Storie originali > Storico
Ricorda la storia  |      
Autore: DanielaRegnard    11/06/2015    1 recensioni
Durante i miei studi mi capitò di leggere un carme di Catullo, che recitava, se la memoria non mi inganna, così: Mi sembra che sia pari ad un dio, se è lecito che superi gli dei, colui che, sedendoti di fronte, continuamente ti guarda e ti ascolta mentre sorridi dolcemente.
Eppure adesso io non sono d’accordo con Catullo, ahimè. Adesso, vedendo un altro uomo sedere accanto alla donna che per anni è stata mia madre, mia amica e la mia amante di certo egli non mi sembra simile ad un dio, niente affatto. Io ho creduto di essere superiore agli dei in felicità, quando lei era mia; adesso tutta la felicità, tutte le speranze, ogni mia gioia mi è stata portata via da questo ragazzo. Giorni fa mi sentivo l’uomo più fortunato del mondo, il più beato, il più felice: adesso mi sento infelicissimo, incapace di provare sentimenti che non siano la malinconia o il rimpianto.
[Il protagonista della storia, nonché voce narrante, è Jean-Jacques Rousseau; dal Sesto Libro delle Confessioni.]
Genere: Angst, Introspettivo | Stato: completa
Tipo di coppia: Het
Note: Missing Moments | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Epoca moderna (1492/1789)
Per recensire esegui il login o registrati.
Dimensione del testo A A A
Premessa: 
come ho già scritto, il protagonista e la vocenarrante è Jean-Jacques Rousseau. Nelle Confessioni, sesto libro, racconta di quanto, dopo essere tornato a casa dopo un viaggio, trova la donna che amava (che lui chiamava Mamma) in compagnia di un altro uomo. Lei lo sostituì, mentre Jean-Jacques era in viaggio per delle visite mediche. Tuttavia per leggere la storia non serve affatto avere letto le Confessioni o conoscere la vita di Rousseau, i riferimenti sono pochi o nessuno. Spero possiate gradire 'sta cosa felicissima (?), buona lettura.


Ille mi par esse deo videtur 


Durante i miei studi, le mie mattine trascorse chino su libri di letteratura, di geometria o di diritto, mi capitò di leggere un Carme latino di un poeta, mi sembra, molto noto, Catullo. Successivamente lessi altre sue poesie, sia per personale interesse sia per mettermi di pari passo, dal punto di vista culturale, con i tanti letterati del mio tempo che si vantano di conoscere bene Cicerone, Tacito e altri grandi autori latini.
Amavo la poesia, la amai fin da giovane quando, la notte, leggevo passi insieme a mio padre. Amavo l’immedesimazione, l’empatia che certi scrittori riuscivano a suscitare nel mio cuore. Amavo la malinconia, la lenta eppure dolce agonia generata dal leggere degli amori, delle imprese, delle disgrazie altrui, e amavo quella strana sensazione che nasceva in me quando mi rendevo conto di stare patendo le stesse sofferenze che quei grandi uomini avevano sentito in vita. Chi è che, in cuor suo, non è stato sollevato dalla consapevolezza di non essere l’unico a soffrire queste pene? Chi è che, anche solo per un breve attimo, non si è sentito meglio leggendo delle disgrazie di altri uomini analoghe alle proprie?
Interrogate qualsiasi lettore sulla terra, vi risponderanno tutti la stessa cosa in proposito. La verità è una, credo; l’essere umano ha bisogno di sapere che non è solo nel suo dolore, ha bisogno di sapere che almeno un altro uomo, in tutto lo spazio e il tempo, ha sentito lo stesso dolore nel cuore, la stessa disperazione, che sta sentendo lui.
Durante i miei studi mi capitò di leggere un carme di Catullo, che recitava, se la memoria non mi inganna, così:  Mi sembra che sia pari ad un dio, se è lecito che superi gli dei, colui che, sedendoti di fronte, continuamente ti guarda e ti ascolta mentre sorridi dolcemente. Eppure adesso io non sono d’accordo con Catullo, ahimè. Adesso, vedendo un altro uomo –ragazzo, perché uomo di certo non lo è– sedere accanto alla donna che per anni è stata mia madre, mia amica e la mia amante, vedendo questo biondino, di certo egli non mi sembra simile ad un dio, niente affatto. Io ho creduto di essere superiore agli dei in felicità, quando lei era mia; adesso tutta la felicità, tutte le speranze, ogni mia gioia mi è stata portata via da questo ragazzo. Giorni fa mi sentivo l’uomo più fortunato del mondo, il più beato, il più felice: adesso mi sento infelicissimo, incapace di provare sentimenti che non siano la malinconia o il rimpianto.
Avevamo tutto, ieri. Potevamo avere tutto, oggi non ho più niente. Nonostante tutto vengo da te, ti imploro, piango dinnanzi a te e quante, quante volte, mamma, ho pianto insieme a te? E quante volte tu mi hai consolato, chiamandomi piccolo, accarezzandomi gentilmente, promettendomi che sarebbe andato tutto bene? Molte, che io ricordi. E adesso, perché no? Cosa è cambiato, adesso, per cui ti vedo così fredda nei miei confronti? Una volta mi sembrò che tu non potessi vivere senza di me, adesso io potrei stare lontano per decine e decine di giorni, e tu non sentiresti la mia mancanza. No, non la sentiresti, così come non senti il raffreddamento tra noi, semplicemente perché l’hai voluto, l’hai desiderato, e ti sei separata da me senza avvisarmi. Ieri mi amavi, oggi non conto più nulla.  
Mi dici che continuerai ad amarmi, mi dici che non importa se adesso c’è quel ragazzo fra noi. Mi dici che devo solo abituarmi al cambiamento, che devo prendermi qualche giorno di riposo in solitudine… Mi dici tante, troppe cose, cose che non riuscirò a mettere in pratica, o forse che non voglio mettere in pratica.
Perché se devo vedere i rapporti raffreddarsi preferisco stroncarli.
Perché se devo vederti essere felice con qualcun altro, e vedere questo qualcun altro ridere al posto mio accanto a te, preferisco andarmene, affinché il mio cuore non si spezzi ancora.
Io sono tra le persone che temono più il raffreddamento dei rapporti che il rompersi definitivo, e proprio a causa di questi raffreddamenti spesso sono io a favorirne il rompersi.
E va bene così? Non lo so, non l’ho mai saputo, non voglio saperlo. Io voglio solo stare bene, ma sembra che non sia possibile in questa vita, o sbaglio? La verità è questa, ed è una sola: l’amore è finito, l’affetto si è raffreddato e gradualmente, dolorosamente, svanirà, e le mie lacrime o il mio sangue non miglioreranno questa situazione. Disperarmi non mi farà soffrire meno, non salverà questi sentimenti, questo legame.
Ho provato, ho provato così tanto, mi sono sforzato oltre i limiti, ho provato con tutto il cuore, e ho pregato, eppure sembra che niente abbia avuto senso. Avevi il mio cuore, avevi lamia anima, avevi tutto il mio essere, e hai scelto lui e non me. E quello che è peggio, stai dando a me la colpa di questo allontanamento. Mamma, madame, ahimè, non ho scelto io di soffrire così tanto, perché se avessi potuto scegliere, davvero, l’avrei evitato. Non ho scelto io di farti perdere la testa per quel giovane, se avessi potuto avrei evitato anche questo, perché so che ti farà solo soffrire. E io non ci sarò.
Non ci sarò perché vedere ciò che un giorno mi rendeva felice adesso mi lacera il cuore e l’anima, e continuare a stare qui con te, in questa casa, mi farebbe diventare in breve tempo un cadavere ambulante, un essere che troppo ha sofferto per continuare a sentire qualcosa.
Avevo deciso di vivere per te, volevo dedicare la mia esistenza al far stare bene te, che sei sempre nei miei pensieri, e tu sai, per Dio, sai quanto ho provato a renderti felice. Eppure hai scelto lui. Lo rispetto, rispetto questa scelta, certamente, tuttavia non riesco a comprenderla. Non la comprendo e non mi interessa farlo, perché credo che, capendo, soffrirei ancora di più. Preferisco restare ignorante, fingere di non sapere che cosa ho fatto di sbagliato; e soprattutto preferisco andare via da te.
Catullo, infelicissimo, scrisse: l’ozio ha mandato in rovina re e città un tempo felici.
L’ozio, Catullo? No, non sono affatto d’accordo. Non è l’ozio, poeta, a mandare in rovina, a distruggere, a straziare.
Non è l’ozio, è l’amore.
 
  
Leggi le 1 recensioni
Ricorda la storia  |       |  Torna su
Cosa pensi della storia?
Per recensire esegui il login oppure registrati.
Torna indietro / Vai alla categoria: Storie originali > Storico / Vai alla pagina dell'autore: DanielaRegnard