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Autore: Flowrence    11/06/2015    1 recensioni
{ Manuel x Edward. }
Manuel fece un veloce cenno col capo, quindi tornò serio.
“Dopo aver finito di bere, sono andato a controllare se stessi effettivamente dormendo. Ti ho guardato: le labbra dischiuse, gli occhi chiusi, il respiro regolare.”
Si piazzò di fronte a Edward e scostò i suoi ciuffi di lato, in modo da poter vedere la sua espressione. Quest'ultimo sentì il proprio battito cardiaco accelerare a quel contatto. Alzò lo sguardo, perdendosi negli occhi di Manuel, e rimasero a contemplarsi in silenzio per un paio di minuti.
Poi, Manuel avvicinò le labbra all'orecchio dell'altro, soffiandovi dentro le parole che avrebbero messo fine al suo discorso. “E Dio, quanto eri bello.”
Genere: Erotico, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Yaoi
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Contesto generale/vago
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Manuel?
Edward si affacciò dalla porta del bagno, guardando all'interno.
Il suo migliore amico era andato in bagno ormai da una quindicina di minuti e lui, ad aspettare tutto solo all'interno del ristorante, aveva finito per annoiarsi a morte.
Un colpo di tosse confermò la presenza dell'altro.
Sì?” Il tono apparì più roco di quanto Manuel avesse voluto, quasi un gemito; Edward si corrucciò, guardando in direzione dell'origine della voce.
Tutto bene?” Chiese, mezzo stranito.
Che stesse facendo qualcosa di un po' più... perverso, del semplice “andare al bagno”?
Mh-mh.
Si sforzò di dire Manuel, senza riuscire, però, a mettere due parole una di seguito all'altra.
Ah.” E quel suono, invece, se lo fece sfuggire.
Ed Edward lo colse, pensando che, forse, fosse il caso di lasciarlo al suo piacere e di ritornare in sala, consumando quel piatto di cibo che – da un momento all'altro – sarebbe potuto essere preso da un cameriere, scambiato come “fine inconclusa del pasto”, e buttato nel cestino. O mangiato, o checché ne facessero delle pietanze gli addetti ai ristoranti.
Invece una presa lo colse allo stomaco, impedendogli di muovere i passi che lo avrebbero ricondotto nella sala – e facendolo invece avvicinare a una delle porte del bagno. Allungò una mano verso la maniglia, rimase in quella posizione per qualche istante, indeciso, poi la riabbassò.
Non era educato irrompere così, specie se in un momento imbarazzante come quello, e lui al Galateo ci teneva. Tsè. La verità era che era divenuto, d'un tratto, timido.
Fece qualche passo indietro, fino a toccare con la schiena il lavandino, sul quale si sedette. Incrociò le braccia e inclinò il capo di lato, chiedendosi per quale razza di motivo non tornasse a mangiare. Sarebbe sicuramente stato più sano. Più normale. E decisamente meglio, per entrambi.
Una parte di sé era pronta a scattare, a tornare in piedi, quasi a correre via; ma vi era una parte più forte, con la quale – come avrebbe scoperto in seguito – era impossibile lottare e ancora più improbabile vincere, che lo teneva ancorato lì sopra.
Le dita si chiusero attorno all'oggetto di marmo, afferrando il bordo del lavandino.
Quasi in trance, ascoltò i sospiri soffusi dell'altro, che ben presto si trasformarono in veri e propri ansimi e, verso la fine, in gemiti soffocati. Finché non venne. A quel punto, Edward spalancò lo sguardo, allibito: non tanto per il fatto in sé, quanto per il nome che aveva sentito mormorato dalle labbra del ragazzo. Esattamente il suo.
Non mosse un muscolo.
Solo quando sentì lo sciaquone, si ridestò improvvisamente, balzando in piedi e avvicinandosi, con rapide falcate, alla porta del bagno. O almeno quella sarebbe dovuta essere la sua destinazione; peccato che venne bloccato più o meno a metà percorso, da una mano che, seppur con gentilezza, si chiuse attorno al suo polso. Impedendogli qualsiasi movimento.
Hai... hai sentito?
Sentì chiedergli Manuel, dietro di sé.
E non si riferiva tanto ai gemiti, quanto al nome che aveva provato a sussurrare – nome che, nella sua mente, aveva letteralmente urlato.
Un solo gesto affermativo da parte di Edward servì per far calare una tensione palpabile tra i due.
Manuel si mordicchiò l'interno della guancia, riflettendo sul da farsi, rimanendo in quella posizione. I polpastrelli che ancora saggiavano la pelle morbida dell'altro.
Io...” Provò ad affermare, ma fu bloccato da Edward.
Non c'è bisogno di dire nulla. Non ti devi scusare. Non ti puoi scusare. Non avrebbe senso.
Il fanciullo benedì i suoi stessi ciuffi, che arrivavano fin sulle guance, poiché gli coprivano il volto, lasciando così Manuel all'oscuro della sua espressione: nonostante il tono fosse serio, un lieve rossore si era impossessato delle sue gote. E quello, no, non sarebbe stato in grado di giustificarlo.
Edward, ascoltami. Tu... io...
Gesticolò con la mano libera, Manuel, certo che quella era una situazione che, nel bene o nel male, andava risolta. Peccato che non guadagnò punti con quel biascicare di soggetti, rendendo invece manifesto quanto l'accaduto non avesse bisogno di scusanti. Era accaduto e basta.
Io cosa?
Stavolta il tono fu più severo, acido.
Edward diede uno strattone, liberando così il proprio polso dalla tiepida presa di Manuel, che prese a contorcersi le dita, visibilmente a disagio.
Tu” affermò, trovando finalmente le parole che stava cercando dall'inizio della loro discussione – o era forse meglio chiamarla litigata? –.
S'inumidì le labbra, poi continuò.
Il modo in cui mi guardi, quando pensi che nessun altro ti veda. Il disagio che manifesti quando qualcuno fa accenni a noi due, ma il modo in cui poi mi posi una mano sulla spalla, stringendomi a te. Il modo con cui, scherzando, ti avvicini così tanto al mio volto, che mi si mozza il respiro.”
Manuel volse lo sguardo in basso. Quanto era imbarazzante dichiarare tutto quello? Mai avrebbe immaginato di trovarsi in una situazione simile con Edward – mai avrebbe pensato di confessargli ciò che, pian piano nel tempo, era giunto a provare. Che Edward gli faceva sentire. Così vivido, così... intenso.
L'angolo sinistro delle labbra di Edward si volse verso l'alto – e non saprei più dire se si trattasse di scherno o, a propria volta, di imbarazzo. Mezzo sorriso che si tramutò in smorfia quando sentì il proprio cuore, non interpellato, mancare un battito, per esibirsi in una capriola mozzafiato.
Ci mancava solo il proprio corpo a dargli contro.
Quindi tu interpreti semplici segnali d'amicizia come indizi d'amore?
Gli chiese, alzando un sopracciglio verso l'alto.
Nel suo tentativo di apparire convincente, dovette complimentarsi con se stesso: ci stava riuscendo alla grande. A quel pensiero, l'espressione divenne compiaciuta.
Manuel si strinse nelle spalle. “No” si difese.
A me sembra proprio di sì.” Risposta ovvia, scontata. Facile. Forse per quello avrebbe ringraziato Manuel – lontano da lui, una volta solo nella propria camera.
E, considerato chiuso l'argomento – senza voltarsi indietro e senza alzare lo sguardo, che quindi rimase a vagare tra le mattonelle del bagno –, Edward s'incamminò verso la porta. Stava giusto giusto per abbassare la maniglia e tornare nella sala, quando l'affermazione di Manuel lo spiazzò.
Però ti ho sentito pronunciare il mio nome. Più volte. Nel sonno.
La mano di Edward rimase sospesa in aria. La mascella si contrasse. E gli occhi si spalancarono.
Ah, sì? E quando, di grazia?” Tentò di apparire rilassato, ma il tono fu un po' più impaurito di quanto volesse lasciar trapelare.
Quando ci siamo fermati a dormire da Natasha.” Rispose.
Poi prese un respiro profondo, e si avvicinò a passo calcolato verso Edward.
Mi ero svegliato perché avevo sete” proseguì. Tu eri sdraiato sul divano, mi ricordo che la coperta ti copriva a malapena le spalle.
Edward ebbe un brivido che, dalla nuca, si propagò lungo tutta la spina dorsale. Brivido dovuto al modo in cui Manuel carezzava quelle parole con la voce, quasi coccolandole, come fossero ricordi preziosi.
Avevo preso un bicchiere e mi stavo versando l'acqua, quando mi hai chiamato” spiegò. “All'inizio, credevo volessi chiedermi qualcosa, o non riuscissi a dormire. Quindi, ovviamente, ti ho risposto; come puoi ben immaginare, tu non hai aggiunto altro.
I passi man mano portavano Manuel a sempre più stretto contatto con Edward: un metro o forse poco più, adesso, li divideva. E non si fermava di certo, continuando ad avanzare verso l'altro. Acquistando sempre più sicurezza.
Mentre bevevo, hai continuato a pronunciarlo. 'Manuel'. Dolcemente, come una sinfonia.
Si fermò, alzò entrambe le sopracciglia verso l'alto. “Parli nel sonno, Edward?
Quest'ultimo prese un respiro profondo. Quella domanda – di cui la risposta era evidente – era riuscita a smorzare, seppur di poco, l'atmosfera tra loro; tutta quella improvvisa dolcezza gli stava facendo venire il voltastomaco. O erano forse le fatidiche farfalle, unite ad un uragano di emozioni, quelle che attanagliavano il suo ventre?
Edward si costrinse a rispondere alla domanda di Manuel, nonostante volesse solo apparire impassibile, immobile, o sprofondare dalla vergogna. “S-sì.
Manuel fece un veloce cenno col capo, quindi tornò serio. “Dopo aver finito di bere, sono andato a controllare se stessi effettivamente dormendo. Ti ho guardato: le labbra dischiuse, gli occhi chiusi, il respiro regolare.
Si piazzò di fronte a Edward e scostò i suoi ciuffi di lato, in modo da poter vedere la sua espressione. Quest'ultimo sentì il proprio battito cardiaco accelerare a quel contatto. Alzò lo sguardo, perdendosi negli occhi di Manuel, e rimasero a contemplarsi in silenzio per un paio di minuti.
Poi, Manuel avvicinò le labbra all'orecchio dell'altro, soffiandovi dentro le parole che avrebbero messo fine al suo discorso. “E Dio, quanto eri bello.
Quell'ultima frase tolse ogni freno inibitore che ancora resisteva in Edward, lasciando che così – dal suo sguardo – trapelasse quel che di malizia che aveva, in tutti i modi, tentato di reprimere. Gli occhi si fecero liquidi, caldi – e stavolta fu il turno di Manuel, quello di sussultare per un frivolo battito mancato.
Manuel posò una mano sul petto di Edward, per sapere se anche il suo cuore avesse cominciato a battere in un modo talmente forsennato, che sentiva spaccarsi la gabbia toracica; ma, quando sentì la grande mano dell'altro sopra la propria maglia, Edward retrocedette. E, quando Manuel si avvicinò nuovamente, retrocedette ancora.
Finché non andò a scontrarsi contro la porta chiusa del bagno, il che lo costrinse a fermarsi.
Le lunghe dita del maggiore si posarono agli angoli della sua testa, impedendogli così di fuggire via.
Manuel si chinò su di lui, avvicinando i loro volti in un movimento che a Edward parve quasi prepotente – ma che, dovette ammettere, in quel momento bramava più che mai.
Il fiato di Manuel sul suo viso, le sue labbra a così breve distanza, lo sguardo di Edward incapace di osservare qualcos'altro che non fosse la sua bocca.
Edward deglutì, non accennando un singolo movimento. Impietrito, in quel momento, fu il suo secondo nome.
Manuel non potè impedire che, agli angoli delle sue labbra, facesse capolino un sorriso mezzo compiaciuto e mezzo sornione. Era riuscito a fermare Edward e, adesso, la situazione si poteva chiaramente dire a suo vantaggio.
In un gesto talmente dolce che se ne stupì lui stesso, Manuel gli baciò la fronte. Poi fu il turno delle guance.
Le sue dita si erano allontanate dal legno levigato della porta, per esplorare il fisico asciutto di Edward, da sopra gli strati di stoffa – che avrebbe tanto voluto far scomparire, stracciare. Fece scendere una mano fino all'orlo della maglia e, quando questa vi si intrufolò sotto, Edward non riuscì a trattenere un sospiro.
I due cercarono contemporaneamente lo sguardo l'uno dell'altro, mentre le dita di Manuel carezzavano la pelle del ventre altrui, in movimenti cadenzati. Edward aveva contratto gli addominali, mordicchiandosi il labbro inferiore per trattenere un soffuso mugolio.
Quando Manuel interruppe bruscamente la movenza, Edward fu lì lì per riservargli un'occhiataccia. Ma, invece di ridurre gli occhi a due fessure, li spalancò quando sentì qualcosa di umido sulle labbra. Cercò il volto di Manuel, come per trovare spiegazione, e lo ritrovò irremediabilmente vicino.
Si stavano baciando.
A quella constatazione, così ovvia, a Edward si formò un nodo in gola. E si chiese per quale motivo il cuore avesse deciso di battere , e non dentro il petto, ove era il suo posto.
All'inizio immobile, decise che era pur il momento di fare qualcosa. Quindi premette le labbra su quelle altrui, pose una mano sulla sua guancia, per carezzarla in corti gesti, e chiuse gli occhi. Abbandonandosi alle premure dell'altro.
Quando Manuel si allontanò, poco dopo, a Edward nacque naturale uno sbuffo.
Il maggiore sollevò un solo angolo delle labbra verso l'alto, un sorriso sghembo gli illuminò il viso. “Allora, hai intenzione di aiutarmi con questa fastidiosissima sensazione qui”, e lo sguardo cadde sui suoi jeans, attraverso i quali si poteva chiaramente vedere una sporgenza, “o devo sbrigarmela da solo?
Edward si mordicchiò il labbro inferiore, spostando lo sguardo dagli occhi di Manuel alla sua erezione. “Uhm, non so... certo, è un grande dubbio, a cui non saprei proprio”, e proprio sul penultimo termine allungò una mano sui jeans, stringendo la stoffa rigonfia e facendo sussultare Manuel, “rispondere.

   
 
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