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Autore: giamma21    08/06/2015    0 recensioni
Lavorare come investigatore privato può essere difficile, e Alexandra Mayer sta imparando velocemente che oltre la superficie della realtà si nasconde una fitta rete di inganni e bugie.
Genere: Azione, Mistero, Suspence | Stato: completa
Tipo di coppia: Het
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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La discoteca era come sempre gremita di persone. Entrare era stato un passaggio lungo, vista la fila all’ingresso.
Ma Alexandra e Bobby erano finalmente dentro. La musica copriva le loro voci, e risuonava nel loro corpo.
Alcuni ragazzi li guardarono come se non facessero parte del loro ambiente.
Alex ricambiò lo sguardo.
-Fossi in te metterei via quella birra, o tua madre lo verrà a sapere- gridò ad una ragazzina impertinente che la guardava sghignazzando. Lei sgranò gli occhi, e si voltò.
Bobby ridacchiò.
-Allora, chi dobbiamo cercare esattamente- chiese poi, camminando verso il bar.
-Entrambe le sorelle- rispose Alexandra seguendolo.
Quando furono davanti al banco, il barista del mattino precedente, riconobbe la donna.
-Ehi, Alexandra! Bentornata! C’è qualcosa che posso offrire a te e al tuo... affascinante accompagnatore?- chiese gridando, dopo aver lanciato un’occhiata divoratrice a Bobby, che sorrise lievemente.
Alex guardò entrambi, fingendosi ignara del flirt che era appena avvenuto davanti ai suoi occhi, poi tornò alla sua missione.
-Mi servono i tuoi occhi, ora. Hai visto le ragazze di cui parlavi stamattina? Le amiche della ragazza scomparsa, dovrebbero essere qui stasera- gli disse Alexandra.
Il barista, alto, muscoloso, dalla pelle abbronzata, annuì.
-Prima che voi arrivaste erano qui al bar. Hanno preso due Martini e poi sono andate a ballare- spiegò, prendendo dei bicchieri e preparando dei drink ai clienti del locale.
-Grazie mille- replicò Alexandra, allontanandosi.
-Ehi! Stacco più tardi, se vuoi possiamo bere un drink insieme- disse il barista a Bobby, che si era fermato a dargli un’ultima occhiata.
Alex tremava dall’adrenalina, dalla paura. Non sarebbe mai riuscita a trovare Erica o Jessica con tutte quelle persone. Poi ebbe l’idea di salire sopra un cubo da danza. Si sentiva leggermente a disagio, ma per non dare a vedere che era lì per trovare un maniaco, fece finta di ballare.
Da lì sopra aveva una migliore visuale dell’intero luogo, e non le ci volle molto per trovare le sorelle. Erano dove lei si aspettava di trovarle.
Vicino al bagno delle sparizioni.
Alex indicò a Bobby la loro posizione, e luì si affrettò a raggiungerle dopo averle viste.
Lei scese dal cubo, e seguì Bobby, ma per via delle troppe persone, lo perse nella folla.
Bobby raggiunse finalmente il suo obiettivo, ma c’era solo una delle sorelle.
-Erica?- chiese lui, non ricordandosi i volti delle ragazze.
-No, sono Jessica. Brian?- chiese la ragazza, inquisitoria, allontanandosi di qualche passo da lui.
-No. Sono qui per fare arrestare Brian. Sappiamo la storia intera, e pensiamo che lui possa essere un maniaco- spiegò Bobby, ad alta voce.
-Cosa?! Lo sapevo!- Jessica si guardò intorno, e si accorse che Melanie non c’era più, -MELANIE!- gridò, rendendosi conto che si erano separate, e che la sorella non sapeva la verità.
Alexandra si ritrovò davanti ai bagni, e corse alla porta metallica. Scostò le persone che la bloccavano dal raggiungerla, e poi vi si trovo davanti.
Era aperta, socchiusa. Scese di corsa nel locale caldaie, e si ritrovò nel bel mezzo di una colluttazione.
Erica Sanchez era sbattuta a terra, e un uomo coperto dal cappuccio nero della felpa la stava calciando. Alexandra prese la pistola dall’interno del suo stivale destro.
-Fermo! Non muoverti!- gridò poi, interrompendo l’aggressione.
L’uomo si voltò di scatto.
-Piacere di conoscerti...- disse lei, mentre lui si avvicinava, -...Brian Lewinski- ma udito il nome, si fermò. La osservò attentamente.
-Ti abbiamo scoperto, hai finito di terrorizzare questa città, pezzo di merda-.
L’uomo alzò le mani, in segno di resa, ma quando Alexandra si avvicinò per ammanettarlo, lui le sfrecciò un colpo secco alla tempia. La donna cadde a terra, svenuta.
Bobby e Jessica avevano raggiunto l’ingresso del bagno.
-E’ meglio che tu stia indietro, resta qui, ok?- si raccomandò il ragazzo.
Jessica annuì, visibilmente scossa dall’accaduto.
Bobby corse alla porta metallica, la attraversò, e scese le scale fino alle caldaie. Trovò qualcuno steso a terra, e corse a vedere di chi si trattasse.
-Alex? Alexandra!- gridò chinandosi ad aiutarla, ma una volta riconosciuta, si rese conto che teneva tra le mani Erica, incosciente. Bobby alzò lo sguardo, e vide delle ombre provenire dal fondo del corridoio.
Percorse il breve tragitto e giunse alla porta di legno, che era spalancata.
Quando corse all’esterno, il furgone nero che conteneva Alexandra si era già avviato lontano dalla discoteca.
La testa... deve avermi colpita. Quanto sono stupida, hai perso colpi Alexandra. E sarà solo colpa tua se finirai carne arrosto.
Essere incosciente non è poi così male, è come se stessi dormendo. L’unica differenza è che sono stata rapita da uno psicopatico, e la testa mi fa un male cane. Le mani sono legate, così come i piedi. E’ buio pesto, e questo maledetto furgone trema dannatamente!
Credo di avere paura, lo ammetto. Sono stata impulsiva, e non me lo perdonerò mai. Ho agito senza riflettere sulle conseguenze dall’inizio.
Come faranno a trovarmi? Bobby...
Bobby! Ma certo, che genio che sei!
-Bobby, alza il tuo culo sodo da quella sedia. Abbiamo un criminale da fermare- ordinò Alexandra, prendendo il suo trench marrone.
-Aspetta...- disse Bobby, prima di aprire un cassetto della scrivania,       -Prendi questo, emette un segnale GPS che ricevo sul telefono, in questo modo non ci perderemo-.
-E tu? Come farò a trovarti?- chiese lei.
-Io non mi perdo facilmente- rispose Bobby.
L’aggeggino che mi ha dato, è un GPS.
Il furgone accostò, e l’uomo aprì il retro. Caricò Alexandra sulle sue spalle, e la portò dentro una stalla. Si trovavano in aperta campagna.
All’interno della stalla erano disposte centinaia di gabbie di medie dimensioni. Dentro quelle gabbie, c’erano ragazze.
Alexandra fu scaricata dentro una gabbia con l’ultima arrivata.
-Breeanna?- chiese flebilmente, ancora stordita dal colpo ricevuto alla testa.
La sua coinquilina di gabbia la raggiunse strisciando sul fieno.
-Sì! Sono io, come fai a saperlo?- chiese Breeanna Smith, stringendole una mano.
-Sono un’investigatrice privata, dovevo riportarti a casa. Diciamo che in un modo o nell’altro ti ho trovata...- Alexandra si alzò lentamente.
-Dove siamo? Cos’è questo posto?- chiese guardando fuori, oltre le sbarre.
-Prendono le ragazze, e le vendono. Li ho sentiti parlare...- raccontò Breeanna con orrore, -Ci sono persone che pagano per portarle via, e nessuno fa domande. Ci danno queste pillole- continuò, mostrando una pillola blu ad Alexandra.
-Le drogano, ecco perché sono incapaci di reagire- realizzò la donna.
Improvvisamente entrambe udirono dei rumori provenire dall’esterno del fienile, suoni di una colluttazione.
Bobby aveva atterrato il finto Brian, con una mossa speciale. Lo aveva colpito alle gambe e poi alla testa.
Messo k.o. l’aggressore, il ragazzo entrò nella stalla.
Vide Alexandra chiamarlo, e la raggiunse. Aprì la gabbia, incapace di concepire una tale mostruosità.
Alexandra gli cadde tra le braccia.
-Dovrò darti un aumento- disse, sorridendo.
Lui guardò in alto, trattenendo le lacrime.
-E’ il minimo. Tu vuoi proprio farmi prendere un infarto, vero? Maledetto il giorno in cui ti ho incontrata- stringeva Alex, carezzandole la testa.
Bobby la aiutò a rialzarsi, e lei si rese conto che Breeanna era ancora nascosta.
-Puoi uscire ora, siamo al sicuro- disse allungandole una mano.
La ragazza la afferrò, e i tre uscirono dalla stalla.
Erano ormai le 2 del mattino. Il finto Brian giaceva sul terreno, con un enorme ematoma viola sul volto.
-Ottimo lavoro- disse Alexandra, dando un colpetto alla spalla di Bobby.
Insieme a Breeanna raggiunsero la macchina, mentre numerosi veicoli della polizia sopraggiungevano dalla strada principale.
Bobby aveva chiamato il 911 mentre seguiva il GPS di Alexandra e li aveva indirizzati verso la stalla.
Venne così smascherato il colpevole dei rapimenti. Il finto Brian sarebbe stato interrogato, e incarcerato probabilmente a vita, mentre presto sarebbero cominciate le indagini ufficiali. Brian non era l’unico coinvolto, Alexandra ne era ormai certa. Quanto alle ragazze “vendute”, la polizia si sarebbe dovuta affidare alle testimonianze delle altre, una volta ripulite dalla droga e dai tranquillanti. Purtroppo, Taylor Kessler risultava ancora scomparsa.
I genitori di Breeanna arrivarono dopo mezz’ora circa, e corsero a riprendersi la loro figlia.
Alexandra sedeva nel furgone dell’ambulanza, mentre osservava le donne uscire dalla stalla una dopo l’altra... il regno del terrore era terminato. Alex e Bobby avevano risolto il caso, supportandosi a vicenda.
Lei era in debito con l’amico, che le aveva salvato la vita.
Forse gli avrebbe aumentato sul serio lo stipendio, oppure gli avrebbe dato un passaggio per vedersi con il barista della discoteca che lo stava aspettando. D’altronde se l’era meritato quell’appuntamento.
Alexandra entrò nella stalla, per vedere Bobby, che rispondeva alle domande degli ufficiali di polizia.
Mentre aspettava che avesse finito, fece un giro delle gabbie, ma avvertì un peso sul cuore, perciò si sedette a terra con la schiena appoggiata ad una colonna di legno.
Il suo sguardo cadde sul pavimento coperto dal fieno, macchiato di terra e impronte di mani e piedi. Incastrato in una fessura del legno, c’era un ciondolo. Alexandra ebbe la sensazione di averlo già visto. Prese il ciondolo tra le sue mani, e lo pulì dalla polvere. Era d’argento, con una lunga catena leggera. Quando l’aprì, trovò una foto di sua madre e di lei da piccola.
Il mondo le crollò addosso, e perse il fiato.
La raggiunse il detective Mark Lawrence, e dal volto sembrava terribilmente preoccupato.
-Sono venuto a vedere come stavi...- cominciò, tentando di trattenere un po’ di imbarazzo.
-Sto bene...- mentì Alex, stringendo forte i denti, -Immagino che ora sia un caso dell’FBI- disse poi, squadrandolo da capo a piedi lentamente. Era un uomo affascinante, e nonostante non fosse tra i suoi pensieri, lo ammetteva anche lei.
-Grazie dell’interesse, Mark. In effetti, è stata una giornataccia... se vuoi proprio saperlo- replicò lei, sospirando.
Mark le si sedette vicino, mentre lei ripensava a tutto quello che aveva passato, e a quel maledetto ciondolo. Come mai era lì in quella stalla? Dove si trovava sua madre? Cosa diavolo le era successo?
-C’è qualcosa che posso fare?- chiese Mark, guardandola negli occhi.
-Consolarmi un po’?- disse lei, chiudendo gli occhi, -Ricordati queste parole, perché non le sentirai nuovamente-.
Lui annuì, sorrise, ed entrambi tornarono fuori dalla stalla, accompagnati dalla fresca brezza notturna di Maggio. 
   
 
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