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Autore: cliffordsarms    17/06/2015    0 recensioni
E mentre tu camminavi a passo non troppo svelto le persone ti venivano addosso, ti davano spallate, ma tu ti lasciavi scivolare tutto addosso, come quella pioggia. Camminavi con lo sguardo basso che ogni tanto alzavi solo per vedere gli altri ridere felici, tutti quei giovani che camminavano tranquilli, con i loro primi amori, sedicenni che ancora non capivano cosa fosse davvero l’amore. Ma tu, Wendy Leaks, tu lo capivi cosa fosse l’amore?
Genere: Fluff, Introspettivo, Sentimentale | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Nuovo personaggio, Tony Perry
Note: OOC | Avvertimenti: nessuno
- Questa storia fa parte della serie 'A Drop In The Ocean'
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Orange Ocean
 
Courage – Patrick O’Hearn
Orange Ocean (Loscil Remix) – Kodomo

(consiglio come sottofondo queste due tracce nell’ordine proposto, basta cliccarci sopra)
 
Ti aveva lasciata lì, a piangere sotto la pioggia, in ginocchio, in quella strada un po’ sgangherata, una strada abbandonata, come ti sentivi tu in quel momento. Era come se ti rispecchiasse, entrambe lasciate sole, abbandonate a sé stesse. L’unica differenza era che la strada non aveva un apparente motivo per esser stata lasciata sola, per esser stata abbandonata. Tu, invece, e purtroppo anche, lo avevi un motivo. C’era un motivo per cui eri stata lasciata sola, solo che tu non lo sapevi. Forse, non volevi neanche saperlo.
Ti eri alzata, ti eri fatta coraggio, non era da te piangere senza fare nulla, non lo è mai stato. Ti eri alzata e avevi camminato, avevi percorso tutta quella strada abbandonata, sotto la pioggia, i capelli bagnati, i vestiti che ti si appiccicavano addosso, il trucco sbavato, i laghi nelle scarpe.
Tu sapevi, infondo, perché ti aveva lasciata lì. Perché non eri abbastanza per lui. Lui voleva di meglio, lui voleva qualcosa in più di te. Lui voleva i soldi, tu non li avevi. Lui voleva volare fino a New York, avere una vita con te, avere dei figli, un cane e magari anche un gatto. Voleva volare a New York perché lui voleva sfondare a Broadway, ma aveva bisogno delle conoscenze e credeva che tu, Wendy, l’avresti potuto aiutare, attraverso tuo padre, che era un talent scout, in giovinezza. Ma tuo padre non era più giovane, come avrebbe potuto aiutarlo?
Volva una vita con te, lui parlava di figli, di famiglia, ma tu avevi diciannove anni, non eri pronta a pensare a queste cose. Non volevi nemmeno farlo. Tu avevi tutta la vita davanti, ancora, non ti interessavi a queste cose da grandi, da adulti. Tu non ti sentivi adulta, tu ti sentivi ancora la ragazzina del liceo, come potevi pensare a un futuro così?
Per questo ora, camminavi sull’Hollywood Boulevard, o Boulevard of Broken Dreams, come ti piaceva chiamarlo in riferimento alla canzone dei Green Day. Ti dirigevi verso Beverly Hills, anche se in realtà tu volevi andare al mare. Ti è sempre piaciuto il mare, non è vero Wendy?
Eri a piedi e la metropolitana non ti piaceva, figuriamoci l’autobus. Però tu volevi andare al mare, volevi andare a Santa Monica, volevi sederti sulla riva e aspettare l’alba, vedere l’oceano diventare arancione. Però eri sola, eri abbandonata a te stessa, sotto la pioggia, senza uno straccio di ombrello a proteggerti, ripararti.
E mentre tu camminavi a passo non troppo svelto le persone ti venivano addosso, ti davano spallate, ma tu ti lasciavi scivolare tutto addosso, come quella pioggia. Camminavi con lo sguardo basso che ogni tanto alzavi solo per vedere gli altri ridere felici, tutti quei giovani che camminavano tranquilli, con i loro primi amori, sedicenni che ancora non capivano cosa fosse davvero l’amore. Ma tu, Wendy Leaks, tu lo capivi cosa fosse l’amore?
Dopo che l’avevi conosciuto avevi creduto che l’amore fosse lui, quel Johnny, quel ragazzo che ti aveva presa tra le sue braccia quella volta che, scivolando sul pavimento bagnato del cinema, ti aveva presa al volo, evitandoti una testata che ti avrebbe forse uccisa e una figuraccia colossale. Si chiamava Johnny, aveva vent’anni quando tu ne avevi diciassette, era un giocatore di basket che sognava di fare il cantante, un po’ come Troy Bolton. Tu avevi perso diversi battiti quando avevi visto il suo sorriso ed eri arrossita violentemente, e le tue amiche Clary, Daisy e Lucretia avevano ridacchiato, vedendoti così impacciata. Dicevano che era sbocciato un nuovo amore e tu, diciassettenne e ingenua, credevi ancora nell’amore a prima vista. E davi loro ascolto, e ora che ci ripensavi, ti sentivi solo stupida ad aver creduto a un semplice sorriso, mentre la pioggia ti accarezzava le guance, per lo meno ti convincevi che fosse pioggia. Non volevi ammettere che stavi piangendo ancora. Perché tu non piangevi, Wendy Leaks non piange mai, e questo è risaputo.
Però lui ti aveva presa, lui ti aveva presa e fatta innamorare. E dopo averti fatta innamorare, ti aveva fatta sentire felice, al tuo posto. E all’inizio anche lui doveva sentirsi felice, doveva sentirsi al suo posto, però poi l’avevi presentato ai tuoi genitori, ormai in pensione, e lui aveva scoperto tuo padre. E la cosa era ironica, se ci pensavi, perché era tuo padre che scopriva i giovani, non il contrario.
Ma ora, ora tu volevi solo scappare via da quella città, non avresti mai voluto rivederlo, mai. Però non c’era bisogno di scappare da quella città, non era necessario perché lui, lui se ne sarebbe andato, lui stava già partendo per l’aeroporto. Lui se ne stava andando a New York, con la sua nuova ragazza, che più che nuova era sempre la stessa, solo che ora non c’eri più tu di mezzo. Tu, che avevi messo da parte tutto per lui, tu che avevi quasi chiuso i rapporti con le tue amiche per seguirlo, per andare a NYC con lui, perché credevi che sareste tornati, non credevi che lui ti volesse lì perché voleva che tu facessi la donna di casa, la casalinga anzi. Ma ora, forse, tu l’avevi capito perché ti voleva con lui, ora avevi capito perché teneva una ragazza di riserva, o meglio, tu eri la ragazza di riserva. La proposta l’aveva fatta a entrambe, era certo che una avrebbe detto di sì, non eri tu però.
Tu non ti saresti sottomessa a fare la casalinga, a diciannove anni poi, tu volevi un futuro Wendy, tu volevi andare al college e costruirti un posto nel mondo, magari in un bel giornale, avresti scritto i migliori articoli del mondo. Lui era solo un’ancora per te, e te ne stavi accorgendo solo ora, solo ora che ormai camminavi sola sotto la pioggia, dopo due anni che ti eri messa da parte per lui, che avevi fatto di lui il tuo mondo, il tuo universo, il tuo sole anzi, dove tutto gli girava intorno. Ma avevi capito che tu eri solo uno dei pianeti del suo sistema. Ti eri fatta ingannare e ora, se ci pensavi bene, se volevi almeno fingere di avere un po’ stima di stessa, se ci penavi bene era lui, che aveva perso qualcosa, che aveva perso te, e tu eri il meglio.
Ma chi volevi prendere in giro? Quel sorriso che ti si eri dipinto sul volto era svanito in un attimo quando avevi realizzato che ti stavi prendendo in giro. Non volevi nessuno, ora, che ti consolasse, non volevi né Clary, né Daisy, né Lucretia. Loro non potevano capire.  Solo la pioggia e il mare ti capivano, ma in quel momento la pioggia non ti stava piacendo per niente. E da quel momento in poi la pioggia non ti sarebbe più piaciuta, poiché ti avrebbe riportata a quel momento in cui avevi capito di star sprecando la tua vita dietro a qualcuno che non l’avrebbe mai sprecata dietro a te.
La pioggia che continuava a scrosciarti addosso, imperterrita, sembrava essersi fermata. Eppure ne sentivi ancora il rumore. E non capivi perché non ti sentivi più le gocce addosso ma il suono continuava ad assordarti. Sembrava quasi che fossi chiusa in una bolla per i pesci e la pioggia scrosciasse contro di essa, e tu eri il pesce dentro e tutto rimbombava.
Poi avevi messo a fuoco quelle due gambe che camminavano di fianco alle tue e per un attimo, nel tuo inconscio, avevi sperato che fosse lui, che fosse Johnny, che fosse tornato indietro a riprenderti. Però poi avevi alzato lo sguardo e avevi voltato il viso, ma non avevi potuto vedere il volto di chi ti stava affianco. Un cappuccio nero e la visiera piatta e sottile di un cappellino dello stesso colore. Ma chi era quel ragazzo misterioso? E perché aveva deciso di prenderti sotto il suo ombrello, come prenderti sotto la sua protezione?
E tu lo guardavi, con il viso storto, la bocca un po’ aperta, lo sguardo interrogativo. Poi anche lui si era voltato, forse sentendosi osservato, e ti aveva sorriso. Avevi visto una montatura nera, squadrata, uno strano piercing a brillantino sotto l’occhio, ma chi era questo tuo salvatore misterioso? Di certo non lo conoscevi.
Avevi continuato a camminare, senza farti troppe domande, alla fine ti era comodo, prendevi meno acqua e ti sentivi un po’ meno sola. Perché, anche se non avevi la minima idea di chi fosse, ti faceva sentire meno sola. Nonostante tu continuassi a guardare a terra, sentivi che ogni tanto lui ti rivolgeva uno sguardo, e quando capivi che si era di nuovo voltato, rivolgevi tu uno sguardo a lui. Andavate dalla stessa parte, forse lui ti seguiva, ma eri certa che capisse dove dover andare prima ancora che tu facessi passi in quella direzione. Era come se ti capisse prima ancora che tu capissi te stessa.
Però per te gli uomini erano diventati tutti uguali, dopo di lui, dopo Johnny, credevi che fossero tutti degli stronzi, che certamente non si meritavano una come te. Certo, non hai mai creduto di essere tutto questo gran che, sbagliandoti profondamente, ma credevi certamente che quelli non ti meritassero affatto. Per te erano tutti come lui, tutti dei bastardi, e probabilmente quel ragazzo che ti era affianco ora, che ti proteggeva con l’ombrello, lo stava facendo solo per lo stesso motivo per cui Johnny ti si era avvicinato, per approfittarsi di te.
Avevi accelerato quindi il passo, ti eri sbrigata, eri finita qualche passo avanti a lui e la pioggia era tornata a infradiciarti completamente. Forse avresti fatto meglio a rimanere sotto quell’ombrello. Era di nuovo freddo, ma a te non importava, tu volevi arrivare il più in fretta possibile al tuo oceano, al mare, a Santa Monica, nonostante ci stessi impiegando un po’ troppo tempo per i tuoi gusti, solo perché ti era piaciuto sentire quel ragazzo accanto a te per qualche momento, ma ora tu potevi farcela da sola. Eppure, quell’ombrello ti faceva comodo. No, non t’importava, tu volevi arrivare al mare, sederti sulla spiaggia e aspettare che il tuo amato oceano arancione ti facesse stare meglio.
Giusto il tempo di terminare questi pensieri, che il ragazzo ti si era avvicinato di nuovo, ti aveva quasi tirata sotto il suo ombrello, prendendoti per un braccio. Ti era sembrato un po’ scortese quel modo di fare, però che importava? Almeno non ti stavi bagnando e non ti sembrava il caso di fare l’acidona con qualcuno che voleva solo aiutarti. E poi, ormai eravate arrivati a Beverly Hills e non mancava poi tantissimo per arrivare al mare.
La pioggia non ne voleva proprio sapere di fermarsi, le nuvole colmavano il cielo notturno, coprendo la luna, e non tirava un filo di vento che facesse in modo che si spostassero e rivelassero quella sfera biancastra. Era tutto nero, estremamente, se non per i lampioni che illuminavano la strada. Ed era stato tutto silenzioso, finché non vi eravate avventurati per il viale principale di Beverly Hills, dove sembrava che tutti i più ricchi stessero dando feste, la musica arrivava da una villa sì e una no. Quel posto non ti piaceva per niente, però ti avrebbe portata al mare, quindi non importava.
Avevate camminato per qualcosa come un’ora insieme, tu e quel ragazzo straniero avevate camminato insieme da metà Hollywood a metà Beverly Hills e non avevate ancora proferito parola. Più volte avevi pensato di chiedergli perché lo stesse facendo, ma non volevi interrompere quella sorta di equilibrio e intesa che si era creata tra di voi. Però ti restava in mente, quella domanda, rimaneva a ronzarti nel cervello anche se cercavi di scacciarla.
«Non capisco.» avevi detto. Credevi che non ti avrebbe mai sentito, data la musica e la pioggia e la macchina di ragazzi probabilmente ubriachi che vi era passata accanto.
«Cosa?» aveva chiesto, sorridendo, e grazie alla luce di quel lampione vicino avevi potuto vedere le sue iridi castane, che sembravano sprizzare gioia ma che se osservate meglio sprigionavano solo tristezza.
«Eh? No, nulla.» avevi tagliato corto, avevi creato imbarazzo, però rimpiangevi di aver messo fine a quella conversazione, ti piaceva il suono della sua voce, era profonda, quasi che ti era sembrato di vedergli vibrare la pelle del collo quando aveva detto quella semplice parola.
«Dove stiamo andando? Non sono di qui, ci sono capitato…» aveva lasciato perdere la frase ed aveva sorriso timidamente. Avevi forse riso dentro di te, perché avevi capito che aveva cercato di fare il coraggioso ma in realtà era timido, anzi sembrava esserlo molto.
«Al mare, a Santa Monica. Di dove sei?» avevi preso un po’ di coraggio, scacciato via i pensieri e avevi fatto quella domanda, provando a farlo sentire a proprio agio. Più che altro, forse, stavi cercando di far sentire te stessa a tuo agio.
«San Diego, a giudicare dalla sicurezza dei tuoi passi, direi che sei di qui tu.» aveva detto, lasciandosi sfuggire un pensiero, lasciando intendere il suo spirito di osservazione. Tu avevi solo annuito e sorriso timidamente.
Poi era calato il silenzio di nuovo. Era diventato imbarazzante però. Ti maledicevi per aver parlato, avevi interrotto quell’equilibrio! Ma che importava, tanto probabilmente non l’avresti mai più visto nella tua vita. A te premeva solo di sapere perché ti stesse tenendo sotto il suo ombrello, con tutta quella pioggia che cadeva e quel freddo. Volevi sapere perché preferiva seguire una completa sconosciuta come te, senza nemmeno sapere dove steste andando, piuttosto che andare a casa. Non ci arrivavi proprio. Per questo ti eri voltata verso di lui e stavi per chiederglielo, avendo preso un altro po’ di coraggio, ma lui ti aveva preceduta.
«Sai, quando ti ho vista non mi andava ti fari rimanere così sotto la pioggia, non mi sembrava giusto che una, ehm… - e si era fermato per riflettere sul termine migliore da usare – bella ragazza come te prendesse tutta quest’acqua, non te lo meriti proprio.» aveva detto, e forse era arrossito, ma di certo lo avevi visto stringersi nelle spalle.
«Già, se la pensassero tutti così…» avevi dato voce al tuo pensiero, probabilmente gli eri sembrata una di quelle che se la crede. Era intelligente quindi non credevi che avrebbe pensato quello, infondo una così non si sarebbe ma messa a camminare sotto tutta quella pioggia.
Lui non ti aveva comunque risposto e avevate continuato a camminare. Chissà che ore erano ormai. Avevi preso il telefono dalla tasca e, pregando un dio a cui non credevi che non fosse troppo bagnato per funzionare, avevi controllato l’ora: 4.27am. Dovevate sbrigarvi, in mezz’ora ci sarebbe stata l’alba e tu non volevi perderti un secondo del tuo oceano arancione. Avevi accelerato il passo, quasi correvi, ma il ragazzo riusciva comunque a starti dietro.
In quel momento avevi realizzato di non sapere ancora il suo nome. Ti vergognavi a chiederglielo, anche a presentarti, dopo che avevate passato tutto quel tempo insieme ti sentivi in imbarazzo a chiedergli il nome. Ti sentivi un’idiota, anche se trovavi la cosa divertente. Gliel’avresti chiesto poi, infondo sapere il nome di una persona non è poi così importante, no?
Però ce l’avevate fatta, tu avevi praticamente cominciato a correre quando ti eri resa conto che le nuvole si stavano diradando in fretta e la notte cominciava a schiarirsi, e da nera iniziava a diventare color cobalto. Avevate riso tanto, perché tu partivi in quarta a caso, facevi degli scatti e lui non era pronto, non se l’aspettava e cominciava a correrti dietro, rendendosi conto che aveva smesso di piovere e chiudendo quindi l’ombrello.
Eravate quindi arrivati in spiaggia, tu ti eri praticamente arrampicata su uno scoglio, che era solo poco più alto di quel ragazzo, lui ti aveva seguita e vi eravate seduti vicini. La sua mano si era appoggiata sulla tua ed entrambi eravate arrossiti, anche se poi non vi eravate mossi. Vi eravate guardati e poi eravate stati distratti dalla luce bianca che cominciava a diffondersi in cielo.
Ed eccolo lì, il tuo oceano arancione. La pace che ti trasmetteva e che sembrava trasmettere anche al ragazzo accanto a te. Ti sentivi risollevata, calma, come se fossi in una bolla e nulla e nessuno potessero ferirti, toccarti, nemmeno scalfirti. Tutto quello che era successo quella sera aleggiava ormai solo nel retro della tua mente, non ci pensavi, anche se non potevi dire di essertelo scordato. Avevi buttato la testa all’indietro, chiuso gli occhi e inspirato forte l’aria del mare.
Nessuno dei due aveva il coraggio di dire nulla, nemmeno la forza e probabilmente la voglia. Era tutto così calmo, si era ristabilito l’equilibrio che avevate perso tra di voi e in voi. Non avrebbe avuto senso distruggere così quell’atmosfera creatasi, non volevate che ci fosse un senso perché tutto andava bene così. Forse non era perfetto, perché lo scoglio rimaneva comunque scomodo, ma andava bene così. Vi faceva sentire risollevati, la cosa più importante.
Era come se il mondo in sé andasse avanti veloce e voi vi steste prendendo un attimo di pausa, per poi essere di nuovo pronti e scattanti per le vostre vite frenetiche. Los Angeles è frenetica già di per sé, tu non ti sentivi pronta per buttartici dentro di nuovo, aggiungendo la tua frenesia a quella che già c’era.  Ma sapevi che dovevi farlo, sapevi che era il momento, si ha una sola possibilità nella vita e sentivi che la tua era lontana solo un passo, ma dovevi farlo quel passo per afferrarla. Ti sentivi molto moralista a pensarlo, però anche se il tuo motto non era esattamente “You Only Live Once”, la filosofia di vita che esprimeva, e che avresti fatto tua da quel momento in poi, era corretta e la migliore forse.
Ti eri silenziosamente spostata leggermente più vicino al ragazzo, che sembrava anche lui assorto nei pensieri che l’oceano arancione gli suggeriva, avevi appoggiato la testa sulla sua spalla. Ti aveva fatto sentire protetta, il ragazzo senza nome, anche se appunto non lo conoscevi. Speravi che la calma che l’arancione dell’oceano gli stava infondendo, grazie a te che ce l’avevi condotto, bastassero a ripagarlo.
«Comunque piacere, Wendy Leaks.» avevi detto, porgendogli la mano. Nemmeno lui sembrava aver notato il fatto di non conoscere il tuo nome, ma non sembrava averne fatto un dilemma.
«Tony Perry. – aveva detto stringendo la tua mano, che in confronta alla sua sembrava esile – Grazie per avermi portato qui, quest’oceano arancione rilassa molto. Spero di poter rivivere queste sensazioni anche quando tornerò a San Diego.» aveva concluso, abbassando lo sguardo. Tu ti eri completamente scordata che venisse da un’altra città, anche se alla fin fine non così lontana dalla tua.
Anche Tony ti avrebbe lasciata, sì, ma lui non lo faceva con cattiveria. Lui non ti lasciava perché “non eri abbastanza”, non ti lasciava per sua spontanea volontà. Quando se ne sarebbe andato non ti avrebbe fatta versare una sola lacrima, perché sapevi che probabilmente vi sareste rivisti, un giorno. Tony non ti stava abbandonando, ti stava solo dicendo arrivederci.
 
Notes
HELLO EVERYONE!
Prima cosa, per tutti i lettori che mi seguono everywhere, questo è probabilmente l’ultimo aggiornamento fino a settembre, mi dispiace a ma volo negli USA e non credo che avrò tempo per postare, ma cercherò di fare del mio meglio per scrivere a più non posso in modo da aggiornare immediatamente quando rincaso.
Per tutti gli altri, benvenuti. È la mia seconda OS sui Pierce The Veil e, insieme a “A Lovely Place To Be” (che trovate cliccando sopra al titolo qui affianco), andrà a far parte di una serie che potete trovare sul mio profilo, chiamata “A Drop In The Ocean”. Mancano ancora due storie ma appena posso le caricherò, ho già delle idee non preoccupatevi.
Se volete tenervi aggiornati su di me, nella mio bio ci sono tutti i link a cui potete trovarmi, compreso il mio canale YouTube se volete seguirmi anche lì.
Mi dileguo, recensioni sempre benaccette!
@cliffordsarms
  
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