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Autore: Shainareth    19/06/2015    4 recensioni
C’erano tuttavia delle sfumature nuove che non avevo mandato troppo giù e che ancora adesso faticavo ad accettare. Questo ci aveva portati più di una volta in una situazione di disaccordo e quei piccoli screzi si facevano sentire come macigni.
Genere: Introspettivo | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna | Personaggi: Alexy, Armin, Dolcetta, Kentin
Note: Missing Moments | Avvertimenti: nessuno
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BRIVIDI




La musica era troppo alta, le luci mi davano fastidio agli occhi, c’era un caldo soffocante e la gente spingeva da tutte le parti. Insomma, per me che non ero un’amante di questo genere di cose, quel concerto si stava trasformando in un mezzo incubo. Se non avevo detto niente a nessuno, riguardo a questa mia idiosincrasia per i luoghi troppo affollati e chiassosi, era stato solo perché tutti i ragazzi della scuola sembravano molto entusiasti all’idea di potersi scatenare a ritmo di musica.
   Di lì a poco, difatti, qualcuno cominciò a pogare. Fu come un effetto domino, un’epidemia che prese ad espandersi sempre più e sempre con maggiore intensità, fino a che non  arrivò a me. Mi sentii spingere bruscamente da un lato e per poco non persi l’equilibrio. Strinsi i denti, ma al secondo urto non trattenni una sonora imprecazione, che purtroppo si perse nel fracasso del sottoscala. Mi preparai al terzo impatto, piantando bene i piedi in terra e serrando le mascelle, ma quello non arrivò. Qualcuno mi toccò appena e mi sentii chiedere subito scusa. Girai lo sguardo e vidi Kentin che, dando la schiena a coloro che avevano iniziato quell’escalation di spallate insensate, si era piazzato davanti a me, facendomi da scudo.
   «Ti sei fatta male?» mi domandò, cercando di alzare la voce il più possibile per farsi udire. Scossi il capo, ma un attimo dopo qualcuno esagerò e Kentin fu spintonato nella mia direzione. Riuscì a mantenere l’equilibrio, ma non ad evitare di venirmi addosso. Ci ritrovammo avvinghiati in un goffo abbraccio e, pur nell’imbarazzo, lui ebbe la prontezza di dirmi quasi all’orecchio: «Vieni, spostiamoci da qui!»
   Lo seguii più che volentieri. Mi scortò fuori dalla folla, fin quasi sulla soglia dell’enorme sala concerti improvvisata, e lì finalmente fummo in grado di respirare di nuovo a pieni polmoni. Dall’alto della scalinata, potevamo vedere meglio il palco ed i ragazzi che si stavano esibendo con tanto impegno davanti a tutta la scuola. Di contro, per quanto in realtà lo preferissi, la musica arrivava a noi a volume più moderato, tanto che riuscii quasi ad avvertire il ronzio alle orecchie dovuto al chiasso di poc’anzi.
   «Grazie.»
   Kentin mi lanciò uno sguardo sorpreso e abbozzò un sorriso. «Ti pare che ti avrei lasciata soccombere in mezzo a quei pazzi scatenati?»
   Abbassai il capo, ricambiando la sua espressione apparentemente allegra. La verità era che eravamo entrambi tesi. Da quando Kentin era tornato al liceo e avevamo avuto modo di chiarirci riguardo al suo silenzio durante i mesi in cui era stato alla scuola militare, avevamo dovuto fare i conti con la triste realtà. Sottoposto ad un addestramento severo proprio nel periodo in cui la pubertà aveva deciso di ricordarsi di lui, Kentin adesso era cambiato moltissimo nell’aspetto e, per certi versi, anche nel carattere. Di fondo era rimasto lo stesso, era impossibile non notarlo. C’erano tuttavia delle sfumature nuove che non avevo mandato troppo giù e che ancora adesso faticavo ad accettare. Questo ci aveva portati più di una volta in una situazione di disaccordo e quei piccoli screzi si facevano sentire come macigni. Non era come quando discutevo aspramente con Castiel o come quando Nathaniel mi rimbrottava pazientemente riguardo a qualcosa; faceva molto più male. Il mio timore più grande, lo confesso, era l’aver perso per sempre il mio amico più caro. Ken era stato per me quasi un fratello negli anni delle scuole medie; come potevo non risentire degli effetti di tutto quello che era successo da quando avevamo messo piede insieme in quel maledetto liceo?
   Nonostante tutto, nulla poteva cancellare il passato. Nulla poteva strappare dai nostri cuori l’affetto profondo che sentivamo l’uno per l’altra.
   «Preferisci andar via?»
   «Non sarebbe corretto nei confronti degli altri», risposi, benché non potessi negare che fui tentata di accogliere quel suggerimento. «Si sono impegnati tantissimo e… Rosalya mi ha persino cucito questo coso apposta per l’evento.»
   Avvertii lo sguardo di Kentin percorrermi da capo a piedi e mi sentii a disagio. «Sei carina.» L’occhiata che gli lanciai lo indusse a ridere. «Dico sul serio.»
   «Sembro un pacco regalo», gli feci notare con una smorfia, afferrando i lembi della corta gonna di quel pomposo e pacchiano vestito rosso, pieno di pizzi e fiocchi.
   Lui strinse le labbra, come se stesse cercando di trattenersi dal dire qualcosa, e solo dopo mi resi conto che i suoi occhi si erano fissati sullo spacco che lasciava scoperta quasi per intero la coscia sinistra. Mi affrettai a rimettere giù tutto quanto, coprendomi il più possibile, mentre sentivo il sangue affluire al viso con prepotenza. Kentin si schiarì la gola e tornò a spostare la propria attenzione altrove.
   Il suono degli strumenti giungeva ovattato per via della distanza e delle urla degli spettatori, e la voce di Lysandre, così bella e melodiosa, mi accarezzava le orecchie con più gentilezza di prima. Per quanto mi sforzassi, proprio non riuscivo ad apprezzare la musica troppo forte. Preferivo ascoltarla a volume più moderato e, soprattutto, lontano da bolge infernali come quella.
   «Per colpa mia ti stai perdendo un posto in prima fila.»
   «Non è un problema», mi garantì Kentin. Anche se a volte sproloquiava ancora come aveva sempre fatto da che lo avevo conosciuto, avevo notato che ormai spesso si rivolgeva alla gente con frasi brevi e concise. Questo, unito all’aggressività con cui si era ripresentato al liceo, mi avevano lasciato intuire quanto fosse tornato agguerrito e vendicativo dalla scuola militare. A ben guardare, c’era da capirlo. Sebbene per lo più me ne infischiassi, anch’io venivo di frequente bersagliata da Ambra e dalle sue amiche; ma comprendevo quanto invece a Kentin dovesse bruciare nell’orgoglio l’aver subito per troppo tempo quel genere di trattamento. O, peggio ancora, quel continuo passare inosservato agli occhi degli altri studenti. Non mi ero del tutto stupita, in effetti, quando tempo prima Castiel mi aveva detto di ricordarsi a malapena di quel ragazzino con gli occhiali, aggiungendo che non si erano mai parlati perché Ken non si era mai preso la briga di provare ad avvicinarsi a lui. Onestamente, non è che il grugno corrucciato di Castiel invogliasse a lunghe chiacchierate sorseggiando spensieratamente un buon tè caldo o mangiando dell’ottimo gelato…
   Dietro di noi si udirono dei passi frettolosi e degli schiamazzi vari, e qualcuno, scendendo le scale a precipizio, non si curò di travolgermi. Non ruzzolai giù, grazie al cielo, anche perché Kentin mi afferrò prontamente per le spalle, trattenendomi accanto a sé fino a che il gruppetto di ritardatari non fu passato oltre.
   «Ci sono dei momenti in cui vorrei prendere certi imbecilli a pedate sui denti», bofonchiai, seriamente infastidita per la mancanza di rispetto di quei tipi. Kentin non rispose, ma lo sentii irrigidirsi contro di me. Fu allora che mi resi conto che, benché mi tenessi salda alla stoffa della sua camicia con la mano sinistra, con quella destra stavo toccando qualcosa di caldo. I recettori tattili delle mie dita finalmente trasmisero al cervello le informazioni necessarie ed i miei occhi scesero d’istinto ad osservare dove fossero finite: sulla pelle nuda del suo fianco sinistro, fra l’orlo della maglia nera e il bordo superiore dei pantaloni militari. Anzi, per essere più precisa, il bordo superiore dell’indumento scuro che si scorgeva appena oltre la cintura. Avevo già toccato Ken in quel punto, quando, per gioco, alle medie gli avevo fatto il solletico. All’epoca, però, la sua pancia era liscia e morbida; adesso, invece, ciò che si trovava a contatto con le mie dita era senza ombra di dubbio l’addome di un giovane uomo. Sotto al palmo della mia mano, la sua pelle sembrava scottare.
   Il sangue mi salii alla testa ed io rimasi impietrita, incapace di fare o dire alcunché. Da quando Ken mi provocava simili sensazioni?
   In mio soccorso, più o meno, venne l’esclamazione allegra di qualcuno che, a quanto pareva, aveva avuto la nostra stessa idea di scappare dalla ressa. «Siete già a questo livello di confidenza?»
   Quella domanda, fatta soltanto per prenderci in giro, ci riscosse e ci indusse ad allontanarci leggermente l’uno dall’altra. Strinsi nel pugno le dita colpevoli di aver violato la privacy di Kentin e le nascosi fra le pieghe della gonna.
   «Mi avevano spinta», spiegai in un farfuglio imbarazzato, cercando di non far caso al sorriso divertito di Armin. «Non resti con gli altri?»
   «Lo sai che non amo particolarmente i luoghi affollati…»
   «Dicevi di non amare i luoghi all’aria aperta, in realtà», lo contraddissi, tanto per vendicarmi un po’. «E anche che ti sarebbe piaciuto suonare con gli altri.»
   Lui scrollò le spalle con noncuranza. «Sì, beh, in realtà è Alexy quello che va davvero pazzo per la musica. Oh, eccolo che arriva. Chissà perché, poi…»
   Alexy si precipitò su per le scale con un’espressione a dir poco estasiata. «Armin, devi assolutamente venire a vedere!»
   «Cosa?» s’incuriosì lui, corrucciando le sopracciglia scure.
   «Ho scoperto un punto da cui si ha la giusta angolazione per avere una visuale mozzafiato dei muscoli di Castiel!» fu l’entusiastica esclamazione che seguì in risposta.
   Mi portai una mano davanti alla bocca per non ridere, mentre Kentin aggrottava la fronte e schiudeva le labbra in segno di perplessità e Armin sbraitava con aria disgustata: «Cosa diavolo vuoi che mi importi di una cosa del genere?!»
   Suo fratello sgranò gli occhi. «Ma li hai visti, quegli addominali scolpiti?!»
   «Non mi interessano!» ribadì l’altro, portandosi le mani ai lati del viso per amplificare le sue parole nella remota speranza che potessero ficcarsi bene nella testa di Alexy.
   Deluso dalla scarsa empatia con il sangue del suo sangue, lui voltò lo sguardo nella mia direzione, forse certo che io lo avrei assecondato in quelle sue fantasie dovute agli ormoni in subbuglio. Aprì bocca per interpellarmi, ma i suoi occhi furono calamitati subito dalla figura accanto a me. In un attimo parve dimenticarsi degli addominali scolpiti di Castiel e il sorriso sornione che rivolse a Kentin fu tutto un programma. «Ehi…» cominciò, abbassando lo sguardo. «Anche tu non scherzi mica, però.»
   Istintivamente, il mio migliore amico si tirò giù la maglia, coprendo finalmente la pelle scoperta e l’orlo superiore dei boxer scuri. Mi morsi l’interno delle labbra per non ridere, anche perché, nonostante la penombra della sala, scorsi i peli del suo braccio rizzarsi per la pelle d’oca. Se fossi stata una carogna, quello sarebbe stato il momento ideale per chiedergli che fine avessero fatto tutta quella consapevolezza di sé e quel pizzico di narcisismo con cui si era ripresentato a scuola, dopo quei mesi di lontananza – e questo era un altro lato di lui che ancora faticavo a mandare giù.
   Incurante dell’effetto che gli aveva provocato, Alexy schioccò la lingua sotto al palato con fare soddisfatto. «Visto che siamo vicini di banco, dovremmo conoscerci meglio, no?» buttò lì, in modo nient’affatto casuale. «Tanto più che sei un buon amico della nostra caramellina ripiena», aggiunse poi, facendo cenno a me e al mio ridicolo vestito rosso, «quindi sarebbe bello se anche noi andassimo d’accordo, no?»
   Quest’ultima affermazione, al di là di ogni sospetto, parve sincera. Malgrado non conoscessi ancora bene i gemelli, avevo notato come Alexy fosse sempre allegro e pieno di voglia di fare. Soprattutto, era molto socievole e in poco tempo era riuscito a legare con diversi nostri compagni di classe.
   Un boato sovrastò ogni possibile replica e noi tutti tornammo a prestare attenzione a quello che stava succedendo nei pressi del palco: Iris, Castiel e Nathaniel avevano smesso di suonare e Lysandre si stava inchinando davanti al loro pubblico. Il concerto era forse finito? Dal modo in cui gli spettatori reclamavano a una voce il bis, forse ne avremmo avuto ancora per un po’.
   Senza dire una parola, ci sedemmo tutti e quattro in un angolo dei gradini che conducevano di sopra e, felici per il buon esito dell’evento, ci dedicammo in tutta tranquillità all’ascolto degli ultimi pezzi che i ragazzi avrebbero suonato e cantato anche per noi.












Oddio, non volevo che venisse così pesante. DX Nella mia testa doveva essere un po' più... non lo so. Non sono soddisfatta appieno, comunque. ç_ç
L'idea iniziale era quella di sottolineare che, nonostante avessi precedentemente (cioè in un'altra shot) risolto il riconciliarsi di Kentin e la Dolcetta a tarallucci e vino, in realtà lei rimane ancora molto spaesata dai suoi cambiamenti dopo il ritorno a scuola. In effetti, per quanto potesse piacermi il personaggio di Ken, quello di Kentin iniziamente lo avrei preso a badilate. X°D Comunque sia, col tempo è riuscito a riconquistarmi anche più di prima e penso che questo si sia leggermente capito dalla mole non indifferente di storie che ci ho scritto su. Per chi nutrisse ancora il sospetto che il mio preferito, in realtà, sia Dake... va beh, lasciamo perdere... ho sonno e non voglio impelagarmi in discorsi inutili e cretini, non ne ho le forze. XD
Prima di concludere, ci tenevo a dire due cose. La prima è che, se si tiene conto delle disposizione dei posti a sedere nel manga, Alexy non mente quando dice che lui e Kentin sono vicini di banco: Kentin siede in prima fila con Kim e dietro quest'ultima siederebbe proprio Alexy (e credo che dietro Kentin ci sia Armin, ma non ne sono sicura). La seconda è che, come tutte le sue fangirl avranno notato, Kentin non sa infilarsi la maglia nei pantaloni e non sa tirarsi su per bene questi ultimi, così da mostrarci senza problemi parte del ventre e, cosa ancora più gradita, dei boxer scuri. Ringrazio la cara Bribribrio per avermi fatto tornare alla mente questo particolare, anche se avrei preferito inserirlo in un contesto più scanzonato. Magari lo farò in futuro. ♥
Detto ciò, mi eclisso, ché sto davvero svenendo dal sonno e dalla stanchezza. Risponderò domani alle ultime recensioni che avete lasciato alle mie storie e, nel frattempo, vi ringrazio di tutto cuore per esservi presi anche solo la briga di leggerle.
Buonanotte,
Shainareth





  
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