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Autore: manhattansheaven    31/05/2015    3 recensioni
Al quasi sorgere del sole Bill cadde in un sonno profondo nell’attesa di vivere un altro giorno d’inferno.
[Questa storia è volutamente ispirata al video "Feel It All" dei Tokio Hotel]
Genere: Triste | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Nuovo personaggio
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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This is the city of lost souls, not of angels.
Questa è la città delle anime perdute, non degli angeli.

 

UCLA - Criminal’s Psichology’s section

“Miranda! “ La voce di Zoe riempì tutto il corridoio facendo voltare alcuni studenti intenti a guardare la bacheca degli esami. La mora dagli occhi castani corse verso l’amica, quasi travolgendola.
“Zoe, smettila di urlare! “ la rimproverò la bionda aggiustandosi la giacca.
“Scusa, ma sono troppo contenta! Sapevi che aveva dato l’esame di psicologia sociale e comportamentale in anticipo, vero? Beh, ho passato l’esame con il massimo dei voti e ho vinto la borsa di studio in palio per Washington! “ La mora dalla carnagione scura sorrise a trentadue denti stringendo la compagna tra le braccia.
“Mio dio, sono felice per te!” rispose ricambiando l’abbraccio, anche se con meno enfasi  “E quando dovresti partire?”
“Tra due mesi all’incirca.” Disse Zoe guardando Miranda. I suoi capelli dorati, ora tagliati all’altezza delle spalle, era perfettamente piastrati. Gli occhi azzurri erano contornati da uno smoky eyes nero molto evidente mentre le labbra, al contrario, erano molto naturali.
“Se riuscissi in tempo a dare l’esame potrei sperare anch’io il tirocinio a Washington.. ma non so da dove cominciare.”
“ Ho un’idea!” Zoe frugò nella sua borsa e ne tirò fuori una specie di biglietto da visita, “ Qui c’è l’indirizzo di un amico di mio padre che lavora come volontario in un centro di recupero per tossicodipendenti. Potresti parlare con lui e con i ragazzi che aiuta, sarebbe un’ottimo argomento d’esame!”
Miranda lesse le prime righe sul foglio ma la sua attenzione fu catturata da una parola in particolare.
“ Compton?” chiese leggermente allarmata “ Dovrei andare del quartiere più pericoloso della città da sola?  Vuoi mandarmi in missione suicida?”
“ Non ti succederà niente.” la rassicurò la ragazza dalla pelle mulatta “ E poi sei sempre stata una tipa coraggiosa, no?”
“ Okay, va bene. Ci sto. Ma se non dovessi tornare mi avrai sulla coscienza.” sdrammatizzò la bionda non riuscendo a trattenere una risata.
“ Me ne farò una ragione.” fece Zoe scoppiando a ridere a sua volta.
 
 

Beverly Hills, 3.35 pm, Campbell-Fitzegarld’s house

La casa era vuota, come al solito. Uno spiraglio di vento filtrava dall’enorme finestra ,che dava sul mare, lasciata socchiusa. Miranda si avvicinò per chiuderla e nella fretta colpì il tavolino di cristallo in mezzo alla sala. Le cornici poste al di sopra di esso si frantumarono nella collisione con il pavimento.
“Dannazione” imprecò Miranda chinandosi a raccogliere ciò che restava degli oggetti in questione e conservando le fotografie.
“Mamma” sussurrò prendendo una foto che ritraeva una giovane donna, bionda che stringeva una bambina che le assomigliava. I ricordi dell’incidente si ripresentarono più dolori che mai.
Guardandosi allo specchio sfiorò con i polpastrelli la sottile cicatrice sopra la palpebra, accuratamente nascosta dal trucco. Infatti nessuno se n’era mai accorto, neanche Zoe.
Qualche minuto dopo era intenta a prepararsi il tè davanti alla finestra. Nel silenzio udiva ancora i rumori nella sua testa. Come se i suoi pensieri prendessero forma e le parlassero continuamente. Tutti i psichiatri conoscono questa sensazione. La chiamano “la musica dei pazzi”.
In seguito ompose il numero indicato da Zoe sul suo cellulare.  
Dopo un paio di squilli, una voce all’altro capo del telefono parlò “Pronto?”
“Buonasera, parlo con Cesar Clifford?” domandò.
“Si. Con chi ho il piacere di parlare?” rispose l’uomo in modo educato ma vagamente freddo.
“ Sono Miranda Campbell.” Odiava avere un secondo cognome perciò preferiva farsi chiamare così “ Ho avuto il suo numero da Zoe Mendes, la figlia di Paul Mendes. Mi ha detto che lei sarebbe disponibile a permettermi di svolgere delle ricerche tra i suoi pazienti per un’esame di psicologia.”
“ Si. Se vuole, può venire qui anche oggi. Abbiamo un gruppo di giovanissimi e ambientarsi meglio“ disse in maniera più calorosa.
“ Sarebbe perfetto.  A più tardi, signor Clifford.” concluse riattaccando.
 



La struttura era fatiscente – evidentemente non avevano molti soldi per mantenere un posto del genere -  e quando spinse il cancello arrugginito credette che avrebbe ceduto e sarebbe diventato solo cenere al suolo. Nonostante l’apparenza, una volta all’interno sembrava un posto caloroso.
Una donna sulla trentina le si avvicinò e senza chiederle nulla la condusse davanti ad una porta.
“Ti stanno aspettando” la avvisò.
Stringendo tra le dita la sua borsa spinse la maniglia e ciò che vide furono una decina di ragazzi seduti in cerchio. Un uomo, che dedusse fosse il signor Clifford, la fece accomodare all’unico posto libero. Osservandolo si resi conto che era molto diverso di quanto si aspettassi. Doveva avere più o meno 40 anni, aveva la pelle scura ma un sorriso che avrebbe illuminato una stanza.
“ Ragazzi, lei è Miranda. Studia psicologia ed è qui per conoscervi e parlare con voi” Alcuni rimasero impassibili mentre altri cominciarono a parlottare tra loro.
“ Non siamo fenomeni da baraccone da analizzare per il suo stupido progetto. Può anche tornarsene da dove è venuta” disse un ragazzo, seccato.
“ Hei, qui tutti sono trattati con rispetto quindi se questo è il tuo comportamento, puoi andare fuori!” L’espressione del giovane cambiò in un attimo e ora teneva la testa china sussurrando parole incomprensibili.
Il colloquio inizio in maniera amichevole, ognuno raccontava la sua storia e una parte di loro si mostrava addirittura orgoglioso che Miranda si interessasse alla loro storia. Alla fine delle giornata il suo taccuino era pieno di scritti, disegni e persino firme dei ragazzi, cosa che avrebbe reso molto produttivo il suo progetto.
Al calare della sera il cielo era già scuro e le strade erano illuminate solo dalle poche luci fioche dei lampioncini ancora funzionanti. Anche se le avevano offerto un passaggio, aveva costantemente rifiutato dicendo che avrebbe fatto due passi a piedi e poi avrebbe chiamato un taxi o preso la metropolitana.
“Forse non è stata una delle mie idee migliori” pensò.
Passando affianco ad un vecchio capannone percepì delle voci che urlavano e ridevano. Si voltò e strinse gli occhi aguzzando la vista ma preferì tirare dritto, anche se era un po’ confusa sulla direzione da imboccare. In quello stesso istante la luce di una torcia si bloccò su di lei.
“Maledetta curiosità”
“Ti serve qualcosa?” Sussultò al suono di quella voce. Ma ciò che vide dopo le fece perdere un battito.
Un ragazzo alto e snello le si stava avvicinando. Indossava una maglietta con un logo tedesco – probabilmente – degli skinny jeans che gli fasciavano le gambe perfettamente. Si sfilò il capuccio delle felpa rivelando una chioma albina. Il suo viso presentava alcuni percings.
Ma la cosa che la colpì maggiormente furono gli occhi. Color cioccolato, caldi e profondi, - quasi oscurati in quel momento - , che facevano a pugni di fronte agli occhi marini della ragazza.
“No, niente. Stavo andando via” disse sicura  facendo per andarsene.
“ Ti sei persa?” domandò il ragazzo in un misto tra domanda ed affermazione.
“Hem.. si, in realtà.”
Le spiegò brevemente il percorso tra seguire ma notando l’incertezza della bionda le propose di accompagnarla fino al traguardo. Un po’ restia, alla fine accettò.
“Allora… “ il biondo camminava fissando il selciato e strisciando i piedi “Eri al centro di recupero?”
“Si. Studio psicologia e sto lavorando ad un progetto con alcuni ragazzi lì. Sai...” smise di parlare di colpo “Non so neanche perché ti sto raccontando queste cose.”
“ Sembra interessante. Quindi sarai da queste parti per un po’?”
“A quanto pare”
Passeggiarono per un’altra decina di metri e si fermarono quando videro il grande cartello indicava le scale che conducevano nella metropolitana sotterranea.
“Bene, allora io vado” Miranda scese i primi due scalini senza prestargli attenzione.
“Aspetta” disse l’altro ad alta voce “ Non so nemmeno il tuo nome”
“ Miranda. Mi chiamo Miranda” si presentò lei.
“ Io Bill”
“Allora ciao Bill” rispose infine calcando la pronuncia del suo nome per poi scomparire nel buio di quel corridoio.



 


'Con questo mio scritto, pubblicato senza alcuno scopo di lucro, non intendo dare rappresentazione veritiera del carattere di questa persona, nè offenderla in alcun modo.'

 


 

  
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