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Autore: Iurin    18/06/2015    1 recensioni
Il protagonista di questa piccola one-shot è Quackmore Duck, personaggio della Saga di Paperon de' Paperoni di Don Rosa.
Quackmore non è altri che il padre di Paperino, ormai vecchio e stanco; passa le sue giornate al Belvedere Place, una casa di riposo, ma, nonostante la vecchiaia e l'incombente inizio della senile perdita di memoria, una cosa sa che non la dimenticherà mai: il ricordo di quando ha incontrato per la prima volta Ortensia de' Paperoni.
Genere: Introspettivo, Malinconico, Sentimentale | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Altri
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Sono le sei e mezza del pomeriggio e già ho finito di cenare. I pasti, al Belvedere Place, vengono serviti sempre molto presto. D’altronde siamo tutti paperi anziani, qui, alcuni si mettono addirittura a dormire già alle sette. Beh, io compreso.
Ormai ho più di ottant’anni. Forse ottantadue. O ottantaquattro? Bah, fa poca differenza, sono vecchio.
L’infermiera è appena venuta per darmi certe pasticche blu che neanche ricordo più a cosa servano esattamente. Ieri le ho sputate perché ero convinto che in realtà dovessero essere rosse, che stupido.
… A meno che io non mi sia sbagliato, oggi, a mandare giù quelle blu.  Mi sa che dovevano essere rosse sul serio. Domani posso risputarle.
Comunque sì, ormai al Belvedere Place, è sempre la stessa solfa. I giorni non si contano più, ed è tutto una tale noia… Per me, eh. Tutti sembrano divertirsi da morire, a parte me. Ieri notte gli infermieri hanno fatto festa e ballato per i corridoi fino alle sei di mattina senza lasciarmi dormire, e quando l’ho fatto notare mi hanno pure risposto: “L’avrà sognato, signor Duck. Ieri sera dormiva come sempre, e di sicuro non c’è stata una discoteca per i corridoi”.
Sì, certo. Quackmore Duck – io – non è di certo stupido!
Ma sono costretto ad ammettere che, a volte, molti pensieri si fanno confusi. Ci sono cose recenti che fatico a ricordare, e la cosa è piuttosto frustrante, ma è anche vero che molte cose del passato tornano alla mia mente da sole, come vecchi amici che fanno visita dopo un lungo viaggio.
Mi dico che se ci fossi tu, qui accanto a me, seduta nella veranda del Belvedere Place, le cose sarebbero più semplici.
Mi vieni sempre in mente tu, quando mi metto a riposare proprio qui. Accanto alla porta, d’altronde, c’è un vasetto pieno di ortensie. E l’ortensia è un fiore bello, fondamentalmente.
 
Vivendo in campagna con i miei, di prati che circondano la fattoria ce ne sono a bizzeffe, e più di una volta qualche ortensia ha fatto capolino dal terreno, in mezzo a qualche cespuglio, senza neanche chiedere il permesso.
È così che sei arrivata tu, è vero. La prima volta che ti ho vista avevi il vestito rosa come potrebbero davvero essere i petali di un fiore d’ortensia.
Eri… inaspettata.
Io, che tornavo a casa dai fatti miei, ti ho vista lì, nel tuo vestito rosa acceso, con la tua pettinatura riccia e disordinata.
Diciamolo, mi sei stata subito antipatica, e forse – anzi, sicuramente – ho pensato che il significato dell’ortensia ti si addicesse alla perfezione.
D’altronde tu stessa ti chiami Ortensia, no? Chi mai vorrebbe stare con te? Anche solo avvicinarsi? L’ortensia è il fiore di chi fugge, e io volentieri sarei fuggito a zampe levate. Sia mai!
All’inizio, certo.
Poi non ho potuto più farne a meno. Delle tue litigate, persino dei tuoi insulti, delle tue occhiatacce. Ma anche dei tuoi occhi languidi – anche se non hai mai voluto ammetterlo, che ti piaceva farmeli.
Appena conosciuti ti ho detto che mio figlio l’avrei chiamato Paolino; l’ho sempre pensato e a chiunque è sempre andato bene, mentre a te no, oh, no, a te faceva particolarmente schifo, e tu, furiosa, hai gridato al vento che mai – mai! – tuo figlio si sarebbe chiamato “con un nome tanto cretino!”.
Come se mio figlio avesse dovuto essere per forza anche figlio tuo. L’hai detto in una maniera così naturale, ed eri così arrabbiata, così risentita… Ci tenevi così tanto che mi sono innamorato di te all’istante.
E alla fine si chiama proprio Paolino, il nostro mattacchione, magari proprio in memoria di quel momento lì.
Sei come un’ortensia, prepotente e bellissima, decisa e delicata assieme, ma nessuno dovrebbe fuggire da te. Sarebbe uno stupido. E per fortuna io non lo sono stato.
Il tuo vestito rosa non è sbiadito, nel corso del tempo, così come il tuo temperamento. I capelli sono diventati bianchi, sempre ricci e ribelli, ma ormai privi di colore. Sei stata costretta a indossare gli occhiali, ti si sono formate le rughe attorno agli occhi e ai lati del becco. Ma non sei appassita per niente.
Io l’ho fatto. Mi sono afflosciato, la mia mente offuscata ricorda sempre meno. Sto un po’ andando alla deriva, lo ammetto.
Non ricordo cosa ho mangiato a colazione neanche oggi, per esempio. E Della? Si è più fatta sentire Della, poi? E il marito? Potrebbe essere venuta a trovarmi giusto tre minuti fa e io sono ancora qui a chiedermi che fine abbia fatto.
Ma quando tu, tua sorella e tuo fratello siete arrivati alla fattoria dei miei, quando sono sopraggiunto io e mi hai fulminato per non so neanche più che cosa – mi hai chiamato “villico da strapazzo”, per tutti i fulmini… Quello non lo voglio dimenticare. Tua sorella è passata subito in secondo piano, e neanche tuo fratello – pensa… – ha attirato più di tanto la mia attenzione.
Nossignore.
Quel ricordo rimarrà sempre vivido, ne sono sicuro, specie quando sono qui, seduto in veranda, a guardare il sole scomparire dietro le colline che circondano il Belvedere Place.
Era il 1902, ed era quando sei spuntata finalmente tu, mia antipatica, irascibile, appassionata Ortensia.






Angolo Autrice:

Salve a tutti!
E' la prima volta che mi avventuro in questo fandom, quello riguardante la magica, fantastica Saga di Paperon de' Paperone di Don Rosa. Spero di non aver fatto un completo disastro.

Come avrete capito da voi, il protagonista di questa storia e Quackmore Duck, padre del ben più famoso Paperino. Ho pensato ad un Quackmore anziano, ormai vedovo in una casa di riposo, mentre pensa a sua moglie Ortensia.

Non so perché ho voluto parlare di lui. Forse perché è un personaggio interessante che, però, è comparso nei fumetti ben poche volte. Mi ha sempre colpita il modo, dopotutto, in cui si è innamorato di Ortensia: litigando. Ricordo ancora quella vignetta in cui Quackmore guarda sognante Ortensia, innamorato, mentre lei, però, sta sbraitando con tutta l'aria che ha nei polmoni. Quanti modi può trovare, l'amore, per fare breccia nel cuore degli uomi-- dei paperi?

*Fine momento sentimentale*
Spero di non aver fatto un completo disastro, con questa piccolissima one-shot; ho voluto lasciare la mente libera e a briglie sciolte, e ciò che ne è uscito è questo.

Ultima cosa ma non per importanza: ringrazio Charme per aver betato questa storia. Grazie, adorataH <3

Spero vi sia piaciuto quanto almeno è piaciuto a me scriverlo.
Un abbraccio,
Iurin
   
 
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