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Autore: Fisifa    24/05/2015    1 recensioni
Mi presento: mi chiamo Clary, ho 17 anni e vivo con le mie due sorellastre, Annabel e Kate, e la mia matrigna, Melanie. Mio padre ha sposato Melanie due anni dopo la morte di mia madre e, da quel momento, l’oca ossigenata non ha fatto altro che usarmi come schiavetta personale. Quando c’era anche mio padre in casa si dava un po’ di contegno, ma ora che lui è sempre via per lavoro, non ha limiti.
Anche fuori di casa non ho amici perché le mie sorellastre mi rovinano la vita.
Continuo a ripetermi che un giorno cambierà tutto, ma ormai non ci spero più. Mi sembra solo un lontano sogno.
Ma si sa: i sogni son desideri.
Si dice che se non racconti a nessuno i tuoi sogni, prima o poi questi si avverano…
Genere: Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Nuovo personaggio, Un po' tutti
Note: nessuna | Avvertimenti: Incompiuta
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PROLOGO
 

 
- ALZATI IMMEDIATAMENTE E VIENI A PREPARAMI LA COLAIZONE! – la voce soave della mia adorata matrigna mi sveglia come ogni mattina: strillando.
- ARRIVO – grido alzando la faccia che fino a mezzo secondo fa era schiacciata nel cuscino.
Da quando quell’oca ossigenata ha messo piede in questa casa non fa altro che darmi ordini a destra e a manca. All’inizio la situazione era sopportabile,ma ora sono praticamente diventata la schiava della casa.
Svogliatamente mi alzo, vado a lavarmi e mi cambio velocemente, mettendomi i vestiti che ho preparato ieri sera: maglione blu scuro, jeans e converse nere.
Mi guardo velocemente allo specchio prima di scendere: il fisico magro nascosto in buona parte dal maglione, le gambe lunghe, i capelli corvini che cadono in lunghi boccoli sulle spalle, gli occhi di ghiaccio, le pelle chiara… tutto sembra gridare un disperato bisogno di aiuto, ma, probabilmente, lo vedo solo io.
Sospiro e scendo le scale di corsa raggiungendo la cucina. Preparo velocemente la colazione per l’oca ossigenata: uova strapazzate e bacon. Metto tutto in tavola ed esco di casa senza fare colazione.
Oltre allo strazio a casa, mi tocca anche lo strazio a scuola: emarginata a causa delle mie sorellastre. Prima che mettessi piede nella scuola Annabel e Kate mi avevano già fatto diventare lo zimbello della scuola, così da trovare, sin dal primo giorno, un’accoglienza ricca di prese in giro. Che meraviglia! Ovviamente non tutti mi avevano snobbata o presa in giro, ma chiunque si avvicinasse a me veniva preso in giro dalle mie dolci sorellastre. Sì, dolci come uno yogurt scaduto.
Mi incammino verso il bar accanto alla scuola per fare colazione: ormai il barista, Ethan, mi conosce e mi fa molti sconti. Appena mi vede entrare, infatti inizia a preparare la mia ordinazione, mentre io mi avvicino al bancone e prendo posto sullo sgabello che, ormai, occupo da quattro anni.
- Grazie Ethan – dico mentre appoggia cappuccio e brioche davanti a me.
- Figurati – dice con un sorriso.
Ecco, probabilmente Ethan è l’unica cosa che ho di più vicino ad un amico.
Appena finisco la colazione saluto e vado davanti a quella prigione comunemente chiamata SCUOLA.
Nessuno mi rivolge uno sguardo, nessuno mi dice niente: sono invisibile. Arrivo agli armadietti sola, raggiungo la casse da sola, mi siedo da sola. Io ODIO la solitudine.
Passo la maggior parte del mio tempo rileggendo appunti, studiando, ripassando. È per questo che vado bene a scuola: non ho nient’altro da fare.
 
Le lezioni, per fortuna, finiscono velocemente. Purtroppo però a casa mi aspetta un’altra giornata da schiavetta.
 Un giorno o l’altro cambierà tutto. Me lo ripeto come un mantra. Mi convinco che sarà così per andare avanti.
- Sono a casa! – grido alla mia matrigna.
- Muoviti! Devi riordinare il salotto: oggi Annabel e Kate hanno ospiti. IMPORTANTI. –
Sempre molto gentile la mia matrigna.
Allora, dovete sapere che le mie sorellastre hanno, mi duole ammetterlo, una bella voce, non stupenda, ma semplicemente bella. Mio padre è pieno di soldi. Quindi? Quindi quelle due organizzano continuamente incontri con cantanti famosi, per cercare di farseli amici e spianarsi la strada con la pubblicità. Ovviamente durante questi incontri io vengo rinchiusa a chiave in camera, neanche fossi un serial killer.
- Per che ora arrivano? – dico salendo le scale per lasciare lo zaino in camera e togliermi le scarpe.
- Per le tre –
Guardo l’orologio: ho solo un’ora. Vado velocemente a prendere tutto il necessario per pulire e riordinare.
Facendo tutto velocemente riesco a finire appena prima che suoni il campanello. All’occhiata della mia matrigna sbuffo e salgo in camera per poi sentire la porta che si chiude e la chiave che scatta nella serratura.
Sospiro e tiro fuori la mia chitarra da sotto il letto e mi butto sulla poltrona blu notte accanto alla finestra. Sento a malapena le voci dei nuovi arrivati mentre incomincio a pizzicare debolmente le corde e creare una dolce e rilassante melodia. Le mie mani si muovono sicure, decise, ma anche leggere e dolci sulle corde. Senza neanche accorgermene inizio a canticchiare e la mia voce suona dolce e cristallina.
Le mie sorellastre e la mia matrigna sanno perfettamente che canto e suono durante questi incontri, ma la voce e la melodia della chitarra non arrivano fino al salotto, quindi non è un problema.
 
Passo così le due ore successive, canticchiando a bassa voce e suonando.
Quando finalmente sento la serratura che scatta mi alzo dal letto e sistemo la chitarra sul sopporto accanto al mio comodino. Non faccio in tempo a voltarmi che una mano mi stringe come una morsa il braccio e mi fa voltare di scatto. L’oca ossigenata di nome Melanie mi guarda furiosa mentre sento le sue unghie finte laccate di rosso penetrarmi la carne.
- COME HAI OSATO?! – strilla furibonda.
- Come ho osato fare cosa scusa? –chiedo cercando di rimanere calma. – E mollami, mi fai male – aggiungo facendo cenno alla sua mano sul mio avambraccio.
- NON FARE LA FINTA TONTA! – continua ignorando la mia richiesta.
- Ma non ho idea di cosa tu stia parlando! – continuo.
- TI HANNO SENTITA CANTARE! –
- Oh –
Rimango un attimo impalata cercando di metabolizzare la notizia e capire il motivo di tanta rabbia.
- Come hanno fatto? – chiedo mantenendo la calma.
- Uno di loro doveva andare in bagno, che, guarda caso, è accanto alla tua camera – spiega con tono saccente abbassando di poco la voce.
- Okay. Ma qual è il problema? – chiedo innocente.
- Il problema è che adesso li abbiamo mandati via, ma vogliono sono curiosi di sapere a chi apparteneva quella voce. Nella speranza che si dimentichino la tua voce, gli abbiamo detto di ritornare tra una settimana, ma tu devi sparire –
Cala il silenzio.
- In che senso? – chiedo perplessa.
- Devi andartene di casa, Clary. Hai tempo fino a dopodomani- dice gelida prima di uscire dalla stanza e lasciarmi a bocca aperta.
- NON CI PENSO NEANCHE! – le grido dietro uscendo di corsa dalla camera.
- Se vuoi posso evaporare per quel giorno, ma non ti libererai di me cacciandomi di casa – continuo appena me la trovo davanti.
- Affare fatto – dice dopo averci pensato su. – Ma sta’ attenta: al prossimo passo falso… -
Non finisce l frase e se ne va, con un sorriso malefico stampato sul volto.
 
   
 
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