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Autore: Tadako    06/06/2015    2 recensioni
Pioggia. Rumorosa e insistente cade sul terreno umido creando piccoli rivoli silenziosi.
Vento. Pieno di rabbia si scaglia contro case e alberi gridando col suo suono grottesco.
Fuoco. Avidamente si nutre del legno ormai ridotto in cenere, lottando contro la pioggia per sopravvivere.
Tre dei quattro elementi sfoggiano la loro potenza davanti a me. Solo il quarto sembra tranquillo, immobile mi avvolge i piedi nel fango ghiacciato quasi a consolarmi.
Tremo, ma non ho freddo. Non provo più nulla, non penso più a nulla.
Strigno compulsivamente il braccio di un orsacchiotto di peluches. Sul corto vestitino bianco il sangue scorre lento, diramandosi per il tessuto.
quando le ginocchia sbucciate entrano in contatto con il suolo smetto di vedere, e tutto diventa buio.
___
Cosa ne poteva sapere mia, la strana ragazza di un piccolo paesino, di quel che le sarebbe capitato...?
Chi è lei, da dove derivano i suoi poteri.
Genere: Avventura, Fantasy, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Het
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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Capitolo 2 - Fine.

Dopo la frase scandita dal ragazzo misterioso non ho più voce per dire nulla. Ho paura, una paura che mi gela il sangue. Chi è veramente, e perchè mi ritrovo a nascondermi con lui come una criminale?
Porto le ginocchia al petto attenta a fare il minimo rumore, terrorizzata dal rischio di attirare la sua attenzione, cingendole forte alle braccia. Passano interminabili minuti e il mio sguardo rimane fisso sull'ombra nera del giovane che in piedi davanti a me ascolta vigile il silenzio.
Un singhiozzo mi sfugge dalle labbra bagnate e subito mi tappo la bocca spaventata. Il suo sguardo si sposta su di me: non posso vederne le espressione ma riesco ad avvertirlo.
-Beh, pare che se ne siano andati.- dice con voce leggera, la stessa voce usata poco prima sull'albero. Lo guardo scioccata, come ha fatto a cambiare di umore in così poco tempo?
Con un agile movimento si piega verso di me tendendomi una mano per farmi alzare, ma io non ho alcuna intenzione di porgli la mia.
-Andiamo... non c'è più alcun pericolo!- esclama, ma tutto ciò che ottiene è un ostinato silenzio. 
Sbuffa inspiegabilmente annoiato, poi poggia le ginocchia sul terreno umido e posiziona le mani vicine alle mie coscie, in posizione di gattoni.
-Ehi... dormi per caso?- 
Provo a indietreggiare incerta sul da farsi ma mi trovo bloccata dal muro dietro.
Lui è lì, talmente vicino che sento il suo respiro sulle mie ginocchia. Il cuore accellera il ritmo di battiti e le sensazioni che inizio a provare sono un misto tra il ribrezzo e l'imbarazzo. Voglio solo stare sola... perchè continua ad avvicinarsi, cosa vuole da me?
La paura di poco prima sembra svanire nel nulla e al suo posto si espande come una macchia d'olio una fastidiosa sensazione di inadeguatezza.
 -Quante volte devo dirti di starmi lontano prima che tu te ne vada?!- sbotto con innaturale confidenza pentendomi all'stante della frase appena pronunciata, ma al tempo stesso mi sembra di essermi tolta un peso.
-Allora sei sveglia! Tieni.- risponde senza dar peso al mio irritato tono di voce.
L'oggetto che mi porge è un fazzolettino di stoffa biaco.
-Non è bello vederti piangere, dovresti smetterla.-
Io? Smetterla di piangere? Si è forse dimenticato della situazione in cui mi trovo?! Perchè deve essere così maledettamente strano.
-Ma sei scemo o cosa?!-
-Perchè?-
-E me lo chiedi anche?-
-Si, non capisco... io ti salvo la vita e tu ti metti a piangere... Quella scema sei tu.-
-L-la vita? tu? Ma se...- mi blocco. A che sarebbe servito parlare con lui.
-Ascolta, non so chi tu sia e non voglio saperlo, voglio solo tornare a casa.-
Lo stano ragazzo sobbalza alle mie parole come improvvisamente preoccupato.
-A casa? Ma non puoi.- 
-Per favore... lasciami.- dico con tono implorante, stanca diella situazione. Riesco ad alzarmi strisciando la schiena e mi dirigo verso l'uscita.
-N-non andare... non ti conviene.- mi dice serio afferrandomi per un polso. Ritraggo il braccio stizzita.
-Lasciami ho detto!- e frettolosamente mi arrampico sulle pietre sporgenti della parete riuscendo finalmente ad aprire la botola e scappare da quell'inferno.
-Mia... ti prego ascoltami.- A quelle parole sobbalzo. Mia? Come sapeva il mio nome? Chi glielo aveva detto? di certo non io. 
Decido di non ascoltarlo e svelta mi allontano dal misterioso ragazzo. Cambio più volte strana per accertarmi di non esser seguita, poi mi dirigo a casa.
E' quasi sera quando esco dal bosco e imbocco la strada asfaltata.  Il cuore ha ripreso un andamento normale e la naturale calma dell'ambiente rende le emozioni di ansia e paura di poco prima quasi irreali.
 Non voglio pensare a quel che è accaduto, voglio immaginarmi che tutta la vicenda non sia stata altro che un' invenzione della mia testa. In fondo mi è già capitato di trovarmi costretta a covincermi che cose veramente viste e sentite non fossero altro che frutto della mia immaginazione. In pratica la storia della mia vita.
Nessuno mi avrebbe creduto, ovviamente l'avrebbero considerata un'altra delle mie follie e forse era vero, forse era tutta una semplice follia. Un tizio che si presenta dal nulla ai piedi di un albero, un inspiegabile bacio, una luce azzurra che cura le ferite... non mi avrebbero ascoltato neanche se fossi stata una persona normale. 
Non devo far altro che non pensarci, come si fa con gli incubi. Sono arrivata all'albero, sono scivolata e cadendo ho battuto la testa, cadendo in un tormentato incubo. Provo a sorridere pensando al mio folle sogno e mi accorgo delle guance ancora bagnate. Cerco tra le tasche dei jeans un pacchetto di fazzoletti e ne trovo uno di stoffa, quello regalatomi dal folle.
Eccola lì. Piccola e bianca. La prova che rende reale la mia fantasia.
La stringo arrabbiata, come se la mia disavventura fosse stata causata da quell'oggettino, e lo getto malamente a terra.
La porta di casa mi si presenta come una luce di salvezza: superate quelle mura potrò finalmente gettarmi alle spalle l'orrenda giornata e cullarmi tra le rassicuranti coperte del mio letto. 
A cenare non ci penso neanche, secondo le tradizioni della nostra famiglia oggi doveva essere la "serata pizza", ma in questo momento nel mio stomaco non c'è spazio neanche per un grissino.
Tiro fuori le chiavi e portandole verso alla serratura vedo una strana macchiolina di colore rosso. Mi avvicino per scrutarla con più attenzione, poi ci sfrego il dito sopra per lucidare la maniglia e ripulirla da quella che avevo classificato come una chiazza di sporcizia.
Stupida.
La sporcizia è nera, la polvere è grigia... solo una cosa è rossa.
Ma come potevo sapere. Come potevo anche solo immaginare il lago da cui essa proveniva. 
Come una piccola goccia di pioggia annuncia la tempesta, quella piccola macchiolina ha annunciato la fine. La fine di tutto ciò che conoscevo, la fine di tutto ciò che amavo.
Fine.
Corpi stesi esanimi. Volti pallidi. Occhi spalancati in una smorfia di un terrore che non verrà mai cancellato.
Anche loro piangevano. Piangevano rosso, e sputavano rosso, e lasciavano gocciolare rosso dalle bianche dita.
Rosso. Non dimenticherò mai quel colore. Così intenso...
-M-mamma?- chiamo nella disperata speranza di una risposta. Silenzio.
 -P-papà?!- provo acora. le lacrime scendono più calde. Il cuore si ferma, così come il tempo.
Grido. 
Un grido disperato che spezza l'aria, che crea brividi di ghiaccio lungo la schieda di chi ascolta. Un urlo che raggela il sangue e fa volare via i piccioni rimasti fino a quel momento immobili e silenziosi a scrutare la scena dai loro rami, come spettatori di un film con un brutto finale.
A questo ne segue un altro, poi un altro, poi un altro.
Urlo, fin quando non ho più fiato, fin quando non ho più lacrime. 
Non mi muovo. Non sbatto i piedi, non tiro pugni. Non oltrepasso neanche l'uscio di casa. Solo urlo, e piango.
La gente nelle case lontane sentiva le grida ovattate dalla lontananza e stava in silenzio. Nessuno si alzava dal proprio divano come nessuno smetteva di annaffiare il giardino. 
"Un altro degli scleri di quella pazza" pensavano all'unisono, come pecore. Non si curavano della disperazione con cui quel suono raccapricciante era riempito.
Così piangevo, e a pianto rispondeva silenzio.
-Ehi Ehi... va tutto bene.- parlò una voce dolce e rassicurante.
Lo strano ragazzo mi scosta una spalla e delicatamente mi porta una mano dietro all' orecchio in modo da costringermi a guardarlo negli occhi. 
Erano rossi e lucidi, pieni di rabbia straziante. Cominciai a muovere compulsivamente la testa a destra e a sinistra. Non avevo neanche più la forza e la lucidità per allontanarmi da lui.
-Mi dispiace... te l'avevo detto di non venire...-
-No... non è successo veramente. E' tutto un mio sogno!- urlo per convincere me stessa. La voce è rotta dalle lacrime.
-Mia, non è colpa tua.-
-Sta zitto!- comincio a prenderlo a pugni. Lui si lascia colpire.
-E' tutto un sogno, è tutto un sogno, è tutto un sogno!-
Continuo ad urlare fino a quando non mi afferra per i polsi bloccandomi.
-Smettila! Non puoi risolvere i tuoi problemi fingendo che non esistano!-
Mi mordo le labbra fino a ferirle, i singhiozzi diventano incontrollabili.
Mi fissa. Non ho il coraggio di aprire gli occhi, ho troppa paura della realtà.
Sobbalzo quando lo sento abbracciarmi. Le braccia forti mi cingono i fianchi stringendomi a se in modo quasi protettivo; le labbra vicino al mio orecchio.
-Non puoi cancellare la realtà, puoi soltanto accettarla.- 
Continuo a piangere, piango per un tempo interminabile, ma lui rimane lì. 
Mi aggrappo a lui. Sento il mondo intorno distruggersi e la desolazione ricopre l'ambiente. non c'è più nessuno, sono sola. 
Dimentico chi sia la persona davanti a me, mi basta solo un corpo su cui sfogarmi, una persona su cui affondare il viso. 
Mi sento debole e per la prima volta nella mia vita sento il bisogno di esser protetta. 
La sua stretta è salda, sicura. Mi avvolge come una piccola barriera fuori dalla quale la disperazione regna sovrana.
E lì, col passare del tempo, il dolore diventa sopportabile.


Spazio dell'autrice 

Eccomi con il secondo capitolo di Mind in onore della fine dell'anno scolastico!
L'ho dedicato principalmente alle emozioni della protagonista volendo sottolineare la sofferenza provata nel perdere i genitori.
Ora voi direte "ma a sta poveraccia gliene stai facendo passare di tutti i colori..." e avete ragione...  purtroppo era un passaggio  che dovevo affrontare e spero di essere stata all'altezza di descriverlo.
Non mi sono ancora soffermata molto nella descrizione del mio biondo misterioso, ma non preoccupatevi rimedierò nei prossimi capitoli.
Spero che vi sia piaciuto e se avete qualche consiglio da darmi o volete semplicemente farmi sapere che ne pensate vi invito a lasciare una recensione.
Un bacio e alla prossima!

TK:3                                                                      
  
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