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Autore: Giuls_breath    03/06/2015    3 recensioni
Era trascorso circa un anno dagli ultimi terribili eventi che avevano devastato Mystic Falls, era tutto normale…. o almeno così mi piaceva pensare.
Stavo male, era un dato di fatto, non una fantasia o una suggestione.
Stavo male per tante cose, mi sentivo come una bomba ad orologeria e non sapevo che cosa avrebbe potuto disinnescarla, chi mi avrebbe aiutata.
Genere: Fantasy, Introspettivo, Sentimentale | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Bonnie Bennett, Damon Salvatore, Kai, Nuovo personaggio, Un po' tutti
Note: What if? | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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Il mio mondo - prigione
 
Primo Capitolo


Bonnie smise di scrivere, buttava giù – da quando era tornata dal 1994 – tutti i suoi pensieri, le sue ansie, le sue paure. Non scriveva un vero e proprio diario eppure così facendo si sentiva meglio, tutto le sembrava meno terribile e tutto più sopportabile.
Odiava sentirsi in quel modo, si sentiva un pesce fuor d’acqua, fuori posto.
Ovunque andasse si sentiva persa, era circondata da tanti, studiava, passeggiava eppure a volte aveva l’impressione che non fosse lei che faceva tutte quelle cose, certe volte si sentiva come se vivesse una vita non sua, si sentiva in colpa di vivere, soprattutto la sera quando era a letto e si ritrovava a fissare il soffitto incapace di tranquillizzarsi e dormire.
Nel sonno era agitata, tutto la turbava, la inquietava. Neppure la troppa allegria di Caroline la aiutava, anzi le faceva sentire ancora di più la mancanza di Elena, lei almeno forse la poteva capire, o forse no.
Chi poteva capire come ci si sentiva a tornare al mondo, come ci si sentiva a trovarsi improvvisamente – dopo mesi – circondata da tanti e tanti ragazzi, ragazze piene di speranze, di sogni, inconsapevoli dei suoi turbamenti, delle sue angosce? Nessuno.
Si sentiva molto sola.
 
Damon, subito dopo la scomparsa di Elena, aveva deciso di spegnere tutto, di staccarsi da tutto.
Ora il suo rapporto più importante era rappresentato da una bottiglia di Bourbon e da una ragazza a sera che provvedeva a dissanguare dopo essersi divertito.
Stava male anche lui.
Solo che Bonnie si chiudeva in se stessa, anzi piangeva a volte quando era sola in camera sua.
Damon si sfogava, a modo suo.
Entrambi erano consumati dal vuoto, dal dolore, dalla paura di vivere ingiustamente le loro vite, di viverle indegnamente, era difficile riuscire a vivere, a pensare in quelle condizioni.
 
Bonnie tirò su col naso, non aveva mai pianto così tanto, non si era mai sentita così.
Credeva di essere più forte, invece si rese conto di essersi terribilmente sbagliata, di aver abusato di quella forza che credeva di avere, di aver trovato in quel mondo – prigione, quando scappava da Kai, quando era riuscita a fuggire da lì e quando lo aveva pugnalato alle spalle, invece era debole.
Credi di meritare di vivere al posto della tua migliore amica?, le ripeteva una voce nella sua testa.
Più pensava a questa frase e più si sentiva sull’orlo di quel precipizio, sull’orlo di un buio precipizio.
 
Damon bevve l’ennesimo bicchiere di quel liquido ambrato che amava tanto, lo mandò giù tutto d’un fiato strizzando appena gli occhi per dar l’impressione che quei quaranta gradi fossero tanti, quando in realtà per lui erano troppo pochi, tutto era troppo poco per cercare di stare meglio.
Teneva una ragazza, una biondina dalle lunghe trecce seduta sulle sue ginocchia che gli accarezzava i capelli quando sentì come una voce nella sua testa ripetergli Come credi che reagirebbe Elena se vedesse come ti comporti? Pensi che ti amerebbe ancora? Lo sai cosa devi fare per riavere indietro la tua Elena.
Sospirò forte e sollevò tra le braccia l’ennesima ragazza senza nome e destinata a restare tale.
 
 
L’autunno venne e come venne così se ne andò.
Giunse l’inverno. Due settimane prima della fine del trimestre, il cielo si illuminò all’improvviso di un candore opalino e abbagliante e una mattina i prati fangosi intorno al college si ricoprirono di un gelo lucente. I ragazzi non ebbero tanto modo di apprezzare quel soffice e candido prato, troppo presi dai loro giganteschi volumi, tutti terribilmente nervosi all’idea che presto sarebbero cominciati gli esami, sia Bonnie che Caroline non trovarono molto difficoltà nello studiare grazie alle loro doti, ma se avessero studiato come delle normali ragazze forse anche loro sarebbero state preda dell’isteria collettiva che si sprigionava in quel periodo dell’anno, forse anche loro sarebbero ricorse a tante macchinette di caffè per restare sveglie e concentrate fino a tardi, invece trovavano il tempo anche per dormire, chiacchierare, giocare a palle di neve.
Fu proprio una di quelle mattine che giocavano scivolando sulla neve o colpendosi a palle di neve, che accadde una cosa strana….. Caroline colpì l’amica sul cappotto scuro, piccoli pezzettini di ghiaccio le rimasero addosso formando tanti piccoli cristalli di ghiaccio, Bonnie sorrise e raccolse un piccolo mucchietto e lo lanciò verso l’amica, le due risero, a turno cercavano buffamente di sfuggire agli attacchi di quelle soffici palline.
Stava bene Bonnie in quel momento, veramente bene.
Sorrideva di cuore.
Era bella quando sorrideva sincera, sembrava essere molto più giovane.
Caroline raccolse un’altra pallina così come Bonnie, quest'ultima fece per ammucchiare la neve, ma prima che la raccogliesse per appallottolarla, notò qualcosa nella neve, era un oggettino piccolo rotondo e metallico, lo posò nel palmo della mano e lo avvicinò al viso come per osservarlo meglio.
Dove lo aveva già visto?


                                                                   



Le balenò lo sguardo folle di Kai che la osservava, aveva tra le mani la sua via di fuga e la osservava come un animale in gabbia, come chi è messo con le spalle al muro e non ha nessuna via di fuga se non quella che è sbarrata dal suo pazzo compagno di prigione.
“Bonnie!” la richiamò Caroline, lei si voltò ed ebbe la palla di neve in pieno viso, barcollò leggermente “Scusami. Ma che cos’hai? Pensavo ci stessimo divertendo!” esclamò la bionda allargando le braccia spazientita e avvicinandosi all’amica.
“CAROLINE!” la chiamò “Cosa vedi?” disse tendendo il palmo della mano.
Questa si sporse e corrugò la fronte “Io vedo solo la tua mano. Cosa ha che non va?”
Bonnie stupita constatò che quel piccolo oggetto rotondo e metallico era sparito, non c’era più.
 
 
Giorno 293.
Stessa scena, stesso posto, stessa ora.
Ormai Damon era diventato abitudinario: entrava al Mystic Grill alle 11 in punto e usciva quando il cameriere cominciava a spazzare quindi quando tutti, salvo la sua compagnia serale, erano andati via e dettaglio non meno importante, si vestiva sempre elegante, come se fosse rimasto ad un momento in particolare, come se intendesse rivivere ogni giorno la sera in cui aveva perso Elena, la sua ragione di vita; solo che lui faceva perdere la vita ad altri.
Quella sera non intendeva fare eccezioni….
Si sedette sullo stesso sgabello e quella sera chiese la bottiglia di bourbon, invece del solito bicchiere, provava una grande rabbia e un grande dolore dentro di sé. Nessuno poteva capirlo.
Quella sera entrarono un gruppetto di ragazze che a giudicare dai loro zaini, dall’aria stanca ma entusiasta e dai loro abbigliamenti, dovevano essere appena arrivate in città in sosta da un viaggio on the road. Damon le osservò a lungo, la cosa ovviamente non sfuggì al piccolo gruppo che cominciò a ridacchiare e a parlare concitatamente su quanto fosse bello e sexy l’uomo dinanzi a loro. Si unì a loro per bere, chiacchierare, le conobbe, erano delle ragazze molto sveglie e gentili, si sentì quasi in colpa e si dispiacque quasi per loro e per la fine che avrebbero fatto di lì a qualche ora, ma cosa ci poteva fare?
“Beviamo ancora qualcosa insieme, bambole?”
“Sì.” risposero in coro le giovani alzando i loro bicchieri ormai vuoti.
Damon si alzò e andò a chiedere una bottiglia al banco, quando una ragazza del gruppo lo raggiunse e gli disse che lei e le altre avevano cambiato idea e dovevano andar via poiché il giorno dopo sarebbero ripartite, il vampiro stava per rispondere quando qualcosa, o meglio qualcuno, attirò la sua attenzione: aveva le gambe accavallate ed era seduto due sgabelli più avanti, guardava verso di lui e aveva un’aria mista tra il divertito e l’eccitato, aria di chi non vedeva l’ora succedesse qualcosa.
Levò il calice nella sua direzione, Damon pensò in un primo momento di aver bevuto troppo perciò lo ignorò e tentò inutilmente di far restare le ragazze, nulla, non ci fu verso.
“Brutta serata, eh Damon?”

                                                             


La speranza che fosse solo l’alcool a giocargli un brutto scherzo svanì.
Era in piedi davanti a lui, quel piccolo pazzo succhiatore di magia.

                                                         

“Sorpreso?”
“Com’è possibile? Ti ho ucciso.”
Inclinò appena la testa “Veramente pensavi fosse stato così facile liberarti di me?”
Damon roteò gli occhi.
In quel momento una del gruppo si avvicinò a Damon, aveva un biglietto fra le mani forse con un numero di telefono scarabocchiato, questo Damon non lo seppe mai.
Phesmatos somnumia, sussurrò Kai e la ragazza cadde rovinosamente a terra, le amiche si precipitarono verso di lei e incolparono Damon, lo additarono, presero a guardarlo come un mostro.

Evidentemente nessuna riusciva a vedere Kai, per loro c'era solo Damon.
“Ho appena cominciato, Damon. Perciò attento. Vedremo così chi perderà per primo la testa.”

                                                               
                                                               


 
******

Sono tornata.... e a quanto pare anche qualcun'altro!
Nei prossimi capitoli vi spiegherò come - ovviamente nella mia fantasia - è possibile!
Ah sia nel prologo che nell'epilogo (ho già pensato di far così anche per la chiusura della storia) ci sarà il pov dei personaggi,
tutti i capitoli invece saranno alla terza persona.
Fatemi sapere cosa ne pensate, mi fa piacere!


 
  
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