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Autore: Red Robin    11/01/2009    5 recensioni
Solo…
Ecco cosa sono.
Guardo il solo levarsi in alto giorno per giorno.
La luce che rispende sempre come non mai…
Ma per me quella luce è priva di significato…
Di calore.
È un sole che non mi arriva in dosso seppure provo a toccarlo.
OK! Allora sarò sincero... non è la mia prima FF, lo è solo su Saiyuki. Solitamente non vago in altre sezioni all'infuori di FMA, ma se ho altre ideuzze scrivo e pubblico.
Anche se come "gergo" è troppo colto pèer Goku, ho provato a renderlo sotto 1 altro punto di vista, in maniera più colta a dirlla tutta XD!
Della serie ho provato a immaginare i suoi pensieri e senzazioni in un certo periodo XD! Non voglio anticipare nada, spero di avervi attirato, buona letttura e plase commentateee ^^^
Genere: Malinconico, Introspettivo, Sentimentale | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Son Goku
Note: OOC | Avvertimenti: nessuno
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bo

 

 

My captivity

 

 

Solo…

Ecco cosa sono.

 

Guardo il solo levarsi in alto giorno per giorno.

La luce che rispende sempre come non mai…

Ma per me quella luce è priva di significato…

Di calore.

È un sole che non mi arriva in dosso seppure provo a toccarlo.

 

Mi stringo in me stesso in un angolo di questa prigione.

Mi nascondo il viso tra le gambe stretta dalle braccia.

Nascondo me stesso più di quanto non lo sia già in questa cella scavata nella roccia.

Ora mai non ho nemmeno più la forza di piangermi in dosso.

 

Cala la notte.

Quel buio oscuro che riesce a rincuorarmi.

Forse l’unico momento in cui ricevo calore.

Calore dato dalla solitudine che altri non è se non il buio.

 

Questo è senz’altro il momento più bello delle mie monotone giornate.

È il momento di pace.

Di solitudine.

Dove tutto tace e finalmente riesco a non pensare al “fuori” che mi circonda…

Perché finalmente non lo vedo.

Perché finalmente non lo sento…

E alla fine mi addormento.

Mi addormento stanco privo di ogni pensiero e la mia anima si risolleva leggera.

In quel momento non sento niente.

Non sogno ed è quasi piacevole, se non è fosse triste.

Eppure è ciò di cui ho bisogno incatenato in quel luogo isolato.

 

E così chiudo gli occhi privo di conoscenza.

Li chiudo riuscendo a sorridere sebbene io non sia in condizioni adatte per farlo.

Cerco si sorridere per sfuggire a me stesso.

 

Di nuovo sono costretto ad aprire gli occhi.

Il mio è il solito tetro risveglio.

Un risveglio dato dal canto gioviale del cinguettare degli uccelli.

 

Mi richiudo in me stesso.

Mi tappo le orecchie con le mani.

‘Basta’ grido dentro di me, perché non vorrei averlo conosciuto.

Quel canto sollevato mi mette angoscia.

È la paura della vita che non conosco, o che forse ho dimenticato la mia…

Ed è questa la mia punizione.

Ma la punizione per cosa?

 

E come ogni giorno cado in me stesso.

Mi rinchiudo nelle numerose domande che inizio a  pormi giorno per giorno.

I numerosi perché a cui non riesco a trovare risposta.

Tempo sprecato…

Ma a quanto pare ne ho di tempo da spendere li dentro.

Non ricordo neppure quante stagioni io abbia passato li rinchiuso.

 

Allora mi accuccio su me stesso.

Cerco di piangere.

Di esternare il mio dolore in lacrime amare.

Ma la solitudine mi impedisce anche quello.

Ormai io sono come morto.

Il mio corpo è morto…

Eppure sono ancora qui.

E nuovamente ricominciano i miei perché.

Oramai tutto diviene un circolo vizioso…

E si…

Patetico vero…

Ma neppure per ribellarmi a ciò ne ho la forza.

 

Attendo.

Non so cosa ma attendo.

 

Ogni tanto apro gli occhi e guardo attorno a me.

La figura del paesaggio monotono che mi scorre buio davanti ha finalmente cambiato colore.

Mille colori per la verità, senza neppure accorgermene.

Sono divenuto cieco pur vedendo.

Sono divenuto solo pur essendo circondato da vita.

Ma rimanendo qui ne sono stato inconsapevolmente privato.

Ma a poco a poco mi sono reso conto di ciò.

 

Questo è l’autunno.

Gattono strusciando rumorose le catene ce ho in dosso.

Arrivo alle sbarre di roccia.

Mi siedo scomposto ma non ne ha importanza.

Abbraccio ciò che più si avvicina alla libertà.

A ciò che mi fa conoscere quel che ho in torno.

Alla libertà che non ho.

E sento il freddo di quella roccia in dosso.

 

Esterrefatto come se ogni volta fosse la prima…

Guardo quel paesaggio di cui conosco il nome come se lo avessi sempre saputo.

Eppure, è tra le cose di cui sono convinto di conoscere da sempre come il mio nome. 

Come al solito non ne capisco il perché, ma ne so pure il significato.

Chino la testa rassegnato.

Mi faccio tristezza da solo.

Ma non riesco a liberarmi.

A sfogarmi con me stesso.

 

E allora taccio.

Guardo quel panorama misto di vita e taccio.

Il silenzio si è fatto più rumoroso delle voci che non ricordo di aver mai sentito.

Dubito persino di aver mai sentito la mia.

 

Lenti nuovamente scorono i giorni.

Sempre più grigi.

Sempre più bui.

Sempre gli stessi.

 

La voce della solitudine...

Di me stesso si rifa spazio dentro di me.

Mi pare sempre di star per impazzire.

Sono costretto ad ascoltarmi e a discorrere con me stesso su quel che ho attorno.

Su quel paesaggio a me proibito.

 

Improvvisamente mi accorgo che è arrivato il tempo in cui il grigio cambia colore.

Levando i miei occhi vedo una distesa di bianco.

Mi inorridisco.

Ho paura.

Tremo.

È tutto così vuoto.

Così identico…

È un confronto con la mia realtà che mi fa rabbrividire ma oltre tutto, questo colore è freddo.

Non è freddo solo alla vista ma…

Fa freddo quando viene.

E io lo odio.

Lo temo…

Perché mi fa sentire più solo.

Mi fa cadere dentro il mio vero io di ora.

 

Inizio a perdermi dentro me stesso.

Cerco il calore che non passo avere.

Le catene si ghiacciano facendomi sentire più male al petto.

Sussulto sempre al contatto con esse.

Eppure non riesco a farci l’abitudine.

Vorrei non essere più solo.

Vorrei trovarmi in un luogo buio senza poter desiderare.

Senza poter desiderare la libertà invidiando ciò che vedo.

Ogni cosa mi passa da sempre davanti.

Pur rimanendo al stessa, mi accorgo persino io, con i miei occhi vuoti, che li fuori cambia.

 

Cosa darei per solo pochissimo tempo oltre le sbarre.

Scambierei un’intera esistenza per di conoscere l a vita.

Passo giorno per giorno a cercare di comprendere sentimenti a me sconosciuti attraverso gli animali.

A volte io, mi domando se sono l’unico essere con questa forma e con queste sembianze.

Più cerco di non pensare e meno ci riesco.

Ecco cosa voglio fare semmai uscirò.

Cercare di non pensare.

Cerco di sorridere a me stesso.

Cerco di convincermi ma più ci provo…

E più mi intristisco.

Ho come la sensazione di un buco vuoto dentro di me.

 

Poi ancor ami risveglio da quel lungo sogno ad occhi aperti.

Poco a poco il bianco si ritira e riappare il sole.

Quel sole che non riesco a raggiungere e che vorrei tanto toccare.

 

Durante questa mia prigionia il mio udito diviene sempre più fine.

Dimentico delle altre sensazioni.

Oramai è come se io udissi solo.

Odo la gioia che non trapassa nella mia galera.

Da essa recepisco solo tristezza e disperazione.

Quanto vorrei finire qui la mia vita…

Sempre che essa la so possa chiamare così.

 

Il verde e i colori ricominciano a risplendere.

I colori farsi vivi e il caldo a ritornare.

Di nuovo il cinguettare egli uccelli…

È l primavera che sboccia.

Tutto attorno a me rifiorire.

Mi rammarico di esserne ancora una volta tagliato fuori.

Provo per me autocommiserazione.

Patetico…

Inutile…

Ma inevitabile.

 

Mi racchiudo ancora su me stesso.

Basta…

Basta…!

Basta!

Sono solo.

Devo farmene una ragione!

 

Cerco di sfogarmi.

Non riuscirò mai a comprendere l amia situazione, perché non conosco i motivi di questa punizione.

Perché?

Perché non posso essere qualcun altro?

Perché a me?

Mi sono ridotto a pensare di voler essere qualsiasi altra cosa o animale all’infuori di me stesso.

Mi odio.

Odio la mia stessa esistenza…

E odio il sole che sembra reclamarmi ma che continua a lasciarmi li dentro.

 

Cerco inconsciamente di chiamare qualcuno.

Inizio a chiamare.

E chiamo…

E chiamo…

E chiamo…

 

Alla fine mi riprendo.

Chi sto chiamando se non so chi chiamare?

 

Mi intristisco.

Ci penso su.

Passano i giorni.

Sempre i soliti: tristi e lugubri, sebbene li fuori sembri il contrario.

 

Trovo la soluzione.

La trovo così…

Per puro caso.

Non riuscendo a gridare…

Perché il vuoto immenso che provo me lo proibisce…

In cuor mio chiamo.

È l’unico modo che conosco per cercare d’essere ascoltato.

 

E ora attendo.

Chiamo la persona che un giorno udirà l amia richiesta.

E quel giorno…

Se mi libererà le rimarrò devota…

Cercherò di non lasciarla sola.

Perché quella sarà l amia gratitudine, perché so come ci si sene a stare soli.

 

Così chiamo ripetutamente.

Attendo quel giorno lontano…

 

Chiamo.

 

 

 

 

 

 

 

 

0.o lo so che il vostro pensiero è: Ma questo quanto pippa nell’arco di un minuto? 0.o

XD!!

Allora precisiamo…

Non è l amia prima ff, lo è su Saiyuki  e probabilmente anche la prima (Sicuramente per la gioia di tutti) XD

Però annoiandomi, dato che oramai non so più ch eleggere su FMA, di cui ho letto quasi tutte le ff e attendo gli aggiornamenti, mi sono detto di leggere le ff su Saiyuki…

A dirla tutta, le ho lette quasi tutte, ala prima all’ultima postata XD

Per la verità non avrei voluto scriverne una su questa sezione ma, rivedendomi l’anime su Sky ho avuto come l’illuminazione.

Diciamo che è una riflessione, anche troppo colta, di Goku sulla su prigionia e di come la potrebbe vedere.

Dal suo punto di vista cosa potrebbe provare e pensare.

Perché in 500 anni, avrà avuto modi di pensare molto secondo me.

E non so se si è intuito, ma spero di si, come la richiesta di non voler pensare una volta uscito da li.

Ciò come a voler intendere di volersi comportare, come noi tutti sappiamo dall’anime e dal manga XD!
Ok! Vi lascio recensire se sarete così buoni con me da farmela passare liscia XD ciauuu

 

 

 

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E me XD!!

 

 

   
 
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