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Autore: Lady Stark    25/05/2015    2 recensioni
"Voleva dimostrarsi coraggioso, ma le sue iridi gridavano, afflitte da una paura che la donna non sarebbe mai stata in grado di consolare."
In onore dei tanti nomi dimenticati e sepolti nel fango che, durante uno dei più sanguinosi conflitti storici, hanno donato la propria giovane vita per scrivere il futuro che ora conosciamo.
Genere: Malinconico, Storico, Triste | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Guerre mondiali
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WAR IS HELL

La lettera giunse inaspettata in una uggiosa e fredda mattina di novembre.

Il bussare conciato del fattorino anticipò di qualche ora le cartacee pagine del giornale che, quel giorno, avrebbe sconvolto il mondo.

Nell'udire quel suono cavo ed insistente, la donna sollevò lo sguardo dal tavolo e dall'impasto di farinose patate che stava maneggiando. Il figlio, un giovanotto di appena sedici anni, sbucciava con un coltello i tuberi piccoli e tozzi.

«Chi è?»

«Non ne ho idea. Tu continua a pulire, vado ad aprire.» ordinò la donna, scompigliando la massa di arruffati capelli corvini del figlio.

La porta si schiuse in un gemito, rivelando la bianca figura del fattorino.

«Buongiorno, Renato. Quale buone nuove ci porti quest'oggi?» cinguettò la giovane madre, pulendosi le mani sul grembiule bianco che copriva la sua camicetta di cotone.

Renato, chinò il capo, stringendo con forza spasmodica la borsa che pendeva al suo fianco. I suoi occhi azzurri erano rossi, gonfi ed iniettate di sangue. Improvvisamente la donna avvertì un moto di terrore stringerle le viscere.

C'era qualcosa di strano nel comportamento dell'amabile signore. Facendo un passo avanti, la donna allungò una mano per toccargli la spalla, ma le sue dita urtarono solo una bustina chiusa, di ruvida carta.

«Questa è per lei, signora.»

Renato fece un passo indietro, chinando il capo in segno di saluto prima di correre via in una scia di bianchi capelli sottili.

«Cos'è, mamma?» La giovane madre non rispose, fissando immobile la piccola lettera gialla. Il suo cuore batteva così forte nella cassa toracica da dare l'impressione che si sarebbe sbriciolato da un momento all'altro; ma facendosi forza, ne aprì il bordo, rivelando l'angolo inciso con il timbro della nazione Italiana.

«Convocazione per..» le parole si spensero, disperdendosi come cenere in un alito di vento. «Mamma?» il ragazzino posò il coltello sul tavolo di legno, fissando la schiena curvata della giovane dai lunghi capelli scuri.

La madre si voltò in direzione del fanciullo, tuffando il proprio sguardo nelle grandi ed innocenti iridi color muschio.

«Non è possibile..» una lacrima incredula scivolò via, inumidendole lo zigomo.

La lettera cadde a terra, scivolando fuori dalla busta con un mesto fruscio. Riportate sulla parte superiore del foglio, in rigidi ed inflessibili caratteri neri, le seguenti parole dichiaravano:

"Convocazione obbligatoria per il servizio militare in salvaguardia della gloriosa Nazione Italina".

 

Un plotone di centinaia e centinaia di ragazzi, compresi tra i sedici ed i trent'anni, partì qualche giorno dopo. Erano stati tutti sistemati in ordinate file da quattro persone; tutti indossavano divise di cotone grezzo. Pesanti cinturoni di pelle cadevano attorno alle vite snelle ed alle spalle apparentemente troppo fragili per sopportare il peso di un'arma di metallo.

Un cappellino di feltro copriva i capelli corti di tutti i neo soldati, nascondendo parzialmente quegli sguardi intimoriti e confusi.

Le iridi verdi del sedicenne cercarono con titubante incertezza la madre nella folla.

Il ragazzo strinse forte la cinghia dello zaino che pendeva tra le sue mani, rivolgendo alla donna un cenno di saluto con le dita callose, rovinate dall'esercizio della terra e dal lavoro che sempre strenuamente aveva portato avanti al posto del padre.

Voleva dimostrarsi coraggioso, ma le sue iridi gridavano, afflitte da una paura che la donna non sarebbe mai stata in grado di consolare.

Un uomo impettito e vestito di una ricca giacca color zaffiro, batté i tacchetti degli alti stivali per richiamare al silenzio i pochi spavaldi che ancora avevano l'audacia di scherzare e di prendersi gioco del destino. Con uno sguardo gelido come il tocco del ghiaccio, gridò che quel glorioso giorno avrebbe per sempre inciso il corso della storia.

Qualcuno gonfiò fieramente il petto, alzando il capo verso il cielo nel momento in cui le parole “onore” e “gloria” si affacciarono sulle spaccate labbra del comandante.

La donna premette il fazzoletto contro le labbra, nella speranza di contenere le lacrime che le raschiavano la gola. Con lo sguardo colmo di disperazione, si aggrappò al viso del suo bambino nella speranza di stamparsi in testa ogni suo singolo particolare, ogni irregolare lentiggine che gli punteggiava il naso.

Gli era rimasto solo lui, come potevano portarglielo via?

Eppure, nulla impedì al ragazzo di andarsene.

Lo portarono via assieme a tutti gli altri giovani del paese. Gli sguardi impotenti delle madri li seguirono fin sulla linea dell'orizzonte, sapendo in cuor loro, che non li avrebbero più rivisti.

 

I ragazzi imbracciarono i fucili.

Venne detto loro di sparare al nemico, malgrado loro non sapessero neanche quale fosse il volto di quest'avversario.

Dissero loro di combattere e loro lo fecero.

Ma ben presto, cominciarono a domandarsi per chi stessero soffrendo.

L'orgoglio derivato dall'idea di proteggere l'onore della patria si tramutò in un orrore che, neanche la più abile delle penne, avrebbe saputo dipingere.

Quei ragazzi così giovani caddero, appassirono ed invecchiarono troppo presto.

I loro visi assunsero le adulte fattezze di chi ha conosciuto il vero dolore; i loro occhi si cristallizzarono su un mondo ormai dimentico di qualsiasi magia o bellezza.

Il futuro si frantumò, cadde in briciole nell'oblio della dimenticanza.

Un giorno, mentre l'ennesima trincea cadeva sotto gli attacchi pressanti degli Austriaci, con un pezzo di carbone in mano, un ragazzo dagli occhi verdi vergò quattro sole parole su un pezzo di carta straccia.

Ti voglio bene, mamma.”

Poi, sul vibrante sibilo di una pallottola, il profumo salato delle lacrime si mescolò a quello denso della fine. 

   
 
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