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Autore: Autumn Path    25/05/2015    0 recensioni
Un Reietto ha occasione di riflettere sulla propria vita passata grazie all'incontro con una vecchia amica. Una vedova scopre finalmente la verità sul marito che ha perso durante la Seconda Guerra. [Sin'dorei-centric.]
Genere: Introspettivo, Malinconico, Triste | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Dedicata alla mia vecchia gilda, la Manus Gloriae, che aveva la sua sede in un maniero diroccato a sud di Alterac. 

A Dead Man's Mistakes


Era raro che ci fosse qualcuno nella sala, a quell'ora tarda. Le stelle punteggiavano il cielo scuro di Alterac, splendenti più che mai dalla cima del monte; la Manus Gloriae riposava nelle camere nascoste del suo maniero, in uno dei rari periodi di pace che s'insediavano, timidi, tra l'uno e l'altro conflitto. Anya era appena rientrata da un volo notturno: Flariel era calmo, ora, dormiente sul suo trespolo. L'elfa si chiuse la porta alle spalle, prima di passarsi una mano nella chioma scarmigliata dal vento. Un lungo sbadiglio le sfuggì, rumoroso nella sala ampia e silente, poi Anya mosse un paio di passi verso il suo interno. Fu allora che lo notò.

L'alchimista era in piedi al tavolo poco lontano, piegato su un tomo le cui pagine giallastre rilucevano nel fioco bagliore di una candela. L'unico braccio lo puntellava alla superficie di legno, la mano esposta guantata di nero, mentre quello che sapeva essere un moncherino era coperto dal sempre presente mantello. Prima era stato probabilmente immerso nella lettura; ora la guardava, gli occhi di un giallo sinistro fissi su di lei.

Qualche secondo di silenzio si dilungò, mentre Anya sbatteva gli occhi, vagamente sorpresa. Se era rara la presenza di uno qualunque dei membri della gilda a quell'ora del mattino, vedere quel volto pallido sbucare dal laboratorio sotterraneo era un evento davvero straordinario. L'elfa assaporò la novità per un paio di istanti; il Reietto, appurato che lei non era in procinto di parlare, aveva riabbassato intanto gli occhi sul suo libro.

-... Mastro Revan- gli giunse invece, a mo' di saluto. Anya colmò il vuoto tra loro, avvicinandosi al tavolo.

-Anya. Non dormono, i vivi, a quest'ora?- rispose lui, la voce rauca e baritonale che non tradiva alcun fastidio, solo una lieve nota d'ironia. Se era irritato per l'interruzione, non lo stava mostrando.

-Il lavoro è lavoro. Non dovresti essere con la tua bella?-

-Il lavoro è lavoro.-

Le labbra sottili di lei si stiracchiarono in un sorriso sardonico, mentre poggiata allo schienale di una sedia si toglieva i guanti da lavoro. Dita sottili strinsero il cuoio ormai usurato.

-Come va tra voi?-

Anya teneva le spalle un po' piegate, per guardarlo da sotto in su. Vide negli occhi di Revan la sorpresa per la domanda, per quanto fosse ben celata- una mascherina di tessuto scuro gli copriva la bocca, come sempre.

Il Reietto abbandonò il libro, per squadrarla quasi con sospetto. Lei sorrideva furbetta, le orecchie ben ritte.

-... Bene. Va... Bene.- Decifrare la sua espressione era particolarmente difficile, in quel frangente, ma le parve di cogliere una punta di imbarazzo.

-Siete una bella coppia, sai.- Commentò quindi Anya, abbassando leggermente gli occhi. Una vaga nostalgia le attraversò il volto. -... Lui sarebbe contento per te.-

La risposta tardò a venire, e l'elfa sentì su di sé uno sguardo indagatore. Revan la fissava, penetrante, e i lumi dorati che coloravano gli occhi altrimenti vitrei erano ridotti a due fessure.

-Prego?-

-Sai di chi parlo.- Era da un po' che cercava un modo di introdurre quel discorso. Per un attimo, anche la voce di Anya parve incerta. -Non ti sarai dimenticato del tuo più caro amico? Auren...-

S'interruppe a metà parola e sobbalzò per il tonfo che seguì. Revan aveva chiuso con veemenza il libro, e ora la fissava, immobile.

-Non pronunciare quel nome.-

Questa era la conferma che l'elfa cercava. -Quindi sei tu.-

-Come hai...?-

-Credi davvero che un cambio di nome basti, per chi ti conosceva? L'Ombra del Sole... Quante volte mi ha parlato di te. Quanti decenni abbiamo passato insieme...-

Revan fece un lungo sospiro, calando leggermente la testa in una specie d'assenso. -Pochi ricordano quell'elfo.-

-Ma quei pochi lo fanno molto bene.-

-Da quanto hai sospetti?-

-Da quando sono stata portata qui. Mi è difficile dimenticare il tuo cognome. Poi... Ultimamente ti ho visto parlare con mio figlio.- Aggiunse, un po' pensierosa. La malinconia sul suo volto era ben chiara, ora, e sottolineava le lievissime linee sulla sua fronte, testimoni del passaggio dei secoli. Il sorriso era vagamente ilare, ma in maniera spenta, distaccata quasi. -A volte somiglia ad un cucciolo che festeggia il padrone. Come faceva lui con te.-

-Gli occhi di un Embershade sono sempre acuti.- Commentò il Reietto. Pareva indifferente, a prima vista... Per chi non sapeva guardare. Aveva smesso di cercare il suo sguardo, perso nel vuoto della sala.

-Ah! Non sono una Embershade.- Le due luci verdastre sul volto di lei scomparvero per qualche istante, mentre si concedeva un sospiro. Poi andarono a seguire quelle di Revan, velate da chissà quale pensiero, nel puntare verso il muro. -Non lo sono mai stata.-

-Lui non sarebbe felice di sentirti. E nemmeno tuo figlio.- Non c'era alcuna inflessione nella sua voce. Una frase neutra.

-No... Immagino di no. Ma è così.- Fece schioccare la lingua, cercando le parole. -C'è... Qualcosa che mi ha sempre separato da mio marito. Un vuoto che non sono... Non siamo... Mai riusciti a colmare. A volte mi sembrava che vivessimo in mondi diversi... E ha trasmesso ogni cosa a suo figlio, maledetto lui.- Anya si lasciò andare ad una risatina triste, e tornò a cercare i suoi occhi. -A volte mi pare che tu sia giunto molto più vicino al suo cuore di quanto abbia mai fatto io.-

A quell'affermazione seguì il silenzio, che si protrasse per lunghi momenti. Revan la guardò tra sorpresa e rassegnazione per un certo tempo, poi scosse la testa in quello che pareva un sospiro, dietro la maschera. -Ti amava, Anya. Come niente e nessun altro.-

Lei gli fece un altro sorrisetto, e scostò la sedia a cui s'era appoggiata per scivolarci agilmente sopra, accomodandosi al tavolo senza un rumore di troppo. Intanto, rifletteva. -Amare qualcuno ed essergli vicino sono cose molto diverse. Non dubito del suo amore, non potrei mai. Non è mai stato un bugiardo, non con me. Solo... Vedeva cose che a me sono celate, e ha sempre voluto tacermele. Credo. Immagino che suoni stupido.-

-Non sono solito intrattenermi con gli stupidi.- Anya sbuffò. Sorrideva ancora, ma la fronte era contratta in un'espressione quasi di dolore. Prima che potesse parlare, Revan continuò. -Non sarai una Embershade, ma sei acuta quanto loro. Hai... Ragione, riguardo a lui. Ci sono cose che non ha mai detto a nessuno.-

-Tranne che a te.- Non suonava come un'accusa. Più una constatazione.

-Qui sbagli. Non sapevo la metà di ciò che gli passava per la testa. E ci ho messo più di un secolo per capire quella metà di cui mi parlava.- Anche il Reietto corrugava la fronte, ora, impegnato in una riflessione. -... Non credo di esserci riuscito del tutto, in effetti.-

-Tu che ammetti di non comprendere qualcosa?- Beffarda, Anya, ma senza cattiveria. Forse tentava di cambiare argomento, cercava di cacciare dal proprio volto la nostalgia. -Cielo, è presagio di un cataclisma?-

Revan non pareva ilare quanto lei. Scosse appena la testa, gli occhi socchiusi, impossibile capire se per un sorriso od un'occhiataccia. -L'idiota presuntuoso che conoscevi è morto molto tempo fa.-

-Quindi... È questo il senso di Revan? Nuovo nome. Nuova... Ah... Non-vita.-

-Relativamente parlando...- Non rispose allo sguardo vagamente confuso di Anya. -Ho più vita adesso di quando respiravo.- L'unica mano di lui aveva lasciato perdere il libro, ora s'era mossa verso il suo collo. Una collana bianca, rilucente anche al fioco bagliore della candela. L'unica perla che la adornava, nera in mezzo all'avorio, catturava la poca luce che c'era, sembrava berla e rifletterla nonostante il suo colore scuro. L'elfa seguì il gesto con gli occhi, e annuì tra sé, leggermente raddolcita. Poi un pensiero le corrugò la fronte.

-Lei... Sa?-

Il Reietto si prese del tempo per rispondere, quasi stesse deliberando. -Lei sa molte cose di me. E capisce più di quanto le dica. Ha una... Peculiare comprensione della mia mente.- Ora era abbastanza chiaro il suo ghigno, sebbene fosse nascosto.

Anya aveva sentito qualche pettegolezzo sui due sacerdoti, e su come vivevano l'intimità della loro relazione; si chiese se quelle parole, che sapevano di una battuta non intesa per le sue orecchie, vi fossero in qualche modo collegate. Prima che potesse rispondere, comunque, Revan riprese a parlare.

-... Ma non le ho ancora raccontato di Hathe.- Era la prima volta, in quella conversazione, che il nome dell'elfo veniva pronunciato. Il tono era stato tranquillo, poco più che un sussurro, ma quel respiro bastò ad evocare chiara l'immagine che entrambi i due avevano avuto nella coscienza fino a quel momento. Anya credette di vederlo, per un attimo, all'altro lato del tavolo: le dita intrecciate sotto al mento, i capelli d'oro brunito che sfuggivano alla coda alta, le orecchie basse all'indietro, e l'espressione felina che gli si stampava in volto quand'era divertito. Strinse tra le mani il suo guanto di pelle, abbassando lo sguardo sul legno della tavola.

-Intendi dirle ogni cosa?-

-Se anche non lo facessi... Saprebbe, credo, prima o poi. E non vedo perché nasconderglielo.- Replicò Revan, sincero.

-E tuttavia non l'hai ancora fatto.-

Sospirò, il Reietto. Non pareva esasperato, ma ci mise qualche istante ad elaborare una risposta. -Vedi, Anya... La non-morte ha un modo strano di giocare con la mente di chi le appartiene. Quando mi sono risvegliato, anni fa... L'unica cosa che ricordavo con chiarezza era che avevo combattuto per Lady Sylvanas. Tuo marito, te, vostro figlio... Immagini distorte per tormentarmi nel sonno. Ho smesso di dormire dopo poche settimane.- Le parole erano misurate ed attente, dette in una specie di monotono rauco. Probabilmente non le stava dicendo tutto, ma era già più di quanto gli aveva sentito raccontare ai membri della gilda; Anya si chiese il perché di quella confidenza. Revan parlava forse in nome della loro antica amicizia? -Non ti ho riconosciuta quando Yunel ti ha portato qui, così come non avevo riconosciuto lui quando l'ho incontrato. Ultimamente, tuttavia...-

-Il passato è tornato a tormentarti?- Concluse l'elfa, il tono leggermente ironico. Deriderlo non era però la sua intenzione, e la voce era morbida, quella di una confidente. Il sacerdote rispose levando un sopracciglio.

-Se desideri vederla così. Tiana mi ha... Aiutato a ricordare delle cose. Altre le hanno seguite. Ho ancora delle lacune, ma...- Una breve scrollata di spalle. -Ho memoria di chi ero, per la maggior parte. Non significa che tornerò ad essere quell'elfo.-

-Che peccato. Mi manca la tua faccia imbronciata- canzonò Anya.

-Temo che dovrai abituarti a questo grande sorriso.-

Si guardarono per qualche istante, poi l'elfa scoppiò a ridere, una nota bassa ma piacevole. Un singulto che poteva essere scambiato per un'altra risata provenne da dietro la maschera di Revan, tanto lieve che sarebbe stato facile crederlo frutto dell'immaginazione.

Finito quel momento d'ilarità, la risata della donna sfumò rapidamente in un silenzio amichevole. Lei lasciò andare un sospiro, quasi di sollievo, e tornò a guardarlo. -Mi eri mancato davvero, sai. L'ultima volta che ci siamo visti...-

-... Quando vi ho portato la notizia.- Revan fuggì il suo sguardo, fissandolo sul muro per l'ennesima volta.

-Già.- Chiuse gli occhi, lei. -Eri una statua. Sei entrato, quella sera... Senza un saluto. Senza niente. Mi hai messo in mano la lettera, hai aspettato che leggessi. Ti ho chiesto com'era successo, e hai taciuto.-

-Ricordo.- Disse semplicemente il Reietto. Il tono impassibile non era più perfettamente stabile: c'era appena un cenno di rimorso, quasi inudibile. Anche solo quel poco era sorprendente, da parte sua.

Anya esitò per un attimo, incerta su come proseguire. Alla fine raccolse il proprio coraggio; le orecchie erano basse, ma ben tese. Cercò lo sguardo di Revan. -Saprò mai come è morto mio marito?-

Ci fu un breve silenzio, mentre l'altro soppesava la domanda, valutava come rispondere. Anya poteva quasi sentire il fragore dei suoi pensieri dietro a quella facciata impassibile. Poi, un lieve cambiamento, un socchiudersi degli occhi. Un sospiro, per quanto breve. -Te lo devo, no? Parole in cambio del mio lungo silenzio. Sarebbe... Equo.-

Di nuovo, ignorò la lieve confusione sul volto di lei; la sua unica mano scomparve sotto al mantello mentre si raddrizzava, cominciando a percorrere la stanza a passi lenti. Teneva lo sguardo fisso sul vuoto.

-Successe durante l'assedio dei troll a Quel'thalas. Venivamo da giorni di marcia forzata, e incontrammo il grosso delle forze dell'Orda sui monti Thalassiani. All'arrivo trovammo il caos. La foresta, a valle, era completamente in fiamme.- La smorfia sul volto di lui era coperta dalla maschera, ma ad Anya sembrava di vederla lo stesso. -Era furioso.-

-Non fatico a immaginarlo.- Entrambi ricordavano bene la fiera protettività di Hathe verso quei boschi e tutto ciò che contenevano: i suoi scatti d'ira erano estremamente rari, impetuosi, e quasi sempre legati a minacce verso ciò che aveva di caro.

Revan confermò, a parole, l'immagine che si era fatta strada in lei del suo volto distorto da rabbia indignata. -Il tempo per creare un piano d'attacco fu sin troppo scarso. Credo fosse la prima volta in cui lui desiderava combattere più di me. Mi disse di seguire la solita tattica, prese le redini del dragonhawk e spiccò il volo.-

-Doveva coprirti?-

-Come faceva sempre.- Non le sfuggì la nota amara nella voce rauca di Revan. -Ma quel giorno era... Diverso. Meno cauto del solito. Volava vicino agli alberi, cercando tracce di pelle verde. Quando... Lo raggiunsi... La sua faretra era vuota.-

Un altro momento di quiete le segnalò che erano vicini al punto chiave della storia. Revan cercava le parole, forse, o la calma necessaria a continuare. Di nuovo, lo sentì inspirare profondamente, e quando riprese a parlare, la sua voce era tornata impassibile ed immota, quasi parlasse di storia antica. -Non ho visto il momento esatto in cui è stato portato a terra. Ero... Altrimenti impegnato. Quella fu la prima battaglia in cui vedemmo all'opera Cho'gall e i suoi. Non conoscevo la loro magia, e manipolarla richiedeva tutta la mia concentrazione.-

Anya s'accigliò, a quel punto, e s'introdusse nel discorso di lui col tono più delicato e conciliante che aveva: -Non c'è bisogno di giustificarti, sai...-

-Non mi sto giustificando.- La risposta fu stranamente brusca, quasi volesse interrompere quel tentativo di consolarlo sul nascere. Un'occhiata severa le giunse da oltre la mascherina di lui. -Mi hai chiesto di sapere cosa successe, e questo è quanto. Avrei dovuto coprirgli le spalle, e non l'ho fatto.- Il tono di Revan, dopo quella frase, tornò rapidamente sereno- eppure pareva una lieve forzatura. -La mia attenzione era sui nemici che avevo davanti. Mi voltai solo quando sentii il suo dragonhawk ruggire. Era stato intrappolato in una rete. Un trucco che gli Amani avevano imparato dagli orchi, ma lui era sempre stato troppo attento per subirlo.- I due bagliori giallastri erano appena una fessura, quasi invisibili nella penombra della stanza. -Caricai i troll che aveva attorno...-

Trepidante, Anya attese per svariati secondi un seguito. Quale fosse stato il fato di suo marito le era ben chiaro, a quel punto, ma c'era un che di conclusivo nel sentirlo pronunciare: avrebbe significato la soddisfazione, finalmente, della sete di risposte che aveva avuto per anni. Ancora non aveva ben processato tutte le informazioni che Revan le stava fornendo, ma già sapeva di aver bisogno di sentirlo. Nessuna continuazione, tuttavia, pareva stare arrivando dal Reietto: uno sguardo alle sue sopracciglia contratte, al suo volto cupo e pensoso appena distinguibile nella penombra, e comprese che l'altro aveva bisogno di una piccola spinta.

La voce bassa di lei, appena macchiata da un tremolio, fece la sua richiesta. -... Va' avanti.-

-Non c'è altro da dire.- Fu la risposta secca. -Aveva già un'ascia tra collo e spalla. Troppo tardi. Non abbastanza veloce.- Le parole potevano parere cariche di rimpianto, ma lui si era apparentemente curato di eliminare da esse ogni inflessione. Erano dati di fatto, punti secondari di un'analisi accurata. E per tutto il tempo tenne gli occhi fissi su di lei, quasi a sfidarla.

Anya si sentì stringere il cuore. La verità le era infine giunta. Notò lo sguardo di Revan nel fondo della coscienza, e comprese che stava cercando di valutare la sua reazione; ma, per un po', non riuscì a curarsene. Riviveva nella mente la scena che il non-morto le aveva appena descritto: il suo bel ranger a cavallo della bestia fiera che lei stessa aveva allevato per proteggerlo, una sola creatura totalmente dedita- anima e corpo- alla protezione della sua casa. La furia cieca di Hathe alla profanazione del più sacro tra i luoghi. La sete di vendetta, sentimento normalmente tanto alieno per lui, a rallentargli la mano ed oscurare il suo giudizio. E poi... L'ultimo istante.

Mezzo sommerso nella neve montana, bloccato a terra come un animale. Le gambe ancora assicurate alla sella del suo destriero, la faretra desolatamente vuota.

-... Mi guardò.- La voce di Revan la riportò alla realtà, e si accorse di essersi stretta il fianco in una morsa quasi dolorosa, le dita che artigliavano il cuoio dei suoi guanti come avrebbe fatto un ferito con la striscia di tessuto tra i propri denti, per evitare di mordersi la lingua. Faticò a mollare la presa, e la sensazione di oppressione le rimase addosso anche mentre si concentrava sull'alchimista. Questi aveva lo sguardo distante, puntato sull'uscio chiuso del maniero. -Quando arrivai. Trafissi un troll, e lui puntò gli occhi su di me. Riuscì a dire solo una parola, prima che...- Una breve pausa, incertezza che l'avrebbe sorpresa se fosse stata più lucida. Al posto della parola fatale, Revan produsse un suono quieto e bizzarro, il deglutire secco di una gola del tutto priva di fluidi. Poi riprese, il tono, ancora una volta, accuratamente privato d'emozioni. -Solo una. “Proteggili.”-

Non c'era alcun bisogno di dire ad alta voce a chi si riferisse. La consapevolezza gravava su entrambi, pesante in quel silenzio teso.

Anya rifletté per lunghi istanti, senza emettere un suono. Alla fine lasciò cadere lo sguardo, mentre un sorriso triste e forzato le stirava le labbra.

-E così... Il suo ultimo pensiero fu per noi.- L'elfa aveva scelto la verità meno dolorosa, tra le molte che quella frase aveva nascosto. Si concesse di lasciar scivolare le palpebre, fino a serrare gli occhi del tutto: in quel momento, guardare in faccia l'altro sarebbe stato sin troppo difficile. -Sono... Felice di saperlo.-

Revan, a quella, si lasciò sfuggire un breve sbuffo, come contrariato. -E' l'unico commento che hai?-

Lei riprese immediatamente a fissarlo, quasi incredula. -Cos'altro vorresti che dicessi? Desideri che ti incolpi di quello che è successo?- Il tono di lei si alzò leggermente, e la voce si fece meno stabile. Revan non le aveva rivelato nulla più di quanto lei aveva chiesto di sentire; eppure erano troppe informazioni, troppo dolorose, date troppo in fretta. Scattò in piedi a sua volta. -Non sei riuscito a salvarlo. Non hai soddisfatto il suo ultimo desiderio. Non hai fatto sapere a sua moglie e suo figlio cos'era stato di lui. Sei sparito dalle nostre vite come se non ci fossi mai stato. Vuoi sentirti dire questo?-

Silenzio. Un frustrante silenzio che non faceva altro se non nutrire quel suo sfogo, incoraggiarla ad esternare tutto, ad adirarsi e urlare; Revan se ne stava lì, fermo, la testa appena chinata ma le luci spiritate dei suoi occhi puntate su di lei. Non riusciva a capire se stesse lottando col senso di colpa o semplicemente offrendole un capro espiatorio- scegliere quale delle due ipotesi l'avrebbe irritata di più era anche peggio. Restarono così, a fissarsi, per qualche secondo: Anya respirava rumorosamente, ogni mano ancora stretta in maniera convulsa al suo guanto.

-Credo...- Esordì infine, quando si stancò di quello stallo. Parlava piano, improvvisamente, in poco più che un sussurro. -... Che tu sappia già benissimo queste cose. Che te le sia ripetute in vita, mentre rifiutavi di rispondere alle mie domande, e ogni volta che hai evitato il confronto con me o con Yunel. E forse te le sei ripetute ancora, dopo aver ricordato l'accaduto. Sbaglio?-

-Ti ho detto che sei acuta quanto un Embershade, mi pare.- L'ironia di Revan, quella volta, parve stranamente vuota, priva sia di mordente che d'umorismo. -Ma stavolta sei imprecisa. Quell'elfo si è tormentato con quei pensieri, poi ha cercato di cacciarli del tutto dalla sua esistenza. Non so quale delle due sia stata la scelta peggiore, ma non ha senso che le ripeta anche io.-

Anya si accigliò ulteriormente, mentre il turbamento di poco prima cedeva parzialmente il posto alla confusione. Si era aspettata che l'altro chiedesse il suo perdono, a parole o silenziosamente, ed era stata pronta ad offrirglielo. Ciò che il Reietto le aveva invece dato era una cruda ammissione di colpa, senza abbellimenti o duplici intenzioni. L'avrebbe detto un discorso incurante, impersonale, se non fosse stato per i lievi indizi che l'altro le lasciava tra una frase e l'altra: una pausa, un sospiro, lo sguardo fisso su di lei- calmo e indagatore, ma colorato da un qualche sentimento a cui non riusciva a dar nome. L'aveva interpretato come senso di colpa, eppure c'era evidentemente dell'altro.

Fu Revan stesso a continuare, vedendola interrogarsi: -Ho accettato quello che è successo. Lui... Era arrogante e pieno di rabbia, e tuo marito era una delle poche cose che lo rendevano migliore di così. Quando è morto, tutto il resto l'ha seguito nella tomba. Vedere te o Yunel era guardare in faccia un fantasma, e lui non lo sopportava. Ha preferito tagliare i ponti. E' stato un codardo... Ma quel codardo non sono io.- Aveva smesso di guardarla e ora fissava il tavolo, gli occhi ridotti a fessure e le parole stranamente dure; ma subito dopo ammorbidì il tono, e per la prima volta in tutto il discorso le parve di udire una richiesta di scuse nascosta tra le righe. -Se dovessi passare il resto della mia considerevolmente lunga esistenza a rimpiangere gli errori di un morto, Anya, mi rimarrebbe ben poco per cui andare avanti.-

Per breve tempo, Anya considerò le sue possibilità, cercando di dare un senso al misto di pensieri contrastanti che la assillavano. Alla fine scelse una domanda, esposta in tono cauto: -Ti sei perdonato, quindi. Che ne è di me?-

La pelle incartapecorita agli angoli degli occhi del Reietto si contrasse. Sotto la maschera, stava ghignando. -Sei libera di incolparmi, se lo desideri. Hai tutto il diritto di farlo, mi pare.-

Pareva quasi una sfida, dal suo tono e dalla sua posa- aveva raddrizzato le spalle, normalmente curve, e per un attimo quell'immagine richiamò in lei l'eco dello Spezzaincantesimi rigido e distaccato che le aveva portato notizia della morte di Hathe. Ma se allora i suoi occhi erano stati quelli velati di chi aveva voltato le spalle alla vita, ora, incastonato in un cadavere, c'era uno sguardo intenso e concentrato interamente su di lei. Attendeva la sua risposta, malcelando sincero interesse.

Anya si lasciò sfuggire, a sua volta, un ghignetto. Era un'espressione tremula e fragile, ancora vulnerabile, ma indubbiamente reale. -Lo giudichi troppo duramente. E' irrispettoso parlar male dei morti, mastro Revan.- Quel sorriso sfuggente sfumò quasi immediatamente dal volto di lei, lasciandole addosso solo la debolezza d'animo che l'aveva sotteso. -Mi hai detto... Molte cose, e non sono sicura di averle assimilate tutte. Credevo che quella ferita fosse... Chiusa, da tempo, e a quanto pare non è così. Però...-

Aggirò il tavolo, per essere di fronte a lui. Il Reietto, benché ormai fosse ben più magro e smunto dell'elfo che aveva conosciuto, non era certo diventato più basso; per guardarlo negli occhi dovette alzare appena il mento. Lui ancora la fissava, inquisitore, come se stesse cercando di decifrare i suoi gesti.

Non sfuggì ad Anya il modo in cui inarcò sorpreso le sopracciglia, a quella pacca sulla spalla, né lo fece l'impercettibile rilassarsi della sua postura. Non poté quindi trattenere un sorrisetto ilare, nonostante il senso di stanchezza e turbamento che quella conversazione le aveva lasciato.

-... Se ti serbassi ancora rancore, mio marito si rivolterebbe nella tomba. Siamo tutti e tre vivi, no? … Relativamente parlando.- Scimmiottò le sue parole all'inizio della conversazione, una frase che non aveva del tutto inteso ma che sembrava essere per lui di una qualche importanza. -Non nego che le cose sarebbero state... Più facili, molto più facili, se tu- se lui non avesse preso quella decisione. Né intendo nasconderti che per un po' l'ho odiato, per il vuoto che aveva lasciato. Ma... stiamo parlando di vecchie ferite, ormai. Il tempo ha fatto molto.-

Venne un lieve sbuffo da parte di Revan, che sembrava diviso tra vago sollievo e una sorta di soddisfazione, quella di un maestro che osserva l'allievo passare una sorta di prova. Quando parlò, la voce rauca aveva un che di caldo. -Capisco perché ti ha scelto.-

Lei deglutì, abbassando la mano e la testa. Le orecchie, spinte all'indietro, fremevano leggermente, ma forzò un'aria teatralmente orgogliosa e incrociò subito dopo le braccia al petto, tornando a guardarlo di sottecchi: -Perché, avevi dubbi prima?-

-Da come parlava di te? Sarebbe stato impossibile. La foresta gli era sacra, ma tu eri la sua dea.- Il Reietto aveva la rimarchevole capacità di apparire, nella stessa frase, al contempo ironico e completamente sincero; c'era qualcosa di intimo nel suo tono, una traccia della stessa malinconia che la pervadeva dall'inizio della conversazione.

Ridacchiò, sardonica, ma le si strinse il cuore: forse in conseguenza al loro discorso tanto carico, in quel momento il ricordo di Hathe era più vivo e pulsante di quanto non lo fosse stato in anni. Per un attimo si sentì esausta e vulnerabile come lo era stata dopo aver sentito la triste notizia per la prima volta: il dolore della perdita non l'aveva mai del tutto abbandonata, ma ora il ricordo di ciò che era perso le pulsava in petto come se fosse stato fresco di giorni e non di decenni.

Revan sembrò notare il turbamento di Anya, tradito dall'espressione improvvisamente contratta come per una qualche fitta; sempre con quella voce stranamente delicata, di cui non l'aveva creduto capace, la riportò alla realtà. -Dovresti riposare. La notte è regno dei morti.- Aggiunse, enigmatico; per una volta, l'elfa parve intendere.

Quasi meccanicamente, Anya annuì. -Immagino che rifletterò meglio a mente lucida.- Sussurrò. Quando finalmente incontrò di nuovo lo sguardo del Reietto, negli occhi aveva un velo d'incertezza. -Parleremo ancora?-

-Viviamo nello stesso posto. Sarebbe complicato non parlare.- Commentò l'altro, poi fece un passo di lato, allungando la destra per recuperare il libro che aveva abbandonato sul tavolo.

-Sai cosa intendevo.-

-E tu sai cosa intendevo io. Lunga notte, Anya Embershade.- Si era curato di sottolineare il cognome.

Nel guardarlo ritirarsi nuovamente tra le ombre, apparentemente senza bisogno di vedere dove metteva i piedi nel ridiscendere la scala verso i sotterranei, la donna si lasciò sfuggire un ultimo, tremulo sorriso.

Sì, lo sapeva.

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Indice dei nomi:

-Anya Embershade: Elfa del Sangue, allevatrice di dragonhawk per vocazione.
-Revan Sunshadow (fu Aurendil): Reietto sacerdote dell'Ombra, Mastro Apotecario e Magister della gilda Manus Gloriae. Personaggio di una persona per me molto cara.
-Tiana Blackpearl: Elfa del Sangue, sacerdotessa della Sacra Luce e compagna di Revan.
-Yunel Embershade: Ufficiale dei Farstrider e Magister della Manus Gloriae. Figlio di Anya.
-Hathe Embershade: Fu ranger e protettore di Quel'Thalas fino alla Seconda Guerra. Marito di Anya, padre di Yunel.

   
 
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