La
dottoressa Brennan era nella stanza delle ossa e,
assieme al suo tirocinante Wendell, stava esaminando
lo scheletro di una delle vittime ritrovate nel cinema abbandonato; altrove,
gli altri assistenti studiavano gli altri resti.
Sopraggiunse
Cam, dicendo: “Non c’è bisogno che analizziate tutte
le ossa: il caso è appena stato chiuso.”
“Impossibile!”
ribatté Temperance, confusa e sorpresa.
“No.
Booth mi ha appena telefonato: il killer ha
confessato.”
“Non
siamo ancora arrivati a delle conclusioni certe sui resti, per cui …”
“Dottoressa
Brennan, il tuo lavoro è fondamentale per la
risoluzione dei casi quando gli assassini non hanno intenzione di costituirsi,
ma per questa volta non è necessario.”
“Non
sono d’accordo.”
“All’FBI
non importa.”
“Dovrebbe,
invece, una miriade di assassini sarebbe ancora in circolazione se non fosse
stato merito della mia competenza e
della mia capacità di trovare prove oggettive. Chi è che avrebbe confessato?”
“Un
certo Warsly Timothy.”
“L’ho
visto quel tale ed è pazzo! La sua testimonianza non può essere ritenuta
attendibile.”
“Caroline
non la pensa così. Pare che Sweets sia stato molto
convincente.”
“Essere
convincenti non basta. Sweets può individuare alcune
caratteristiche o atteggiamenti, ma non può fornire prove oggettive e
incontrovertibili.”
Cam fece un respiro profondo: ormai
aveva imparato che era assolutamente inutile discutere con Bones,
per cui disse, con tono un poco compiacente: “L’FBI considera il caso chiuso,
ma tu puoi continuare a studiare le ossa, in cerca di controprove o conferme, a
patto che questo non interferisca con future indagini. Dovrai però trovare
qualcosa di molto consistente per riaprire il caso.”
Detto
ciò, il medico legale si voltò e andò via, lasciando i due antropologi da soli,
con parecchia insoddisfazione da parte di Temperance.
Dopo
aver arrestato Timothy, i tre dipendenti dell’FBI erano rientrati alla loro
sede e, mentre lo psicologo e il procuratore si occupavano delle faccende
burocratiche, Booth si era diretto al Jeffersonian per recuperare alcuni rapporti da allegare al
fascicolo del caso.
Passando
vicino all’ufficio di Angela, si sentì chiamare dall’artista che gli chiese:
“Allora, abbiamo già catturato il cattivo?”
“Sì.
Incredibile, di solito i casi coi serial killer, con morti di anni e anni fa,
richiedono molti giorni di indagini e invece, questa volta … Oh, beh, da quando
collaborate con l’FBI, i tempi di risoluzione dei casi si sono nettamente
accorciati, ma questa volta abbiamo concluso tutto in meno di 48 ore ed è
davvero straordinario!” l’agente era decisamente di buon umore.
“Le
ricerche di Sweets sono state utili?” la donna non
sapeva ancora come era stato trovato l’assassino.
“Sì.
Io ho capito fin da subito che quel Timothy non era un folle innocuo e Sweets ha usato i suoi trucchi per collegarlo agli omicidi
e farlo confessare.”
“Si
festeggia, quindi, stasera?”
“Io
e Bones andremo a bere qualcosa come facciamo sempre,
dopo aver risolto un caso.”
“Dovreste
coinvolgere anche Sweets, questa volta.”
“Perché?”
“In
fondo è stato lui a capire come risolvere il caso.”
“Non
porterò Sweets a bere, già ci devo fare colazione
assieme la mattina e fare i turni per l’idromassaggio! Voglio godermi qualche
momento solo con Bones, quando ne ho l’occasione.”
Angela,
allora, propose: “E se festeggiassimo tutti assieme? Andiamo a farci un
aperitivo noi del laboratorio, così potrai anche defilarti un po’ con Brennan, se ne avete il bisogno, ma almeno Sweets si godrà un poco il suo successo.”
Booth sospirò e
acconsentì: “Va bene, va bene, ma avvisi tutti tu; io lo dirò solamente a Bones.”
“Avverti
anche Sweets, gli faremo una sorpresa!”
L’agente
fece un cenno, che la donna decise di interpretare come affermativo, e se ne
andò.
Sul
volto di Angela apparve un sorrisetto soddisfatto e malizioso: aveva un'idea
che le ronzava per la testa e quella era l'occasione perfetta per metterla in
atto.
Si
precipitò subito nel laboratorio di Hodgins.
“La
mia mogliettina che corre da me, sorridente: sono proprio un uomo fortunato.”
disse lo scienziato, aprendo le braccia per stringerla a sé e baciarla.
Angela,
intenerita dalla dolcezza del marito, gli diede un rapido bacetto e poi ruppe
la sua illusione: “Scusa, ma non ero qui per questo.”
“Oh.”
si finse dispiaciuto “Allora, che cosa posso fare per te? Insetti? Fango?
Polimeri?”
“No,
qualcosa di più umano. Pensavo che sarebbe bello se stasera facessimo un
aperitivo tra colleghi per festeggiare la rapida risoluzione del caso. Booth è d'accordo.”
“Direi
che è un'idea splendida, come tutte quelle che hai.”
“Grazie.”
Angela sorrise e diede un altro bacio al marito “Io avviso gli altri, tu
potresti avvisare il locale che saremo circa una decina.”
“Agli
ordini.”
“Potresti
anche invitare la sorella del tuo amico.”
“Chi?
Eunice?” si stupì Hodgins
“Perché? Non è dei nostri.”
La
donna alzò un attimo lo sguardo al cielo e sospirò: “A voi uomini si deve
sempre spiegare tutto! Hai visto come si sono guardati lei e Sweets ieri?”
Lo
sguardo di Hodgins si illuminò come accadeva sempre
quando nell'aria c'erano pettegolezzi, tuttavia negò col capo e disse: “No, no.
La tua fantasia d'artista ti sta facendo fare un volo pindarico: si sono a
malapena presentati.”
“Sì,
ma sono rimasti almeno quindici secondi a fissarsi, mentre si stringevano la
mano.”
“Quindici
secondi? Non mi sembra molto.”
“Sono
eterni, se ci si guarda senza parlare. Facciamo una prova: fissami negli
occhi.”
L'uomo
l’accontentò, si mise di fronte a lei e rimasero ad osservarsi. Trascorso il
tempo, lui annuì e concordò: “D'accordo, è naturale per noi, ma è strano per
due sconosciti. Comunque non vuol dire niente; magari stavano solo aspettando
che l'altro aggiungesse qualcosa. C'era disagio!”
“No,
non disagio: tensione. Inoltre l'hai sentito quanto si è scusato per i modi:
voleva fare bella figura e non bruciarsi possibilità con lei.”
“Ma
no, Sweets è educato, tutto qua.”
Angela
sbuffò per quello scetticismo, però disse: “Al di là dire impressioni, che male
c'è ad invitare l'archeologa? A lei farà bene socializzare, visto che è nuova
e, se scatta qualcosa con Sweets, ben venga!”
“Hai
ragione, quel ragazzo deve riprendersi dalla rottura con Daisy. È ancora del
parere di non volersi mai più impegnare?”
“È
una cosa che si dice, ma non va presa sul serio. Insomma, Brennan
e Booth hanno diritto alla loro privacy e non la
possono certo avete con Sweets per casa. Io sono
certa che se non forziamo un po' il fato, passeranno anni, prima che lui si
schiodi da lì.”
Hodgins, pensieroso,
scrutò la moglie, poi annuì e disse: “Va bene: improvvisiamoci cupidi.”
“Grazie!”
lei lo abbracciò “Poi non deve per forza essere una storia seria, basta
infondere un po' di fiducia e vitalità a Sweets.”
“Forse
è meglio se non invitiamo Fisher.” ragionò l’uomo.
“Perché?”
“Già
tre anni fa era vicino alle cento donne, non vorrei soffiasse l’opportunità a Sweets.”
“Fisher?
Sarebbe andato con cento donne?” Angela era piuttosto scettica e aveva inarcato
un sopracciglio “Impossibile! Voglio dire, uno che ha una vita sessuale così
attiva, non dovrebbe pensare costantemente al suicidio come lui.”
“Forse
fa pena alle donne e per questo vanno con lui.”
“Oppure
ti ha mentito.”
“Già,
non ci avevo pensato.”
“Dai,
non perdiamo altro tempo.”
I
due coniugi si separarono per organizzare la serata.
Sweets guidava l’auto
in direzione del Founding Father,
interrogandosi su come mai Booth l’avesse invitato a
bere qualcosa in quel locale: insomma, vivevano nella stessa casa, per cui non c’era
bisogno di trovarsi anche fuori. Nonostante considerasse l’invito insolito, ne
era comunque contento, poiché lo vedeva come un gesto d’amicizia, un’altra
conferma che ormai si era guadagnato la fiducia, la stima e il rispetto dei
suoi colleghi. Ricordava come era stato strano e difficile, per lui, iniziare a
lavorare all’FBI. Era stato uno studente eccellente e grazie alla sua
intelligenza e al suo impegno era riuscito a conseguire il dottorato appena
prima dei ventidue anni ed era stato subito assunto. Finché era stato uno
studente, aveva sempre ricevuto stima e approvazione dagli insegnanti e,
quindi, da persone più grandi di lui; difficilmente era in sintonia coi suoi
coetanei, ma con gli adulti e i professoroni era perfettamente a proprio agio.
All’FBI, invece, le cose erano notevolmente cambiata: la sua giovane età non
era stata più motivo di ammirazione, bensì causa di diffidenza, inoltre la
psicologia non era presa molto sul
serio. In quegli ambienti, molti preferivano assumere psicofarmaci, piuttosto
che affrontare i problemi, mentre non veniva affatto compresa la sua utilità
nelle indagini. Sweets aveva, dunque, dovuto
impegnarsi parecchio per poter dimostrare non solo la competenza ma anche la
sua utilità e, con circa cinque anni d’impegno, ormai era riuscito a farsi
valere. Certo, l’agente Booth lo trattava ancora
spesso come un ragazzino e la dottoressa Brennan
contestava qualsiasi sua affermazione, ma in fondo loro erano suoi amici; gli
altri, colleghi, invece, lo trattavano col dovuto rispetto.
Arrivò
al locale, parcheggiò l’auto, entrò e si guardò attorno. Individuò subito il
tavolo a cui erano seduti Booth e Bones
e andò verso di loro; erano proprio davanti ad un grande paravento. Quando si
trovò a meno di un paio di metri da loro, ecco che da dietro al separé sbucò
fuori il team del laboratorio, gridando: “Sorpresa!”
Sweets strabuzzò gli
occhi e la sua meraviglia fu tale che, inizialmente, non credeva o capiva quel
che stava accadendo, ma poi tutti gli fecero i complimenti per le sue intuizioni
circa il caso e, quindi, lo stupore cedette il passo alla gioia.
Unirono
alcuni tavoli e si misero tutti seduti a smangiucchiare, bere e soprattutto
chiacchierare, alzandosi solo per andare a riempire bicchieri e piatti al
buffet. Lo psicologo era felice, sedeva vicino ai suoi amici, parlava un po’
con tutti; aveva anche notato la presenza della nuova archeologa e si domandò
che cosa ci facesse lì. Varie ipotesi gli vennero in mente al riguardo, ma alla
fine decise che poco gli importava il perché; a lui, in fondo, bastava fosse
lì, così avrebbe potuto conoscerla.
Aspettò
che fosse trascorso circa un quarto d’ora, poi si alzò dalla sua sedia e
raggiunse Hodgins e Angela col pretesto di parlare
con loro. Vedendolo avvicinarsi, l’artista lanciò un’occhiata al marito come
per dire: avevo ragione!
“Ehi,
splendida idea quella di questa serata.” disse lo psicologo, sorridendo “Mi sto
divertendo molto, voi?”
“Sì,
è bello stare tutti assieme, ogni tanto.” disse Hodgins
“Di solito capita solamente in occasione di matrimoni, nascite … virus letali
che aleggiano nel laboratorio e ci costringono a passare il Natale in
quarantena …”
“Wow!”
Sweets fu sarcastico “Non credevo che consideraste un
mio successo come un evento così raro.” si rese conto che quella non era stata
una frase adatta per far colpo sulla giovane, seduta lì vicino.
Mentre
lo psicologo rifletteva rapidamente su cosa dire per approcciarsi alla ragazza,
intervenne Angela: “Sweets, ti ricordi di Eunice, la nostra amica?”
“Oh,
sì, certo!” esclamò lui, sorridendo; poi guardò l’archeologa e aggiunse: “Non è
certo persona che si possa dimenticare facilmente. Sono contento che sia
venuta, così potrò dimostrarle che non sono sempre secco e freddo come ieri.”
“Non
si preoccupi.” replicò Eunice “Capisco bene che,
quando si è nel cuore del lavoro, ci si concentri solo su quello e non si pensi
troppo al resto. Se le va, potrebbe raccontarmi come ha risolto il caso?”
Gli
occhi di Sweets si illuminarono e, dopo un Molto volentieri, subito si mise a
narrare, spiegando tutte le sue intuizioni e ricerche. Eunice
ascoltava molto attentamente, annuiva di tanto in tanto e commentava.
La
serata trascorse tranquillamente e, alla fine, l’aperitivo si trasformò in una
cena. Rimasero sempre tutti quanti assieme, per cui non ci fu la possibilità di
creare un momento di intimità, tuttavia Sweets si
riteneva soddisfatto della chiacchierata che aveva fatto con l’archeologa e
confidava che sarebbe stata soltanto la prima di molte.