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Autore: Arianna Dieci    14/06/2015    0 recensioni
"...davvero qualcuno lo avrebbero ucciso per timore della concorrenza che faceva? Se c’era una cosa che Dave aveva imparato col tempo era che le persone fanno di tutto per i loro scopi."
Dave Reth Macbeth è il migliore detective di Galsgow ma due omicidi sembrano diversi dal solito, apparentemente perfetti. Ma tutti possono sbagliare.
Genere: Mistero | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het
Note: Otherverse | Avvertimenti: Tematiche delicate, Violenza
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Era l’alba, il sole stava riscaldando con i suoi primi raggi tutta Glasgow. Nonostante Dave Reth Macbeth vivesse lì da più di vent’anni, quello spettacolo lo affascinava ogni volta, era l’unica cosa  emozionante della giornata. Ogni mattina si sedeva sulla sua vecchia poltrona in pelle, con una tazza di the fumante in mano e ammirava lo spettacolo attraverso la grande vetrata del suo salotto. Quella mattina però sentì dei rumori diversi dal solito: passi per le scale del condominio, voci emozionate e di certo non inglesi. Dave sapeva che la signora Walker aveva affittato ad una famiglia il suo appartamento, ma aveva dato per scontato che fossero del Regno Unito anche loro. E invece dalle voci sembravano provenire dall’ Europa Meridionale, Spagna o Italia. Cercando di non far rumore, andò alla porta e guardò attraverso lo spioncino: erano loro, i genitori con i due bambini in braccio. La madre stava cercando di aprire la porta sorreggendo il figlio  addormentato e con il trolley appoggiato al muro; dopo aver tentato più volte di inserire la chiave nella serratura, riuscì ad aprire la porta ed entrò con il marito. Dalle sue prime impressioni gli sembravano una coppia felice e solare, ragazzini ingenui, sposati da poco a giudicare dall’età; Dave si promise di fare amicizia con loro, magari invitandoli a cena, quindi si preparò per andare a lavoro e uscì di casa. Nella serratura dei neo vicini, a conferma delle sue ipotesi, c’erano ancora le chiavi. Scuotendo la testa, scese giù per la rampa di scale rapidamente, con il cappotto lungo fino alle ginocchia che svolazzava leggermente ad ogni suo passo. Nel mentre si dirigeva verso la sua macchina pensò a cosa doveva fare quel giorno: andare in ufficio, compilare noiose scartoffie e, per finire, interrogare diversi sospettati per due omicidi che gli erano stati affidati. Quei casi lo stavano tormentando da giorni ormai: morti identiche, nessuna traccia, nessuna impronta del colpevole (o i colpevoli, per quanto ne sapeva), nessun legame tra le due vittime. Eppure erano opera dello stesso assassino, Dave se lo sentiva e lui era probabilmente il miglior detective di tutta Glasgow. Guidò nel traffico mattutino della città e finalmente arrivò a lavoro. Era ancora immerso nei suoi pensieri quando urtò per sbaglio qualcuno che veniva dalla parte opposta
<< oh scusi, detective Macbeth, la stavo cercando >> era Bob Adams, un ometto di cinquant’anni circa con radi capelli neri che lavorava in obitorio, perennemente agitato come se uno dei suoi morti gli avesse parlato  
<< si figuri, mi dica dottor Adams >> Dave rispose nel tono più cordiale possibile per cercare di farlo sentire a suo agio “altrimenti se si agita, si mette a balbettare per ore prima di arrivare al punto” pensò
<< ho- ho trovato una co-cosa in-interessante! Per i suoi du-due casi >> “come non detto”. Dave non si era mai spiegato perché la gente vicino a lui si sentiva a disagio: era forse per il suo carattere brusco? O per le sopracciglia perennemente corrugate che gli conferivano un’aria seria e pensierosa? Ad ogni modo, il dottor Adams lo guidò nel labirinto di corridoi dell’edificio fino ad arrivare all’obitorio dove i due corpi erano stesi su dei ripiani in metallo, coperti solo da un lenzuolo bianco. Sui loro piedi che sporgevano oltre i tavolini, era attaccata una targhetta per identificarli
<< ho trovato un segno identico su entrambi i corpi, fatto certamente dopo la morte. Vede qui, dietro l’orecchio sinistro, questa specie di “più”? È stato impresso nella pelle con un oggetto incandescente, probabilmente l’assassino quando lo ha ucciso si è avvicinato al corpo e ha stampato questo simbolo >> disse Bob, emozionato dalla sua stessa scoperta a tal punto da dimenticarsi di essere spaventato da Dave, il quale, nel frattempo, si era infilato i guanti usa-e-getta per esaminare il primo corpo  << anche qui è presente>> disse indicando il secondo  << stesso punto, sessa tecnica, stesso stampo>>
<< cosa vuole dire ciò? >> chiese Dave, più confuso di prima << li ha voluti marchiare con il fuoco come se fossero animali per dire “questi sono miei, li ho uccisi io”? oppure è la sua firma? >> la sua seconda ipotesi gli sembrava la più probabile
<< l’ho pensato anche io, ma chi usa come firma un simbolo algebrico?>>
<< probabilmente un matematico >> borbottò sarcasticamente  Dave, forse più a se stesso che come vera risposta
<< ah ah signore lei è veramente divertente! >> disse l’agitato ometto divertito. Dave non lo aveva mai sentito ridere e, stupito, si girò a guardarlo ma la sua occhiata lo terrorizzò a tal punto da fargli abbassare gli occhi. “Santo cielo, non hai più cinque anni, perché sei qui se hai paura perfino dei tuoi morti?” Dave decise di lasciar perdere e, con la lente d’ingrandimento, analizzò il marchio. Si erano sbagliati, non era il simbolo della somma, bensì rappresentava una croce: perché fare una croce? Prese il cellulare e scattò delle foto ai segni per poterli  riguardare in ufficio e salutò cordialmente il medico legale, stando attento a fare anche un sorriso per tranquillizzarlo. Fortunatamente funzionò.
Terminata tutta la burocrazia, fece stampare le foto che aveva fatto ai corpi e le attaccò con delle  puntine alla parete di sughero dove si trovava la mappa di Glasgow. In corrispondenza della zona industriale e di uno squallido vicolo ai margini della città (i luoghi dove erano stati trovati rispettivamente Elfred de Groot e Esmund Benson) partivano delle frecce rosse che collegavano le informazioni degli omicidi alle relative scene del crimine. Terminato il tutto fece un passo indietro per poter ammirare il quadro generale della situazione:
<< “Esmund Benson morto il 17 Ottobre, disoccupato, denunciato per pedofilia e stupro su minorenne, assolto dal processo. Ucciso verso mezzanotte, probabilmente con un fucile da cecchino, il proiettile non è stato ritrovato, ha perforato da parte a parte il corpo. Identificato dai suoi stessi documenti posizionati, probabilmente dall’assassino, sotto la maglietta, in corrispondenza del cuore. Chiamata anonima sul luogo dell’incidente da un telefono pubblico. Il vicolo non aveva telecamere di sorveglianza. Nella zona non c’è traccia alcuna, solo quelle del signor Benson ” >>  lesse dal fascicolo << “sospettati: padre della ragazza stuprata” >> segnò sul suo bloc-notes l’indirizzo della famiglia Young  e continuò con il secondo omicidio << “Elfred de Groot, ricco imprenditore olandese, in viaggio d’affari a Glasgow, ucciso a mezzanotte probabilmente con la stessa arma del primo, anche in questo caso il proiettile non è stato trovato. Identificato allo stesso modo, anche qui è stata avvertita la polizia da un telefono pubblico e il punto dove è avvenuto l’omicidio è un punto cieco per le telecamere di  sorveglianza. Nessuna traccia. Sospettati: Garrett Shaw, imprenditore di un’altra multinazionale”>> segnò anche il secondo indirizzo, un po’ pensieroso: qual era il legame tra i due casi? E davvero qualcuno avrebbe ucciso un avversario per timore della concorrenza?  Se c’era una cosa che Dave aveva imparato col tempo era che le persone fanno di tutto per i loro scopi.
La prima persona che decise di interrogare era Garrett Shaw, un uomo con i capelli neri con qualche spruzzata di grigio qua e là che gli conferiva un aspetto attraente. Era un uomo molto elegante, dal portamento fiero, abbastanza giovane per essere un pezzo grosso dell’imprenditoria inglese. La sua segretaria (la signorina Rosanne), una ragazza molto carina con i capelli biondi e il nasino all’insù, accompagnò Dave nell’ufficio del suo superiore, bussando delicatamente alla porta di vetro opacizzato. Il signor Garrett era molto educato e fece accomodare Dave su una scomoda sedia nera, in tinta con l’arredamento moderno di tutto lo studio
<< le prometto che le porterò via poco tempo signor Shaw >> gli assicurò Dave
<< si figuri detective Macbeth, sono a sua disposizione >> disse Garrett sorridendo educatamente
<< allora, volevo farle alcune domande riguardo l’omicidio del signor Elfred de Groot >> Dave fece una piccola pausa per studiare le reazioni dell’imprenditore il quale non fece trapelare alcuna emozione << lo conosceva?>>
<< ne avevo sentito parlare, era molto famoso. Gli avevo proposto di unirsi a me e i miei soci ma, beh, non so se sa cosa è successo dopo…>> Dave se lo ricordava: de Groot aveva per così dire umiliato la concorrenza lanciando nuovi prodotti che avevano avuto un successo internazionale, abbassando drasticamente le loro entrate.
<< sì me lo ricordo… lei cosa stava facendo la notte del 23 Dicembre?>>
<> Dave prendeva appunti frettolosamente su un bloc-notes, cercando di scrivere in modo comprensibile, appoggiato sulle sue ginocchia << c’erano testimoni con lei quella sera? >>
<< sì, la mia segretaria, era un po’in pensiero per me e doveva portarmi…un lavoro >> Dave decise di non indagare sulla vita privata di Shaw ma gli chiese anche cosa aveva fatto il 17 Ottobre, per essere sicuro che egli non avesse legami diretti con l’omicidio di Esmund Benson. L’imprenditore gli rispose che era all’estero e gli mostrò i biglietti del volo. Il detective lo sottopose a poche altre domande, dunque se ne andò.
Nell’uscire passò davanti alla scrivania della segretaria e la guardò; lei, sentendosi osservata, alzò lo sguardo e gli sorrise << posso fare qualcosa per lei detective?>> 
<< si grazie: il 23 febbraio fino a che ora è stata dal suo capo?>> la ragazza avvampò e si affrettò a rispondere << verso mezzanotte, poi sono tornata a casa. Abito ancora con i miei genitori, loro possono confermarlo >>
<< va bene grazie mille signorina >> “la signorina Rosanne non sa mentire come il suo superiore” pensò.
Dave salì in macchina e guardò gli appunti: Shaw era l’unico sospettato tra i suoi colleghi proprio perché si era allontanato dalla comitiva presto, la notte del 23 Dicembre. Infatti, era risaputo che quel giorno ci sarebbe stato un party a cui gli altri imprenditori avevano partecipato (erano state scattate molte foto dai paparazzi), per questo Dave aveva ritenuto di non doverli interrogare, avevano tutti un alibi. Tuttavia l’istinto diceva a Dave che Shaw non era del tutto innocente.
Scese dalla macchina dopo aver guidato per quasi mezz’ora: la casa della famiglia Young era dalla parte opposta rispetto l’ufficio del signor Shaw. Bussò ad una graziosa porta in legno tinta di verde e attese. Aprì la porta il signor Young << posso fare qualcosa per lei signore?>>
<< sono il detective Macbeth >> Dave mostrò il suo distintivo << sto indagando sull’omicidio di Esmund Benson, posso farle qualche domanda? >> Darrel Young, il padre della ragazza stuprata da Benson, lo fece accomodare. Gli preparò il te e lo fece sedere sul divano, vicino ad un grosso gatto bianco e nero il quale, non appena Dave lo accarezzò, gli saltò addosso facendo le fusa.
<< quindi…indaga sulla morte di quel bastardo. Spero non mi giudichi male se non sono triste per la sua scomparsa >>
<< no si figuri, io sono l’ultima persona che si potrebbe permettere di giudicare gli altri senza conoscerli. E credo che anche io nella sua posizione mi comporterei allo stesso modo. Dunque, lei cosa stava facendo la notte del 17 Ottobre?>>
<< uhm se non erro ero a casa dei miei genitori insieme a mia figlia per festeggiare il compleanno di mia madre >> consultò un calendario appeso alla parete: accanto a  tale data, era scritto in rosso “compleanno nonna”.
“ e così anche lui ha un alibi. Dannazione” << posso parlare anche con sua figlia? >> la ragazza in questione si chiamava Kassy ed era una ragazzina di 14 anni molto graziosa ma dallo sguardo triste. Timidamente si sedette al posto del padre (il quale nel frattempo era andato in cucina per lasciarli soli)  e lo guardò, noncurante del fatto che i lunghi capelli castani le coprissero parzialmente gli occhi
<< allora Kassy, come stai? >>le chiese in tono cordiale
<< bene signore>> si limitò a rispondere con una vocina flebile
<< quanti anni ha compiuto tua nonna? >> chiese Dave per cercare di iniziare l’interrogatorio in modo leggero
<< novanta. Però è molto forte per la sua età >>
<< dove avete festeggiato? >>
<< a casa sua, il 17 Ottobre. C’eravamo tutti: noi nipoti e i suoi figli >>“si fida di me, bene”
<< papà è sempre stato con voi, vero? >>
<< sì, non si è mai allontanato >>
<< è sempre vicino a te papà giusto? Si è mai allontanato per tanto tempo? >> a Dave era venuta in mente un’idea. Kassy parve pensarci un po’
<< sì una volta, qualche giorno prima del compleanno della nonna, mi sembra. Però era andato al centro commerciale, anche se non aveva comprato molto >> “bingo”.
Salutò padre e figlia e si avviò in macchina nel suo ufficio. Era quasi pranzo ma doveva fare rapporto quindi prese un sandwich e lo mangiò strada facendo.
 Giunto in ufficio, come prima cosa scrisse le domande che avrebbe fatto al signor Shaw il giorno seguente: se erano colpevoli, o lui o la sua segretaria avrebbero ceduto alle insistenti visite del detective. E così anche il padre di Kassy Young, ma sarebbe andato da lui dopo due giorni, prima doveva chiamare tutti i suoi familiari (di cui si era fatto dare il numero) per convalidare l’alibi. La pressione psicologica era il suo cavallo di battaglia, l’arma che Dave preferiva usare perché efficace e diretta.
Dai due interrogatori Dave era solo riuscito a farsi un’idea generale della situazione e si era già presentato un piccolo intoppo:  se l’assassino era in comune tra quei due casi, che legame c’era tra Darrel Young, Garrett Shaw e le vittime? Come era possibile che due persone si trovassero in due luoghi diversi (e molto distanti) allo stesso tempo? La risposta a quest’ultima domanda sorse velocemente, come se fosse sempre stata lì nella sua mente, ma intrappolata da qualcosa. Ora che aveva rimosso quel qualcosa, la risposta si era liberata in volo e gli si era posta davanti agli occhi, chiara come la luce del sole: un sicario. I due si erano creati un alibi per quella sera affidando il compito di uccidere le vittime ad un complice. E questo rispondeva anche alla prima domanda: quel complice era il loro punto in comune.
 
   
 
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