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Autore: _CreepyAlis_    08/06/2015    3 recensioni
Una setta di assassini, una partner presa da una gilda rivale e chissà cos'altro ancora... Come fa Choco a sopravvivere con Mint andata?
Dal Testo:
[Avrei dovuto usare questa tecnica, quella di Mint.
Mi ricordo di quanto amasse giocare con le sue future vittime... Era stupendo vedere dei sicari tremare di paura.
E l'ultima cosa che vedevano era sempre stato il suo sorriso sadico e poi i suoi occhi verde menta, da cui il soprannome.]
Ci vediamo dentro! ^^
Genere: Introspettivo, Sovrannaturale, Thriller | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het, Shonen-ai, Crack Pairing | Personaggi: Nuovo personaggio
Note: AU, OOC | Avvertimenti: Contenuti forti, Tematiche delicate, Triangolo
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Menta e Cioccolato

Mint era morta.
Era ovvio che avrei dovuto cercarmi un altro partner.
Questa missione l'avrei portata ugualmente a termine.

Poi ne avrei iniziata un'altra.

Logico, funzionale e semplice.

Non aveva senso rimanere in lutto più del dovuto.
Non era né logico né funzionale.

Ma smettere non era semplice.

"Choco, vieni qui" sentii dire, e tolti i piedi dalla scrivania, mi diressi all'ufficio quasi speranzosa. Volevo una nuova missione.

Volevo uccidere. Sentire l'urlo della prima vittima, e soffocarne quello di quelle dopo.

"Abbassa lo stilo, Choco...". Mi riscossi al suono dell'ammonimento e feci come mi suggeriva il capo del dipartimento.

"Sei fortunata. Abbiamo trovato chi ha preso Mint la scorsa volta. Vacci tu, chiudi la faccenda e trovati un nuovo partner.". Jeko non era freddo. Anzi.

Era una persona aperta, calda e affezionata a tutti noi cento...quindici (esclusa ovviamente Mint) assassini.

E per essere il capo della nostra organizzazione omicida ‹Raghnarock›, era piuttosto emotivo, cosa impensabile per un assassino.

"Sissignore." risposi quasi riconoscente.
Dopotutto, mi stava dando la possibilità di vendicare Mint. La sua apparente freddezza significava invece la sua voglia di distogliermi dal ricordo di lei attraverso un nuovo compagno.

Uscii dall'ufficio e mi diressi agli armadietti nella sala dietro la palestra.

"Ehi! Dove ti ha spedita il capo questo giro?" sentii dire alle mie spalle mentre recuperavo la mia 'divisa' dall'armadietto.

"Dove non batte il sole" risposi calma e lievemente sarcastica.

Burn s'infuriò. Odiava il mio sarcasmo, ma soprattutto detestava che lo prendessi in giro con così tanta calma nella voce, come se non intendessi istigarlo.

Il che era vero: detestavo i conflitti, ma soprattutto i drama. Non li potevo gestire, quindi li evitavo. Lui era un pro nel crearli, ed essendo una persona si muoveva rendendomi difficile l'evitarli.

"Ciao Tulipano, io vado a uccidere chi ha preso Mint. Poi mi troverò un altro partner. A più tardi." dissi neutra salutandolo, e lui mi guardò stupito.

Eravamo in dispari data la morte della ragazza dagli occhi verdi, quindi non avrei mai trovato un nuovo compagno all'interno...

Mi sarei adattata.

Indossai i lunghi ma leggerissimi pantaloni marrone cuoio, il corpetto comodo che non impediva i movimenti anche estremi e i guanti a mezzo dito in pelle.

Infilai gli stili, i miei finissimi e lunghi aghi in acciaio, nelle altrettanto finissime e numerose tasche incorporate a metà coscia, il coltello nella fodera sinistra della cintura e infine la pistola, ultima risorsa a cui ricorrevo solo in necessità, nella tasca opposta.

La suola delle scarpe scure da ginnastica mi permetteva di correre senza sentire, alla lunga, alcun dolore alla pianta dei piedi, e non facevo rumore per il fatto che era in gomma.

Faceva caldo, ma fortunatamente il completo era fatto di materiali freschi e traspiranti.

Decisi di uscire subito, e dopo aver coperto i miei stili con una bandana ed essermi messa una felpa da basket lunga e senza maniche, mi diressi fuori.

Mancavano ancora delle ore alla notte sebbene fossero già le sei, dato che era estate.

Presi un gelato e mi sedetti a guardare la gente attraverso un paio di occhiali da sole.
Non la capivo.

Certo, percepivo qualcosa dal linguaggio corporeo.
Come ad esempio se qualcuno (in genere una vittima) era in preda all'adrenalina, o verso quale via d'uscita avrebbe cercato di gettarsi per il semplice fatto che inconsciamente i suoi muscoli si tendevano pronti all'azione e si poneva, anche impercettibilmente, verso quella direzione.

Ma le persone normali...

Perché ridevano se un bambino, inconsapevole di tutto, sorrideva loro?
Perché piangevano se uno dei due se ne andava senza più voltarsi?

Un parco pieno di gente era pieno pure di sorprese.


L'ago trafisse l'aria e poi il corpo.

Come al solito, nessuno riusciva a vedere l'arma in quanto piccola e sottile, e il lievissimo suono del lancio veniva scambiato di un insetto.
Il risultato: morte sicura e per cause ignote.

Rimuovere l'ago dalle vittime era diventata un'abitudine ormai, e i minuscoli fori rimanenti erano sempre scambiati per punture.

L'arma perfetta.

Quando vidi il corpo esanime di Mint crocifisso sulle intelaiature del soffitto mi bloccai.

Provavo... Rabbia.

Se fossero stati ancora vivi, si sarebbero pentiti di ciò che le avevano fatto.
Io mi pentii di averli uccisi così velocemente, senza torturarli.

Avrei voluto ucciderne uno e poi aspettare.
Gli altri sarebbero andati a vedere, si sarebbero allarmati, e poi ne avrei ucciso un altro.
Dall'essere allarmati sarebbero andati in panico.
Avrei riso dal mio nascondiglio, dalle tenebre, e loro l'avrebbero sentito. Il riso di morte.
Mi sarei poi mostrata a loro, camminando con calma, lentamente, per poi ucciderli uno a uno in modo che l'ultimo impazzisse, chiedesse pietà. Non mi avrebbero sparato, sarebbero stati troppo sotto shock.

Avrei dovuto usare questa tecnica, quella di Mint.

Mi ricordo di quanto amasse giocare con le sue future vittime... Era stupendo vedere dei sicari tremare di paura.

E l'ultima cosa che vedevano era sempre stato il suo sorriso sadico e poi i suoi occhi verde menta, da cui il soprannome.

Sbuffai, non c'era niente da fare ormai, quindi mi concentrai s'un modo per far scendere Mint.

Giunta all'ultimo piano, cercai di arrivare a lei arrampicandomi sulle travi di acciaio. Avevo visto giusto: se reggevano la crocifissione di Mint, avrebbero retto anche i miei dieci chili in meno di lei.
Era utile avere una figura minuta, ma non bassa, in certi casi.

Ero a un soffio da lei quando per poco non caddi a causa di un urlo improvviso.

"Non vedi che è già morta?! Non toccare Arawn-san! Lasciala in pace! Le avete già fatto abbastanza! Mi senti! Non toccarla!!".

Mi girai di scatto, e da quella prospettiva potei vedere un ragazzo legato a una sedia in una delle stanze senza soffitto del piano terra.

Aveva capelli verdi raccolti in un'alta coda, e la pelle, benché sporca e graffiata da qualcosa che sembravano frustate da interrogatorio, era indubbiamente ambrata.
Non potei distinguere gli occhi da quell'altezza, ma non sembrava pericoloso.

"Sta’ zitto ragazzino. Non mi costringere a ucciderti." dissi con un tono normale. Lui però sembrò sentirmi nonostante la distanza perché ammutolì, lasciandomi il tempo di arrivare al controller e far calare Mint fino a terra.

Per fortuna la 'croce' era stata issata tramite un gancio e le catene, e quindi fu facile tirarla giù.

Memorizzai dov'era la stanza con Pistacchio, e poi scesi sentendo gli occhi di lui puntati su di me.

Perché mai lo avevano legato? Perché chiamava Mint ‹Arawn›?

Avrebbe potuto essere il suo nome... Dopotutto, chi faceva parte di Raghnarock usava solo soprannomi: io ‹Choco› per i miei capelli cioccolato, ‹Mint› per i suoi occhi verdi, ‹Burn› perché finiva il lavoro incendiando i corpi come sua firma.

E ‹Jeko›... Perché nonostante fosse solare, uccideva a sangue freddo. Come un rettile, per l'appunto.

Tolsi i chiodi dalle mani di Mint e slegai la corda che le cingeva la vita, e con... tristezza osservai le mani pallide. Non usciva alcun sangue dai buchi lasciati dai chiodi.

Mi riscossi e andai a cercare il ragazzo, estraendo uno dei miei stili.

Aprii la porta e lo trovai sorpreso di vedermi.

"Cosa... Cosa volete farmi ancora? Non vi dirò niente, l'ho già provato!" mi sbraitò contro.
Che carino, pensava fossi uno di quei perdenti andati ko al primo round. Davvero carino.

"Primo, io non sono una di quegli idioti; secondo smettila di urlarmi contro, o invece di tagliere queste corde faccio a pezzi te." risposi.
Mi davano sui nervi le persone che urlavano sempre... Ad esempio Burn.

"Non sei una di... Ok... Scusa, non urlerò.". Potevo quasi vedergli gli ingranaggi della testa girare per incuccarsi che non ero 'cattiva'.

"Chi sei?" gli chiesi, sedendomi sul pavimento a gambe incrociate di fronte a lui.

"Mi chiamo Midorikawa… Ryuuji. Senti, non potresti slegarmi?" disse, e per poco non risi.
Mi diceva il suo nome così, e poi mi chiedeva di slegarlo? Era stupido o solamente ignaro a tal punto?

"E chi mi dice che non mi ucciderai?" dissi, tastando le acque.

"Io ucc- cosa?! Non lo potrei mai fare!! Sono solo un segretario!" disse, e a quel punto lo osservai meglio.

Gli occhi marroni avevano un bel taglio, ed erano così scuri da parere neri. Pozzi di alabastro scuro... Mi piacevano.

L'abbigliamento era in effetti uno da lavoro. Grigio, semplice, anche se dal tessuto e dal taglio pareva molto costoso...
"Sei più di un segretario, vero?" chiesi con noncuranza.

Lui, ancora legato, sobbalzò.

"N-non sono affari tuoi!" disse arrossendo.

'O-ho... Si fa interessante.' pensai.

"Senti, dimmi di che gruppo sei, io ti libero, e vado a dare sepoltura a Mint. Così non perdiamo tempo entrambi."

"‹Mint›... ! Sei tu Choco? L'amica di Arawn-san? Quella che di sicuro sarebbe venuta a salvarla?" disse quasi con le lacrime agli occhi. Cosa diavolo gli aveva detto Mint?

Mi venne la nausea.


.

.

.

"Mint, dannazione, smettila di giocare! Dobbiamo finire!" le urlai. Ridendo.

"Oh sta’ zitta, Choco. Non ti diverti a vedere me giocare con il fuoco e loro bruciarsi ogni volta?" rispose lei con un ghigno.

Sì, l'amavo quando faceva così.

"Beh... Direi che abbiamo finito qui" dissi poi, uccidendo l'ultimo della sala.

"Già... Tieni, questi sono tuoi." disse mentre si avvicinava a me tenendo in mano gli stili che aveva recuperato dai miei cadaveri.

Tese la mano e prima che potessi sfiorare il cumulo di acciaio, dal suo sorriso scivolò lentamente una striscia rossa.

Io guardai come bloccata, mentre i suoi bellissimi occhi verde menta sgranavano di sorpresa.

Ancora stringendo i miei aghi, cadde sulle ginocchia continuando a guardarmi.
Il sangue continuava a colare in un unico rivolo scuro.

‹Scappa› disse. Non aveva prodotto alcun suono, ma le labbra si erano mosse.
Stava ancora sorridendo. Il sorriso era forzato.

Mentre cadeva faccia a terra sfruttò lo slancio per allungare il braccio e passarmi le mie armi. Una volta riversa, potei vedere che una stella era impiantata nella sua schiena.
Era azzurra, e la forma ricordava un fiocco di neve a causa di tutti i minuscoli aghi su ognuno dei bracci. Era quasi trasparente e sembrava vetro, ma dubitavo che lo fosse.

Il sangue colava dalla schiena di Mint e s'insediava nei minuscoli tubicini all'interno del fiocco.
L'arma era stata progettata e realizzata in modo che il sangue venisse costretto a passare da forellini sulla superficie esterna e scorrere all'interno dei minuscoli tubi che, come vasi sanguigni, coloravano l'azzurro tenue di un cremisi intenso.

Era magnifica, e terribile.

Mint respirava ancora, e volevo soccorrerla.

Dovetti fermarmi quando sentii un lievissimo suono a pochi metri da me, e mi gettai a terra.

Un altro fiocco s'impiantò sul muro dietro di me.

Quasi sorrisi. Nonostante fossero necessari alla macabra bellezza dell'arma, i forellini funzionavano quasi da fischietto: l'aria passando li faceva sibilare e io, abituata a sentire il lievissimo soffio dei miei stili, li sentivo forte come una chitarra elettrica.

Rimasi a terra ancora per pochi secondi in posizione da flessioni, in attesa, dandomi la spinta scattando di lato due secondi dopo finendo dietro un mobile. Guardai.

Altri tre erano conficcati dove un attimo prima c'era il mio corpo.

Da lì sentivo il respiro di Mint, e potevo vedere il suo volto.

Mi stava guardando, e nei suoi occhi c'era terrore... Per me.

Voleva che me andassi, che mi salvassi. Che la lasciassi lì.

Ero io la più grande tra le due, ma a volte sembrava lei una sorella maggiore.

"Avanti... Vieni fuori... Rouge non si muoverà... È a pochi passi da te, tesoro. Soccorrila…".

I miei occhi scattarono verso la voce, come se potessi vederne la provenienza anche attraverso il mobile.

Era dolce, s'insinuava nella mia testa come l'acqua in una brocca, riempiendone ogni scalfitura, angolo, imperfezione. Era ovunque.

"Com'è che l'hai chiamata prima? Mint, no?" disse.

Appiattendomi sotto la scrivania, riuscii a vedere un corpo accucciato sui talloni e una candida mano sollevare la testa di Mint tramite i suoi capelli ramati.
Nonostante fosse una mano priva di imperfezioni, avrei voluto massacrarla per come formava un pugno tirando la chioma rosso volpe della mia partner.

Tirai uno stilo. Non se ne accorse minimamente.

Oh la gioia quando sentii il suo urlo.

Era uno degli aghi speciali.

Al suo interno era incavo, e riempito di un veleno che Mint stessa aveva creato e mi aveva poi insegnato a fare. Alle estremità era sigillato dallo stesso veleno ghiacciato che, una volta entrato nel corpo, si sarebbe sciolto a causa del calore corporeo.

Mint era un genio in queste cose: i veleni che inventava erano sia liquidi che gassosi, e il suo preferito era quello che causava paura.
Era un potente allucinogeno, che si legava alle cariche di adrenalina.
Una volta in circolazione, causava stimoli che provocavano visioni, e a lungo termine portavano alla pazzia.
Da lì... C'era l'omicidio, causato dal fatto che la vittima scambiava la sua vittima per una propria paura. O in alternativa il suicidio.
A volte anche entrambi, a seconda… Oh se l’amavo, quella ragazza.

Speravo che lui avesse una famiglia e la uccidesse, poi si accorgesse e si suicidasse.

Oh che scena sarebbe stata...


Vidi la sua mano perdere la presa su Mint, tremare sia per il dolore che per il veleno, e poi l'altra mano guantata di lattice, come un medico, strappare lo stilo e gettarlo a terra.

Cretino, io l'avrei tenuto per analizzarlo, ma... Heh, caro il veleno di Mint...

Ma forse non era così scemo, dato che vidi la mano di un suo subordinato (a giudicare dalla manica da smoking) raccogliere l'ago.

"Oh, te ne pentirai... Tesoro." concluse.
Percepii la rabbia nella sua voce melliflua mentre mi chiamava, e ci godei.

Decisi di rompere il mio silenzio. La mia voce l'aveva già sentita nel pronunciare il nome di Mint, quindi... Sarcasmo in azione.
"Oh no, ho così paura. Cosa farà una povera abile assassina con un capo di un'organizzazione scadente alle costole?
Ho paura delle nuove vittime mie che ingaggerai." finii, dando alla mia voce una nota di tremore.

Lo sentii sbuffare, chiaramente annoiato dalla verità che gli avevo appena praticamente sputato in faccia: aveva perso i suoi sicari migliori, a giudicare dalla reazione.

"Oh beh... Mi accontenterò di tenermi questo orsacchiotto rosso con gli occhi verdi." concluse, e potei sentire il ghigno di trionfo nella sua voce.

Si sarebbe preso Mint...

In quel momento un fiocco atterrò a un millimetro dalla scrivania, e istintivamente mi ritirassi.

Non sapevo cosa fare... Lanciare le mie armi no, ne avevo già persa una.

La pistola era fuori questione, non vedevo quante persone ci fossero, e i puntini rossi instabili che vedevo girare sul pavimento non promettevano nulla di buono se non una cecchinata... No grazie.

Poi... come non detto spararono.

Mi rifugiai dietro la parete del corridoio, e lo sentii ridere sadicamente.

"Oh, allora non ci tieni a Rouge... Me ne occuperò io per bene, tranquilla..." e sentii un tonfo seguito da un gemito.

Usando la lama del coltello come uno specchio, vidi cos'era stato.
Aveva calciato Mint sullo stomaco, che ora lei si stava stringendo con le braccia.

Rinfoderando l'arma, mi sporsi a un'angolatura tale che Mint potesse scorgermi senza che la sottoscritta fosse bucherellata da proiettili calibro 22.

Quando mi vide sorrise, e formulò con le labbra una frase sorridendomi dolcemente...
‹Vai via, nee-chan›.

Mi aveva chiamata sorella minore... Sapeva che lo odiavo, quell'appellativo.
Ora volevo che fosse possibile ascoltarla dirlo altre mille volte ancora...

Sentii gli occhi bruciare, ma ricacciai indietro l'acqua che li avrebbe raffreddati.

Lei stava facendo lo stesso, anche se la vedevo temere per il mio futuro senza lei...
Perché, perché doveva sempre preoccuparsi di tutti fuorché di sé stessa?

Io le risposi ‹No›.

‹So che tornerai a prendermi, Choco. Vai. Ora.›. Un altro sorriso…

Mi scivolò una lacrima dopo aver decifrato quello che lentamente mi aveva scandito senza emettete suono.
Chiusi gli occhi, li riaprii e la guardai con uno sguardo il quale significava che sì, sarei tornata a prenderla. L'avrei rivista... Di sicuro.

Lei sorrise di nuovo, e girandosi tirò poi un calcio al misterioso capo di cui non avevo ancora visto la faccia, dandomi la possibilità di girarmi e correre via per salvarmi... No, fuggire.

.

.

.


Mi venne la nausea.

Lei credeva che sarei arrivata, ma era stato troppo tardi.
L'avevo tradita due volte nel giro di un mese neanche... Bella partner ero.

"Choco? Tutto be-". Ryuuji fu interrotto da un urlo agghiacciante.
"No, ti prego no, non lo fa... Aah!".

Veniva da quattro stanze alla mia destra.

Mi precipitai lì con Ryuuji che mi seguiva stravolto, e appostandomi alla porta, vidi un uomo che conficcava il mio ago nella mano di un ragazzo legato a una sedia.

A differenza di Ryuuji, le cui mani erano state legate dietro lo schienale, le sue erano fissate ai braccioli, in modo da poterle ferire.

Portava altri segni sul dorso dell’altra mano, probabilmente accoltellate. Erano già rimarginate... Da quanto era sotto questa stupida banda?

Mostrandomi sulla soglia sparai a sangue freddo all'uomo mentre il ragazzo mi guardava strabiliato.

Aveva i capelli albini, e occhi di un azzurro così opaco da sembrare grigi.

Mi avvicinai a lui ed estrassi l'ago dalla sua mano, mentre lui gemeva.

Poi lo guardai con occhi di ghiaccio.

Trasalì.

"Chi sei? Perché sei con loro?" chiesi.

Sentivo la tensione crescere e lo sguardo di Pistacchio passare preoccupato da me al ragazzo legato.

"Io... Mi chiamo Suzuno, e sono qui da quando è cominciata la Aliea, l'organizzazione... Ti prego, portami via da qui... Arriveranno di nuovo! Ti prego!" finì.


Eeeee buona sera!!! ^^

Vi è piaciuta?~

Il corsivetto tra le linee e i tre punti a capo era un flashback, se non fosse stato chiaro. :)
[Se trovate errori ditemelo, vedrò di rimediare! ;) ]
[Corretto alcuni errori che mi sono stati fatti notare da HabbyandTsukiakari e Rey-ya; modificata la frase con: "...e poi l'altra mano guantata di lattice,come un medico, strappare lo stilo e gettarlo a terra."
;), se ne trovate altri ditemelo!
Nel mio dizionario Italiano-AllIncircaGiapponese Nee-chan è sorellina, mentre Onee-san è sorellona… poi bho… comunque, se sapete il termine esatto ditemelo, e io vedrò di sistemare! ^^]

[Raghnarock nella mitologia Nordica è l'equivalente dell'Apocalisse, bytheway~]

Rey-ya non mi scannare, c'è un perché a tutto ciò... Ehehe... ¬͜¬

Quindi... Vado a scrivere il prossimo, dato che sennò mi scanni di sicuro nonostante ti abbia detto di non farlo… Ehehe… He... He... ^^"

E così ciaociao~ ^^*  
   
 
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