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Autore: P h o e    16/06/2015    11 recensioni
Cross-over | M e r i c c u p
Sono passati quattro anni da quando la storia dell'orso Mor'du aveva sconvolto l'intero Dumbrok e coinvolto la regina Elinor.
Merida è finalmente libera di intraprendere la strada che più desidera, senza l'impegno di matrimoni o fidanzamenti di alcun genere.
Ma la storia si ripete come un terribile incubo quando Elinor consegna alla figlia una proposta di matrimonio da parte di un ricco nobile che promette prosperità al Regno in cambio della mano della principessa.
Cosa succederebbe se Merida venisse guidata, invece, da un destino completamente differente?
E se quel destino la portasse proprio da un Drago nero come la notte?
Genere: Avventura, Fantasy, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Altri, Hiccup Horrendous Haddock III, Merida
Note: Cross-over | Avvertimenti: nessuno
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Under the clouds
Chapter XXII: The war is coming.

 






 
L'accogliente tepore che il caminetto emanava, riscaldando l'aria circostante in quella piccola stanza, bastò alla principessa per farla sentire al caldo.
Ormai riposava da quella stessa notte, in cui era svenuta e Hiccup l'aveva riportata a Berk, perché fosse abbastanza al sicuro da ciò che aveva visto in poche ore nelle quali era stato a Dumbrok. Si trovava ancora in parte fuori da quella storia, andare nel suo regno per delle spiegazioni aveva impedito un evento catastrofico, che Merida aveva cercato di evitare in tutti i modi, perfino scappando.
Ma una parte di Hiccup sapeva bene quanto la principessa fosse forzata da tutta questa storia, che gli era stata raccontata a grandi linee.
Merida aprì lentamente un occhio, cominciando a mettere a fuoco, ormai era pomeriggio inoltrato e, anzi, il cielo cominciava a scurirsi e minacciava un bel temporale. Sbatté più volte le palpebre e tentò di spostarsi, un lancinante dolore al fianco sembrava che volesse costringerla a stare sdraiata. 
Cosa giusta, probabilmente.
Ma vi era qualcos altro che portò la principessa e non muoversi.
La mano di Hiccup era stretta appoggiata al suo polso e lui stava riposando beatamente, seduto, con la testa appoggiata al letto. Aveva ancora l'armatura addosso e Merida pensò che fosse veramente scomoda per potersi piegare.
Ma non si mosse, non aveva intenzione di svegliarlo. Rimase semplicemente a fissare i suoi tratti delicati, quasi sconosciuti alle sue origini, distesi serenamente in quello che aveva tutta l'aria di essere un bel sogno.
Lo contemplò per qualche istante, indecisa se allungare la mano per accarezzargli i capelli, in quel momento le sembrarono così morbidi che reprimere quell'istinto fu impossibile.
Lasciò, quindi, scivolare le dita attraverso quei ciuffi castani e setosi, come nemmeno la più pregiata delle stoffe poteva essere.
Gli sfiorò una treccina e si fermò, quando la mano quasi non incontrò la sua guancia. Avrebbe sicuramente rischiato di svegliarlo, se solo lui non si fosse già - effettivamente svegliato - e non la stesse osservando con un occhio aperto e uno chiuso.
Il viso di Merida assunse un colorito quasi pari a quello dei suoi capelli, solo con una tonalità tendente al viola e fu quasi sul punto di ritirare la mano, dopotutto non erano così in confidenza - anche se lei riusciva a riporre gran parte della sua fiducia in lui -, ed Hiccup non fece nulla per impedire che la rimuovesse, non la forzò, però la frase che gli uscì suonò molto come un supplica.
«Continua».
E Merida si ritrovò a chiudere gli occhi, assottigliando le labbra, come se si stesse trattenendo.
Era così felice di essere a Berk e non nel suo letto a Dumbrok, sapendo che da un momento all'altro sarebbe dovuta tornare all'altare. O almeno ciò che ne restava. 
Era tutto così diverso, pensò mentre osservava Hiccup e lo metteva a confronto con Norman;
Norman era come una catastrofe, una disgrazia capitata a lei e al suo regno che non si sarebbe levata di torno tanto facilmente, mentre Hiccup era... Be', Hiccup era il suo eroe, lo era sempre stato. Era come se lo conoscesse da una vita, poiché riusciva a fidarsi di lui ciecamente.
Si sedette con la schiena dritta contro la testiera in legno del letto e voltò lo sguardo, non riuscendo a soddisfare la richiesta di Hiccup che l'aveva pregata di continuare. Benché conoscesse perfettamente ciò che appesantiva il suo cuore, ciò che provava per lui, non poteva permettere che quel sentimento germogliasse, loro erano... Diversi.
O meglio, le loro tradizioni lo erano. Non poteva funzionare.
«Grazie...» mormorò, voltandosi verso di lui quando sentii il materasso abbassarsi sotto il peso di Hiccup che si sedeva, «Se non fossi arrivato tu a quest'ora io sarei... Be', lo sai.»
Hiccup abbassò lo sguardo verso il lenzuolo, mordendosi un labbro nervosamente. Merida gli aveva spiegato i motivi del suo abbandono, ma ancora non gli erano chiare alcune questioni.
«Hiccup» la sua voce lo costrinse e destarsi dai suoi pensieri, Merida lo fissava con uno sguardo supplichevole e una punta di disperazione nel tono di voce fece trasparire quanto fosse preoccupata, «Io devo tornare nel mio regno»
Quelle parole colpirono il vichingo più di quanto non avesse fatto un fendente di spada. Tutto si aspettava che dicesse, ma non di riportarla in quella specie di inferno e / nonostante fosse chiaro come il sole che non era ciò che lei voleva / non poté fare a meno di esserne stupito.
Merida lo fissò, trattenendo a stento le lacrime e tirando indentro la bocca. Non era stata per nulla convincente, ma non poteva spiegargli che lui e tutto il suo villaggio, tutti gli abitanti di Berk avrebbero fatto meglio a rimanere fuori da quella storia. 
Lei non se ne sarebbe mai resa conto, ma sua madre sì. Le avrebbe sicuramente fatto i complimenti per quanto era maturata, ora pensava come una regina: Pensava al popolo prima di sé stessa e questo era un pensiero che le faceva onore.
Ma non tutti erano disponibili a sacrificare la "regina".
«No» sentenziò Hiccup, secco e gelido.
Merida sussultò leggermente, non aspettandosi quella risposta da parte sua, «Scusa?»
«Mi hai sentito, non posso lasciartelo fare» ripeté, scatenando / se possibile / ancor di più l'incredulità di Merida. Sembrava molto più inflessibile di quanto non fosse mai stata sua madre, nelle occasioni in cui le impediva di svagarsi troppo dai suoi studi.
Ma Merida non era disposta a vedere Berk in fiamme, a vedere il popolo di Hiccup messo in ginocchio.
«Non dormi che anche tu adesso mi tieni in ostaggio, io devo tornare a Dumbrok!» marcò bene il suo dovere e si rese conto di quanto il suo tono di voce fosse cambiato, ora entrambi erano quasi sul punto di urlarsi contro.
Hiccup si alzò, portandosi una mano tra i capelli e sbuffando, come se tutta quella faccenda lo stesse esasperando e Merida si sentii enormemente responsabile di tutto quello che stava succedendo. Se solo quel giorno non fosse scappata...
«Mi stai ascoltando? Se non hai intenzione di riportarmi là, me la caverò da sola, avrò solo bisogno di una barca e» 
«Non importa come ci andrai, non ti lascerò tornare da quel pazzo!» la interruppe Hiccup, iniziando a gesticolare come faceva quando era agitato.
Se fosse stato per lui, avrebbe risolto la questione provando a  parlarne, ma da quanto aveva visto non c'era modo di parlare con uno come Norman. Vedere il terrore negli occhi di Merida, mentre gliene parlava, aveva capito a cosa sarebbe arrivato a fare pur di ottenere ciò che voleva. Ma non voleva Merida / probabilmente la voleva morta / voleva Dumbrok e avrebbe fatto piazza pulita pur di regnare.
Non voleva arrivare ad una guerra, specie se era coinvolta Berk, ma non voleva nemmeno lasciare che Merida sposasse una persona del genere.
«Non puoi dirmi cosa fare, non sei mia madre!» contrattaccò Merida, non riuscendo ancora ad alzarsi a causa del dolore al fianco.
«Ma hai visto cosa ti ha fatto?! Credi di sopravvivere cinque minuti di fianco a lui?»
«Sono affari miei!»
Hiccup sbuffò, non volendo mandar giù il fatto che lei non volesse farsi aiutare. Si vedeva lontano un miglio che non era ciò che voleva e / anche se nessuno poteva avere ciò che voleva nella vita / lei non poteva lasciarsi andare ad un simile destino, anche se l'avesse fatto per il suo regno.
«Perché non vuoi che ti aiuti?!»
«Perché non posso lasciare che ti succeda qualcosa!» Merida urlò, sfogando tutte le lacrime represse da molto tempo. Quell'urlo zittii Hiccup, non tanto per il tono di voce che lei aveva usato, ma per ciò che aveva detto.
Non aveva usato il plurale, riferendosi a Berk, si era riferita solo a lui e questo portò Hiccup ad un sacco di conclusioni. Ora compredeva tutti i comportamenti di Merida nei suoi confronti.
Se fosse stato un codardo, probabilmente l'avrebbe lasciata in balia del suo destino / come inizialmente credeva che si meritasse / ma lui combatteva esattamente per la stessa ragione ed ora che sapeva che Merida faceva lo stesso, pensò che avrebbe rischiato tutto per lei.
E si rese conto di quanto fosse distante Astrid in quel momento, vedeva solo Merida. I ruoli si erano invertiti, quella che prima considerava come una sorella era diventata... Be', la persona per cui combattere.
I lati della bocca di Hiccup si distesero, subito dopo il silenzio che piombò nella stanza, Merida teneva lo sguardo fisso nei suoi occhi. L'azzurro si mischiava col verde, come a diventare un unico colore.
«Stiamo discutendo sulle stesse ragioni per cui combattiamo» le spiegò Hiccup, questa volta con un tono più tranquillo e rilassato, «Tu lo fai per me, io lo faccio per te».
Il viso di Merida si contrasse in un'espressione disperata, per tutto quello che stava succedendo, pensava davvero che a breve avrebbe mollato tutto perché non avrebbe sopportato il peso di una guerra dove i loro popoli si massacravano. Era come vedere lei che combatteva contro Hiccup.
La sua voce si spezzò e tentò di asciugarsi le lacrime che scendevano ormai copiose sulle guance rotonde della principessa.
«Io non voglio portarmi questo peso sulla coscienza» sussurrò, quasi a corto di energie, «Ti prego...»
Potevano metterci giorni o settimane a giungere a Berk, ma in ogni caso sarebbe scoppiata una guerra.
Hiccup inclinò il capo, «Ci credi così deboli? Ricorda che noi abbiamo i draghi» allungò una mano verso Merida e le sorrise sinceramente, in quel modo in cui Norman non avrebbe mai potuto fare.
Quella era la loro alleanza, pensò mentre avvicinava il suo palmo a quello di Hiccup.
Prima che, però, potesse stringergli la mano, qualcuno bussò alla finestra con insistenza, interrompendoli.
Hiccup guardò Merida, che alzò le spalle come a dire: "Aspetti qualcuno?" ma lui in tutta risposta scosse il capo, avvicinandosi alla finestra e aprendola.
Era Gambe di Pesce che / tutto affannato / saltellava agitato, come se dovesse correre urgentemente in bagno.
«Hiccup! Oh, per tutti i draghi!» sbottò affannato, aggrappandosi al davanzale in legno e avvicinando il faccione a quello di Hiccup.
«Ehy, calmati... Che succede?» 
Gambe di pesce riprese fiato, sembrava che avesse corso per tutta Berk per dieci volte e tutti sapevano che Gambe di Pesce non era proprio il tipo da corse. 
«Loro... Noi... Qui»
«Puoi per favore cercare di spiegarti meglio? Così non si capisce niente!» domandò Hiccup esasperato, protendendo le mani in avanti come a sottolineare la richiesta.
Gambe di pesce deglutii e parlò dopo qualche secondo, «Una famiglia di tagliaboschi si è spostata e sono andato a controllare, visto che sapevo perfettamente che il loro nido era lì da un pezzo e... Ho visto un esercito avanzare, stanno venendo qui, Hiccup!»
Hiccup respirò a fondo, come per mantenere la calma e voltò lentamente la testa verso Merida, che aveva sentito tutto, fin troppo bene.




 
 

Nota autrice:
E' quasi un anno che non aggiorno e chiedere scusa probabilmente non farebber altro che aumentare tutti i pomodori che mi merito addosso.
Mi dispiace sul serio, proverò ad essere più equilibrata con gli aggiornamenti ora che è estate.
Grazie mille per tutti quelli che recensiranno e che hanno recensito, siamo quasi alla fine della fan fiction.
Bye!




 
  
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