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Autore: Alise13    18/06/2015    1 recensioni
Tratto dalla storia: "Lui era un guardiano, una volpe rossa facente parte di un’antica e nobile stirpe di yokai, i più temuti tra i demoni, ma per sua sfortuna era stato assegnato a lei, una bimba di sette anni."
Genere: Fantasy, Introspettivo, Romantico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Un po' tutti
Note: OOC | Avvertimenti: nessuno
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Castiel odiava essere etichettato come servo, maggiordomo o peggio, baby sitter. Lui era un guardiano, una volpe rossa facente parte di un’antica e nobile stirpe di yokai, i più temuti tra i demoni, ma per sua sfortuna era stato assegnato a lei, una bimba di sette anni. La piccola pallina di carne era tutta capelli. Quella chioma era nera come la pece e le finiva a metà coscia. A causa di un contratto stipulato secoli prima da suo nonno con un antenato della pulce, l’ordine naturale l’obbligava a prendersi cura di lei. Quella peste piangeva e rideva come in preda ad attacchi di bipolarismo, un secondo prima cantava spensierata, un secondo dopo si disperava, con le lacrime che le gonfiavano i grandi occhi verdi. Eppure lui era un animale selvaggio, feroce, potente, ma quando stava con lei, tutto perdeva senso e si ritrovava ad appoggiarsela sulle gambe facendole fare cavalluccio solo per vederla sorridere. I suoi genitori non c’erano più, erano stati uccisi e come da contratto la maledizione del guardiano si era innescata incatenando i loro destini. Il suo unico scopo era diventato proteggerla da ogni male e questo desiderio non era sola opera del contratto, anche se lui si giustificava così, soprattutto con se stesso. Una volta si era addirittura ritrovato a prendere a calci un mobile, durante una delle corse scalmanate della peste, la piccola aveva battuto la testa contro il duro legno, dopo averla tranquillizzata con il bacio della “bua ciao”, si lo sapeva benissimo anche lui che la cosa era ridicola, aveva ridotto il mobile a un cumolo di legna da ardere. Ogni suo desiderio era un ordine per lui, non riusciva a non accontentare i capricci di quella dolce bimba. Qualcosa nel loro passato aveva intrecciato i loro destini, ma per quanto ne sapeva lui, quella storia era avvolta nel mistero, suo nonno non gli raccontò mai cosa fosse successo. Per quanto avesse vissuto Castiel, circa due secoli, non gli era mai capitato di vedere un contratto come il loro. Di solito gli esseri come lui facevano questo tipo di accordo per mangiare l’anima del mal capitato che, preso dal desiderio, riusciva ad invocare un yokai e a farsi esaudire un desiderio, ma a che costo? Un pezzo dell’anima che veniva divorata dal demone, ingordo di quel sapore che, variava a seconda della persona. Le emozioni umane, quelle che compongono l’essere nella sua forma spirituale, hanno dei sapori, le più buone, per quelli come lui, erano le emozioni negative, quelle potenti come l’invidia, la lussuria, la gelosia, emozioni che se non placate divoravano gli umani dall’interno. Dopo esser stato divorato per metà da un demone, l’umano diviene schiavo e succube del mostro che, senza pietà, lo sfrutta a suo piacimento, portandolo all’annientamento.  Lui adorava divorare, ma aveva regole più severe di altri, infatti, i discendenti delle casate più potenti dei demoni dovevano far rispettare i comandi creati dalla società degli inferi. Per imparare a regnare venivano mandati all’accademia del Dolce Inferno Amoris. Da lì a poche settimane sarebbe dovuto tornare nel suo mondo per continuare gli studi, ma a causa di quel piccolo imprevisto non sapeva se avrebbe potuto diplomarsi, non che la cosa gli importasse, odiava andare in quel posto, ma una cosa lo aggradava, la compagnia, gli yokai lì erano potenti e quando li facevano sfidare tra loro Castiel poteva liberare il fuoco della volpe rossa che bramava sangue e dolore. Ovviamente il tempo scorreva in maniera diversa nei due mondi che pur se paralleli erano opposti. Per quanto riguardava l’immortalità bè, quella era relativa, si erano esseri in grado di vivere all’infinito, ma ad una condizione, che il cuore non gli fosse strappato dal petto e  polverizzato.

Castiel stava camminando freneticamente per la stanza. Il camino era l’unica luce presente in quel piccolo salone. Era notte fonda, avrebbe voluto riposare, ma aveva troppi pensieri che opprimevano la sua mente stremata. Doveva trovare chi aveva ucciso la famiglia di Adalinde, era una promessa che si era fatto a se stesso, non capiva ancora come aveva fatto quel fagottino a salvarsi. Quando il fatto successe, circa cinque mesi prima, lui era intento a cercare di divorare un demone inferiore che aveva infranto le sacre regole, una scossa di dolore gli percosse lo stomaco facendolo piegare in due, si portò una mano sulla pancia cercando di respirare, ma anche la testa cominciò a dolergli. Cadde a terra. Era nel mondo degli inferi e per quello era nella sua vera forma. Infatti, gli yokai potevano assumere diverse fattezze, le più importanti erano quella originale e la forma umana, ma questa solo alcuni demoni di medio livello e gli yokai superiori potevano usarla. Le orecchie rosse erano piegate in avanti, come un animale agonizzante. La lunga coda tremava. Lui potente volpe infernale era a terra, strisciante. Il troll che stava per uccidere era riuscito a scappare, ma non prima di avergli assestato un calcio nelle costole.
« Hai avuto la tua occasione e hai fallito, io non farò lo stesso errore in futuro, non mi farò catturare una seconda volta da te volpe. » La sua voce era piena di disprezzo e con un filo di divertimento per quella scena.
« Se ci rincontreremo, sarò più furbo e ti ucciderò, è una promessa. » A Castiel, le minacce del troll non sortirono nessun effetto, il dolore era il suo unico pensiero. Ma cosa gli stava accadendo? Perché il suo corpo era percosso da atroci dolori? Poi arrivò in suo aiuto l’amico Lysandre, demone cervo, il suo manto era bianco, quasi argenteo, anche lui era uno yokai reale. Fortunatamente non era lontano e appena vide il troll correre via, capì che c’era qualcosa che non andava e si precipitò dal rosso. Lo aiutò prendendolo e trasportandolo dal nonno della volpe.
« Castiel resisti, ci siamo quasi. » Gridava. Era preoccupato, non c’erano ferite sul corpo, non capiva quale fosse la fonte dei suoi lamenti o come aiutarlo. L’unica soluzione era portarlo da qualcuno che avrebbe potuto salvarlo. Attraversarono la fitta foresta oscura, la nebbia era densa, una barriera protettiva che teneva lontani gli intrusi. Purtroppo in quel momento anche loro lo erano, lys sapeva che l’unica maniera per superare quella magia era il fuoco dei discendenti della volpe.
« Castiel, mi serve un po’ del tuo fuoco per entrare. » L’amico però non rispondeva, sembrava aver perso i sensi. Non aveva scelta Lysandre, doveva farlo, era per il suo bene. Cominciò a percuoterlo con violenza con le sue corna d’avorio, cercando di farlo reagire e scatenare così la magia demoniaca. Castiel in un momento di semi coscienza, scagliò una palla infuocata per difendersi dall’ulteriore dolore, per poi ricadere nel buio più profondo. Quando riaprì gli occhi riconobbe la casa del nonno. Il dolore era passato. Davanti a se due sagome sfocate, con fattezze umane, stavano parlando con voce preoccupata. Quando si accorsero che era sveglio si avvicinarono.
«Ci hai fatto preoccupare. » Il viso di Lys si era disteso in un sorriso, i suoi occhi etero cromati risplendevano sotto la luce fioca della lanterna, Castiel non sapeva se era questa a far luce o gli occhi verdi gialli dell’amico.
« Cosa mi è successo? Un momento prima stavo bene e poi.. » L’anziano gli fece cenno di non muoversi ancora.
« E’ arrivato il momento che ti racconti una storia. » Conobbe in quel momento la leggenda del contratto. Non riusciva a capire a pieno le parole della vecchia volpe.
« Perché ora? » Fu l’unica domanda che gli venne da fare.
« Perché deve esser successo qualcosa di grave. Guardando le tue condizioni, qualcosa di atroce. Devi andare nel mondo terrestre. Subito. » Il suo spirito demoniaco prese il sopravvento.
« E perché dovrei andare? Non voglio esser legato a nessuno, figuriamoci a degli umani, non andrò in cerca del mio guinzaglio vecchio. Ora sto bene, gli umani sono fragili, esseri effimeri, muoiono. Pace.  » Il nonno si alzò.
« Non capisci, ormai anche la tua sopravvivenza è in ballo.  » Con un ghigno sofferente il ragazzo si alzò a sua volta, sostenendo lo sguardo dell’uomo.
« Tu non capisci vecchio, io non mi farò sottomettere da uno stupido contratto che tu hai stipulato, non io, ma te. Cavatela da solo. » La vecchia volpe allora sprigionò la sua potenza saturando la stanza con la sua energia, i due ragazzi si sentirono mancare il fiato per tutto quel potere.
« Tu. Sciocco yokai, non capisci, non sai nulla. Ora muoviti e vai, ti sarà spiegato tutto a tempo debito» Fu uno shock, anche se vecchio, l’uomo sapeva ancora essere convincente e questo Castiel lo sapeva, aveva visto suo nonno in azione, uno dei demoni più temuti della storia. Senza aver il coraggio di ribattere, cosa rara, uscì dalla stanza.
« Vecchio, come faccio a trovarli, non conosco l’odore o la loro energia spirituale. » Il nonno fece un sospiro sollevato di aver convinto velocemente il nipote.
« Chiudi gli occhi e concentrati, capirai dove andare. » Lysandre che in tutto ciò aveva fatto da spettatore mise una mano sulla spalla dell’amico.
« Vengo con te, non ti sei ancora ripreso. » La volpe non accettava mai aiuti da nessuno, ma Lys gliera stato accanto anche quando tutti lo avevano allontanato, con lui non aveva bisogno di fare il duro. Con un cenno del capo acconsentì poi tornò a guardare davanti a se. Chiuse gli occhi e inspirò, mentre buttava fuori l’aria, un’immagine gli apparve, era distorta e imperfetta, ma percepì il luogo, come aveva detto il vecchio.
« Ho percepito qualcosa, andiamo. Ciao vecchio alla prossima. » Quando sparirono il nonno si accasciò su una vecchia sedia di legno lì vicina. Una lacrima gli rigò il viso rugoso.
« Perdonami Sharin, ho fallito. »

 
Quando i due demoni arrivarono, la scena fu indescrivibile. Quella piccola casa di periferia era imbrattata di sangue, il suo interno era completamente distrutto. Quando Castiel attraversò l’uscio, mise il piede su qualcosa che fece uno strano crack. Spostò il piede e vide che era un orologio da taschino, uno di quelle antichi a cipolla con una lunga catena d’oro. Lo prese e mentre se lo rigirava nelle mani, notò che sotto le macchie di sangue vi era incisa una scritta. Strusciò l’orologio sulla manica per pulirlo e lesse.
« Finché il cuore non mi venga strappato dal petto. » Castiel rimase a bocca aperta, la faccenda era sempre più assurda. Che ci faceva un orologio con incisa la promessa solenne degli yokai? Lysandre aveva raccolto una piccola bambola di pezza con la faccia rotta.

« Andiamo Castiel, controlliamo questa casa. Sento la disperazione aleggiare tra queste mura, ha un profumo così dolce, troppo dolce. Aveva ragione tuo nonno qua è successo qualcosa di atroce. » Castiel assaporò l’odore che gli si stava infilando prepotente nel naso, un’altra sfumatura gli saltò all’attenzione, un odore acido.
« Yokai, di medio livello. Sono stati i demoni a far questo macello. Stupidi. Mai una volta che qualcuno segua le regole e poi a chi tocca ripulire? Ma per chi mi hanno preso? Per una volpe spazzina? » Mentre camminava si faceva strada prendendo a calci qualsiasi cosa gli si parasse davanti, macerie, tutto era distrutto. Poi un rumore quasi impercettibile balzò all’orecchio di Lys.
« Castiel. » Fece una pausa, ma l’amico non gli prestò la minima attenzione.
«Castiel! » La voce dura questa volta sortì l’effetto desiderato.
«Che vuoi? » disse con il suo solito fare scocciato.
« Non siamo soli. Penso che non siamo arrivati a cose fatte, ma durante il gran finale. »


I due si misero in posizione, pronti a scattare, poi il rumore di una lampada che si infrangeva a terra gli fece capire dove si stesse svolgendo l’atto finale. Il piano di sopra. Con un balzo arrivarono alle scale che cominciarono a salire. Nel corridoio trovarono due corpi senza vita. L’uno non molto lontano dall’altro, uomo e donna. Erano distesi a terra con le mani che cercavano di toccarsi, si erano cercati, ma anche in un ultimo disperato sforzo non erano riusciti a raggiungersi, ma almeno erano morti vedendo il desiderio dell’altro di ritrovarsi prima dell’inesorabile fine.  Lys li guardava incuriosito da quel gesto, quella ricerca del contatto in estremo. Per loro quelle emozioni erano inutili, per non dire proibite, a volte si chiedeva se non le provassero proprio per quest’ultimo fattore che più per il primo. Venivano allevati in una certa maniera, per essere forti, non deboli. Un urlo li strappò da quella contemplazione. Corsero nella stanza infondo al corridoio. Un’anziana donna si era parata davanti all’armadio, come per proteggere il suo contenuto, il demone serpente la prese con forza e la cominciò a stritolare con la viscida coda, il suo viso contorto dal dolore sembrava cominciare a soccombere, ma quando la donna vide la volpe si rilassò, pronta ad andare incontro alla morte. Poi successe qualcosa che Castiel non seppe spiegare, una luce smeraldo inondò la stanza e distrusse il demone che però, ormai aveva portato a compimento quel suo ultimo delitto. Castie e Lys rimasero storditi, si erano portati un braccio davanti agli occhi per non essere accecati. Solo dopo si accorsero che quella luce li aveva feriti sull’avambraccio. « Merda. » Esclamò irritato Castiel.
« Ma cosa, ma cosa è successo qua dentro? Che sta succedendo Castiel? » La voce del demone cervo era sconvolta. Castiel camminò fino all’armadio.
« Non lo so Lys, vorrei saperlo anch’io. Che cazzo, ma in cosa mi ha cacciato quel vecchio!? » Mentre parlava non si era fermato aveva aperto le ante del mobile, tutto si aspettava, ma non quello. Una bambina di poco più di se anni giaceva rannicchiata in un angolo. Era ricoperta di sangue. I capelli neri erano arruffati e le ricadevano sul viso. Quando la bambina si accorse di lui alzò gli occhi, erano di un verde intenso, Castiel sentì il cuore mancargli un battito e poi una fitta allo sterno, la bambina cercò di alzarsi tendendo una mano verso di lui, ma perse l’equilibrio stremata. Senza pensarci la volpe di sporse in avanti e la afferrò. Un gesto inconsulto per lui. Era così piccola, così indifesa, ma nei suoi occhi aveva visto una scintilla, la scintilla del coraggio avvampare dentro di lei. Che umana strana pensò.


Castiel tornò alla realtà, doveva sistemare quella cosa, doveva trovare chi aveva ordinato quel massacro, chiederne il motivo e capire così come spezzare il contratto, portandolo alla risoluzione. In quei mesi erano stati attaccati due volte, niente di cui preoccuparsi, ma c’era qualcosa che non andava. Sapeva che i bambini erano appetitosi per i demoni, più dei sentimenti negativi covati da un normale umano, ma lei, lei era diversa, non sapeva dire in quale maniera, ma sapeva che gli avrebbe portato un sacco di seccature, ma lui era pronto, odiava le seccature, ma amava uccidere i demoni e cominciava ad adorare lei.
   
 
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