Storie originali > Storico
Ricorda la storia  |       
Autore: francoise14    29/05/2015    6 recensioni
Novembre 1945. Il giovane Lele è quasi giunto alla fine del suo viaggio: dopo la guerra e i duri anni di prigionia, si avvicina il momento del ritorno a casa. Sotto gli occhi di questo giovane dalla vita spezzata, le macerie di un'Italia ferita come la sua anima; e nel cuore solo lei, Anna.
Ispirato a una storia vera.
Genere: Drammatico, Introspettivo, Sentimentale | Stato: completa
Tipo di coppia: Het
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Guerre mondiali
Capitoli:
   >>
Per recensire esegui il login o registrati.
Dimensione del testo A A A

Il viaggio di Lele

Anna

Il treno aveva ripreso da poco la sua corsa, allontanandosi lentamente dalla stazione semidistrutta. Gli occhi grigi di Lele si soffermarono per un istante sulla banchina, ancora gremita di uomini, donne e bambini dalle facce stanche e dagli abiti di fortuna. La fortuna... Lele sorrise amaramente tra sé. Be', parlando di fortuna sicuramente stavolta era stato fortunato a trovare posto sul convoglio giusto: per una volta non si sarebbe dovuto affidare nuovamente a qualche passaggio o alle sue gambe, sempre più malferme e smagrite. Ormai non c'era più nemmeno il Professore a condividere con lui quel lungo ed estenuante viaggio attraverso mezza Europa, il suo calvario era terminato a Milano una settimana prima. Un tremito scosse il corpo di Lele: per un attimo lo aveva invidiato, il Professore, stretto fra le braccia della sua donna, in lacrime come un bambino. Era rimasto rispettosamente in disparte, finché l'ultimo bacio e l'ultimo singulto si erano consumati e l'amico si era voltato verso di lui con gli occhi ancora lucidi.
- Resta con me, Lele, con noi! - gli aveva detto improvvisamente il giovane, poco più grande di lui nonostante il soprannome pomposo che si era portato dietro in tutti quegli anni segnati dalla guerra e dalla prigionia. - Ormai siamo come fratelli!
Le labbra sottili di Lele si erano increspate in un mesto sorriso.
- No, amico mio. Lo sai che non posso.
- E' per lei?
- Anche. Non solo. Milano non è casa mia.
Il Professore gli aveva posato una mano sulla spalla, stringendogliela impercettibilmente. Si erano guardati negli occhi per un istante, poi aveva annuito.
- Mi mancherai, Lele.
- Anche tu, Giovanni.
Si erano abbracciati, poi Lele era ripartito subito, ignorando le proteste dell'amico e della moglie, che lo avevano pregato di fermarsi almeno per la notte, se non addirittura per qualche giorno, giusto il tempo di riprendersi un po' dalla fatica e dalla stanchezza del corpo e dell'anima. Lele non aveva voluto. Al solito, testardo come un mulo.
- Ti avevo detto che non mi sarei fermato, prima di arrivare qui. E poi è giusto che tu e la tua signora stiate da soli. Buona fortuna, ragazzi... ve la meritate.
Un ultimo abbraccio prima di partire, una lieve stretta di mano a salutare quella giovane sposa che tanto gli ricordava lei. Anna. Anna, capelli ramati e occhi color miele. Anna, profumo di casa e di una vita semplice, fatta di scherzi, risate, corse tra i campi e baci rubati. Anna che gli aveva detto che l'avrebbe aspettato. Anna che gli aveva sussurrato nella stalla che sarebbe stata sua.
Lele distolse lo sguardo dal paesaggio che correva rapido fuori, un paesaggio monotono dominato dal marrone cupo della terra dormiente e dal verde lontano delle colline circostanti. Iniziava ad essere vicino casa. Guardò pensieroso la piccola treccia rossa legata ora al suo indice sinistro, dal momento che l'anulare era ormai troppo magro per poterla portare senza rischiare di perderla. E gli sarebbe dispiaciuto perdere proprio adesso, quell'anello che era riuscito a nascondere e a proteggere  persino nell'inferno del campo. L'avrebbe riconosciuto, Anna? L'avrebbe voluto ancora? Cosa era rimasto di quel ragazzone moro sempre allegro, alto e robusto, per cui tanti cuori avevano palpitato? Era ridotto ormai a un mucchietto di ossa, quaranta chili per un metro e ottanta di tristezza. I capelli ancora troppo corti, gli occhi grigi induriti dagli stenti.
Era stato il pensiero di lei, insieme alla presenza del Professore, a tenerlo in vita e a non farlo impazzire nell'inferno in cui erano precipitati. Ricordava ogni singolo istante con lucidità. Non avrebbe dimenticato mai. Qualche anno prima aveva creduto che la guerra fosse il peggiore dei mali, ma aveva sempre avuto il conforto di qualche lettera di Anna o di quelle scritte dal curato di N. per conto dei suoi genitori. Senza contare le chiacchierate e le letture serali col Professore, inseparabile compagno di avventura dal loro arruolamento. Si era ritrovato quindi a Brindisi col suo battaglione, pronto ad essere imbarcato per la Grecia. Aveva incontrato fortuitamente l'amato fratello Giuseppe, si erano abbracciati commossi, giusto qualche frase scambiata (non era loquace, Giuseppe, tanto più in quella circostanza), prima di andare incontro ciascuno al proprio destino. Poi.. poi c'era stato l'otto settembre. L'armistizio, la rabbia dei Tedeschi. Lele e i suoi compagni d'armi si erano ritrovati prigionieri, con la prospettiva di arruolarsi per combattere per i nazifascisti o morire in qualche campo di internamento. Avevano scelto quasi tutti la prigionia.(1) Per un attimo Lele rabbrividì. Come avrebbe potuto dimenticare? La tradotta, il puzzo di urina e di sudore degli uomini stipati come nemmeno le sue mucche lo erano mai state nella stalla; l'arrivo al campo, il filo spinato, il suo nome ridotto a un numero, la paura, le umiliazioni e l'orrore. Tecnicamente non erano prigionieri di guerra, quindi nemmeno la Croce Rossa era potuta intervenire.(2) Due anni trascorsi a lavorare dieci ore al giorno in una fabbrica vicina, cercando di ignorare i morsi della fame, il freddo e il numero sempre più esiguo dei propri compagni. Alcuni erano stati trasferiti in altri campi, molti erano morti. Lele e Giovanni, detto il Professore per la laurea in Lettere, erano riusciti a sopravvivere. Insieme, facendosi coraggio a vicenda, condividendo cibo e sofferenze. Giovanni gli parlava di Erminia, la fidanzata sposata in tutta fretta il giorno prima di partire, Lele di Anna. Giovanni aveva il ricordo di quell'unica notte d'amore a dargli conforto, Lele solo quello di una promessa. Una promessa fatta in una stalla, dove lui l'aveva portata di nascosto per affondare il viso tra i suoi capelli e assaggiare le sue labbra perfette. Anna non aveva voluto andare oltre, ma lo aveva stretto forte.
- Non ora, Lele. Non così. Ti prometto che quando ritornerai sarò tua.
Lele aveva borbottato qualcosa che aveva solo l'accenno di una protesta, non era abituato a ricevere rifiuti. Lei aveva sorriso, forte del suo ascendente e della sfrontatezza dei suoi sedici anni.
- Ti prometto che ti aspetterò. - aveva dichiarato solennemente la ragazza.
- Me lo giuri?
- Sai che non si giura! Ma hai la mia parola!
- E mi sposerai?
Anna aveva sorriso di nuovo, la pelle nivea improvvisamente tinta di rosa.
- Sì - aveva bisbigliato, prima di suggellare con un bacio la sua promessa.
Lele le aveva sorriso a sua volta, poi le aveva sussurrato:
- Aspetta, ho una cosa per te.
Aveva tirato fuori dalla tasca dei calzoni un anello d'acciaio e glielo aveva infilato sull'anulare.
- Così tutti sapranno che sei mia.
Anna lo aveva guardato incredula.
-Ma dove l'hai rimediata?
- E' quella di mia madre. Me l'ha data lei per te.
- Ma come ha fatto a rinunciare alla sua fede?
- Quella non è la fede che le ha infilato mio padre. E' la fede del Fascio (3), non la vuole più. Sapeva che ti avrei chiesto di sposarmi e l'ha data a me.
- Ringraziala da parte mia - aveva allora capitolato la ragazza.
Lele aveva posato teneramente le labbra su quella semplice fascetta grigia.
- Però anche tu devi avere qualcosa di mio... - aveva improvvisamente detto Anna, spezzando l'imbarazzante silenzio che si era creato tra loro. Si era guardata intorno, in cerca di qualcosa, poi un lampo le era passato negli occhi di un nocciola così chiaro e dorato da ricordare il colore del miele. Con gesti rapidi aveva intrecciato una piccola ciocca sfuggita alle forcine con cui quel giorno aveva raccolto le lunghe chiome ramate.
- Dammi il coltello - aveva ordinato a Lele.
- Che ci vuoi fare?
- Tu dammelo - aveva ripetuto. Lele, perplesso, glielo aveva allungato e lei aveva reciso la treccia corta e sottile, per poi annodarne saldamente le estremità, ricavandone così un anello un po' più improvvisato rispetto a quello che portava ora al dito.
- Dammi la mano sinistra.
Lele aveva iniziato a ridere sommessamente, aveva finalmente capito. Emozionata, Anna a sua volta gli aveva inserito l'improvvisata fedina, depositando anche lei un casto bacio su quella mano che fino a poco prima l'aveva fatta fremere di desiderio.
-  Adesso sapranno tutti, ma soprattutto tutte, che anche tu sei mio.
------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------
 
Note:
(1) Dopo l'otto settembre, circa 810.000 militari italiani, tra soldati e ufficiali, furono catturati dai Tedeschi su vari fronti, tra cui i Balcani. Classificati come prigionieri di guerra fino al 20 settembre 1943, furono successivamente considerati internati militari (Imi);a quel punto ebbero la possibilità di scegliere tra restare prigionieri nei campi tedeschi, arruolarsi nelle SS o nella Werhmacht o tornare sotto Salò. In 716.000 scelsero la prigionia (l' "altra resistenza" o " resistenza silenziosa"); di questi, all'interno dei lager, solo 43.000 si arruolarono come combattenti di Salò e 60.000 aderirono come ausiliari: più di 600.000 rimasero nei campi di concentramento, in condizioni disumane.    
(2) Essendo stati catalogati opportunamente come Imi, non erano tecnicamente prigionieri di guerra e quindi per loro non valeva la Convenzione di Ginevra del 1929.
(3) Il 18 novembre 1935 gli Italiani furono invitati dal regime fascista a donare oro per sostenere la guerra d'Etiopia ("Oro alla Patria"). Il 18 dicembre, esattamente un mese dopo, fu proclamata la "Giornata della Fede". gli Italiani donarono le loro fedi nuziali, ricevendo in cambio una fede di ferro. Evidentemente la madre di Lele non aveva aderito proprio spontaneamente o si era pentita di averlo fatto.
 
 
 
   
 
Leggi le 6 recensioni
Ricorda la storia  |        |  Torna su
Cosa pensi della storia?
Per recensire esegui il login oppure registrati.
Capitoli:
   >>
Torna indietro / Vai alla categoria: Storie originali > Storico / Vai alla pagina dell'autore: francoise14