti lo sanno.
Io avevo 7 anni e mezzo ed ero in gita coi miei. Stavamo tornando da Bomarzo quando, alla radio diedero l'annuncio.
Scese il gelo nella macchina ed io rimasi così, in ginocchio fra i sedili dei miei, rimasti impietriti e in silenzio.
All'epoca mi facevano guardare sei telegiornali al giorno in media, ed è così che è nata la mia passione per la nera e la psicologia criminale. Un pochino sentivo anch'io che questi erano persone che contavano e facevano del bene.
Quindi ci rimasi molto male, nei miei pensieri di bambina.
Queste non sono cose da dimenticare, per questo ci tengo a spammarle come posso.
Anche andando OOC col personaggio di Antonino Caponnetto.
Gli ho affibbiato i miei pensieri: sono sicura che lui non abbia mai avuto dubbi riguardo l'operato del pool.
E qui ci tengo a sottolinearlo:
il Dott. Antonino Caponnetto in questa storia non è assolutamente sé stesso. Proietta solamente ipotesi di pensiero formulate dall'autrice dopo la visione di video, film e la lettura di libri inerenti le stragi.
La storia è fatta di morti, sacrifici e grandi uomini.
In questo caso, noi italiani abbiamo perso dei grandissimi uomini, i migliori, forse. Inutile che stia a dire quanto li ammiri e stimi.
Spero vi sia piaciuta questa piccola introspezione. Sono sempre troppo sentimentale, ma oggi non sono riuscita a stare ferma ed in un paio d'ore ho buttato giù queste quattro righe semplicemente per ricordare.
E ringraziarli, onorando la loro memoria nel mio piccolo.

In basso inserirò un piccolo elenco di link.
Buona serata a tutti

- A.


WIKIPEDIA:
http://it.wikipedia.org/wiki/Antonino_Caponnetto -> Antonino Caponnetto
- http://it.wikipedia.org/wiki/Giovanni_Falcone -> Giovanni Falcone
- http://it.wikipedia.org/wiki/Paolo_Borsellino -> Paolo Borsellino

- http://www.antimafiaduemila.com/200805023944/articoli-arretrati/storia-del-pool-antimafia.html -> Pool antimafia

VIDEO:
https://www.youtube.com/watch?v=1TsNw1mBTJk -> maggio 1996, intervista Antonino Caponnetto (citazioni prese da qui)
- https://www.youtube.com/watch?v=1WMLdc1a7hQ -> "è finito tutto" Antonino Caponnetto 19 luglio 1992 (citata in toto)
- https://www.youtube.com/watch?v=WSZU5chM6wM -> A29, svincolo Capaci, situazione pochi minuti dopo l'attentato a Giovanni Falcone.
- https://www.youtube.com/watch?v=rPyBoiDQYKI -> Testimonianze + Funerali Falcone (Annozero)
- https://www.youtube.com/watch?v=wiOGAGO3mOw -> Via d'Amelio, situazione dopo l'attentato (telecamere vigili del fuoco)
- https://www.youtube.com/watch?v=2xr9UlFVEd0 -> Via d'Amelio, situazione dopo l'attentato.
- https://www.youtube.com/watch?v=rr5umA_cEp8 -> Funerali Paolo Borsellino
- https://www.youtube.com/watch?v=BSiMHjDSzIs -> Cuffaro attacca Falcone durante il Maurizio Costanzo Show-Samarcanda del 26 settembre 1991 (con lui si vede anche Rita Dalla Chiesa, per chi non lo sapesse figlia del generale Carlo Alberto Dalla Chiesa, ucciso dalla mafia il 3 settembre 1982.). Cuffaro era all'epoca deputato regionale, eletto nel 2006 Presidente della Regione per la seconda volta, battendo Rita Borsellino. Viene condannato a sette anni di reclusione per favoreggiamento aggravato a Cosa nostra e rivelazione di segreto idstruttorio. Se volete saperne di più -> http://it.wikipedia.org/wiki/Salvatore_Cuffaro




 
   
 
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