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Autore: UovoSodo    06/06/2015    2 recensioni
Qualcosa ritenuto normale è solo ciò di cui abbiamo fatto una banale abitudine. Tralasciamo il significato di parole uniche nel loro genere perché vengono ripetute continuamente, senza il benché minimo uso di criterio: ne graffiamo la poesia, violentandole ogni volta che le pronunciamo, ignorando il contesto in cui siamo. A volte però c'è chi si ingegna teneramente, sottintendendo con sguardi e decisioni ciò che tutti, senza iniziativa o mancanza di sentimento, riassumono in due parole: ti amo.
Genere: Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Yaoi
Note: Raccolta | Avvertimenti: nessuno
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Il nostro sguardo immortalato nei ricordi

Ehilà, beautiful people! Come potete vedere, non mi stanco mai di Finder (okay, la verità è che non mi stanco mai di Asami!). Ecco uno one shot, che spero, come sempre, vi possa piacere!!!!

Buona lettura!!!! :)

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Il nostro sguardo immortalato nei ricordi

 

-Fermati, moccioso!- gridò l’uomo.

Akihito però, ovviamente, non lo stette a sentire, anzi: corse più velocemente.

Le vie si facevano sempre più strette ed intersecate tra di loro, come una fitta trama di rami di un albero alto, che andava a toccare il cielo.

-Prendetelo!- gridò ancora l’uomo a due ragazzi, i quali partirono all’inseguimento.

“Dannazione!” pensò Akihito, poi però vide una via di fuga: bastava scavalcare un muretto e sarebbe arrivato sul marciapiede, brulicante di gente essendo l’ora di punta.

“Evviva!” pensò, poi aumentò ancor di più la velocità e saltò sul muretto, solo che uno dei due ragazzi lo raggiunse e lo afferrò per il polso, facendolo quasi cadere.

-Lasciami!- Akihito gli rifilò un calcio, ma, intanto, il secondo ragazzo li aveva raggiunti e provò a prendere la borsa di Akihito contenente la sua macchina fotografica.

-No!- Akihito strattonò la borsa.

Nel mentre, le persone sul marciapiede sottostante si accorsero dei tre ragazzi intenti a darsele a ben due o tre metri d’altezza.

-Aaah! Qualcuno chiami la polizia!- gridò una donna.

-Ehi, smettetela!- disse un uomo.

I due ragazzi che facevano comunella si spaventarono e lasciarono andare Akihito, il quale perse l’equilibrio e cadde indietro.

La borsa finì sotto di lui e lui, finendo sulla borsa, sentì il contenuto che scricchiolava, senza contare un improvviso dolore alla spalla e al braccio destro in generale.

-Merda!- impreco in un sibilo dolorante.

-Ehi, ragazzo, tutto bene?- l’uomo di poco prima gli si avvicinò.

-Che volo…- mormoravano intanto i passanti. Alcuni si accalcarono attorno ad Akihito.

-S… sì, sto bene.- Akihito si tirò faticosamente in piedi, poi si prese il braccio dolorante e leggermente piegato in una posa innaturale.

-Che male…- mormorò.

-Ah, ti sei sfracellato un braccio.- commentò un ragazzo con un cappellino.

-Eh?- Akihito guardò prima il tizio, poi il suo braccio:

-Merda!- sibilò ancora.

-Ti sia di lezione: voi giovani siete troppo tra le nuvole.- commentò un anziano.

Akihito raccattò a sua borsa, dolorante, e si avviò spedito verso la prima fermata per prendere i mezzi pubblici.

-Ehi, ragazzo, ti conviene andare in ospedale.- commentò l’uomo.

-Sto bene, grazie, non si preoccupi.- Akihito non si voltò e saltò sul bus.

Andò a sedersi in fondo, con il braccio dolorante.

“Che male, dannazione! Devo arrivare a casa di Asami e aggiustare subito la macchina: devo recuperare il salvabile delle foto che ho scattato per beccare quello spacciatore! E devo anche riparare la macchina fotografica: ci sono troppo affezionato! Al diavolo l’ospedale!” pensò.

Così arrivò all’attico di Asami, dove ormai viveva da un bel po’ di settimane.

Asami non c’era: era probabilmente al lavoro.

Akihito corse in camera sua e, con il braccio sempre più rigido, tirò fuori l’occorrente per salvare il salvabile della macchina e del suo contenuto.

Spese il resto della giornata per sviluppare le foto che avrebbero sicuramente incriminato lo spacciatore e, verso le undici di sera, sentì rientrare Asami, mentre stava tentando di riaggiustare la macchina ormai mezza distrutta.

“Cavolo, l’ho proprio schiacciata con tutto il peso!” pensò il ragazzo.

Intanto, Asami lasciò le chiavi all’entrata e si tolse scarpe e cappotto. Vide le scarpe di Akihito lasciate malamente in un angolo, così andò a bussare (e ad aprire senza attendere risposta) la porta del ragazzo.

-Hey.- disse.

-Ehi… Scusa, non ho preparato cena. Sono un po’ occupato, al momento.- rispose Akihito, voltandosi appena verso di lui, con in mano un piccolo cacciavite e del filo di rame.

-Cos’è successo?- domandò Asami, muto d’emozioni come sempre, eppure seducente nel suo premuroso e pacato modo di fare.

-Ho rotto la mai macchina fotografica… Sto provando ad aggiustarla.- rispose Akihito.

Asami lo trovò molto agitato:

-Ti senti bene?- domandò, con il suo tono apatico, ma carezzevolmente affascinante.

-Sì… Devo solo finire di sviluppare alcune foto per il lavoro e ho paura di averle perse. Tra un po’ ho finito.- rispose Akihito, tornando a trafficare con la fotocamera.

Asami, vedendolo nervoso e leggermente sudato, socchiuse la porta, aggiungendo solamente:
-Va bene. Vado a letto.-

-Buona notte.-

-Buona notte.-

Akihito decise di non metterlo al corrente del braccio mezzo distrutto, anche perché aveva percepito che Asami era molto stanco, cosa che dimostrava il fatto che non indagasse più di quel tanto sul suo comportamento.

Così, Akihito andò avanti a lavorare, cercando di ignorare l’intorpidimento sempre più marcato lungo il braccio destro.

Sentì il rumore della doccia nella stanza accanto, poi più nulla: Asami doveva essere andato a dormire, così fece ancor più piano per non svegliarlo.

“Dannazione… Mi toccherà portarla da uno specialista. Almeno le foto le ho sviluppate e posso spedirle a Mitarai…” pensò Akihito, poggiando con cautela i resti della macchina sulla scrivania ormai inondata da attrezzi.

Sospirò, poi una fitta di dolore al fianco destro lo riportò alla realtà:

-Ahi…- commentò.

“Spero di non essermi inclinato qualche costola… Ho fatto un volo solo di due metri, ma sono atterrato davvero male.” Pensò il ragazzo, poi fece uno sforzo notevole per alzarsi dalla sedia e camminare un po’.

Dopo però altre fitte e l’inizio di qualche difficoltà a respirare, forse per la paura di essersi davvero fratturato qualcosa (la spalla, il braccio, una costola… le possibilità erano infinite!), decise di prendere provvedimenti.

Uscì da camera sua ed andò davanti a quella di Asami. Bussò alla porta: aveva il fiato corto, ed aveva fatto solo pochi metri! Probabilmente, era la paura a farlo reagire così, non tanto la frattura o cosa cavolo era poi.

-Asami?- chiamò, poi, non sentendo risposta, bussò più forte.

-Asami?!- ripetè, poi andò con la mano sana a tenersi il braccio ferito.

Sentì dei movimenti all’interno della stanza, poi la porta si aprì ed apparve Asami, con addosso un paio di training neri e una maglietta dalle maniche corte.

-Cosa c’è?- domandò, poi, vedendolo leggermente accaldato, accese la luce del corridoio.

-Akihito?- domandò.

-Io… credo di avere un braccio rotto… Mi fa male tutto.- rispose Akihito, tenendosi il braccio.

Negli occhi di Asami apparì preoccupazione ed anche un po’ sul viso, che però mantenne un’alta percentuale di lucidità e linearità mentale per affrontare ogni possibile problema o possibile complicazione:

-E me lo dici solo ora?- domandò, alzando le mani e toccandogli piano una spalla, sentendola quasi spigolosa.

-Hai una lussazione alla spalla.- disse.

-Ahia… Piano, così fa male…- fece Akihito, poi si portò la mano sana sul fianco destro.

-Ti fa male anche qui?- domandò Asami, voltandosi e andando a prendere una camicia.

-S… sì… Non riesco a muovere il braccio… Mi serve del ghiaccio e…- provò a dire Akihito.

-No, andiamo all’ospedale.- lo interruppe Asami, con una calma leggermente tendente al panico, ma solo in modo impercettibile.

-A… all’ospedale?- ripetè Akihito: ospedale significava roba seria, roba seria significava complicazioni, complicazioni significava pericolo, pericolo significava…

-Stai tranquillo.- Asami interruppe il ragionamento impanicato del ragazzo. Si infilò la camicia, poi andò all’entrata:

-Vieni, andiamo.- si inginocchiò e lo aiutò a mettersi le scarpe, poi si infilò le sue e prese le chiavi della macchina.

Scesero ai parcheggi e Asami aiutò il ragazzo a sedersi al posto davanti, allacciandogli la cintura. I suoi movimenti erano calmi, controllati e precisi, delicati. Però c’era anche preoccupazione in essi.

-Tieni fermo il braccio.- detto questo, Asami chiuse la porta dell’auto ed andò al volante. Accese l’auto e si allacciò la cintura, poi partì alla volta dell’ospedale.

Passò nonostante il semaforo desse il turno ai pedoni.

-Attento, Asami, così facciamo un incidente.- disse Akihito.

-Come va il braccio?- domandò Asami, ignorandolo.

-Non… non so, è rigido e mi fa malissimo.- rispose il ragazzo.

-Resisti.-

-Non… non ho qui nemmeno un documento, Asami, siamo usciti di casa troppo precipitosamente.-

-Non ti preoccupare. Rilassati, lascia fare a me.- rispose Asami.

Akihito guardò il viso di quell’affascinante uomo d’affari proibiti: così virile, così intenso, così serio, così seducente, così… così perfetto. Così preoccupato per lui, ma Asami censurava questa preoccupazione per non spaventare il ragazzo: era così premuroso, così… romantico.

“Akihito, ma che pensi mai?! Pensa al tuo braccio sfracellato, piuttosto!” si ammonì il ragazzo, scuotendo la testa per levarsi dalla mente certi pensieri.

-Hey, tutto bene? Cosa c’è?- domandò Asami, vedendo il suo movimento. Spostò gli occhi su di lui e voltò anche leggermente il capo, guidando.

-N… niente, solo una fitta di dolore… Attento!- Akihito sobbalzò alla vista di un’auto che dovette spostarsi al passaggio della BMW di Asami, che per metà era finita sull’altra corsia.

Asami non se ne curò e svoltò dove non era permesso, andando a finire contromano.

-Asami, attento! Ma che fai?! Sei impazzito?!- domandò il ragazzo, tendendosi.

Meno male ch’era tardi e c’era in giro poco nessuno. Cioè: che strano… Era Tokyo, quella: perché non c’era in giro nessuno?

-Rilassati: è una scorciatoia per l’ospedale, così evitiamo il traffico notturno.- rispose Asami, facendo chiarezza nella confusione del giovane.

Akihito non disse nulla al riguardo, poi gemette appena:

-Ah… Asami, fa sempre più male…- disse, chiudendo forte gli occhi.

Asami spostò una mano dal volante ai capelli del giovane:

-Tranquillo, non è niente.- mantenne gli occhi sulla strada, poi riportò la mano sul volante, sentendo Takaba tornato tranquillo.

Akihito si calmò: se Asami diceva che non era niente, allora vero. Akihito però ignorava il fatto che Asami mentisse e che sapesse che, in realtà, doveva avere qualcosa di rotto da qualche parte.

Arrivarono all’ospedale come un proiettile e Asami frenò proprio davanti all’entrata, dove, poco più avanti, stavano degli infermieri a fumare.

-Arrivo.- Asami uscì dall’auto e fece il giro, andando ad aprire la portiera ad Akihito. Gli slacciò la cintura e lo aiutò a scendere dall’auto, che poi lasciò lì senza preoccuparsi ch’era proibito.

-Asami, la macchina è…- provò a fargli notare Akihito.

-Vieni, avanti.- Asami nemmeno lo ascoltò. Entrò nell’ospedale ed andò alla ricezione, dove un’infermiera stava discutendo con una collega. Quando però vide i due ragazzi avvicinarlesi, sorrise:

-Cosa posso fare per voi?- domandò.

-Chiami il dottor Sasaki.- rispose Asami.

La segretaria, un po’ a disagio, controllò sul computer:

-Mi spiace, ma il dottor Sasaki ha appena finito il turno. Ormai sarà già alla macchina.- disse.

-Lo chiami e gli dica di tornare subito qui.- disse Asami.

-Ma, ecco, veramente…-

Un infermiere si fece avanti, quasi un po’ agitato:

-Ayako, ci penso io.- disse.

La ragazza, un po’ confusa, si spostò.

-Asami-sama, perdoni, non l’avevo riconosciuta.- disse l’infermiere, a disagio e un tantino intimorito.

-Sasaki, ora.- ripetè semplicemente Asami, leggermente irritato.

-Asami, basta scendere al pronto soccorso e…- provò a dire Akihito.

-No. Ci penso io, non ti agitare.- rispose Asami.

“Quello agitato qui sei tu.” Pensò Akihito.

-Subito, Asami-sama.- l’infermiere prese il telefono della ricezione e chiamò il dottor Sasaki, informandolo velocemente:
-Dottore, c’è qui Asami-sama. Sì. E’ urgente, sì. No, è un giovane. Va bene. Sì.- poi riappese e si rivolse ad Asami ed Akihito:
-Da questa parte: il dottor Sasaki sarà subito di ritorno. Nel frattempo venite: vi porto nel suo studio privato.- disse l’infermiere, poi fece cenno a un collega di avvicinarsi con la sedia a rotelle che aveva qua.

-Non serve, davvero.- provò a dire Akihito.

-Siediti e non preoccuparti.- rispose Asami, controllandolo mentre si sedeva.

L’infermiere spinse la sedia a rotella fino ad uno studio privato al quinto piano, dove spostò Akihito con cautela sul lettino delle visite.

-Il dottor Sasaki sarà subito da lei, Asami-sama. Posso fare altro per lei?- domandò.

-Dì a Sasaki di sbrigarsi.- rispose freddo Asami.

-Sì, Asami-sama. Con permesso.- l’infermiere uscì di corsa, lasciandoli soli per un attimo.

Akihito respirò lentamente, tenendosi il braccio.

Asami gli si avvicinò:
-Come va?- domandò.

-Fa male…-

-Resisti. Ora arriva il dottore. Vuoi che ti faccia portare qualcosa per il dolore?-

-No, posso resistere…-

-Va bene. Dimmi però se peggiora.- Asami gli sfiorò una guancia con le dita:

-Avresti dovuto avvisarmi prima.- disse.

-Lo so… Scusa.-

-Da quanto sei in queste condizioni?-

-Da… da questo pomeriggio: sono caduto da un muretto durante un inseguimento.-

Asami evitò di commentare. Si voltò appena verso l’entrata:

-Ma dov’è il dottore?- mormorò, anzi: sibilò.

-Asami, ora arriva…-

Infatti, il dottor Sasaki, un uomo sulla cinquantina, entrò di lì a qualche minuto, leggermente ansante.

-Asami-sama…- provò a dire, ma si bloccò vedendo lo sguardo glaciale del giovane uomo, così passò direttamente a visitare Akihito.

-Allora?- domandò alla fine Asami.

-Una lussazione alla spalla e una costola inclinata. Ad occhio e croce è tutto qui, ma sarei più tranquillo con delle radiografie.-

-Allora falle.-

-Sì, Asami-sama.- Sasaki aiutò Akihito a spostarsi sulla sedia a rotelle.

Dopo le radiografie, che accertarono la diagnosi del medico, addormentarono il braccio del ragazzo per risistemargli bene la spalla, dopodiché gli attaccarono il braccio al collo per sicurezza.

-Davvero, non è necessario…- tentò di dire Akihito, quando lo stavano portando in camera per ricoverarlo per la notte.

-E’ solo una precauzione.- disse Sasaki.

-Sto bene, basterà del ghiaccio.- rispose Akihito.

-Ubbidisci al dottore.- disse però Asami, serio eppure leggermente preoccupato.

Akihito, seppur avrebbe voluto andare avanti a lasciar andare il suo indomito spirito ribelle, sospirò: non voleva preoccupare oltre Asami, così rimase buono buono. Si mise il pigiama dell’ospedale e si distese nel letto.

Portarono del ghiaccio per le costole e qualche antidolorifico, poi lo lasciarono solo con Asami.

Akihito sospirò e tenne il ghiaccio sul fianco destro, poi guardò Asami, in piedi accanto al letto:
-Ora puoi tornare a casa.- commentò.

-Rimango qui.- si limitò a rispondere Asami.

-Sei pazzo? Sei stanco morto: devi andare a casa a riposarti.-

-Posso riposare anche qui.- Asami si sedette sulla poltroncina accanto al letto.

Akihito sospirò, anche se, sotto sotto, si sentiva quasi meglio sapendolo lì e non solo a casa a pensare chissà che cosa.

-Non sapevo avessi agganci anche in quest’ospedale.- commentò dopo un po’.

-E’ sempre utile avere contatti nella sanità.- rispose Asami.

-Mh… Sicuro di voler rimanere su quella sedia? Non mi pare comoda.- convenne Akihito.

-Sto bene, non ti preoccupare. Tengo io il ghiaccio: riposati.- Asami prese la borsa del ghiaccio e la tenne sul fianco del giovane, così da liberargli la mano sinistra.

-E tu?- domandò Akihito.

-Sopravvivrò. Dormi.- Asami spense la luce.

Akihito chiuse quindi gli occhi.

Quando poi però li riaprì, dovevano essere circa le cinque del mattino, perché già si sentivano i rumori di un traffico di lavoratori.

-Mmmmh…- mormorò, poi voltò il capo verso destra, ossia verso Asami: l’uomo stava dormendo su quell’orrenda poltroncina, con il gomito sul bracciolo e la guancia sul palmo della mano.

Rimase a guardarlo, in quanto la luce nascente del sole e quella artificiale dei lampioni gli permettevano una buona visuale.

Dopo qualche minuto, però, si decise a tirarsi leggermente su. Sentì qualche fitta al fianco e alla spalla. Notò che il comodino con sopra gli antidolorifici era a destra.

“Ma sono stupidi, allora: io ho la parte destra del corpo distrutta e loro le cose me le mettono a destra…” pensò Akihito, sbuffando appena. Si sporse verso il comodino.

-Hey.-

Il ragazzo alzò lo sguardo e vide Asami, sveglio, anche se, sicuramente, era più stanco di prima. Ovviamente, però, questo lo si notava poco sull’uomo, anche se le ultime ore dovevano averlo privato di molte energie.

-Ehi… Scusa, non volevo svegliarti.- rispose Akihito.

-Non fa niente. Vuoi la pillola?- Asami si alzò e prese la compressa.

-Grazie.- Akihito, mezzo morto di stanchezza e con l’immagine fissa della sua adorata fotocamera distrutta, dischiuse la labbra e si lasciò mettere sulle lingua la pasticca.

Asami gli porse il bicchiere d’acqua, aiutandolo anche a bere.

-Grazie…- mormorò Akihito, appoggiando poi di nuovo la nuca sul cuscino.

-Come ti senti? Va un po’ meglio?- domandò Asami, sedendosi sulla sponda del letto.

-Sì… Almeno non ho niente di rotto.- commentò Akihito.

-La prossima volta devi essere più attento, Akihito: ora ti è andata bene, ma in futuro c’è il rischio che tu non sia più così fortunato.- disse Asami.

-Lo so… Ma io sto bene.-

-Tu? Chi altro è stato coinvolto?-

-No, dico solo che, confronto alla mia fotocamera, sto benissimo.-

-La tua fotocamera?- ripetè Asami, leggermente sorpreso:
-Hai rischiato di romperti le costole e pensi alla tua fotocamera?-

-Ecco… sì, cosa c’è di strano, scusa? Ci tengo.-

-Quella è facilmente rimpiazzabile: le tue costole no.-

-Non è affatto rimpiazzabile.- puntualizzò Akihito.

-E perché no? L’importante è che tu abbia un apparecchio che scatti foto, non è così?- domandò Asami.

-Ecco…- Akihito arrossì lievemente.

-Cosa?-

-Niente…-

-Cosa c’è?- insistette però Asami.

-Niente. Non mi va di parlartene.-

-Perché no? Se non lo fai ti faccio ricoverare qui per altre due settimane.-

-Non lo faresti.- disse Akihito, poi però sospirò e guardò alla sua sinistra, verso la finestra:

-La verità è che sono legato a quella fotocamera…-

Asami non disse nulla, lasciandolo parlare, pazientando.

-E’ la stessa fotocamera con cui ti ho fotografato la prima volta, te la ricordi?- disse il ragazzo, senza però guardare il giovane uomo.

Asami realizzò: era vero, era la stessa.

-Attraverso quella macchina, ho immortalato uno dei nostri primi sguardi…- mormorò Akihito. Non sapeva se sentirsi un idiota nel dire certe cose, oppure se sentirsi leggero per averle confessate, per essere stato sincero.

Asami lo guardò per qualche istante, in silenzio, poi si chinò su di lui e gli sfiorò la fronte con il naso:

-La faremo aggiustare.- sussurrò, con il suo tono sensuale e fascinosamente accattivante.

Akihito non rispose e si limitò a continuare a tenere lo sguardo sulla finestra, sentendosi ancora confuso su come avrebbe dovuto in realtà sentirsi in quel momento. Poi, però, voltò appena il capo ed incrociò per un istante lo sguardo di Asami, per poi spostarlo sulle sue labbra.

Asami si spostò maggiormente su di lui, facendo attenzione al braccio, e gli sfiorò le labbra con le proprie:

-I momenti migliori non hanno foto a immortalarli: ci sono i ricordi.-

 

 

  
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