Fanfic su attori > Coppia Gyllenhaal/Ledger
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Autore: BrokebackGotUsGood    11/06/2015    0 recensioni
Un'estate.
Una vacanza.
Un incontro che può salvarti la vita nel vero senso della parola, che può darle un nuovo significato e renderla più bella di quanto lo sia mai stata.
Tornare a casa, a volte, è l'ultima cosa che il tuo cuore desidera.
Perché non potevo appartenere eternamente alle sue braccia e far durare per sempre quel momento, quei giorni, quell'estate?
Genere: Drammatico, Romantico, Sentimentale | Stato: in corso
Tipo di coppia: Slash
Note: AU | Avvertimenti: nessuno
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- Questa storia fa parte della serie 'A love that will never grow old'
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Chapter I




 


Qualcosa mi fece svegliare contro la mia volontà.
Forse era il non sapermi abituare molto bene a letti sconosciuti, forse era l'adrenalina per la giornata di surf che avevo intenzione di trascorrere, sempre che mio padre me lo avesse permesso (e, in caso contrario, gliene avrei dette quattro), o forse il mio corpo stava cominciando a protestare per il fatto di aver saltato la cena della sera prima a causa della stanchezza, e aveva bisogno di energie...no, era Haydn che era piombato nella nostra camera con un allegro ''Sveglia, il sole è già alto!" e si era messo a spalancare le finestre.
Imprecai sottovoce, nascondendo la testa sotto il cuscino per non venire accecato dalla luce improvvisa e sentii Kate emettere una sorta di lamento strascicato.
-Forza ragazzi, di là c'è la colazione che vi aspetta- disse lo zio, scuotendomi la spalla e avvicinandosi poi a mia sorella per fare lo stesso. -E poi andiamo tutti a fare un giro per la città, che ne dite?-.
Oddio no, ti prego...
Non potevamo direttamente andare in spiaggia? Allora sì che mi sarei tirato su volentieri! Invece, a quella proposta, mi ritrovai a sbuffare e a girarmi sull'altro fianco, premendomi ancora di più il cuscino sulla testa, mentre a Kate sembrò un'idea niente male e trovò la forza di alzarsi prima di me, probabilmente con l'idea dei negozi e dello shopping che già le frullava per la mente.
Donne.
-Su, Heath, non fare il pigrone! Vestiti e vieni in cucina- intervenne secco mio padre e a quell'ordine, seppur con grande scocciatura, dovetti obbedire, perché non ammetteva repliche. Ma come faceva ad essere già così sveglio? Il viaggio lo aveva affrontato anche lui, che diamine, eppure eccolo lì, a darmi i nervi già di prima mattina!
Cercai di non pensarci e mi stiracchiai con uno sbadiglio, contento almeno di sentire un bel sole caldo accarezzarmi la pelle e non il gelo dell'estate australiana, dopodiché scesi dal letto con uno sforzo che mi sembrò disumano e decisi ufficialmente che di vacanze così non ne avrei fatte mai più, se il fuso aveva il potere di ridurmi in quello stato. 
E quindici ore di differenza, credetemi, non era poco.
Mi vestii e andai in bagno con molta calma per ritardare il più possibile il momento del ''giretto turistico'', e quando mi degnai di farmi vivo in cucina venni accolto dallo sguardo inceneritore di mio padre e da una tavola piena di croissants appena sfornati, cosa a cui diedi assai maggiore importanza, dato che avevo una fame da lupi. 
-Volevo iniziare col portarvi alla Third Street Promenade- disse Haydn, appoggiandosi al ripiano della cucina dopo aver riposto la sua tazza di caffé nel lavandino. -E' considerata una delle principali vie dello shopping del westside losangelino, sono sicuro che a Kate piacerà-. 
Mia sorella annuì vigorosamente, addentando un croissant alla crema, mentre io alzai gli occhi al cielo, non visto. 
-Poi possiamo andare a fare una passeggiata al Palisades Park, per rilassarci giusto un po' prima di andare in spiaggia, perché...beh, quella è d'obbligo-.
Ah ecco, ora si ragionava! 
Dovette accorgersi che assunsi un'aria decisamente più sveglia e pimpante a quella frase, perché sorrise divertito e mi fece l'occhiolino. -So che tu hai la passione del surf, Heath, quindi sarò ben lieto di prestarti una delle mie tavole, se vuoi-.
Yes, proprio quello che speravo! 
Con mio grande piacere e sollievo, stavo scoprendo che Haydn non era affatto come il suo fratellino lì di fianco, ma quella sarebbe potuta essere soltanto una facciata e, dal momento che ero sempre stato alquanto diffidente nei confronti delle persone che non conoscevo (beh...nei confronti dei membri della mia famiglia, più che altro), non volevo illudermi troppo presto.
-Volentieri, grazie- risposi con un mezzo sorriso, mantenendo comunque un tono di voce abbastanza distaccato, ma lui sembrò non darci peso.
Continuammo a mangiare tranquillamente finché il suono del campanello non fece sobbalzare sia me che Kate.
-Aspetti visite già di prima mattina?- chiese nostro padre.
-Ah, no...è Matt, il figlio dei vicini- rispose Haydn, incamminandosi verso la porta d'ingresso. -Ogni tanto, quando è in giro, mi fa qualche commissione. Davvero un bravo ragazzo-.
Io e Kate ci girammo incuriositi e, dato che la cucina affacciava direttamente sul breve corridoio che portava all'entrata, ci spingemmo un po' all'indietro con le sedie per vedere chi fosse questo Matt; lo zio girò la chiave nella serratura e aprì la porta a vetri, ringraziò gentilmente il ragazzo e prese in mano due sacchetti della spesa, mettendosi poi a parlare con lui.
-Avevano finito il solito caffé, c'erano altre marche ma non ero sicuro di quali le potessero piacere e così ho lasciato perdere-
-Non fa niente, va benissimo così. Come sta tua madre? Riesce a camminare meglio?-
-Oh sì, le fa ancora un po' male la caviglia ma sta migliorando. Poi c'è mio padre che si prende cura di lei praticamente ventiquattro ore su ventiquattro, perciò siamo tutti più tranquilli-
-Bene, mi fa piacere, tuo padre è un uomo in gamba! Salutali entrambi da parte mia-
-La ringrazio, sarà fatto!-.
Si scambiarono un cenno di saluto con la mano e il ragazzo stava per andarsene senza che noi lo avessimo nemmeno visto, dato che Haydn non si era spostato di un centimetro e lo aveva coperto per tutta la durata del dialogo, ma fu come se all'improvviso avesse pensato esattamente la stessa cosa, perché si affrettò a fermarlo.
-Ah senti, Matt...sei di fretta?-
-No, perché?-
-Entra pure un momento, voglio presentarti i miei nipoti. Sono venuti qui in vacanza dall'Australia-.
Sentimmo Matt esitare qualche istante. -Uhm...va bene, se le fa piacere-
-Certo che mi fa piacere, altrimenti non te lo avrei chiesto! Coraggio, vieni, sono qui in cucina-.
Finalmente lo zio si spostò dalla porta, lasciando spazio a un ragazzo alto all'incirca come me ma sicuramente più grande di età, dagli occhi chiari e i lineamenti armoniosi, biondo, con un ciuffo di capelli che gli copriva la fronte per metà e un timido ma gentile sorriso disegnato sulle labbra carnose.
-Ragazzi, lui è Matt- annunciò Haydn dandogli una pacca sulla spalla, spingendolo poi leggermente verso di noi. -Matt, loro sono i miei due nipoti e lui è mio fratello Kim-.
Io e Kate ci alzammo e fui il primo a stringergli la mano. 
-Piacere, Heath Ledger- dissi con tono stranamente amichevole per appartenere a me.
-Matt Damon, piacere mio- rispose lui ampliando il sorriso, mostrando dei denti bianchissimi.
Notai che mia sorella era rimasta a fissarlo con un'aria leggermente imbambolata e, quando fu il suo turno di presentarsi, ci impiegò qualche secondo per realizzare di avere la mano del ragazzo porta verso di lei e, magari, di doverla afferrare. 
Fortunatamente ci riuscì, evitando una figura di merda. -Ehm, molto piacere, Kate- disse cercando di apparire normale, ma a quanto pareva Matt non si era accorto di nulla e io trattenni una risata.
Salutò velocemente anche nostro padre, dopodiché, per evitare che si creasse un imbarazzante silenzio, disse la prima frase che gli venne in mente con la quale si potesse iniziare una specie di discorso. -Dall'Australia, eh? Dev'essere stato un viaggio bello tosto-.
Kate fece una mezza risata, cominciando ad arrotolarsi una ciocca di capelli attorno a un dito, e io annuii con lo stomaco che mi si rivoltava se solo ci ripensavo. -Puoi dirlo forte! Mai fatto un viaggio così lungo e stressante-
-Già, lungo e stressante- mi fece eco mia sorella e ormai era bella che andata. Diavolo, ci mancava solo che gli saltasse addosso davanti a nostro zio e a nostro padre! Dagli sguardi che gli lanciava sarebbe stata perfettamente in grado di farlo e la cosa mi preoccupava non poco.
Lui fece una smorfia dispiaciuta. -Cavolo, mi dispiace. Beh, spero che almeno vi godiate la vacanza! Per quanto resterete?-
-Tutta l'estate- risposi con tono neutro, non avendo ancora capito fino in fondo se l'idea mi scocciasse o se stesse iniziando a piacermi davvero, e lui sgranò gli occhi facendo un fischio di sorpresa. -Ah però! Sì dai, ne varrà la pena, ve lo assicuro. Santa Monica è briosa e solare, ci sono un sacco di cose da vedere, si può godere di molte viste mozzafiato sul mare e sulla spiaggia e a volte può capitare anche di incontrare gente interessante. Vi piacerà-.
Sorrisi annuendo, guardandolo con curiosità e pensando che, a primo impatto, sembrava una persona piacevole. 
-Da che parte dell'Australia venite, esattamente?- continuò, e rimasi sorpreso anche dal fatto che sembrava fosse veramente interessato a sapere qualcosa su di noi e non ci facesse domande tanto per cortesia.
-Da Sud Ovest, siamo di Perth- risposi sempre io, dato che Kate sembrava aver perso l'uso della parola o non aver il coraggio di aprir bocca per paura di non sapevo cosa.
-Oh, ci sono stato una volta, davvero bella!-
-Già, anche a me piace molto. Tu invece sei nato qui?-
-No, io sono di Cambridge. Ci siamo dovuti trasferire in California due anni fa per il lavoro di mio padre, ma non è stato poi così terribile-
-Davvero? Io non avrei retto un solo giorno, già è stata dura venir via per una vacanza!-. Con la coda dell'occhio vidi mio padre guardarmi male, ma non ci badai. 
Matt rise. -Beh, ma voi siete venuti dall'altra parte del mondo, il viaggio è stato decisamente più traumatico!-.
Risi a mia volta, dandogli ragione, ma poi intervenne Haydn, che posò a entrambi una mano sulla spalla scrollandoci leggermente. -Dal momento che, a quanto vedo, avete già trovato una buona confidenza, che ne dici di venire a fare un giro con noi, Matt? Stavo pensando di mostrare la città a Heath e Kate, magari potresti fare da seconda guida turistica. Sempre se puoi, naturalmente-.
Matt guardò alternatamente me e Kate, come per assicurarsi che per noi non sarebbe stato un problema e io lo guardai in aspettativa, perfettamente d'accordo con quella proposta, stessa cosa mia sorella, nel cui sguardo si poteva leggere chiaramente un luccichio speranzoso.
-Ehm...va bene, perché no? Avevo comunque detto ai miei che mi sarei fermato da queste parti per fare un giro, quindi...-
-Fantastico!- esclamò Haydn, dandogli un'altra pacca (avevo l'impressione che prima o poi gli avrebbe rotto la spalla). -Vado a prendere la mia roba. Voi, ragazzi, finite pure di mangiare con calma-.




Lo guardai incredulo, facendo un sorrisino sorpreso ma anche divertito. -E tu lo hai fatto davvero?-
-Avevo nove anni o giù di lì, non è colpa mia se mia sorella riusciva a farmi fare quello che voleva soltanto con qualche minaccia!- rispose lui ridendo, socchiudendo gli occhi a causa del sole che, quando non eravamo riparati dalle foglie degli alberi, ci arrivava dritto in faccia. -All'epoca avevo imparato che era meglio stare zitti e obbedirle-
-Sì, ma...diavolo, doveva essere davvero stronza se ti ha costretto a tuffarti da una scogliera sapendo che eri terrorizzato dall'altezza!-
-Stronza a dir poco, perfida, direi. Ma sai una cosa? Da allora la mia paura ha inizato piano piano a dissolversi, e ora è scomparsa del tutto, quindi, in qualche modo, le sono debitore-.
Dopo aver accontentato Kate e aver passato un'ora infernale a girare per i negozi della Third Street Promenade, avevamo fatto tappa, come di programma, al Palisades Park, un luogo ideale per rilassarsi e per passeggiare godendosi una bellissima vista sull'oceano; durante tutto il tragitto io e Matt avevamo parlato un po' della nostra infanzia (più che altro della sua, dato che io non amavo ricordare quelli che non erano stati anni propriamente felici), delle ''pene'' che ci avevano fatto patire le nostre sorelle in passato o di qualunque altra cosa ci fosse passata per la testa, e avevo potuto definitivamente constatare che era davvero bello parlare con lui. Era un ragazzo semplice, divertente e anche maturo per quanto riguardava il suo modo di agire e di pensare nelle varie situazioni della vita, inoltre avevamo scoperto di avere molte cose in comune e, nonostante fossi sempre stato un tipo alquanto solitario e mi fossi convinto di non avere bisogno di amici, non mi sarebbe per niente dispiaciuto approfondire la nostra conoscenza e mi ero ritrovato a pensare che, per una volta, avrei potuto anche fare un'eccezione, perché lui sembrava davvero un tipo in gamba.
Ero ancora un po' diffidente e scettico riguardo all'amicizia, poiché molte esperienze con persone che poi si erano rivelate false mi avevano quasi portato a credere che non esistesse, ma volevo darmi un'altra possibilità e, se ci stavo vedendo giusto, non avrei avuto un'altra delusione.
Speriamo.
Avevo anche notato con un certo divertimento che stava cominciando a ricambiare gli sguardi ammiccanti di mia sorella.
-Ok ragazzi, per questa mattina va bene così- annunciò Haydn, che era rimasto un po' più indietro di noi a parlare con mio padre. 
Matt, che nel frattempo ci aveva anche fatto da guida, smise di parlare con me e si girò verso di lui. -Non pensavate di andare da nessun'altra parte?-
-No, tanto abbiamo un sacco di tempo per vedere tutto con calma, anche perché è mezzogiorno passato e dopo pranzo volevamo andare in spiaggia. Grazie mille di averci accompagnati, possiamo farlo più spesso, se ti va-
-Certo, non c'è problema! Allora scappo, ora che mi viene in mente tra poco dovrebbero arrivare ospiti e se i miei non mi trovano in casa mi uccidono- disse facendo una finta smorfia preoccupata, per poi rivolgersi a me e Kate e tendere la mano verso di noi per salutarci. -E' stato un piacere, ragazzi. Ci vediamo nei prossimi giorni, magari!-.
Annuii stringendogliela dopo che ebbe fatto lo stesso con mia sorella e mio padre, anche se quest'ultimo rimase piuttosto freddo e distaccato come suo solito. 
-Sicuro!- risposi con un sorriso e lui fece un gesto affermativo alzando il pollice, per poi salutare tutti quanti un'ultima volta e incamminarsi velocemente verso la strada.
Con la coda dell'occhio vidi che Kate lo seguì con lo sguardo e non potei fare a meno di trattenere una mezza risata, cosa che le fece spostare l'attenzione su di me.
-Che c'è?- mi chiese con tono confuso e anche un po' irritato, incrociando le braccia al petto.
-Niente, solo...pulisciti, che stai sbavando- risposi provocandola apposta e, non appena capì a cosa mi stessi riferendo, aprì la bocca con sconcerto e mi diede una pacca sulla spalla che non riuscii ad evitare.
-Sta' zitto, idiota-
-Hai paura che papà ci senta?-
-No, perché hai detto una cazzata-.
Alzai gli occhi al cielo, lasciando perdere la conversazione e concentrandomi piuttosto sul mio stomaco, che stava cominciando a supplicarmi per essere riempito; fortunatamente anche gli altri sentirono lo stesso bisogno e decidemmo di tornare indietro, mentre io intanto morivo già dalla voglia di fare quello che sarebbe venuto dopo il pranzo, ovvero una bella cavalcata tra le onde.
Una volta arrivati a casa mangiammo con calma, parlando un po' con Haydn dei posti che aveva intenzione di farci visitare durante la settimana e mi stavo rendendo conto che, in fondo, Santa Monica stava cominciando a piacermi: clima più che gradevole (forse un po' afoso, ma io avevo sempre amato e sopportato benissimo il caldo), gente socievole e, come aveva detto Matt, davvero tante cose da vedere. Avrei potuto viverci tranquillamente per un'estate.
Anche mio padre si unì al discorso in modo abbastanza interessato, cosa alquanto normale, dato che era stato lui stesso a voler fare quella vacanza e avere un'idea generale della città gli sarebbe tornato utile, ma ciò che mi stupì di più fu che, per una volta, io e Kate riuscimmo a intrattenere un discorso civile con lui senza che ci rispondesse male, anzi, ad un certo punto iniziò perfino a parlare bene di noi ad Haydn, di quanto fossimo in gamba a scuola e del grande futuro che secondo lui ci attendeva; mi diede fastidio quell'ipocrisia, perché non erano rare le volte in cui si era lamentato di noi in passato e di come non facessimo niente per renderlo davvero orgoglioso, ma mi imposi di stare zitto o sarebbe finita davvero male.
Ma la parte peggiore, del tutto inaspettatamente, arrivò quando raggiungemmo la spiaggia, e io ero ancora completamente ignaro del fatto che, a causa di ciò che stava per avvenire, tutto sarebbe cambiato in maniera irreversibile.
-Dunque- disse Haydn dopo aver regolato lo schienale del lettino che aveva noleggiato, guardandomi poi con un sorriso e facendomi l'occhiolino. -Tu vai a divertirti e, mi raccomando, tratta bene la mia tavola!-.
Sorrisi a mia volta e annuii. -Sarà fatto-
-Bene. Tu, Kate, cosa vuoi fare?-.
Mia sorella ci pensò su un attimo, per poi infilarsi gli occhiali da sole. -Per adesso credo che resterò qui a prendere il sole-
-D'accordo,- rispose nostro padre, -allora intanto noi andiamo a prendere qualcosa da be...-.
Non fece in tempo a finire la frase che il suo cellulare prese a squillare, facendogli assumere un'espressione scocciata, che si tramutò in sorpresa quando lesse il nome sul display.
Esitò un istante prima di prendere la chiamata, indeciso se farlo o no. -Pronto?-.
Non sentii la voce dell'interlocutore, ma non doveva essergli molto gradito, dato il tono non proprio amichevole con cui aveva risposto e che continuò a usare durante la loro breve conversazione.
-Ho già fatto tutto, non c'è bisogno che me lo ripeti cinquanta volte. Comunque sì, siamo tutti in spiaggia e...mhmh. Sì. Sì, te lo passo-. Aggrottai la fronte quando mi diede il telefono, chiedendogli chi fosse con il labiale, e anche mia sorella ci guardò curiosa. 
-E' vostra madre- mi rispose frettolosamente, -passale Kate quando avete finito-. 
Non mi diede la possibiltà di ribattere, poiché si allontanò subito dopo, cosa che avevo l'impressione non vedesse l'ora di fare; avvicinai il cellulare all'orecchio e lo guardai piuttosto male, dato che lui non aveva alcun motivo di detestare mia madre, semmai era lei che avrebbe dovuto odiarlo per come l'aveva sempre trattata durante i loro ultimi due anni di matrimonio (e non sapevo proprio come avesse fatto a resistere per tutto quel tempo).
Ma non era da lei dimostrare odio nei confronti di qualcuno, per quanto quel qualcuno se lo meritasse e, come sempre, era inutile tirare fuori il discorso.
-Ciao, ma'-
-Hey, tesoro!- disse cercando di apparire allegra, -Come vanno le cose in America?-. 
Feci un mezzo sorriso, spostandomi di qualche metro e mettendomi a guardare il mare che si stendeva infinito davanti a me. -Per ora bene. Oggi abbiamo girato un po' per la città, non è affatto male come posto-
-Mi fa piacere. Come ti sembra lo zio Haydn...?-.
Me lo chiese in maniera un po' titubante, come se stesse toccando un discorso delicato, ma non ci feci caso.
-Ah, beh, lui è...- pensai un attimo al termine giusto da usare -...un tipo a posto-.
Già, almeno lui.
-Ne sono sicura- disse a bassa voce dopo un breve attimo di silenzio, ma c'era qualcosa di strano in quella chiamata: c'era come una lieve tensione tra di noi ed ero quasi certo che non mi stesse dicendo qualcosa, ma non aggiunse altro e io non chiesi.
-Tu come stai?-
-Mh, non c'è male, anche se non sai quanto invidio te e Kate- 
-Non c'è niente di particolare qui che non abbiamo in Australia...-
-Intendevo per il clima! Qui si gela-.
Ridemmo entrambi e io annuii, anche se non poteva vedermi. -In effetti è soprattutto per quello che sono contento di essere qui-.
E di nuovo silenzio.
Fosse stato per me l'avrei salutata con la scusa del surf e avrei chiuso lì la conversazione, non perché non mi piacesse parlare con lei, ma perché non avevo proprio voglia di chiamate come quelle, in cui sembrava ci scambiassimo frasi di circostanza solo per non cadere sul discorso del divorzio e del suo allontanamento da casa, anche se, prima o poi, sarebbe venuto inevitabilmente fuori, dato che fino ad allora aveva fatto sì e no qualche riferimento scarso al riguardo, forse per paura di non riuscire a parlarne nel modo giusto con me e Kate senza toccare corde che avrebbero potuto darci fastidio o forse perché si sentiva in colpa credendo di averci abbandonati, cosa assolutamente non vera; lei stessa ci aveva assicurato che la permanenza da nostro padre sarebbe stata provvisoria, ''solo finché le cose non avranno ripreso un proprio ordine nella mia testa'', aveva detto, quindi non vedevo il motivo di tanta preoccupazione.
Sia io che mia sorella eravamo sufficientemente maturi e la capivamo perfettamente, anzi, io mi meravigliavo del fatto che ci avesse messo due anni per esplodere.
Non sapevamo nemmeno noi quale fosse stata esattamente la scintilla che aveva scatenato l'incendio tra i nostri genitori, l'unica cosa di cui ci eravamo resi conto era che, da due anni a quella parte, prima di giungere alla separazione definitiva, stavano attraversando quel periodo che verrebbe comunemente definito ''crisi matrimoniale'', ma che per loro era stato qualcosa di molto più profondo. 
Avevano cominciato col litigare un giorno sì e l'altro pure, rinfacciandosi di tutto e accusandosi a vicenda di cose che non avevo mai capito, ma poi era arrivato un periodo in cui mio padre aveva davvero raggiunto al limite: stava fuori fino a notte fonda, tornava a casa ubriaco, non preoccupandosi di non fare troppo rumore per non svegliare i suoi figli, non ti potevi avvicinare a lui senza che ti urlasse contro e, cosa peggiore di tutte, non erano rare le volte in cui alzava le mani su nostra madre.
E lei, stanca di combattere contro di lui, aveva deciso di tacere e sopportare per il bene dei suoi figli.
Ma ben presto noi tutti ci eravamo resi conto che il nostro bene lo avrebbe fatto soltanto se avesse messo fine a tutto quello, e fu ciò che fece: un giorno prese me e Kate da parte e ci disse, il più pacatamente possibile, che lei e nostro padre avevano deciso di divorziare e che lei sarebbe stata per un po' dalla nonna, solo finché le cose non...insomma, la frase la conoscete. Anche se io avevo il forte sospetto che ci fosse un altro uomo, viste le varie chiamate e i messaggi che aveva iniziato a ricevere praticamente ogni ora e alcune sue uscite inspiegate per le quali indossava i suoi abiti migliori, ma io ne sarei solo stato felice. Era ora che anche lei si facesse una vita dignitosa.
Ad ogni modo, semplicemente Sally Ramshaw e Kim Ledger avevano smesso di amarsi, e io non avrei mai creduto che in una coppia potesse succedere qualcosa di simile così all'improvviso. 
Ed ecco perché non avevo mai creduto nemmeno nell'amore...Diciamo che non c'erano molti ideali a cui mi aggrappassi saldamente, dal momento che ero cresciuto in un ambiente in cui essi sembravano non esistere, e partivo prevenuto verso qualsiasi cosa.
-Heath...-.
Mi riscossi dai miei ricordi quando sentii la voce di mia madre e mi ricordai di essere al telefono con lei. -Sì?-.
Ci fu una pausa, in cui percepii perfettamente la sua titubanza verso ciò che stava per dirmi. 
Le onde si infrangevano rumorosamente sull'arenile.
-Mi dispiace- disse con un filo di voce, facendomi salire un groppo in gola.
Dio, lo sapevo che saremmo giunti a quel punto, motivo in più per cui avrei voluto riattaccare e non pensare ad altro se non alla tavola da surf sotto ai miei piedi...
Deglutii, facendo un profondo ma silenzioso sospiro. -Non...non è colpa tua, mamma. Niente è colpa tua, capito?-
-Non sarei dovuta andarmene in quel modo, io non...-
-Hey, no, ascoltami-. La mia voce stava iniziando a incrinarsi come la sua, ma mi imposi calma, chiudendo un attimo gli occhi e deglutendo nuovamente. -Tu hai bisogno di tempo per riprenderti e per pensare, è più che comprensibile e noi...noi stiamo bene, davvero. Siamo grandi abbastanza-.
La sentii tirare su leggermente con il naso. -Lo so, sì...è solo che voi non meritate quello che avete passato, ecco tutto. Voi meritereste di essere felici-.
A quel punto sentii qualcosa pungere ai lati degli occhi, ma non mi permisi di lasciarmi andare, non volevo. Tutto ciò che desideravo era passare quel dannato telefono a mia sorella. E pensare che la giornata stava andando così bene...
-Te l'ho detto, noi stiamo bene, non devi preoccuparti di nulla- dissi atono, senza lasciar trasparire alcuna emozione, cosa che a lei non sfuggì.
-Non dirmi così solo per farmi contenta, Heath. Io lo so che voi pregate ogni giorno affinché le cose cambino e siano migliori una volta per tutte, so che vorreste non aver mai dovuto sopportare ciò che avete passato a causa mia e di vostro padre...-
-N-non...non si può tornare indietro, ormai. E non andremo nemmeno avanti, se stiamo tutto il giorno a piangerci addosso per quello che abbiamo passato o non passato, per quello che sarebbe potuto essere o per la vita ''normale'' che avremmo potuto condurre come tutti i comuni cristiani!- ribattei con una leggera rabbia, che stava disperatamente tentando di sostituire la malinconia. -Ti prego, mamma, lo sai anche tu che questa discussione non ci porterà da nessuna parte-.
Lasciai che trascorresse qualche altro istante di silenzio, dato che ormai era diventato il protagonista di quella chiamata; abbassai lo sguardo e spostai un po' di sabbia con il piede, disegnando un semicerchio.
-Hai ragione...scusami-. 
Non riuscii a fare finta di non sentire quei singhiozzi soffocati a forza, o di non immaginare quelle lacrime salate che rigavano le sue guance.
Non avrei voluto che una delle poche chiamate che riuscivamo a farci avesse preso quella piega, ma ormai avevo capito che, finché le cose non si fossero sistemate per davvero (e per ''sistemate'' intendevo niente più pianti, niente più dolore e niente più notti in bianco passate a pensare a quanto avrei voluto che la mia vita fosse diversa), ma soprattutto finché lei non si fosse sentita di nuovo bene, non saremmo riusciti a parlare tra di noi come se niente fosse.
Non saremmo riusciti a fingere.
Non ci dicemmo molto altro, ci scambiammo giusto qualche altra frase spicciola per salutarci e dirci che ci saremmo visti presto, dopodiché la lasciai finalmente a Kate e io potei dirigermi verso l'acqua, che, speravo, mi avrebbe aiutato a non pensare a niente e a togliermi dalla testa quella conversazione il più presto possibile; avevo un male al petto insopportabile, il groppo in gola non se ne voleva andare e maledissi il destino o la vita o qualunque altra cosa avesse causato così tante pene e così tanta sofferenza alla mia famiglia, se si poteva definire tale.
Nonostante io stesso avessi detto che era inutile piangersi addosso, mi ritrovai inevitabilmente a riguardare con dolore tutti gli eventi che costituivano il mio presente, un presente che sarebbe dovuto essere fatto di sogni, ambizioni, voglia di vivere, conoscere e sperimentare, ma che invece portava ancora il peso di ciò che avevo affrontato in passato e non conteneva altro che disprezzo nei confronti di ogni giorno che scorreva davanti ai miei occhi.
Vedevo la gente intorno a me parlare, confidarsi segreti e problemi, sorridere spensierata e tenersi per mano, e solo in quel momento mi resi conto che ciò di cui avevo cercato di convincermi fino ad allora, ossia che non avessi bisogno di nessuno e che potessi benissimo cavarmela da solo, erano tutte stronzate belle e buone: avrei dato qualsiasi cosa per poter riporre la mia fiducia in qualcuno, sfogarmi liberamente con una persona che mi avrebbe ascoltato davvero, che non mi avrebbe giudicato e che mi avrebbe offerto il suo sostegno, perché nessuno aveva mai fatto niente di tutto questo per me.
Dio, sembravo un depresso cronico, ma davanti alla verità nuda e cruda non ci potevo fare niente.
Misi la tavola da surf in mare, mi ci stesi sopra a pancia in giù e nuotai fino a spingermi lontano dalla riva, lasciandomi rinfrescare dall'acqua che scivolava leggera sulla mia pelle; quando raggiunsi un'onda che mi sembrava buona, mi sollevai e, flettendo lievemente le ginocchia, mi lasciai trasportare da essa.
Però, malgrado il mio obiettivo fosse quello di svuotare la mente, la malinconia continuò a tormentarmi anche sulla tavola e sapevo che avrebbe influito negativamente sulla mia concentrazione, che in momenti come quelli era fondamentale: infatti riuscii a restare in piedi per un po' di minuti, ma quando l'onda si fece piuttosto alta e, allo stesso tempo, la mia mente venne assalita dai pensieri, mi distrassi senza volerlo e persi improvvisamente l'equilibrio, venendo travolto e sommerso dall'acqua potente e impetuosa.
Stordito, mi lasciai trascinare per un po' di metri e poi agitai le gambe e le braccia per tornare in superficie, riuscendoci dopo qualche secondo, ma, non essendomi preparato a quella caduta e non avendo preso abbastanza fiato, bevvi un bel po' e mi ritrovai a tossire e boccheggiare alla ricerca d'ossigeno.
Non feci in tempo a prendere una boccata d'aria che un'altra onda mi investì prepotentemente, ricacciandomi sotto e facendomi bere ulteriormente; lì iniziarono i problemi, perché stavolta non ce la feci a riemergere e sentivo i miei polmoni bruciare come se stessero sfrigolando sul fuoco.
Tentai di nuotare dimenandomi a più non posso, ma stavo già esaurendo le energie e, quando la mia testa uscì in superficie per quello che fu mezzo secondo, avevo già ingerito troppa acqua e non ebbi più le forze di restare a galla.
Una terza onda, anche se più piccola, mi impedì qualsiasi altro tentativo.
Vidi bianco per qualche secondo, e dopo fu buio totale.




















Salve people, I'm back :)
E con questo confermo che è finita la parte introduttiva e boring as hell (ma necessaria almeno per rendere chiara la situazione familiare di Heath).

Matt :') avrei voluto assegnargli una parte più o meno rilevante anche nelle storie precedenti, ma non ne ho mai avuto l'occasione, però qui non ho potuto fare a meno di inserirlo :') Lui è l'amico di Heath che più adoro in assoluto (naturalmente tralasciando un attimo Jake, che è un caso a parte :P) e penso proprio che d'ora in avanti ci sarà molto più spesso. 
Il pov sarà solo di Heath per tutta la storia, mi ero dimenticata di dirvelo. 

Niente, ringrazio chiunque sia arrivato fin qui e, soprattutto, vi ringrazio per la vostra pazienza, dato che non aggiornavo da più di un mese. Ci vediamo al prossimo capitolo e, credetemi, succederanno molte più cose interessanti ;)
   
 
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