Gli
occhi di
Matteo erano sempre puntati su Stefano. Con attenzione, assorbiva ogni
gesto ed
ogni sorriso come se avesse il terrore di non vedere più
quella creatura.
Spesso,
forse troppo, Andrea gli chiedeva per quale motivo fosse tanto attratto
da una
persona così presuntuosa e libertina. Lei conosceva bene
Stefano e sapeva che
avrebbe spezzato il cuore al suo caro amico, se solo avesse messo gli
occhi su
di lui. Matteo le aveva sempre risposto con le stesse parole
innamorate:
“Stefano è il Sole e io sono Plutone, il pianeta
degradato ad asteroide. Io
continuo ad orbitare intorno a lui attirato dalla sua forza di
gravità,
nonostante questo non sia il mio posto.”
Più
Matteo
guardava Stefano, più si rendeva conto che quelle parole non
erano solo
metaforiche. Stefano era davvero la stella attorno alla quale
orbitavano tanti
pianeti. Il biondo era sempre al centro dell’attenzione di
ogni persona e anche
chi non era nel suo circolo di amici si trovava sempre gravitato verso
di lui.
«E non so se è soltanto fantasia o se
è solo
una follia
Quella stella lontana laggiù…»
L’attenzione
di Matteo venne riportata alla realtà dalla voce di
Lucrezia. Non era per
niente intonata, ma la canzone in sé era davvero bella.
«Bentornato
fra noi, Matteo. Come si sta fra le stelle?»
domandò Andrea, sorridendo con
dolcezza sebbene fosse chiaramente infastidita
dall’attenzione che Stefano
attirava su di sé solamente entrando in una stanza.
Quello
era
un martedì qualunque, di una qualsiasi settimana scolastica.
E come ogni
giorno, in pausa pranzo, lo sguardo di Matteo veniva calamitato subito
verso
Stefano.
«Perché
quella canzone?» domandò il ragazzo dai capelli
neri, cercando di rimanere
attento alle sue più care amiche. Non voleva ignorarle, ma
la sua cotta per
Stefano stava diventando sempre più ingestibile.
«Sembra
fatta per te.» affermò Lucrezia, guardandolo negli
occhi con dolcezza. «Però
io la seguo anche se so che non la
raggiungerò potrò dire ci sono anch’io.»
Matteo
storse le labbra, osservando entrambe con un sopracciglio inarcato. Non
c’era
bisogno che gli ricordassero quanto quella canzone sembrasse fatta
apposta per
lui. Non mancava mai di ascoltarla ripetutamente ogni mattina ed ogni
volta in
cui aveva un minuto libero per sentire un po’ di musica.
«Lo
so.»
disse in un soffio, tornando a guardare Stefano. “Una stella
che non
raggiungerò, eh” pensò il corvino,
appoggiando la testa sul palmo della mano
mentre i suoi occhi si perdevano completamente, ancora una volta, in
quello che
succedeva a Stefano e alle persone intorno a lui.
«Dovresti
provare, sai?»
Non
era la
prima volta che sentiva una cosa del genere dalla bocca di qualcuno,
appena si
fosse reso conto dei suoi sentimenti. La sua espressione di sorpresa
non era
causata dal consiglio in sé, bensì dalle labbra
che avevano lasciato uscire
queste parole. Matteo si voltò lentamente a guardare Andrea,
lo sguardo
sorpreso quanto quello di Lucrezia.
«Cosa
c’è?
Che ho detto?» domandò la ragazza, sentendosi un
po’ infastidita da quelle
espressioni così sorprese. Per cosa doveva mostrarsi
infastidita, poi? Per
Matteo e Lucrezia, aveva detto la cosa più out
of character che si potesse immaginare. Andrea Conti che gli
consigliava di
dichiararsi a Stefano? La stessa persona che lei considerava
opportunista,
libertina e presuntuosa?
«Sei
seria?»
«Stai
bene,
Andrea?»
«Oddio!
Gli
alieni l’hanno rapita e ora abbiamo a che fare con la sua
sosia.»
«No,
Matteo.
Non sono gli alieni.» lo bloccò Lucrezia,
scuotendo la testa drammaticamente.
«Stamattina deve essere caduta dal letto e aver pestato la
testa. Deve essere
l’unica soluzione.»
Entrambi
convennero che era la spiegazione più accettabile fra le
uniche due opzioni che
avevano a loro disposizione. Nessuno dei due, però, fece
troppo caso
all’espressione di Andrea, a metà fra il sorpreso
e l’offeso.
«Perdonatemi
se voglio aiutare Matteo.» intervenne subito con sarcasmo,
mentre incrociava le
braccia al petto. «Sono stanca di vederti soffrire
Così tanto da dirti di
provarci. Mal che vada, prenderò a pugni Stefano per averti
rifiutato e fatto
soffrire.»
Il
silenzio
scese fra i tre amici, mentre nella mente di Matteo si imprimevano le
parole
appena dette da Andrea. Doveva apparire davvero miserabile, se anche
Andrea lo
supportava a dichiararsi alla persona che sopportava di meno.
«E cosa devo fare?»
domandò alla
fine, dopo infiniti secondi di silenzioso tormento per prendere la
decisione
giusta. Matteo arrivò alla conclusione che, forse, avrebbe
dovuto prendere la scelta
che avrebbe causato meno rimpianti.
Lucrezia e Andrea si guardarono
per pochi istanti, prima che due sorrisi maliziosi apparissero sulle
loro
labbra. «Caro Matteo…» iniziò
Lucrezia con calma, mentre si alzava in piedi e
tirava l’amico per un braccio e lo obbligava ad imitarla.
«…per fortuna che ci siamo
noi.»
ridacchiò Andrea, mettendosi alle spalle del corvino per
spingerlo verso
l’uscita della mensa scolastica.
«Sappiamo cosa fare!» concluse
Lucrezia con una risata tranquilla, mentre si stringeva al suo braccio
per
guidarlo in un posto sicuro dove nessuno li avrebbe disturbati.
«Ho paura che me ne
pentirò.»
mormorò Matteo, lasciandosi spingere e trascinare via dalle
sue migliori amiche.
***
“Perché?”
Nella mente di Matteo risuonava
semplicemente quella domanda, accompagnata da altre parole che
perdevano di
significato mano a mano che continuava a porsi quei quesiti.
Perché aveva dato
retta ad Andrea e Lucrezia, perché si voleva umiliare in
quel modo, perché
continuava a ripetere nella sua mente il discorso che aveva in testa.
Si mise a
guardare davanti a sé, ignorando completamente tutto
ciò che lo circondava,
come faceva ogni volta che doveva parlare di fronte a qualcuno che lo
metteva
in soggezione.
«Stefano. Devo parlarti.»
Un respiro profondo, prima di
chiudere gli occhi. Si concentrò ancora una volta,
richiamando dalla memoria le
parole che tanto aveva ripetuto centinaia di volte insieme a Lucrezia e
Andrea.
«Probabilmente non sai
nemmeno chi sono e ti starai anche chiedendo perché ti ho
chiesto di ascoltarmi.»
iniziò con calma, aprendo
finalmente quegli occhi azzurri che, molte volte, bloccavano le persone
con cui
parlava. Ma Matteo non si accorgeva mai dell’effetto che
aveva sulle persone;
non si rendeva conto di quante persone, in realtà, si
voltassero a guardarlo
con interesse. «Avrai tante domande. Beh, non sei il solo ad
averne. Anch’io mi
sto chiedendo che mi è preso e perché mi trovo
qui, davanti a te, ad umiliarmi
come uno stupido.»
Matteo deviò per un attimo lo
sguardo di lato, quasi fosse imbarazzato all’idea di quello
che sta dicendo. Lo
era davvero, solo che doveva dimostrare di essere sicuro di
sé e non avere
paura di un rifiuto.
«Se ti chiedi come faccio
a sapere di te, ecco, ti ho osservato per molto tempo qui a
scuola.» sorrise
appena come se dicesse una cosa talmente ovvia che era futile
domandarselo.
«Sei sempre circondato da tante persone che è
praticamente impossibile non
notarti. E se non fossi al centro dell’attenzione di tutti,
però, non tarderei
a vederti; sei come una stella per me e trovo impossibile non orbitarti
attorno.»
In
quell’istante giunsero alle sue orecchie i rumori di qualcuno
che correva in
lontananza e schiamazzava ad alta voce. Non avrebbe fatto in tempo, se
avesse
continuato ad esitare in quel modo. Matteo tornò a
raddrizzare le spalle con
sicurezza con lo sguardo puntato davanti a sé.
«Prima
di
dire qualsiasi cosa, però, lasciami parlare. Tu mi piaci,
Stefano, ma non
voglio essere uno dei tanti che potrebbe vantarsi di aver passato una
notte
insieme a te. Non desiderio fermarmi solo a questo. Per quanto mi possa
piacere
l’idea di condividere con te un momento di questo tipo, non
sarebbe abbastanza.
Posso dimostrarti, però, che ciò che ti posso
donare vale più di mille notti
con persone diverse da me.» affermò con sicurezza.
Il suo sguardo si fece
ancora più serio, ma animato da un calore ed
un’emozione che teneva sempre
celati nel suo cuore. «So che è pretenzioso da
parte mia, che non sono bello
quanto te o che non è lontanamente conosciuto a scuola, ma
vorrei che uscissi
con me.»
Il
moro
concluse il discorso con voce sicura, per nulla terrorizzato da quello
che
stava facendo. Davanti a lui, osservava ciò che lo specchio
gli mostrava: il
suo volto sicuro e fiero, adornato da un leggero colore rosso, le
labbra secche
e leggermente dischiuso per riprendere fiato. Per provare quel discorso
ancora
una volta, si era chiuso nel bagno della scuola. Il luogo era
completamente
vuoto e faceva al caso suo.
Matteo
si
voltò verso la porta che portava fuori, sapendo che a breve
avrebbe dovuto
ripetere quelle cose davanti all’oggetto dei suoi pensieri.
Il cuore fece una
capriola in petto, arrivando fino in gola per poi cadere nei pressi
dello
stomaco. Non ce la poteva fare.
«Ci
rinunciò.» mormorò a bassa voce,
lasciandosi andare ad un sospiro sconsolato.
«Aspetterò
invano che si accorga di me.»
Con
quelle
ultime parole, lasciò i servizi con passo lento decidendo di
raggiungere le sue
amiche e spiegare loro perché, improvvisamente, era
ritornato ad essere il
vigliacco di sempre.
Mentre
la porta
si chiudeva alle sue spalle, all’interno del bagno uno dei
cubicoli rivelava
una persona rimasta nascosta per tutto il tempo.
Stefano
si
fermò al centro della stanza, guardandolo lo stesso specchio
dove si era
fermato Matteo. Lui, però, non sapeva che l’amico
dell’opportunista Andrea era
la stessa persona che aveva aperto il suo cuore in quel modo.
«Dovunque
tu
sia, io ti troverò. Aspettami!»
Fine